Magistrati e avvocati dello Stato: stipendi più alti Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Dpcm che prevede l'incremento con decorrenza 1° gennaio 2024 degli stipendi del personale di magistratura ed equiparati in virtù delle variazioni Istat

Adeguamenti stipendi e indennità magistrati e avvocati dello Stato

Parte l’adeguamento triennale degli stipendi e delle indennità dei magistrati e degli avvocati dello Stato. Lo prevede il dpcm del 3 giugno scorso pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 18 giugno, in virtù delle variazioni comunicate dall’Istat.

Stipendi e indennità su del 6,69%

In particolare, l’art. 1 prevede che “le misure degli stipendi del personale di cui alla legge 19 febbraio 1981, n. 27, dell’indennità prevista dall’art. 3, primo comma, della stessa legge e dell’indennità integrativa speciale in vigore alla data del 1° gennaio 2021, sono incrementate del 6,69 per cento, con decorrenza 1° gennaio 2024, con conseguente conguaglio, con la medesima decorrenza 1° gennaio 2024, degli acconti corrisposti negli anni 2022 e 2023″.

Acconti per il triennio successivo

L’art. 2 prevede, inoltre, che l’indennità prevista dall’art. 3, primo comma, della stessa legge e l’indennità integrativa speciale in vigore alla data del 1° gennaio 2024, come determinate dall’art. 1 del decreto, “sono ulteriormente incrementate, per ciascuno degli anni 2025 e 2026, del 2,01 per cento, con decorrenza, rispettivamente, dal 1° gennaio 2025 e dal 1° gennaio 2026, a titolo di acconto sull’adeguamento triennale successivo”.

Risorse

L’art. 3, prevede infine che al relativo onere, che costituisce spesa avente natura obbligatoria, si provvede a valere sulle disponibilità dei pertinenti capitoli di bilancio delle amministrazioni interessate.

Il decreto è stato trasmesso alla Corte dei Conti e registrato l’11 giugno 2024.

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tfr tfs procedura riscatto

TFR e TFS: nuova procedura online L'INPS ha dettato le istruzioni per la nuova procedura per l'inoltro delle domande telematiche di riscatto TFS e TFR

TFS/TFR: nuova procedura di riscatto online

E’ disponibile sul sito dell’INPS, la nuova procedura che consente all’iscritto e agli enti datori di lavoro (solo per le amministrazioni statali), l’inoltro delle domande telematiche per il riscatto del trattamento di fine servizio (TFS) e del trattamento di fine rapporto (TFR). E’ lo stesso istituto a dettare le istruzioni con il messaggio n. 2243/2024.

Funzionalità disponibili per il cittadino

In particolare, le funzionalità disponibili per il cittadino sono le seguenti:

  • domanda di riscatto ai fini TFS/TFR (solo per gli iscritti all’ex INADEL);
  • richiesta di anticipata estinzione delle rate residue di riscatto ai fini TFS/TFR (solo per gli iscritti all’ex INADEL);
  • registrazione dell’avvenuto pagamento di anticipata estinzione (sia per gli iscritti all’ex ENPAS che per gli iscritti all’ex INADEL);
  • richiesta di esonero dal pagamento delle rate residue di riscatto ai fini TFS/TFR (solo per gli iscritti all’ex INADEL);
  • rinuncia al riscatto ai fini TFS/TFR (sia per gli iscritti all’ex ENPAS che per gli iscritti all’ex INADEL);
  • consultazione delle domande inoltrate (sia per gli iscritti all’ex ENPAS sia per gli iscritti all’ex INADEL).

Funzionalità disponibili per il datore di lavoro

Le funzionalità disponibili per l’Ente datore di lavoro, invece, sono le seguenti:

  • domanda di riscatto ai fini TFS/TFR (solo per le Amministrazioni statali-iscritti ex ENPAS);
  • richiesta di anticipata estinzione delle rate residue di riscatto ai fini TFS/TFR (solo per le Amministrazioni statali-iscritti ex ENPAS);
  • richiesta di esonero dal pagamento delle rate residue di riscatto ai fini TFS/TFR (solo per le Amministrazioni statali-iscritti ex ENPAS);
  • nuova domanda di riscatto ai fini TFS/TFR a rettifica della precedente già inoltrata (solo per le Amministrazioni statali-iscritti ex ENPAS);
  • consultazione delle domande inoltrate (solo per le Amministrazioni statali-iscritti ex ENPAS).

Come accedere alla nuova procedura

La nuova procedura online è disponibile, comunica l’istituto sul proprio sito, accedendo tramite SPID, almeno di Livello 2, CNS, CIE 3.0, PIN dispositivo (rilasciato dall’Istituto solo per i residenti all’estero non in possesso di un documento di riconoscimento italiano e, pertanto, impossibilitati a richiedere le credenziali SPID) ed eIDAS (electronic IDentification Authentication and Signature), digitando nel campo “Ricerca” della homepage le parole “Riscatti TFS e TFR”.

Le istanze di riscatto TFS/TFR già inoltrate sono accessibili alla voce di menu “Consultazione domande inoltrate” della procedura; il manuale è consultabile nell’apposita sezione “Manuali” del sito istituzionale.

Gli utenti possono utilizzare anche i servizi offerti dagli Istituti di Patronato riconosciuti dalla legge o chiamare il Contact Center Integrato al numero verde 803164 (gratuito da rete fissa) o il numero 06164164 (da rete mobile a pagamento in base alla tariffa applicata dai diversi gestori).

tenuità fatto riciclaggio

Riciclaggio: tenuità del fatto sempre esclusa La Cassazione ricorda che la particolare tenuità del fatto è esclusa nel reato di riciclaggio

Particolare tenuità del fatto

La particolare tenuità del fatto è sempre esclusa per il riciclaggio. Lo ricorda la seconda sezione penale della Cassazione, nella sentenza n. 23743-2024.

Nella vicenda, la Corte d’appello di Brescia confermava la condanna di alcuni soggetti per il reato di riciclaggio.

Uno degli imputati ricorreva avverso il Palazzaccio, tramite il proprio difensore, deducendo, tra l’altro, violazione di legge, in quanto non sarebbe stata valutata la possibilità di riconoscere la causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p. in relazione al reato di riciclaggio, ove diversamente qualificato.

Reato di riciclaggio e art. 131-bis c.p.

Per la Cassazione, però, la doglianza è manifestamente infondata in quanto “il reato di riciclaggio contestato, correttamente qualificato, non consente l’applicazione del beneficio richiesto”.

Attenuanti generiche

Nulla di fatto neanche in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, giacchè la Corte d’appello in coerenza con la giurisprudenza di legittimità, aveva rilevato l’assenza di elementi positivi idonei a consentire al riconoscimento del beneficio.

Inammissibilità del ricorso

Ne consegue l’inammissibilità del ricorso e la condanna anche al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma determinata equitativamente in tremila euro.

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giurista risponde

Servizio di guardia medica e visita domiciliare Commette reato il sanitario in servizio di guardia medica che si rifiuti di eseguire una visita domiciliare?

Quesito con risposta a cura di Andrea Bonanno e Giulia Fanelli

Integra il delitto di rifiuto di atti di ufficio la condotta del sanitario in servizio di guardia medica che, pur richiesto, decida di non eseguire l’intervento domiciliare urgente per accertarsi delle effettive condizioni di salute del paziente, nonostante gli venga prospettata una sintomatologia grave, trattandosi di un reato di pericolo per il quale a nulla rileva che lo stato di salute del paziente si riveli in concreto meno grave di quanto potesse prevedersi. – Cass., sez. VI, 15 marzo 2024, n. 11085.

Nel caso di specie, la Suprema Corte è intervenuta in merito al reato di rifiuto di atti di ufficio, vagliando la responsabilità penale del medico in servizio di guardia medica che si rifiuti di eseguire una visita domiciliare urgente richiesta dal paziente.

In particolare, la Corte di Appello confermava la pronuncia con la quale il Tribunale, previa assoluzione per il delitto di omicidio colposo, aveva condannato un medico per il reato di omissioni in atti di ufficio, perché, nella qualità di medico di guardia dell’Asl, aveva rifiutato di eseguire una visita domiciliare, nonostante le riferite gravi condizioni di salute del paziente, limitandosi a diagnosticare telefonicamente una gastroenterite che, successivamente, risultava essere un infarto che portava al decesso dell’uomo.

Avverso tale sentenza il medico ha presentato ricorso dinnanzi alla Corte di Cassazione con atto sottoscritto dal proprio difensore.

In particolare, il ricorrente denunziava la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del reato di cui all’ art. 328 c.p. attesa la mancanza sia dell’indebito rifiuto – posto che la scelta del medico di provvedere o meno a visita domiciliare costituisce un atto discrezionale – sia del dolo del reato – in quanto il ricorrente, avendo colposamente errato la diagnosi, non era consapevole delle reali condizioni del paziente e, quindi, non si era rappresentato una situazione che imponesse il dovere di attivarsi.

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso parzialmente fondato e ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio.

In relazione alla configurabilità del reato di rifiuto di atti di ufficio, la Suprema Corte ha evidenziato che l’art. 13, D.P.R. 41/1991 stabilisce che il medico in servizio di guardia deve rimanere a disposizione «per effettuare gli interventi domiciliari a livello territoriale che gli saranno richiesti» e durante il turno «è tenuto ad effettuare al più presto tutti gli interventi che gli siano richiesti direttamente dagli utenti». È di tutta evidenza che, in base alla norma citata, la necessità e l’urgenza di effettuare una visita domiciliare spetti alla valutazione discrezionale del sanitario di guardia, sia sulla base della sintomatologia riferitagli che sulla base della propria esperienza. Tale valutazione, però, è sindacabile dal giudice di merito, in forza degli elementi di prova sottoposti al suo esame, per accertare se la valutazione del sanitario sia stata correttamente effettuata sulla base di dati di ragionevolezza, desumibili dallo specifico contesto e dai protocolli sanitari applicabili, oppure costituisca un pretesto per giustificare l’inadempimento dei propri doveri (Cass., sez. VI, 29 luglio 2019, n. 34535; Cass., sez. VI, 30 ottobre 2012, n. 23817).

Costituisce, pertanto, consolidato orientamento interpretativo di questa Corte quello secondo il quale integra il delitto di rifiuto di atti di ufficio la condotta del sanitario in servizio di guardia medica che, pur richiesto, decida di non eseguire l’intervento domiciliare urgente per accertarsi delle effettive condizioni di salute del paziente, nonostante gli venga prospettata una sintomatologia grave, trattandosi di un reato di pericolo per il quale a nulla rileva che lo stato di salute del paziente si riveli in concreto meno grave di quanto potesse prevedersi. In sostanza, il delitto è integrato ogniqualvolta il medico di turno, pubblico ufficiale, a fronte ad una riferita sintomatologia ingravescente e alla richiesta di soccorso, che presenti inequivoci connotati di gravità e di allarme, neghi un atto non ritardabile, quale appunto quello di un accurato esame clinico volto ad accertare le effettive condizioni del paziente (Cass., sez. VI, 23 maggio 2023, n. 29927; Cass., sez. VI, 30 ottobre 2012, n. 23817; Cass., sez. VI, 5 giugno 2007, n. 31670).

Nel caso in esame, la motivazione della sentenza di secondo grado, dopo aver correttamente escluso che la condotta di tipo omissivo della ricorrente avesse causalmente determinato la morte del paziente, ha spiegato che l’ostinato rifiuto del medico di eseguire la visita domiciliare andasse qualificato come rifiuto di atti di ufficio. Nonostante la perizia disposta in primo grado avesse ritenuto che i sintomi rappresentati telefonicamente dovessero indurre ragionevolmente a considerare la possibilità teorica che fosse in atto una patologia cardio-vascolare di natura ischemica, la dottoressa aveva diagnosticato una semplice gastroenterite (ritenuta dai periti «francamente erronea»), e non aveva ritenuto necessario eseguire la visita domiciliare sebbene solo il rilevamento di parametri obiettivi (quali la pressione arteriosa, la frequenza cardiaca, il ritmo cardiaco, la cianosi) avrebbe consentito di comprendere, in concreto, la patologia del paziente.

Quanto alla doglianza riguardante l’insussistenza del dolo del reato, la Suprema Corte ha ritenuto le argomentazioni esposte dalla Corte di merito correttamente fondate sull’indebito e consapevole rifiuto della ricorrente di svolgere l’intervento domiciliare urgente, in assenza di altre esigenze dei servizio (quali, ad esempio, contemporanee richieste di intervento urgente), a fronte dell’ inequivoca gravità e chiarezza della sintomatologia esposta, per sincerarsi personalmente, pur nel dubbio, delle effettive condizioni del paziente e dell’eventuale situazione di pericolo in cui questi si trovava o meno, in base ad un esame clinico diretto. Ai fini della configurabilità dell’elemento psicologico del reato, costituito dal dolo generico, è dunque vero che non basta la generica negligenza, ma è sufficiente che l’agente abbia la consapevolezza che il proprio contegno omissivo violi i doveri impostigli (Cass., sez. VI, 15 giugno 2021, n. 33565) tra i quali rientrano quelli delineati nel sopracitato art. 13, D.P.R. 41/1991 la cui necessità va valutata secondo criteri di ragionevolezza desumibili dalla situazione in concreto rappresentata.

*Contributo in tema di “Servizio di guardia medica e visita domiciliare”, a cura di Andrea Bonanno e Giulia Fanelli, estratto da Obiettivo Magistrato n. 75 / Giugno 2024 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica

divorzio affini cariche politiche

Affini del sindaco: col divorzio cadono le incompatibilità La Corte Costituzionale ha stabilito che con lo scioglimento del matrimonio, da cui deriva vincolo di affinità, viene meno l'incompatibilità a ricoprire incarichi in giunta e come vicesindaco

Divorzio e affinità

Con lo scioglimento del matrimonio da cui deriva un vincolo di affinità con il sindaco, viene meno l’incompatibilità a ricoprire la carica di componente della giunta municipale e quella di vicesindaco. Così ha deciso la Corte Costituzionale con la sentenza n. 107-2024, depositata oggi, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 64, comma 4, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) nella parte in cui prevede l’incompatibilità per gli affini entro il terzo grado del sindaco, o del presidente della Giunta provinciale, a far parte della relativa Giunta, e a essere nominati rappresentanti del comune o della provincia, ove il rapporto di coniugio dal quale il vincolo di affinità è stato determinato sia cessato.

La qlc

La questione era stata sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3 e 51 Cost., dalla prima sezione civile della Cassazione, che aveva ravvisato la violazione, ad opera della suddetta norma, del diritto all’elettorato passivo e la irragionevolezza intrinseca di una previsione che, in modo incoerente con il sistema, sortisce l’effetto di consentire l’accesso ad un ufficio pubblico politico all’ex coniuge di un amministratore locale, ma non all’ex affine.

Il caso riguardava il coniuge divorziato della sorella del sindaco di un comune, il quale aveva proposto ricorso nei confronti della sentenza d’appello di Napoli che, in riforma della decisione di primo grado, aveva dichiarato l’incompatibilità a partecipare alla giunta municipale e a ricoprire la carica di vicesindaco dell’ex coniuge della sorella del sindaco.

Le censure della Cassazione

Nella specie, risulta manifestamente irragionevole, secondo la Corte, che, “mentre l’ex coniuge del sindaco non è soggetto alle incompatibilità in esame, lo sia l’affine anche dopo che il rapporto di coniugio dal quale il vincolo di affinità è derivato sia cessato, così sganciandosi del tutto la sussistenza della causa di incompatibilità dal rapporto di riferimento”.

In realtà, la Cassazione aveva censurato l’art. 78, terzo comma, c.c. – che stabilisce in via generale l’incidenza sul vincolo di affinità degli eventi della morte del coniuge e della dichiarazione di nullità del matrimonio senza occuparsi degli effetti del divorzio – «implicitamente richiamato dall’art. 64, comma 4, T.U.E.L.».

Il giudice delle leggi ha ritenuto, invece, per l’«elevato grado di specificità» della disciplina dettata in punto di incompatibilità, di circoscrivere il proprio sindacato all’art. 64 citato, quale specifica declinazione di una regola che non vive se non nei diversi contesti di riferimento. Poiché nelle varie situazioni previste dall’ordinamento lo status di affine può, di volta in volta, produrre effetti di attribuzione o di limitazione di un diritto, cui corrisponde di volta in volta un bilanciamento operato dal legislatore, la Corte costituzionale afferma che le censure sulla legittimità delle norme in contestazione devono essere portate direttamente alla disciplina specialistica di settore.

La decisione

Ciò posto, il giudice delle leggi ha ritenuto, si legge nella nota stampa ufficiale, “che l’art. 64, comma 4, citato, nella parte in cui prevede l’incompatibilità per gli affini entro il terzo grado del sindaco, o del presidente della Giunta provinciale, a far parte della relativa Giunta, e a essere nominati rappresentanti del comune o della provincia, anche se il rapporto di coniugio dal quale il vincolo di affinità è stato determinato sia cessato, si ponga in contrasto con l’art. 51 Cost., che disciplina il diritto di elettorato passivo, da ricondurre alla sfera dei diritti inviolabili sanciti dall’art. 2 Cost., e in relazione al quale le cause di incompatibilità sono conformi a Costituzione solo nella misura in cui non introducano differenze di trattamento tra categorie omogenee di soggetti che non siano manifestamente irragionevoli e sproporzionate”.

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modello 5 cassa forense

Avvocati: online la procedura per l’invio del modello 5 Cassa Forense rende noto che è attiva dal 17 giugno la procedura per l'invio dei modelli 5, 5bis e 5ter

Modello 5/2024 procedura online

E’ attiva dal 17 giugno 2024, la procedura per la compilazione dei modelli 5/2024, 5bis/2024 e 5ter/2024. Lo rende noto Cassa Forense sul proprio sito informando che l’invio delle comunicazioni dei dati reddituali dell’anno 2023 per gli iscritti va effettuato entro il 30 settembre.

Modello 5/2024

Il Modello 5/2024, in particolare, dovrà essere inviato entro il 30 settembre da tutti gli iscritti agli Albi Professionali Forensi anche per frazione di anno e dai Praticanti iscritti alla Cassa a decorrere dal 2023 o da anni precedenti. Ai fini della compilazione e dell’invio del modello basta collegarsi al sito internet www.cassaforense.it, sezione “Accessi riservati” – “Posizione personale” – “Modello 5 individuale”, con il proprio codice meccanografico e il codice PIN.

Modello 5bis/2024

Il Modello 5bis/2024, relativo alla comunicazione dei dati reddituali dell’anno 2023, dovrà essere inviato dalle Associazioni tra Professionisti e Società tra professionisti comprendenti almeno un soggetto iscritto agli Albi Professionali Forensi, anche per frazione di anno e dai Praticanti iscritti alla Cassa a decorrere dal 2023 o da anni precedenti. L’invio va effettuato da ogni società/associazione collegandosi al sito della Cassa, nella sezione “Accessi riservati” – “Posizione personale” – “Modello 5 Bis, Associazioni professionali”, con il proprio codice meccanografico e il codice PIN personale.

Modello 5ter/2024

Il Modello 5ter/2024, relativo alla comunicazione dei dati reddituali dell’anno 2023, infine, dovrà essere inviato dalle Società Tra Avvocati che risultano iscritte nell’anno 2023, anche per frazione di anno, nella Sezione Speciale dell’Albo. Anche in tal caso, il rappresentante della società potrà collegarsi al sito della Cassa, sezione “Accessi riservati” – “Società Tra Avvocati”, con il codice meccanografico e il codice PIN della Società rilasciati dopo la registrazione della stessa tramite la procedura disponibile sul sito.

Call center

Per ulteriori informazioni, Cassa Forense mette a disposizione degli iscritti il proprio call center al numero 06 51435340.

giurista risponde

Giudizio di ottemperanza e mutamento normativo Il mutamento normativo consente di riproporre il giudizio di ottemperanza in origine dichiarato inammissibile?

Quesito con risposta a cura di Ilenia Grasso

 

Il Consiglio di Stato ha rimesso la questione all’Adunanza Plenaria. – Cons. Stato, sez. IV, ord. 23 novembre 2022, n. 10342

La vicenda esaminata attiene alla possibilità di riproporre l’azione di ottemperanza, in passato dichiarata inammissibile dalla Corte di cassazione per difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato, stante la ritenuta natura meramente amministrativa del decreto decisorio del ricorso straordinario, insuscettibile, come tale, di essere eseguito con il rimedio giurisdizionale dell’ottemperanza.

Come è noto, infatti, nel 2009 è intervenuta la L. n. 69, che ha profondamente inciso sull’istituto del ricorso straordinario, elevato a rimedio sostanzialmente giurisdizionale, con evidenti riflessi sulla ammissibilità di un nuovo ricorso per l’ottemperanza.

Invero, in senso contrario si osserva che la rimodulazione legislativa del ricorso straordinario del 2009 non ha riguardato espressamente la sua efficacia retroattiva, successivamente esclusa dalla giurisprudenza.

Come affermato dai Giudici, si pone, pertanto, la necessità di valutare, in chiave processuale, se un giudicato in rito ostativo alla proposizione di un’azione possa sopravvivere al quadro normativo applicato (in altra prospettiva, se possa avere efficacia ultra-attiva insensibile alle successive modifiche legislative) ovvero se sia condizionato temporalmente alla vigenza di questo, specialmente allorché tale giudicato frustri ed inibisca definitivamente ed irrimediabilmente le istanze di giustizia avanzate dagli interessati.

In chiave sostanziale, inoltre, ci si chiede se la sopravvenuta modifica legislativa di uno strumento di tutela con effetti ampliativi delle facoltà defensionali dei privati (ossia, più in particolare, la rimodulazione della relativa disciplina in maniera così profonda da determinarne, secondo consolidata giurisprudenza, l’evoluzione della stessa natura giuridica, connotata ora da carattere sostanzialmente giurisdizionale) si rifletta e ridondi – in senso parimenti ampliativo – a beneficio delle istanze degli interessati già azionate in epoca antecedente alla novella legislativa e allora dichiarate inammissibili, consentendone hic et nunc la riproposizione, tenendo oltretutto presente che il maggioritario indirizzo pretorio ammette il rimedio dell’ottemperanza, ex art. 112 c.p.a., anche per le decisioni rese su ricorso straordinario nell’assetto normativo tradizionale, ossia quello antecedente alla novella del 2009.

Si afferma quindi che il rimedio giurisdizionale dell’ottemperanza era stato ritenuto inammissibile a motivo della natura amministrativa del decreto decisorio di ricorso straordinario, natura, tuttavia, non più predicabile in base alla vigente legislazione: il fatto che la precedente azione di ottemperanza non sia stata respinta nel merito, ma dichiarata inammissibile per ragioni processuali, potrebbe legittimare, in un’ottica esegetico-applicativa particolarmente attenta al valore ordinamentale dell’effettività della tutela giurisdizionale e della pienezza del diritto di difesa, l’attuale presentazione di una nuova istanza di ottemperanza, non ostandovi più la pronuncia di inammissibilità della Corte di cassazione, a suo tempo emessa sulla scorta di un paradigma normativo poi radicalmente travolto, sia pure con valenza ex nunc, dalle modifiche legislative medio tempore intervenute.

Quanto alla possibile violazione del ne bis in idem, si afferma, altresì, che la violazione di tale principio potrebbe tout court non venire in considerazione nella specie, qualora si valorizzasse fortemente la circostanza che l’attuale azione di esecuzione si muove entro una cornice normativa e giurisprudenziale del tutto diversa da quella vigente al momento del radicamento del precedente ricorso, sì che potrebbe assumersi – nell’intento di preservare le istanze di tutela sostanziale del privato – che non si tratti, a stretto rigore, della medesima azione.

Sulla base di tali premesse, la IV sezione del Consiglio di Stato ha rimesso la soluzione della questione all’Adunanza Plenaria, chiedendo in particolare se, dopo che la Corte di cassazione abbia dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione un ricorso per ottemperanza di un decreto decisorio di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, la parte interessata possa radicare un nuovo giudizio di ottemperanza, adducendo a fondamento dell’ammissibilità dell’ulteriore azione tanto la sopravvenuta e incisiva modificazione legislativa dei caratteri del ricorso straordinario, quanto il consolidato orientamento pretorio che ammette l’ottemperanza di decreti decisori di ricorsi straordinari anche ove emessi prima della novella del 2009.

bandi assistenza cassa forense

Avvocati: i nuovi bandi di assistenza 2024 Cassa Forense ha pubblicato tre nuovi bandi di assistenza 2024 destinati agli iscritti e le graduatorie di due bandi del 2023

Bandi assistenza 2024 Cassa Forense

Cassa Forense ha pubblicato tre nuovi bandi di assistenza 2024 destinati ai propri iscritti, oltre alle graduatorie del premio “Marco Ubertini” 2023 e del bando n. 12/2023 per l’assegnazione di contributi per famiglie numerose.

I nuovi bandi 2024

In particolare, i tre bandi rientranti tra le prestazioni a sostegno della famiglia e della salute sono i seguenti:

  • Bando n. 2/2024 per l’assegnazione di borse di studio per orfani, titolari di pensione di reversibilità o indiretta, con termine di scadenza per l’invio della domanda, esclusivamente tramite l’apposita procedura online, al 2/12/2024;
  • Bando n. 3/2024 per l’assegnazione di borse di studio in favore di studenti universitari, figli di iscritti alla Cassa, con termine di scadenza per l’invio della domanda, esclusivamente tramite l’apposita procedura online, al 2/12/2024;
  • Bando n. 4/2024 per l’assegnazione di contributi per spese di ospitalità in case di riposo o istituti per anziani, malati cronici o lungodegenti, con termine di scadenza per l’invio della domanda, tramite raccomandata A/R o PEC, al 20/1/2025.

Graduatorie bandi 2023

Infine, nella stessa data sul sito internet della Cassa sono state pubblicate, nell’apposita area dedicata, le graduatorie del Premio “Marco Ubertini” n. 10/2023 e del bando n. 12/2023 per l’assegnazione di contributi per famiglie numerose, approvate dalla Giunta Esecutiva nella riunione del 5 giugno.

 

Per approfondimenti vai a tutti i bandi 2024 di Cassa Forense

assegno inclusione indicazioni inps

Assegno di inclusione: le indicazioni INPS L'istituto fornisce le indicazioni per i nuclei familiari beneficiari: l'obbligo di presentazione deve avvenire entro 120 giorni dalla sottoscrizione del PAD

Assegno inclusione: presentazione nuclei familiari

giurista risponde

Accesso agli atti ente di diritto privato Sono accessibili gli atti di un ente di diritto privato che svolge attività di pubblico interesse?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

Sì, sono accessibili gli atti di un ente di diritto privato che svolge attività di pubblico interesse, limitatamente a tali attività. – Cons. Stato, sez. V, 20 marzo 2024, n. 2694.

Preliminarmente con riguardo alla vicenda in esame, la quinta Sezione del Consiglio di Stato ricorda che l’art. 22, comma 1, lett. e), della L. 241/1990, ammette l’accesso agli atti “limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario”.

L’interesse all’ostensione degli atti inerenti all’attività di pubblico interesse può discendere da notizie di stampa, le quali devono ritenersi idonee, in assenza di dati ed elementi conoscitivi più specifici e dettagliati, a radicare l’interesse, concreto e attuale all’accesso degli atti richiesti, potendo essere i medesimi potenzialmente idonei a consentire la violazione delle prescrizioni di legge che impongono di remunerare le prestazioni professionali con un equo compenso.

Nel caso in esame la Sezione ha ritenuto che, pur muovendo dalla natura privatistica di ASMEL (Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali – è un’associazione senza scopo di lucro costituita da comuni e altri enti pubblici, tra i cui scopi rientra, tra l’altro, quello “di implementare soluzioni per il conseguimento di obiettivi di semplificazione amministrativa e di contenimento della spesa nell’ambito dei procedimenti di acquisizione di beni e servizi”), l’attività dalla stessa posta in essere, nel sottoscrivere l’accordo quadro di cui è stata chiesta l’ostensione, sia di pubblico interesse. Ha statuito che sono ostensibili l’accordo quadro e tutti gli altri atti, nella disponibilità della stessa, richiesti dall’ordine degli avvocati di Roma, quale ente esponenziale della categoria degli avvocati.

*Contributo in tema di “Accesso agli atti”, a cura di Claudia Buonsante, estratto da Obiettivo Magistrato n. 74 / Maggio 2024 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica