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PMA vietata alle donne single PMA e donne single: la Corte costituzionale conferma la legittimità della limitazione prevista dalla legge 40/2004

PMA

PMA e donne single

Con la sentenza n. 69 del 2025, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate in merito all’art. 5 della legge n. 40/2004, nella parte in cui esclude l’accesso alla procreazione medicalmente assistita (PMA) da parte della donna singola. Secondo la Consulta, tale previsione legislativa, pur comportando una restrizione al principio di autodeterminazione procreativa, non è manifestamente irragionevole né sproporzionata.

Bilanciamento tra autodeterminazione e tutela

La Corte ha osservato che la disciplina dell’accesso alla PMA implica delicate valutazioni etiche e rilevanti conseguenze sociali, che rientrano nella sfera della discrezionalità legislativa. Tale discrezionalità incontra come unico limite costituzionale il principio di non manifesta irragionevolezza, valutato in rapporto al bilanciamento degli interessi in gioco.

Nel caso specifico, il divieto di accesso alla PMA per le donne non coniugate o non conviventi con un partner maschile si fonda, secondo la Corte, su un principio di precauzione volto a tutelare i diritti e gli interessi del nascituro. Il legislatore ha ritenuto di non legittimare un progetto genitoriale che escluda, sin dall’origine, la presenza paterna, configurando questa scelta come una forma di protezione dell’equilibrio psicofisico del futuro minore.

Apertura a un possibile intervento normativo

Pur ritenendo non fondate le censure di incostituzionalità, la Consulta ha sottolineato che non sussistono preclusioni costituzionali a un’eventuale riforma legislativa che estenda l’accesso alla PMA anche alla famiglia monoparentale. Un’eventuale revisione in tal senso spetterebbe però esclusivamente al Parlamento, nell’esercizio delle proprie prerogative e responsabilità.