Quesito con risposta a cura di Mariarosaria Cristofaro e Serena Ramirez
In tema di furto di energia elettrica, può ritenersi legittimamente contestata la circostanza aggravante di cui all’art. 625, comma 1, n. 7, c.p., in quanto l’energia elettrica, su cui ricade la condotta di sottrazione, è un bene funzionalmente destinato a un pubblico servizio, essendo idoneo a raggiungere le utenze terminali di un numero indeterminato di persone e a soddisfare un’esigenza di rilevanza pubblica (Cass., sez. IV, 31 ottobre 2024, n. 40161).
La Suprema Corte di Cassazione è stata chiamata a valutare i confini e i limiti applicativi della circostanza aggravante del furto commesso su cose destinate a pubblico servizio. Ad un maggior grado di dettaglio, ai giudici di legittimità viene domandato se l’energia elettrica, oggetto di sottrazione e impossessamento, rappresenti un bene destinato a pubblico servizio.
I fatti di causa possono essere riassunti come segue. I giudici di merito non avevano riconosciuto l’aggravante in commento, sulla scorta dell’argomentazione che l’imputato si era limitato ad ottenere – con l’uso della fraudolenta esclusione della registrazione del consumo – l’illecito fine di usufruire dell’energia senza pagarne il prezzo. Non vi sarebbe, pertanto, pregiudizio per il servizio pubblico cui la risorsa è destinata in quanto detta condotta incide solo sul rapporto contrattuale tra utente e società distributrice della fornitura. Ne derivava la pronuncia ex art. 129 c.p.p. di non doversi procedere per mancanza di querela in relazione al delitto previsto e punito dagli artt. 624 e 625, comma 2, n. 1 c.p.
Avverso la sentenza proponeva ricorso per Cassazione il Procuratore della Repubblica per violazione di legge. Si deduceva, quindi, la sussistenza dell’aggravante in parola poiché l’allacciamento abusivo ai terminali collocati in una proprietà privata risultava incidente sulla destinazione della cosa al pubblico servizio. Il precipitato della contestazione dell’aggravante è rappresentato dalla procedibilità di ufficio del delitto, anche in seguito alla modifica apportata dall’art. 2 del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, recante “Delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”.
I giudici di legittimità rammentano la nozione di destinazione a pubblico servizio: questa non è data dalla fruizione pubblica del bene, bensì dalla qualità del servizio che viene organizzato anche attraverso la destinazione di risorse umane e materiali, e che viene destinato alla soddisfazione di un bisogno riferibile alla generalità dei consociati (Cass. 3 dicembre 2013, n. 698). La Corte, inoltre, ricorda come a fianco di una lettura soggettiva del concetto di servizio pubblico, si staglia una lettura oggettiva che riconosce rilevanza alle prestazioni dei servizi pubblici non in ragione del soggetto che ne assicura la fornitura quanto delle caratteristiche oggettive delle prestazioni erogate in considerazione del numero indeterminato dei destinatari che ne traggono giovamento.
Da tali considerazioni consegue che la destinazione del bene-energia, oggetto di furto, a pubblico servizio, legittima la punizione più severa dell’azione ablativa dell’agente in quanto pertinente ad un bene che, per volontà del proprietario, ovvero per la qualità ad essa inerente, serve ad un uso di pubblico vantaggio. Dalla corretta applicazione della circostanza aggravante di cui al comma settimo dell’art. 625 c.p. deriva la procedibilità d’ufficio del reato ascritto.
Per tali motivi, la Cassazione ha accolto il ricorso proposto dalla Pubblica Accusa, al quale consegue l’annullamento senza rinvio della sentenza cassata e la trasmissione degli atti al Tribunale competente per l’ulteriore corso del processo.