Il whistleblowing Whistleblowing: istituto introdotto dalla legge n. 190/2012 per consentire al lavoratore di segnalare illeciti garantendo allo stesso tutele specifiche
Whistleblowing: quadro normativo
Il whistleblowing è un tema di crescente importanza, sia a livello nazionale che internazionale, legato alla segnalazione di atti illeciti o comportamenti non etici all’interno delle organizzazioni pubbliche che private.
In Italia, questo concetto è stato formalmente introdotto dalla Legge 190/2012 e successivamente aggiornato con il Decreto Legislativo n. 24/2023, che recepisce la Direttiva UE 2019/1937 sul whistleblowing.
In questo articolo, analizziamo le principali normative italiane che regolano la protezione dei whistleblower, le implicazioni pratiche e come le aziende e le pubbliche amministrazioni sono tenute ad adeguarsi alle nuove disposizioni.
Cos’è il Whistleblowing?
Il whistleblowing si riferisce alla pratica di segnalare comportamenti illeciti o scorretti all’interno di un’organizzazione. Le segnalazioni possono riguardare una vasta gamma di tematiche, come corruzione, frodi, malversazioni, discriminazioni, violazioni ambientali e altre attività dannose per l’interesse pubblico o aziendale. Il termine “whistleblower” identifica la persona che fa la segnalazione, solitamente un dipendente o collaboratore, che rivela illeciti o pratiche scorrette, spesso a rischio di ritorsioni.
Legge 190/2012: la prima legge in Italia sul whistleblowing
La Legge 190/2012, nota anche come Legge Anticorruzione, ha rappresentato il primo passo significativo nella regolamentazione del whistleblowing in Italia. In particolare, l’articolo 54-bis, introdotto dalla Legge 190/2012 nel “D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 contenente le norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche” stabiliva la possibilità, per i dipendenti pubblici, di segnalare atti di corruzione o illeciti di cui erano venuti a conoscenza durante il loro servizio, senza temere ritorsioni. La legge stabiliva anche una procedura interna di segnalazione, obbligando le pubbliche amministrazioni ad adottare canali protetti e garantendo la riservatezza dell’identità del whistleblower. Per questo soggetto sono state previste specifiche misure di protezione per i whistleblower, come il divieto di licenziamento, demansionamento o penalizzazioni per chi segnala illeciti. Tuttavia, la legge 190/2012 si applicava esclusivamente al settore pubblico, limitando inizialmente l’efficacia della protezione.
Decreto Legislativo n. 24/2023: recepimento Direttiva UE 2019/1937
Il Decreto Legislativo n. 24/2023, entrato in vigore il 15 luglio 2023, rappresenta l’attuazione della Direttiva UE 2019/1937 (la Direttiva sul whistleblowing), che impone agli Stati membri dell’Unione Europea di adottare misure specifiche per proteggere i whistleblower e favorire la segnalazione di illeciti.
Tutele estese al settore privato
Il decreto estende la protezione anche al settore privato, una novità significativa rispetto alla legge del 2012, che riguardava solo la pubblica amministrazione. La nuova normativa prevede che anche le aziende private, con più di 50 dipendenti, debbano adottare canali interni sicuri per la segnalazione di illeciti, al fine di consentire ai dipendenti di segnalare abusi, frodi, comportamenti non etici e violazioni senza temere ripercussioni. Le piccole e medie imprese (PMI), con meno di 50 dipendenti, sono esonerate dall’obbligo di implementare tali canali, ma sono comunque invitate a fornire una modalità per la segnalazione.
Misure di protezione più severe
Il Decreto Legislativo n. 24/2023 introduce anche una serie di misure di protezione più rigorose, tra cui:
- protezione contro le ritorsioni: i whistleblower non possono subire danni professionali, come licenziamenti, degradamenti o altre forme di discriminazione sul posto di lavoro a causa della loro segnalazione;
- confidenzialità e anonimato: le segnalazioni devono avvenire attraverso canali sicuri e protetti, garantendo la riservatezza dell’identità del segnalante, anche nel caso in cui venga fatta una segnalazione anonima;
- accesso a vie esterne: se la segnalazione interna non produce risultati o se il whistleblower teme ritorsioni, è prevista la possibilità di rivolgersi a autorità esterne come l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) o l’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali.
- obbligo di feedback: le aziende e le amministrazioni pubbliche sono tenute a fornire un feedback tempestivo alla persona che ha effettuato la segnalazione, informandola dell’esito della valutazione dell’illecito segnalato.
Implicazioni pratiche per aziende e PP.AA.
Con l’introduzione del Decreto Legislativo n. 24/2023, le organizzazioni italiane, sia pubbliche che private, sono obbligate a conformarsi a nuove normative più stringenti in tema di whistleblowing. Le principali implicazioni comportano:
- la creazione di canali di segnalazione: le aziende devono istituire modalità sicure e protette per la ricezione delle segnalazioni, garantendo la riservatezza e l’anonimato del whistleblower. Questi canali devono essere facilmente accessibili e garantire una protezione contro eventuali ritorsioni;
- la formazione e la sensibilizzazione: le organizzazioni sono chiamate a sensibilizzare e formare i propri dipendenti sul tema del whistleblowing, evidenziando le modalità di segnalazione e le protezioni previste per chi denuncia;
- monitoraggio e reporting: le aziende devono monitorare le segnalazioni ricevute e garantire la gestione corretta delle stesse, comunicando i risultati alle autorità competenti, se necessario, e ai whistleblower, garantendo trasparenza e rispetto delle tempistiche;
- sanzioni in caso di inadempimento: le aziende che non rispettano gli obblighi previsti dal decreto legislativo possono incorrere in sanzioni amministrative.
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