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Suicidio assistito: legittimo il sostegno vitale Suicidio assistito: la Corte costituzionale conferma la legittimità del requisito del trattamento di sostegno vitale

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Suicidio assistito: nuovo intervento della Consulta

Suicidio assistito: con la sentenza n. 66 del 2025, la Corte costituzionale ha confermato la non contrarietà alla Costituzione della previsione normativa che subordina la non punibilità dell’aiuto al suicidio alla condizione che la persona malata necessiti, secondo valutazione medica, di un trattamento di sostegno vitale. La pronuncia rigetta le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal GIP di Milano in relazione all’art. 580 c.p., in un procedimento avviato a seguito della richiesta di archiviazione formulata dal pubblico ministero.

Sostegno vitale come criterio non discriminatorio

La Consulta, richiamando i principi già affermati nella sentenza n. 135 del 2024, chiarisce che il requisito del trattamento di sostegno vitale si considera soddisfatto quando, in base all’indicazione clinica, tale trattamento è necessario per garantire le funzioni vitali del paziente. È sufficiente che, in assenza del trattamento, la morte risulti prevedibile in un arco temporale ristretto. Non è invece richiesta la previa attivazione del trattamento al solo fine di accedere al suicidio assistito.

Non viola la Costituzione il limite salvavita

La Corte ha escluso che tale condizione integri una forma di discriminazione o rappresenti una violazione del diritto all’autodeterminazione. Ha inoltre ribadito che, pur potendo il legislatore adottare scelte differenti, queste dovrebbero essere accompagnate da idonee garanzie contro possibili abusi. Allo Stato deve essere riconosciuto un ampio margine di discrezionalità legislativa nel bilanciamento tra la tutela della vita (art. 2 Cost.) e il diritto all’autonomia personale, intesa come espressione del più ampio diritto allo sviluppo della personalità.

Garanzie procedurali essenziali e ruolo del legislatore

La Corte ha ribadito l’importanza delle condizioni sostanziali e procedurali, già individuate con la sentenza n. 242 del 2019, sottolineando la loro funzione nel prevenire abusi e nel tutelare soggetti vulnerabili. Tali requisiti costituiscono un argine anche rispetto a potenziali derive culturali che possano indurre persone malate a optare per il suicidio in assenza di un adeguato sostegno sociale e sanitario.

Criticità del sistema di cure palliative

Nel testo della pronuncia emerge inoltre un chiaro richiamo al dovere della Repubblica di garantire l’accesso effettivo a cure palliative e assistenza sociosanitaria domiciliare continuativa, poiché l’assenza di tali servizi incide significativamente sulle scelte delle persone affette da gravi patologie. La Corte ha segnalato con preoccupazione le criticità sistemiche: carenza di personale specializzato, disparità territoriali, lunghi tempi d’attesa e una presa in carico spesso inadeguata.

Infine, viene nuovamente sollecitato il Parlamento e il Servizio sanitario nazionale affinché provvedano alla puntuale attuazione della sentenza n. 242 del 2019, anche attraverso l’elaborazione di una disciplina normativa alternativa che, pur nel rispetto delle indicazioni costituzionali, possa fornire una risposta compiuta e uniforme alla tematica del fine vita.