Penale

Legittimo l’obbligo di testimonianza del prossimo congiunto La Corte Costituzionale ha dichiarato non irragionevole l'obbligo previsto dal 1° comma dell'art. 199 c.p.p. se il familiare è persona offesa dal reato

Legittimo l'obbligo di testimonianza

Obbligo di testimonianza prossimo congiunto

Legittimo l’obbligo di testimonianza del prossimo congiunto dell’imputato che sia persona offesa dal reato. Così, la Corte costituzionale, con la sentenza numero 200/2024, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale relative al primo comma dell’art. 199 del codice di procedura penale. Disposizione che, mentre riconosce ai prossimi congiunti dell’imputato la facoltà di astenersi dal testimoniare, introduce un’eccezione per il familiare che sia persona offesa dal reato.

La qlc

Decidendo sulle censure del Tribunale di Firenze, riferite agli articoli 3, 27, secondo comma, 29 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’articolo 8 della CEDU, la Consulta ha affermato che “tale eccezione alla facoltà di astensione non è irragionevole, né sproporzionata, e neppure lede la vita e l’unità della famiglia”. Ciò in quanto essa, da un lato “corrisponde al fatto che proprio la condotta offensiva dell’imputato normalmente incide sul legame affettivo sotteso alla facoltà di astenersi”. Dall’altro, “protegge la vittima del reato dalle pressioni che spesso provengono dallo stesso ambito familiare affinché si astenga dal deporre”.

Legittimo l’obbligo di testimonianza: la decisione

È stata altresì disattesa dal giudice delle leggi – per il carattere fortemente “manipolativo” della sollecitata pronuncia – “la richiesta subordinata del rimettente, diretta a ottenere l’eliminazione dell’obbligo di deporre del congiunto, persona offesa, nell’ipotesi in cui la sua deposizione non sia assolutamente necessaria per l’accertamento dei fatti”.

La Corte ha sottolineato, infine, che quella del prossimo congiunto, offeso dal reato, “non si differenzia da un’ordinaria testimonianza, sicché nei suoi confronti può essere applicata, ove ne ricorrano gli estremi, la causa di non punibilità di cui all’articolo 384, primo comma, del codice penale”.