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Chiamata in causa del terzo costruttore Si può chiamare in causa il terzo costruttore per vizi del bene venduto?

giurista risponde

Quesito con risposta a cura di Valentina Musorrofiti e Marilena Sanfilippo

 

Il venditore di un immobile può chiamare in causa il terzo costruttore solo per essere sollevato dalla responsabilità derivante da gravi difetti presenti nella costruzione e non anche per la mancata comunicazione all’acquirente dei vizi della cosa di cui era a conoscenza, poiché si tratta di responsabilità per violazione del principio di correttezza e buona fede nei rapporti contrattuali, di cui all’art. 1175 c.c., che non coinvolge il terzo (Cass., sez. II, 28 agosto 2024, n. 23233).

La Corte di Cassazione, con la sentenza in disamina ha affrontato questioni relative alla responsabilità del costruttore e del venditore per vizi dell’immobile.

Il caso di specie riguarda l’acquisto di un immobile affetto da gravi problemi di umidità e allagamenti dovuti a difetti nel sistema fognario.

L’acquirente dell’immobile aveva citato in giudizio l’alienante per ottenere l’eliminazione dei vizi presenti nello stesso immobile, il rimborso parziale del prezzo ed inoltre il risarcimento dei danni. Il venditore si costituiva chiamando in causa la società costruttrice del fabbricato.

Il Tribunale condannava il solo venditore e non la società costruttrice poiché la domanda era formulata in modo generico e non con l’esperimento di un’azione ex art. 1669 c.c.

Invero, il venditore appellava la sentenza per ottenere la condanna del costruttore.

La Corte d’Appello accertava la responsabilità del costruttore ex art. 1669 c.c. e quella del venditore ex art. 1175 c.c., per non aver comunicato all’acquirente l’esistenza dei vizi dell’immobile di cui era a conoscenza. Condannava, quindi, la società costruttrice a tenere indenne l’appellante da tutte le conseguenze economiche derivanti dal fatto.

La società costruttrice ricorreva per Cassazione ed il ricorso veniva accolto.

La Corte ha, innanzitutto, ribadito che, a norma dell’art. 1669 c.c., la responsabilità del costruttore per gravi difetti dell’immobile sussiste se la scoperta del vizio avviene entro 10 anni dal completamento dell’opera. Il termine decorre dal collaudo e non dalla vendita dell’immobile. La responsabilità dell’appaltatore ai sensi dell’art. 1669 c.c. è “speciale” rispetto a quella generica contemplata dall’art. 2043 c.c.: quest’ultima ricorre in via residuale, qualora non sussistano in concreto le condizioni giuridiche per l’applicabilità della prima (ad esempio, in caso di danno manifestatosi oltre il decennio dal compimento dell’opera).

La Cassazione chiarisce che il termine di un anno per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti nella costruzione di un immobile, previsto dall’art. 1669 c.c. a pena di decadenza, può essere postergato all’esito degli accertamenti tecnici che si rendano necessari per comprendere la gravità dei vizi e stabilire il corretto collegamento causale (così anche Cass. 24 aprile 201, n. 10048; Cass. 23 gennaio 2008, n. 1463).

Nel caso di specie il venditore aveva avuto una conoscenza solo imperfetta dei vizi, pertanto, si era esperita una consulenza tecnica grazie alla quale era stata possibile l’imputazione delle cause; pertanto, dalla stessa consulenza occorreva far decorrere il termine di cui all’art. 1669 c.c.

Affinché possa essere fatta valere la responsabilità di cui all’art. 1669 c.c. è necessaria la sussistenza di determinati elementi quali: un bene immobile destinato a lunga durata, la rovina dell’opera già avvenuta (sia nella forma totale che parziale), o anche l’attuale pericolo di rovina nell’immediato futuro; da ultimo l’esistenza di gravi difetti (nozione molto dibattuta in giurisprudenza e nella quale sembrerebbero rientrare tutti i vizi che incidono sugli elementi essenziali dell’immobile) della costruzione che pregiudicano la caratteristica della lunga durata.

Inoltre, la Cassazione ha chiarito che il momento della “scoperta” del vizio coincide con l’acquisizione della piena consapevolezza della sua gravità e delle sue cause, anche attraverso accertamenti tecnici.

Nel caso specifico, tale momento è stato individuato nel deposito della CTU.

La Suprema Corte non ritiene fondati i motivi per cui a fronte di una chiamata in causa del terzo formulata in modo generico in primo grado, la richiesta di risarcimento ex art. 1669 c.c., rivolta allo stesso terzo in secondo grado, deve essere considerata domanda nuova.

Secondo la Suprema Corte il titolo della responsabilità del terzo era già compreso nella ragione che aveva indotto il convenuto a chiamarlo in causa in primo grado, anche in assenza di esplicita domanda in tal senso, poiché la chiamata era rivolta a liberarsi dalla pretesa attorea (Cass. 29 dicembre 2009, n. 27525).

Un importante principio affermato dalla Corte riguarda l’estensione automatica al terzo chiamato (il costruttore) della domanda principale dell’attore contro il convenuto (il venditore), quando la chiamata in causa sia finalizzata a individuare il terzo come unico responsabile.

Ciò in virtù della comunanza del fatto costitutivo delle due fattispecie di responsabilità.

La sentenza ha anche ribadito che una domanda generica di risarcimento danni comprende tutte le possibili voci di danno, incluso quello non patrimoniale, purché siano stati allegati i fatti materiali lesivi. È ammissibile la produzione di documenti anche in fase successiva, se relativi a fatti collegati a quelli originariamente dedotti.

Un passaggio cruciale della decisione riguarda la responsabilità del venditore per violazione dei doveri di buona fede e correttezza.

La Corte ha censurato la sentenza d’Appello nella parte in cui aveva addossato al costruttore anche le conseguenze economiche derivanti dal comportamento scorretto del venditore, che era a conoscenza dei problemi ma non li aveva comunicati all’acquirente. Su questo punto la causa è stata rinviata per un nuovo esame.

Infine, la Cassazione ha confermato che il termine annuale per la denuncia dei vizi ex art. 1669 c.c. decorre solo dall’acquisizione di una “sicura conoscenza” dei difetti e delle loro cause, potendo essere postergato all’esito di accertamenti tecnici necessari.

In conclusione, la sentenza offre importanti chiarimenti su temi quali i termini dell’azione di responsabilità contro il costruttore, l’estensione della domanda al terzo chiamato, l’onere di allegazione dei danni e i doveri di correttezza del venditore.

(*Contributo in tema di “Chiamata in causa del terzo costruttore”, a cura di Valentina Musorrofiti e Marilena Sanfilippo, estratto da Obiettivo Magistrato n. 79 / Novembre 2024 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica)