sospensione breve della patente

Sospensione breve della patente: quando scatta Sospensione breve della patente: la novità della Riforma del Codice della Strada per chi ha meno di 20 o di 10 punti sulla patente

Riforma Codice della Strada e sospensione patente

Sospensione breve della patente di 7 o 15 giorni per chi commette determinate infrazioni e ha meno di 20 o 10 punti sulla patente. Lo prevede il nuovo art. 218 ter del Codice della Strada, in base alle modifiche previste dalla legge n. 177/2024, recante “Interventi in materia di sicurezza stradale e delega al Governo per la revisione del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285”, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 29 novembre per entrare in vigore il 14 dicembre 2024.

Sospensione breve della patente per chi ha meno di 20 punti

Il comma 1 del nuovo articolo 218 ter, dedicato alla sospensione della patente in relazione al punteggio del documento di guida prevede la sospensione, in aggiunta all’applicazione della sanzione pecuniaria, nella misura stabilita dai commi 2 e 3 di 7 o 15 giorni se risulta che il punteggio presente sulla patente è inferiore rispettivamente a 20 punti o 10 a causa di precedenti decurtazioni.

Violazioni del Codice della Strada interessate

La sospensione breve è prevista per tutta una serie di infrazioni:

  • circolazione contro mano;
  • violazione del divieto di sorpasso;
  • mancato rispetto della precedenza,
  • passaggio con semaforo giallo o rosso;
  • mancato rispetto del segnale di alt intimato da un agente;
  • mancato rispetto delle regole di attraversamento dei passaggi a livello;
  • sorpasso sulla destra;
  • sorpasso vietato o eseguito in violazione delle norme;
  • mancato rispetto della distanza di sicurezza se causa di sinistro con danno grave ai veicoli e comportante l’obbligo di revisione;
  • divieto di inversione di marcia in casi specifici;
  • utilizzo irregolare o mancante del casco per conducenti e passeggeri di ciclomotori e motoveicoli;
  • uso mancato o irregolare delle cinture di sicurezza, dei seggiolini per i bambini e dei dispositivi anti abbandono;
  • uso dello smartphone o di altri apparecchi durante la guida;
  • retromarcia su autostrade o strade extraurbane principali, compresa la corsia di emergenza;
  • mancato rispetto della corsia di accelerazione;
  • mancata precedenza sulle autostrade o strade extraurbane principali;
  • violazione del divieto di sosta o fermata su autostrade o strade extraurbane principali;
  • mancato utilizzo delle luci durante la sosta su autostrade o strade extraurbane principali;
  • omesso posizionamento del triangolo se il veicolo è fermo su autostrade o strade extraurbane principali;
  • guida dopo il consumo di bevande alcoliche, con tasso inferiore a 0,5 g/l per neopatentati e autisti professionisti;
  • mancata concessione della precedenza ai pedoni;
  • superamento del periodo di guida giornaliero massimo del 20% o del tempo minimo di riposo, per i conducenti di autoveicoli che effettuino il trasporto di persone o cose;
  • superamento del periodo di guida settimanale massimo o del tempo minimo di riposo, oltre il 20% per i conducenti di autoveicoli che effettuino il trasporto di persone o cose;
  • circolazione nel periodo in cui al conducente è stato intimato di non proseguire il viaggio per violazione dei periodi di guida o di riposo, giornalieri e settimanali.

Sospensione breve della patente: durata e condizioni

La sospensione breve viene disposta per la durata di 7 giorni quando il trasgressore, al momento dell’accertamento, risulti in possesso di almeno 10 punti sulla patente.

La durata della sospensione sale a 15 giorni se il trasgressore, al momento dell’accertamento, risulti in possesso di un punteggio inferiore ai 10 punti.

La sospensione della patente viene annotata nell’anagrafe nazionale dei soggetti abilitati alla guida a cura dell’ufficio o del comando da cui dipende l’agente che ha proceduto all’accertamento della violazione.

Chi circola abusivamente durante il periodo della sospensione della patente o avvalendosi del permesso di guida di cui all’art. 218 comma 2, è punito ai sensi dell’art. 218  comma 6 (sanzione amministrativa da 2.046 a 8.186).

Infine, se un soggetto commette una delle violazioni per le quali è prevista la sospensione breve della patente più volte nell’arco di due anni la sospensione breve si applica solo se la pena della sospensione della patente non è già prevista per le stesse violazioni.

Sospensione raddoppiata in presenza di un sinistro

Il comma 3 dell’art. 218 ter prevede che, fatta salva l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie da disporre dopo l’accertamento del reato e il ritiro della patente nelle ipotesi di illecito penale, la durata della sospensione breve di 7 o 15 giorni viene raddoppiata se il conducente abbia provocato un incidente stradale, compresa l’ipotesi in cui sia uscito di strada senza coinvolgere altri soggetti o cose diverse dalla sua persona e dal suo veicolo.

Sospensione breve: a chi si applica

Le disposizioni che regolano la sospensione della patente si applicano:

  • anche ai conducenti titolari di patenti rilasciate all’estero che commettono alcuna delle violazioni elencate nel comma 1;
  • ai conducenti che sono stati identificati nel momento in cui è stata commessa la violazione.

 

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assistenza sanitaria

Assistenza sanitaria per i senzatetto Assistenza sanitaria per i senzatetto a partire dal 1° gennaio 2025, lo prevede la legge n. 176/2024 in vigore dal 14 dicembre 2024

Assistenza sanitaria per i senza dimora dal 2025

Dal 2025 verrà garantita l’assistenza sanitaria anche ai soggetti senza fissa dimora. Lo prevede la legge n. 176/2024 approvata definitivamente e all’unanimità dal Senato il 7 novembre 2024 e approdata in Gazzetta ufficiale il 29 novembre per entrare in vigore il 14 dicembre 2024.

La nuova legge, che si compone di soli 3 articoli, vuole trasmettere un messaggio molto importante di civiltà e di attenzione nei  confronti degli “invisibili” della società.

Senzatetto delle città metropolitane

L’articolo 1 prevede lo stanziamento di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026, per finanziare un programma sperimentale. Le risorse verranno destinate primariamente alle Città metropolitane. Il progetto verrà poi esteso a tutto il territorio italiano per garantire a tutti i soggetti senza fissa dimora, di poter accedere all’assistenza sanitaria.

Dal nuovo anno i soggetti privi di una residenza anagrafica, presenti nel territorio italiano o all’estero, che soggiornano regolarmente sul nostro territorio, potranno iscriversi alle liste delle aziende sanitarie locali per ricevere assistenza medica. In questo modo anche i senza fissa dimora potranno scegliere il proprio medico curante o il pediatra e accedere alle prestazioni che rientrano nei LEA.

Ripartizione del fondo: decreto e pareri

Le risorse a disposizione per l’attuazione di questo progetto saranno divise tra le varie Regioni in base alla popolazione residente. Le operazioni di riparto verranno stabile con un decreto del Ministero dell’economia e delle Finanze, che verrà adottato entro 90 giorni dalla entrata in vigore della legge, dopo aver raggiunto l’intesa in sede di Conferenza permanente per “per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le associazioni di volontariato e di assistenza sociale maggiormente rappresentative operanti in favore delle persone senza dimora.”

Questo decreto stabilirà  inoltre i criteri di accesso al programma sperimentale, la sua attuazione e le modalità di verifica della spesa complessiva sostenuta.

Lo schema del decreto dovrà essere trasmesso alle Camere per consentire alle Commissioni di esprimere i propri pareri in relazione alla materia e agli aspetti finanziari. Le Commissioni avranno a disposizione 20 giorni per dire la loro, decorso questo termine il decreto si intenderà comunque approvato.

Assistenza sanitaria: relazione entro il 30 giugno

A partire dall’anno successivo a quello di entrata in vigore della legge entro ogni 30 giugno, il Governo dovrà relazionare alle Camere lo stato di attuazione della legge.

Nella relazione il Governo dovrà indicare:

  • le persone che si sono iscritte agli elenchi delle aziende sanitarie di ogni regione;
  • il numero e il tipo di prestazioni erogate in favore di questi soggetti;
  • le criticità eventualmente emerse;
  • il denaro speso.

 

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testi unici materia fiscale

Testi unici in materia fiscale: in vigore Pubblicati in Gazzetta Ufficiale e in vigore dal 29 novembre 2024 i tre testi unici dedicati alle sanzioni tributarie, amministrative e penali, ai tributi erariali minori e alla giustizia tributaria

Testi unici in materia fiscale

Il Governo, il 29 ottobre 2024, ha approvato in via definitiva i decreti legislativi per la realizzazione di tre Testi Unici in materia fiscale, già approvati in via preliminare il 22 luglio scorso.

Si tratta di testi compilativi che non apportano novità normative. Solo nei casi in cui si è reso necessario si è provveduto alla modifica della formulazione letterale delle norme.

I tre testi unici, approvati dal Governo e che tengono conto dei pareri previsti dai rispettivi iter di approvazione, fanno parte del progetto di riforma fiscale complessiva che ha portato anche alla approvazione in secondo esame definitivo del testo del decreto riscossione.

I testi sono approdati in Gazzetta Ufficiale il 28 novembre 2024 per entrare in vigore il 29 novembre.

TU sanzioni tributarie, amministrative e penali

Questo decreto legislativo che ha ricevuto il via libera definitivo dal Cdm ed è andato in GU il 28 novembre, unifica le sanzioni tributarie, amministrative e penali al fine di

  1. identificare e organizzare in modo preciso le norme vigenti per settori omogenei, aggiornando anche i testi unici di settore attualmente in vigore;
  2. coordinare le norme esistenti, anche quelle dell’Unione Europea, apportando le necessarie modifiche per migliorarne la coerenza giuridica e logica;
  3. abrogare espressamente le disposizioni incompatibili o superate.

Cosa comprende

Il testo unico delle sanzioni tributarie amministrative e penali (Decreto Legislativo 5 novembre 2024, n. 173) include i principi generali e le disposizioni sanzionatorie dei decreti legislativi n. 471 e n. 472 del 1997 relativi alle imposte dirette, all’IVA e  alla riscossione.

Esso comprende inoltre le leggi d’imposta per registro, ipotecaria, catastale, successioni, donazioni, bollo, concessioni governative, assicurazioni private, contratti vitalizi, imposta sugli intrattenimenti e canone Rai, le disposizioni penali tributarie e i reati in materia di imposte sui redditi e IVA del decreto legislativo  n. 74/2000.

Le norme vigenti sono state trasfuse senza modificarne la formulazione, tranne che nei casi necessari. Nello specifico sono state incluse le disposizioni sulla disciplina sanzionatoria dei singoli tributi erariali. Altre disposizioni riguardanti gli accertamenti e le sanzioni sono state integrate nei rispettivi testi unici. Questo testo considera anche le modifiche apportate dalla riforma del sistema sanzionatorio approvata il 24 maggio 2024.

Testo unico dei tributi erariali minori

Il Testo Unico che unifica i tributi erariali minori, in attuazione dell’articolo 21 della legge n. 111/2023 è stato approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri, sempre su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze, con l’obiettivo di identificare le norme vigenti, organizzarle per settore di competenza, e trasfonderle senza modificarne la formulazione, salvo necessità.

Il testo (Decreto Legislativo 5 novembre 2024, n. 174) pubblicato in GU il 28 novembre e in vigore dal giorno successivo, si compone di 100 articoli, ed è così suddiviso:

  • Titolo I: imposte assicurazioni private e contratti vitalizi.
  • Titolo II: imposta sugli intrattenimenti.
  • Titolo III: imposta sui voli dei passeggeri di aerotaxi e sugli aeromobili privati.
  • Titolo IV: imposta sul valore degli immobili all’estero (IVIE).
  • Titolo V: imposta sulle transazioni finanziarie (Tobin Tax).
  • Titolo VI: abbonamento alle radioaudizioni (canone RAI).
  • Titolo VII: imposta sui servizi digitali.
  • Titolo VIII: tasse sulle concessioni governative.
  • Titolo IX: tributi e diritti speciali.
  • Titolo X: disposizioni finali e disposizioni da abrogare.

Testo unico della Giustizia Tributaria

Il Decreto Legislativo 14 novembre 2024, n. 175 relativo al terzo Testo Unico, approvato definitivamente dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze, riguarda la giustizia tributaria. Questo testo ha carattere compilativo ed è stato elaborato nel rispetto di quanto stabilito dall’articolo 21, comma 1, della legge n. 111/2023.

Il testo, pubblicato in Gazzetta n. 279 del 28 novembre, in vigore dal 29 novembre, si compone di due parti principali:

  • Parte I: riguarda l’ordinamento della giurisdizione tributaria. Ripropone il Titolo I del decreto legislativo n. 545/1992, definendo che la funzione giurisdizionale tributaria è esercitata da magistrati tributari assunti tramite concorso pubblico e giudici tributari iscritti nel ruolo unico nazionale.
  • Parte II: è suddivisa in tre titoli e ripropone i Titoli I e II del decreto legislativo n. 546/1992, con il Titolo III che contiene le disposizioni finali e quelle abrogate, ora incluse nel nuovo testo unico.

L’articolo 131 prevede che le disposizioni si applicheranno a partire dal 1° gennaio 2026.

riforma codice della strada

Riforma Codice della strada In vigore dal 14 dicembre 2024 la riforma del Codice della Strada che introduce alcune importanti novità anche in materia di guida con il cellulare e sospensione breve della patente

Riforma Codice della Strada in vigore dal 14 dicembre

La Riforma del Codice della Strada, dopo l’approvazione del testo alla Camera il 27 marzo 2024, è stata ferma per mesi in Senato, dove, poi, è stato approvato definitivamente senza alcuna modifica rispetto a quello trasmesso da Montecitorio, il 20 novembre 2024.

La nuova legge n. 177/2024, recante “Interventi in materia di sicurezza stradale e delega al Governo per la revisione del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285” è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 29 novembre per entrare in vigore il 14 dicembre 2024.
Vediamo, dunque, quali sono le novità più significative.

Via la patente per chi usa il cellulare mentre guida

Per chi durante la marcia fa uso di smartphone, computer portatili, notebook, tablet e dispositivi che richiedono l’allontanamento anche solo temporaneo delle mani dal volante corre il rischio di dover pagare fino a 1000 euro di multa e a essere privato della patente per due mesi.

Pene più severe per la guida in stato di ebbrezza

Sulla patente del conducente che ha commesso il reato di guida in stato di ebbrezza con tasso alcolemico superiore a certi limiti, la riforma prevede l’apposizione dei codici unionali 68 “LIMITAZIONE DELL’USO – Niente alcool” e 69 “LIMITAZIONE DELL’USO –Limitata alla guida di veicoli dotati di un dispositivo di tipo alcolock conformemente alla norma EN 50436”.

Veicoli con alcolock

Questi codici (Allegato I della direttiva n. 2006/126/CE) indicano che quel conducente non può più bere prima di mettersi alla guida (cod. 68) o che può guidare solo veicoli muniti di alcolock, per cui il guidatore, prima di accendere la macchina, deve sottoporsi a controllo soffiando nell’apposito apparecchio.

Per chi guida in stato di ebbrezza e presenta un tasso alcolemico elevato la contravvenzione prevede l’arresto, sanzioni pecuniarie salate e la sospensione della patente.

Abbandono animali: pene più severe se su strada

Abbandonare un animale sulla strada o in una sua pertinenza costituisce una circostanza aggravante del reato di abbandono di animali, contemplato dall’art. 727 c.p e comporta anche l’applicazione della sanzione accessoria della sospensione della patente da sei mesi a un anno.

Sospensione breve della patente

La riforma introduce il nuovo art. 218-ter, che prevede la sospensione della patente in relazione al punteggio per la durata di 7 o di 15 giorni a seconda che sul documento di guida, al momento dell’accertamento, vi siano meno di 20 o di 10 punti.

La nuova norma al comma 1 indica le violazioni del codice della Strada a cui si applica la sospensione breve. Pena raddoppiata per chi provoca incidenti.

Più punti patente per chi segue corsi extracurriculari

Per incentivare lo studio delle regole sulla circolazione stradale la riforma vuole riconoscere due punti in più sulla patente, al momento del rilascio a quei ragazzi che partecipino a corsi extracurriculari organizzati dalle scuole superiori statali o paritarie e delle autoscuole.

Nuovi limiti per i neopatentati

Si vogliono estendere da uno a tre anni i divieti previsti nei confronti dei neo-patentati con patente B per quanto riguarda la guida di autoveicoli con potenze specifiche, ossia superiori a 75 kw per tonnellata e veicoli M1 ibridi o interamente elettrici superiori a 105 kw per tonnellata.

Monopattini: più obblighi e divieti

La riforma prevede alcune importanti novità anche per i conducenti di monopattini e dispositivi per la micromobilità. Previsto il contrassegno per tutti i monopattini, l’obbligo di indossare il casco indipendentemente dall’età, il divieto di utilizzo fuori dai centri urbani e l’obbligo di assicurazione per la responsabilità civile.

Revisione dei veicoli: controlli sulle imprese autorizzate

I controlli sulle imprese autorizzate a effettuare la revisione periodica dei veicoli devono essere effettuati da personale debitamente abilitato dal Dipartimento competente del MIT. Il decreto che stabilirà le tariffe della revisione stabilirà anche gli importi che saranno a carico delle autofficine e che sono destinate al capitolo specifico di pertinenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la cui mancata corresponsione sarà sanzionata.

Segnalazioni acustiche per i pedoni con disabilità visive

Per aiutare i pedoni con disabilità visive ad attraversare la strada la riforma prevede, presso gli attraversamenti pedonali semaforizzati, la presenza di segnalazioni acustiche per indicare lo stato di accensione delle luci e guide tattili a pavimento per consentire l’individuazione dei pali che sostengono i semafori.

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assegno di mantenimento

Assegno di mantenimento: rileva il dovere di assistenza materiale Assegno di mantenimento: se dovuto in caso di separazione non si può trascurare l’assistenza materiale prestata dal coniuge richiedente

Mantenimento e dovere di assistenza materiale

Nel determinare l’assegno di mantenimento occorre considerare anche il dovere di assistenza materiale. Lo ha precisato la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 30119/2024, in cui sottolinea che il principio di assistenza materiale tutela il coniuge economicamente più debole e garantisce che le scelte prese durante il matrimonio, come la divisione dei ruoli e delle responsabilità, non penalizzino una parte in modo sproporzionato in caso di separazione.

Separazione e assegno di mantenimento per la moglie

Il caso, originato da una richiesta di separazione legale, vede il marito contestare l’obbligo di versare l’assegno di mantenimento mensile di 300 euro stabilito in primo grado. L’uomo sottolinea l’autosufficienza economica della moglie, che ha sempre lavorato, e lamenta l’errata valutazione patrimoniale delle parti, nonché l’utilizzo di un criterio prognostico basato sulle aspettative pensionistiche future della controparte. La Corte d’Appello conferma la sentenza di primo grado, motivando la decisione con una valutazione complessiva delle condizioni economiche e reddituali delle parti e ribadendo il dovere di assistenza materiale tra coniugi.

Dovere di assistenza morale permane durante la separazione

Il ricorso del marito giunge infine in Cassazione. Gli Ermellini rigettano le istanze, sottolineando alcuni principi chiave. La Corte ribadisce in particolare che l’assegno di mantenimento conseguente alla separazione personale si basa sulla necessità di garantire al coniuge economicamente più debole un tenore di vita comparabile a quello goduto durante il matrimonio, nel rispetto del dovere di assistenza materiale, che permane anche durante la separazione.

L’art. 156 c.c disciplina l’assegno di mantenimento e stabilisce che esso non è legato alla solidarietà post-coniugale, tipica dei procedimenti di divorzio, ma a un vincolo coniugale ancora in essere. Il giudizio non può quindi prescindere dall’analisi del contributo materiale ed economico offerto da ciascun coniuge durante la vita matrimoniale.

Assistenza materiale: ruolo nella determinazione dell’assegno

L’aspetto cruciale evidenziato nel caso  di specie riguarda il ruolo dell’assistenza materiale fornita da un coniuge all’altro, sia in termini economici che di supporto concreto nella gestione familiare. La Corte chiarisce che questa assistenza è un elemento fondamentale da considerare per stabilire l’ammontare dell’assegno. Anche se entrambi i coniugi hanno capacità lavorative, la disparità patrimoniale e reddituale deve essere bilanciata per evitare ingiuste sperequazioni. Nel caso specifico, il marito ha evidenziato il basso tenore di vita mantenuto durante il matrimonio e l’assenza di contributo economico diretto della moglie al ménage familiare. La Corte però ha riconosciuto il diritto all’assegno sulla base di una disparità patrimoniale accertata e sul contributo non economico offerto dalla moglie.

 

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pensione reversibilità

Pensione reversibilità anche senza domanda La pensione di reversibilità si basa sui requisiti maturati dal de cuius, non serve la domanda  amministrativa

Pensione reversibilità: per il diritto rilevano i requisiti

La pensione di reversibilità rappresenta un diritto fondamentale che si lega al raggiungimento dei requisiti pensionistici del de cuius, ossia la persona deceduta. La sua concessione non dipende dalla presentazione, da parte del de cuius, della domanda amministrativa per ottenere il trattamento previdenziale, ma esclusivamente dalla maturazione dei requisiti richiesti. Questo principio, riaffermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 30315/2024, stabilisce che il diritto alla reversibilità non può essere negato per la semplice mancanza di una domanda formale da parte del titolare deceduto.

Domanda di reversibilità su pensione di anzianità

La questione affrontata dalla sezione Lavoro della Corte di Cassazione riguarda una donna che, in qualità di erede, aveva richiesto la reversibilità della pensione del marito deceduto. Quest’ultimo percepiva una pensione di invalidità, ma al momento del decesso aveva maturato i requisiti per accedere a un trattamento pensionistico più favorevole, quello di anzianità. Il de cuius aveva accumulato 35 anni di contributi e aveva richiesto il riscatto degli anni di laurea, completando quasi interamente l’iter necessario per il miglior trattamento. L’unica condizione non ancora soddisfatta era il pagamento dell’ultima rata per il riscatto degli anni di studio, a cui aveva provveduto la moglie dopo la morte del marito. La donna, pertanto, ha chiesto che la pensione di reversibilità venisse calcolata in base al trattamento più vantaggioso, ovvero quello di anzianità, e non su quello di invalidità percepito dal marito.

Pensione di reversibilità: contano i requisiti

La Corte di Cassazione ha confermato il diritto della moglie di ricevere la pensione di reversibilità parametrata al trattamento di anzianità, anche se il marito non aveva presentato la domanda per questo tipo di pensione prima della morte. La pronuncia si fonda su un principio chiaro: i requisiti previdenziali raggiunti sono sufficienti a far valere il diritto al miglior trattamento pensionistico. La mancanza del presupposto amministrativo della domanda da parte del de cuius non può pregiudicare il diritto dell’erede.

Il riscatto degli anni di laurea, anche se formalmente concluso post mortem, contribuisce a consolidare il diritto del de cuius al trattamento di anzianità. Questo aspetto si traduce in un beneficio economico maggiore per la pensione di reversibilità spettante all’erede.

Questa sentenza è significativa infatti non solo per la donna che ha ottenuto il riconoscimento del suo diritto, ma anche per tutti i casi analoghi futuri. Essa infatti stabilisce che:

  • il diritto alla reversibilità si basa sui requisiti previdenziali raggiunti dal de cuius;
  • la mancata presentazione della domanda non inficia il diritto degli eredi;
  • è legittimo parametrare la reversibilità al trattamento più favorevole, se i requisiti sono stati maturati.

In situazioni simili gli eredi possono quindi avanzare una richiesta per ottenere il trattamento previdenziale più favorevole, anche se il de cuius non ha presentato formalmente la domanda.

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rito di famiglia

Rito di famiglia: come cambia dopo i correttivi Il rito di famiglia dopo il decreto correttivo della Cartabia cambia veste, numerosi i dubbi sulla capacità dei tribunali di attuare le novità

Rito di famiglia: le novità del decreto correttivo

Dal 26 novembre 2024 il rito famiglia in materia di persone, minorenni e famiglie subisce importanti modifiche. Entrano in vigore le disposizioni del Decreto Legislativo n. 164/2024, che corregge e integra la riforma Cartabia (Decreto Legislativo 149/2022). Il nuovo assetto normativo mira a migliorare l’efficienza del sistema giudiziario, senza introdurre cambiamenti radicali richiesti da alcuni. Vediamo nel dettaglio le principali novità.

Ambito di applicazione: nuove regole per il rito famiglia

L’articolo 473-bis c.p.c viene modificato per ampliare e precisare i procedimenti soggetti al rito di famiglia. In particolare:

  • si aggiungono le domande di risarcimento danni per violazione dei doveri familiari;
  • si escludono i procedimenti di scioglimento della comunione legale, che saranno trattati come quelli di comunione ordinaria o ereditaria.

Un’ulteriore novità riguarda il mutamento del rito. Se un procedimento è stato avviato con modalità non conformi, il giudice, entro la prima udienza, potrà disporre il cambio di rito. Ciò garantisce che le cause non vengano respinte per mere formalità, riducendo il rischio di inammissibilità e ottimizzando i tempi processuali.

Accelerazione dei tempi nei casi di urgenza

Il giudice avrà la possibilità di abbreviare i termini fino alla metà nei casi di comprovata urgenza. Questa disposizione introdotta nell’art. 473-bis.14 c.p.c. si applica sia alla fase introduttiva del processo sia alla presentazione di memorie integrative.  

Provvedimenti temporanei e urgenti

Un’altra modifica riguarda la conferma, la modifica o la revoca dei provvedimenti indifferibili art. 473-bis.15 c.p.c. Sarà il giudice monocratico, e non più il collegio, a occuparsi di queste decisioni in udienza. L’ordinanza emessa sarà reclamabile, ma solo contestualmente ai provvedimenti temporanei e urgenti adottati nella prima udienza.

Tutela dei minori e delle parti deboli

Per i diritti indisponibili, come quelli economici legati ai figli minori, si chiarisce, tramite una modifica dell’art. 473-bis.19 c.p.c, che non si applica la decadenza per il convenuto nel proporre domande riconvenzionali. Questo garantisce una maggiore flessibilità nei casi in cui le esigenze dei minori siano coinvolte.

Inoltre, il nuovo articolo 473-bis.72 estende le norme sugli ordini di protezione per abusi familiari anche a condotte pregiudizievoli esercitate da o verso membri della famiglia diversi da coniugi, conviventi o partner uniti civilmente.

Appello e reclami: procedure più chiare

La possibilità di proporre reclami contro i provvedimenti temporanei si applica ora anche alle decisioni emesse dalla Corte d’Appello. I reclami saranno decisi dalla stessa Corte, ma in una composizione diversa. Se il numero di giudici non consente di formare un collegio separato, gli atti verranno trasmessi alla Corte d’Appello più vicina. Questa modifica dell’art. 473-bis.34 c.p.c mira a garantire uniformità e specializzazione nelle decisioni, rafforzando la tutela dei diritti delle parti.

Nuovi poteri del pubblico ministero

Il pubblico ministero potrà proporre impugnazione contro le sentenze che definiscono il giudizio, ma solo in relazione agli interessi patrimoniali dei figli minori o incapaci. Si tratta di un ulteriore passo verso una maggiore protezione delle categorie vulnerabili.

Famiglia e minori: le modifiche alle leggi speciali

Il decreto legislativo n. 164/2024 introduce rilevanti modifiche anche in diverse leggi speciali.

Separazioni e divorzi: cambiano le spese

Tra queste, spiccano interventi sul testo unico delle spese di giustizia (Dpr 115/2002).

  • Viene istituito l’articolo 8-bis, che stabilisce che nei procedimenti civili con il coinvolgimento del pubblico ministero il regime delle spese segua quello del patrocinio a spese dello Stato.
  • Per separazioni, divorzi e regolamentazione della responsabilità genitoriale su domanda congiunta, il contributo unificato sarà di 43 euro, mentre per i procedimenti contenziosi salirà a 98 euro.
  • Un nuovo Titolo V-bis regola i procedimenti per la tutela dei minori non accompagnati, esentandoli dalle spese.

Le altre modifiche

Viene abrogato l’articolo 5, comma 5, della legge sul divorzio, già integrato nel nuovo regime del Codice di procedura civile tramite l’art. 474-bis.47 c.p.c.

La riforma tocca inoltre la legge n. 184/1983 sul diritto del minore a una famiglia, specificando il ruolo del giudice tutelare e dei servizi sociali.

Si estendono infine le disposizioni unificate ai procedimenti di rettificazione di sesso e si definiscono i compiti dei notai nella tutela economica dei minori o dei soggetti protetti, garantendo maggiore trasparenza e protezione.

Criticità e prospettive future del rito di famiglia

Nonostante le migliorie apportate al rito di famiglia, alcuni aspetti restano oggetto di dibattito. In particolare, il limite imposto al reclamo dei provvedimenti indifferibili rischia di creare tensioni nei casi in cui i tribunali non rispettino la rapidità prevista.

L’esclusione dell’udienza di conciliazione, invece, anche se motivata dalla volontà di non allungare i tempi, solleva dubbi, per la possibilità di promuovere accordi tra le parti nei casi meno conflittuali.

 

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clausole claims made

Clausole claims made: legittime nella responsabilità medica Le clausole claims made non sono nulle ai sensi art. 2965 c.c, non stabiliscono una decadenza che rende difficile l’esercizio del diritto

Responsabilità medica: clausole claims made legittime

La Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla legittimità delle clausole “claims made” nei contratti assicurativi, riaffermando il loro inquadramento nell’ambito della responsabilità civile. Con la sentenza n. 29483 del 2024, la Terza Sezione Civile ha sancito il seguente principio di diritto: La clausola -claims made- non integra una decadenza convenzionale, nulla ex art. 2965 cod. civ. nella misura in cui fa dipendere la perdita del diritto dalla scelta di un terzo, dal momento che la richiesta del danneggiato è fattore concorrente alla identificazione del rischio assicurato, consentendo pertanto di ricondurre tale tipologia di contratto al modello di assicurazione della responsabilità civile.”

Questo principio è stato ribadito in un caso di malpractice sanitaria, con condanna della USLL coinvolta e una contestuale richiesta di manleva nei confronti degli istituti assicurativi.

Clausole claims made

Le clausole “claims made” o a “richiesta fatta” prevedono che la copertura assicurativa si attivi in relazione alle richieste risarcitorie avanzate durante la vigenza della polizza. In questo caso la compagnia non è obbligata a tenere indenne il contraente se la richiesta risarcitoria perviene alla stessa dopo la scadenza del contratto, anche se l’evento dal punto di vista temporale avviene entro questa scadenza.

Questa caratteristica distingue tali clausole da quelle “loss occurrence”, dove la copertura riguarda eventi accaduti durante la vigenza del contratto, indipendentemente da quando venga avanzata la richiesta, ossia anche dopo la scadenza dello stesso, se l’evento da cui origina la richiesta risarcitoria si è verificato entro questo termine.

La legittimità delle clausole “claims made” è spesso oggetto di dibattito giuridico, in particolare quando si tratta di bilanciare i diritti delle parti coinvolte e le limitazioni imposte all’assicurato.

Malpractice medica e legittimità clausole claims made

Il caso trattato dalla Cassazione riguarda una controversia nata da una sentenza di condanna per malpractice medica. In primo grado, il tribunale aveva rigettato la richiesta di manleva, giudicando valida la clausola “claims made”, che subordinava la copertura assicurativa alla presentazione della richiesta di risarcimento durante la validità del contratto.

La Corte d’Appello, invece, aveva parzialmente accolto il ricorso dell’azienda sanitaria, dichiarando nulla la clausola. Secondo i giudici di secondo grado, la clausola doveva ritenersi nulla perchè subordinava l’operatività della polizza alla denuncia della richiesta risarcitoria del terzo, durante il rapporto. Per il giudice dell’impugnazione trattasi di clausola vessatoria apposta in contrasto con quanto stabilito dall’art. 2965 c.c. perché rende eccessivamente difficile l’esercizio del diritto. La norma del codice civile dispone infatti che “E’ nullo il patto con cui si stabiliscono termini di decadenza che rendono eccessivamente difficile a una delle parti l’esercizio del diritto.” 

Clausole claims made legittime

La Suprema Corte  però ha rigettato il ricorso principale, accogliendo invece un motivo proposto in via incidentale dalle compagnie assicurative. I giudici hanno sottolineato che la clausola “claims made” non rientra nellambito delle decadenze convenzionali previste dallart. 2965 cod. civ., poiché non incide su un diritto già insorto, ma sulla sua nascita. La richiesta del terzo danneggiato è infatti un elemento fondamentale per definire l’operatività del rischio assicurato.

La Cassazione ha fatto riferimento alla consolidata giurisprudenza delle Sezioni Unite (sentenze n. 9140/2016 e n. 22437/2018), che ha stabilito che queste clausole non sono vessatorie né richiedono una specifica approvazione scritta. Esse sono invece perfettamente compatibili con la struttura del contratto di assicurazione contro i danni.

La Corte ha precisato nello specifico che:

  1. La clausola “claims made” si basa su un evento futuro e imprevedibile, ossia la richiesta di risarcimento da parte di un terzo
  2. Non si configura una decadenza convenzionale, ma una condizione che determina l’insorgenza stessa del diritto
  3. Tali clausole non violano i limiti inderogabili posti dall’ 2965 cod. civ.

Con questa sentenza, la Cassazione ha ribadito che le clausole “claims made” sono legittime e in linea con il modello di assicurazione contro i danni. La loro validità è strettamente connessa alla natura stessa del contratto assicurativo, che richiede l’identificazione del rischio in base a fattori esterni e imprevedibili, come la richiesta di risarcimento da parte di un terzo.

 

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testo unico rinnovabili

Testo Unico Rinnovabili Testo Unico energie rinnovabili: semplificazioni, zone di accelerazione e nuove regole amministrative per la produzione di energia 

Approvato il Testo Unico Rinnovabili

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il Testo Unico Rinnovabili, una normativa che ridefinisce i regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili (FER). Sebbene l’obiettivo dichiarato sia la semplificazione delle procedure, il decreto rischia di aggiungersi alla già complessa giurisprudenza in materia energetica.

Il Testo Unico Fer rappresenta un tentativo di bilanciare le esigenze di sostenibilità con la necessità di semplificazione amministrativa. Tuttavia, resta il dubbio che questa nuova normativa possa creare sovrapposizioni con il quadro normativo esistente, accentuando la complessità anziché ridurla. Sarà fondamentale un attento monitoraggio per valutarne l’efficacia e l’impatto sul settore delle energie rinnovabili in Italia.

La normativa entrerà in vigore il 30 dicembre 2024. Regioni ed enti locali avranno 120 giorni per adeguarsi alle nuove disposizioni.

Testo Unico Rinnovabili: obiettivi e ambiti di applicazione

Il decreto si propone di favorire la diffusione degli impianti di energia rinnovabile, garantendo al contempo la tutela dell’ambiente, della biodiversità e del paesaggio. Le principali novità includono la definizione di tre regimi amministrativi: attività libera, procedura abilitativa semplificata (PAS) e autorizzazione unica. L’introduzione di meccanismi come il silenzio-assenso e la riduzione dei tempi per la PAS (ora fissati a 30 giorni) mirano a snellire gli iter burocratici, incentivando gli investimenti nel settore.

Modifiche principali

Diverse le novità che meritano di essere segnalate.

  • Eliminata la comunicazione di inizio lavori (CIL), per semplificare la gestione per molti interventi.
  • Ampliate le attività in regime di attività libera, che ora includono interventi su aree vincolate, purché non visibili dall’esterno e realizzati con materiali tradizionali.
  • Nuove disposizioni sulla PAS, che prevedono una sola sospensione per eventuali integrazioni documentali e oneri istruttori per progetti sopra 1 MW di potenza.
  • Autorizzazione unica, concessa entro 120 giorni dalla Conferenza dei Servizi, con validità minima di cinque anni.

Le violazioni alle disposizioni comporteranno sanzioni amministrative più severe, per prevenire abusi e difformità.

Zone di accelerazione e impatti ambientali

Il decreto introduce anche il concetto di zone di accelerazione, aree in cui le procedure autorizzative vengono ulteriormente semplificate. Il GSE (Gestore dei Servizi energetici) si occuperà di una mappatura nazionale per individuare le aree terrestri e marine idonee, che saranno poi regolamentate da piani regionali e nazionali. Inoltre, interventi in attività libera e PAS non saranno soggetti a Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), grazie a modifiche apportate al decreto legislativo n. 152/2006.

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lavori di pubblica utilità

Lavori di pubblica utilità: disciplina e funzionamento I lavori di pubblica utilità sono attività non retribuite che vengono svolte per la collettività da soggetti liberi, condannati e detenuti

Lavori di pubblica utilità: definizione

I lavori di pubblica utilità sono attività non retribuite che vengono svolte a beneficio della collettività presso enti pubblici, organizzazioni sociali o di volontariato. Il lavoro di pubblica utilità si configura come uno strumento efficace di giustizia riparativa, offrendo al condannato la possibilità di compensare la collettività attraverso attività concrete e costruttive.

Riferimenti normativi

  1. Decreto 27 luglio 2023 – Modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità – art. 71 comma 1 lett. d) decreto legislativo n. 150/2022
  2. Decreto 8 giugno 2015 n. 88 – Regolamento recante disciplina delle convenzioni in materia di pubblica utilità ai fini della messa alla prova dell’imputato – art. 8 legge n. 67/2014
  3. Decreto 26 marzo 2001 – Norme per la determinazione delle modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità applicato – art. 54, c. 6 del decreto legislativo n. 274/2000

Lavori di pubblica utilità: applicazione

Il lavoro di pubblica utilità rappresenta una sanzione alternativa nel sistema giuridico italiano e consiste nella prestazione non retribuita di attività a favore della collettività. Può essere svolto presso enti pubblici, organizzazioni sociali o di volontariato, ed è previsto sia per soggetti liberi sia per detenuti o internati.

  1. In favore dei soggetti liberi, può sostituire pene detentive o pecuniarie in vari contesti tra i quali figurano:
  • le violazioni del Codice della Strada (articoli 186 e 187): per guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti, il lavoro può sostituire pene tradizionali, purché richiesto dall’imputato o disposto dal giudice;
  • legge sugli stupefacenti (art. 73, comma 5-bis): in casi di lieve entità, il giudice può sostituire la pena detentiva con questa sanzione. L’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE) monitora il rispetto dell’obbligo.
  1. Secondo l’ 20-ter dell’ordinamento penitenziario, anche i detenuti possono svolgere lavoro di pubblica utilità, in conformità al d.m. 26 marzo 2001 e ad apposite convenzioni. Tale misura favorisce il reinserimento sociale attraverso attività a beneficio della comunità.
  2. Il lavoro di pubblica utilità può essere anche impiegato come pena sostitutiva o accessoria.
  • Sospensione del processo con messa alla prova (art. 168-bis c.p.): il lavoro diventa parte del programma di trattamento, definito in base alle esigenze personali dell’imputato;
  • Sospensione condizionale della pena (art. 165 c.p.): il condannato deve svolgere attività non retribuita come condizione per ottenere la sospensione;
  • Sostituzione di pene detentive brevi (art. 56-bis L. 689/1981): per reati con pene inferiori a tre anni, il lavoro di pubblica utilità può essere applicato come pena sostitutiva.

Modalità di svolgimento del lavoro per pubblica utilità

Il lavoro di pubblica utilità può svolgersi in diversi settori come:

  • l’assistenza sociale (anziani, malati, disabili).
  • la protezione civile e tutela ambientale;
  • le attività pertinenti alla professionalità del condannato.

La durata della misura varia tra 6 e 15 ore settimanali, ma può essere estesa fino a 8 ore giornaliere su richiesta. Un giorno di lavoro equivale a due ore di attività, garantendo la compatibilità con esigenze di vita, studio o salute del condannato.

Cosa accade se si violano le modalità di svolgimento

Il mancato rispetto degli obblighi può comportare la revoca della misura, con ripristino della pena originaria. In caso di risarcimento dei danni o eliminazione delle conseguenze del reato, è possibile la revoca della confisca, salvo i casi obbligatori.

Portale Nazionale per i lavori di pubblica utilità

Il Portale Nazionale per i lavori di pubblica utilità, disponibile online, è uno strumento innovativo che semplifica la gestione e la ricerca di opportunità per l’esecuzione del lavoro di pubblica utilità. Destinato a cittadini, tribunali e uffici di esecuzione penale esterna, il portale velocizza il processo di abbinamento tra le caratteristiche del condannato o imputato, la natura del reato commesso e l’attività lavorativa non retribuita da svolgere. Questo approccio favorisce il reinserimento sociale e contribuisce a ridurre il rischio di recidiva.

Sviluppato con il contributo di diversi dipartimenti del Ministero della Giustizia, il portale è un progetto in continua evoluzione. I tribunali alimentano la piattaforma aggiornando le convenzioni locali e garantendo la pubblicazione delle informazioni sul sito del Ministero. L’obiettivo è semplificare le procedure e migliorare l’accesso alle informazioni per tutti gli attori coinvolti.

Il portale offre tre modalità di ricerca: tramite infografica, per individuare rapidamente i posti disponibili; ricerca avanzata, con filtri dettagliati; e ricerca semplice, basata su parole chiave.

 

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