mantenimento figlio maggiorenne

Mantenimento figlio maggiorenne: addio se 7 anni fuori corso Mantenimento figlio maggiorenne: addio se è 7 anni fuori corso e non dimostra interesse a raggiungere l'indipendenza

Mantenimento del figlio maggiorenne

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 31564/2024 ha ribadito un principio fondamentale: il diritto al mantenimento del figlio maggiorenne non è automatico e perpetuo. I genitori non sono obbligati a garantire un sostegno economico indefinito se il figlio non dimostra di perseguire con impegno l’obiettivo dell’autosufficienza economica.

Revocato il mantenimento del figlio maggiorenne

La Corte ha respinto il ricorso di una madre e di suo figlio, un uomo ultratrentenne, contro l’ex marito. Il padre, infatti, aveva ottenuto la revoca giudiziale dell’obbligo di mantenimento a seguito della prolungata inattività accademica del figlio, che si trovava sette anni fuori corso senza aver completato neanche un corso di laurea triennale.

Il punto cruciale della decisione è stato l’onere probatorio. Per i giudici di merito il figlio non aveva saputo dimostrare le presunte difficoltà personali o oggettive che avrebbero giustificato il ritardo nel completamento degli studi e la mancata indipendenza economica. L’inerzia e la mancanza di iniziativa personale sono state decisive per la revoca del mantenimento.

Figlio responsabile nel raggiungimento dell’autonomia

L’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne non può perdurare se emergono chiari segnali di negligenza o mancanza di impegno. Il figlio deve dimostrare di aver incontrato ostacoli concreti, come problemi di salute o difficoltà oggettive nel mercato del lavoro, che gli impediscano di raggiungere l’indipendenza economica.

Il mantenimento genitoriale rappresenta uno strumento di sostegno temporaneo e non una soluzione permanente. L’obiettivo è fornire al figlio gli strumenti necessari per rendersi autosufficiente. Tuttavia, è responsabilità del beneficiario impegnarsi attivamente nel percorso di studi o professionale.

Inadempimento paterno: inerzia ingiustificata

Nel caso specifico, la madre e il figlio avevano sostenuto che il mancato pagamento delle tasse universitarie da parte del padre fosse la causa principale del ritardo accademico. Questa giustificazione, però, è stata rigettata. I giudici hanno evidenziato che il figlio si trovava già fuori corso da sette anni prima dell’interruzione del pagamento delle tasse. Pertanto, il parziale inadempimento del padre non poteva giustificare l’inerzia dello studente. Inoltre, l’obbligo del padre non era stato interamente disatteso: egli aveva continuato a versare un assegno mensile di mantenimento pari a 600 euro.

Mantenimento figlio maggiorenne: proporzionalità non abuso

Un altro elemento chiave della sentenza riguarda la proporzionalità degli obblighi genitoriali. La Suprema Corte ha chiarito che il genitore obbligato al mantenimento ha il diritto di richiedere la revoca dell’onere quando emergono comportamenti di colpevole inerzia da parte del figlio.

Questo principio si fonda su un equilibrio tra i diritti e i doveri delle parti coinvolte. I genitori devono fornire un supporto concreto per lo sviluppo del figlio, ma quest’ultimo deve dimostrare serietà, impegno e determinazione nel raggiungere l’autonomia economica.

Il diritto al mantenimento non può trasformarsi in un abuso. I figli maggiorenni devono dimostrare di meritare il supporto economico dei genitori, impegnandosi attivamente negli studi o nella ricerca di un lavoro.

Un percorso di vita segnato da inerzia e mancanza di iniziativa non può gravare indefinitamente sui genitori. La responsabilità individuale è fondamentale per l’equilibrio familiare e sociale.

 

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riforma fiscale irpef

Riforma fiscale Irpef e Ires Riforma fiscale IRPEF e IRES: tante le novità per i lavoratori dipendenti, ma soprattutto per liberi professionisti,  autonomi e forfettari

Riforma IRPEF e IRES

Il decreto legislativo di riforma IRPEF E IRES, approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri il 3 dicembre 2024, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 16 dicembre per entrare in vigore il 31 dicembre 2024.

L’intervento attua la Legge delega fiscale (L. n. 111/2023), con l’obiettivo di modernizzare e rendere più equo il sistema fiscale italiano.

Il decreto n. 192/2024, formato da 21 articoli è diviso in tre titoli distinti.

  • Titolo I: revisione redditi agrari, nuove forme di coltivazione, incentivi per l’agricoltura tecnologica e moderna.
  • Titolo II: cambia la tassazione del lavoro dipendente, autonomo e d’
  • Titolo III: aggregazioni fiscali per gli studi professionali, maggiore neutralità fiscale in presenza di fusioni, trasformazioni e conferimenti.

Obiettivi della riforma fiscale IRPEF e IRES

La riforma punta a semplificare la tassazione, ridurre gli oneri per i cittadini e le imprese e favorire l’innovazione economica. Il testo introduce misure che toccano lavoratori dipendenti, autonomi, professionisti e imprese. L’approvazione  di questo decreto segna un importante passo verso un fisco più competitivo e allineato agli standard europei.

Novità per i lavoratori dipendenti

La riforma introduce importanti benefici per i redditi derivanti dallo svolgimento del lavoro dipendente. Tante le novità, vediamo quelle principali.

  • I premi e i contributi versati dal datore di lavoro per polizze assicurative, inclusi quelli per patologie gravi, non saranno più tassati. Questo vale anche per i familiari a carico.
  • Le agevolazioni riguardano le spese legate alla mobilità sostenibile, alla previdenza complementare, all’ assistenza sanitaria e all’efficientamento energetico.
  • Le indennità per i trasporti e i viaggi non richiederanno più una documentazione specifica per non essere tassate.
  • I regali di Natale fino a 258,23 euro saranno esenti da tassazione. Superata questa soglia, l’intero valore sarà tassato come fringe benefit.

Cosa cambia per chi svolge un lavoro autonomo

Per i lavoratori autonomi, la riforma IRPEF introduce misure di semplificazione e di omogeneità fiscale particolarmente interessanti e innovative.

  • Le operazioni straordinarie tra gli studi associati e le società di professionisti non subiranno impatti fiscali, al fine di garantire una maggiore efficienza.
  • Dal 2024, le sopravvenienze e le liberalità saranno tassate. In questo modo si amplia la base imponibile e il sistema risulta più trasparente.
  • Per i beni immateriali come la clientela, ad esempio, il periodo di ammortamento sarà ridotto da 18 a 5 anni.

Principio di onnicomprensività

La riforma fiscale IRPEF e IRES, nel rispetto del principio di onnicomprensività, che diventa il criterio per calcolare il reddito da lavoro autonomo, stabilisce che lo stesso andrà calcolato considerando la differenza tra tutti i compensi percepiti e le spese sostenute nel periodo d’imposta, relative all’attività professionale. Viene così superata la problematica dei rimborsi spese contrattualmente a carico del committente, che non concorreranno più al reddito imponibile dell’autonomo né saranno deducibili. Questo approccio evita l’assoggettamento a ritenuta su somme che non rappresentano un reale incremento di reddito, confidando nel contrasto di interessi tra professionista e committente per prevenire comportamenti evasivi. Ne risulta un sistema più equo e semplificato.

Regime forfetario: rimborsi spese esenti

Dal 2025 i professionisti che operano in regime forfetario beneficeranno di un’importante modifica fiscale. I rimborsi per i viaggi, il vitto e l’alloggio non saranno più tassati. Questa modifica elimina una penalizzazione che gravava sui forfetari, alleggerendo coì il loro carico fiscale.

Quali benefici per le imprese?

La riforma agevola anche le imprese con misure che favoriscono l’efficienza fiscale.

Le spese per le ristrutturazioni e gli ammodernamenti saranno deducibili in sei anni. In questo modo   la gestione fiscale subisce un’ importante semplificazione.  Le plusvalenze derivanti da cessioni di partecipazioni in società inoltre saranno soggette a tassazione separata, per favorire in questo modo la competitività.

Impatto generale della riforma IRPEF e IRES

Questa riforma rappresenta un progresso significativo nel processo di modernizzazione del sistema fiscale italiano. Riduce la complessità burocratica e favorisce la competitività economica, garantendo maggiore equità tra diverse categorie di contribuenti. Sebbene alcune misure entreranno in vigore nel 2025, l’approvazione del decreto segna un passo avanti per un fisco più semplice e inclusivo.

 

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Ddl concorrenza: legge in vigore In vigore dal 18 dicembre 2024 la legge annuale per il mercato e la concorrenza che prevede novità in materia di concessioni autostradali, startup e dehors

DDL concorrenza e mercato

Il ddl concorrenza è in vigore. Dopo l’approvazione da parte del Senato del disegno di legge di conversione del decreto approvato dal CdM il 26 luglio 2024, il testo è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 17 dicembre per entrare in vigore il 18 dicembre 2024.

La nuova legge n. 193/2024 prevede diverse misure in materia di concessioni autostradali, dehors per migliorare la ricettività e il decorso urbano, di portabilità delle scatole nere per favorire la mobilità, di trasporto pubblico non di linea per contrastare l’abusivismo, di monitoraggio e rilevazione dei prezzi, di shrinkflation a garanzia del consumatore e di start up innovative per premiare le imprese che presentano maggiore potenzialità.

Ecco le misure più importanti della legge annuale per il mercato e la concorrenza 2023.

Concessioni autostrade: procedure pubbliche o in house

Si mira a far incassare allo Stato una parte dei pedaggi, invece che alle aziende concessionarie, per redistribuire i fondi. Le concessioni autostradali saranno aggiudicate per mezzo di procedure pubbliche o con affidamenti diretti del ministero dei Trasporti a società in house posta sotto il  controllo dal ministero dell’Economia. I pedaggi verrano versati in un fondo per investire nelle reti autostradali e in un dedicato alle concessioni, che verranno gestiti dal Ministero dei Trasporti.

Dehors: più servizi ai cittadini e decoro urbano

Nuove regole del Ddl concorrenza 2024 sui dehors per migliorare i servizi ai cittadini e il decoro urbano. Regole precise per mettere ordine nel settore, incentivando investimenti e migliorando la qualità delle aree urbane. Entro un anno, un decreto legislativo sarà emanato su proposta del Mimit e in concerto con vari ministeri, per coordinare la concessione di spazi pubblici ai locali. Particolare attenzione alle aree di interesse culturale e paesaggistico. I Comuni dovranno aggiornare i regolamenti per garantire il passaggio sicuro dei pedoni e delle persone con disabilità. Le norme legate alla pandemia rimarranno in vigore fino alla fine del 2025.

Scatole nere: nuove regole per la portabilità

Le assicurazioni non potranno inserire clausole che impediscano ai clienti di disinstallare senza costi i dispositivi di monitoraggio (scatole nere) alla scadenza del contratto. Si introduce la portabilità dei dati registrati dalle scatole nere, che i consumatori possono richiedere per mezzo della compagnia assicurativa. I dati (percorrenza totale, strade percorse, orari di guida) devono essere forniti in un formato leggibile e comune. Istituito un sistema informativo per prevenire le frodi assicurative, sotto la vigilanza di IVASS, con costi a carico delle assicurazioni.

Trasporto pubblico non di linea: lotta all’abusivismo

Per contrastare l’abusivismo nel trasporto pubblico non di linea prestato da taxi e Ncc, sono previste sanzioni per la mancata iscrizione al registro, come la sospensione e la revoca della licenza. I Comuni possono verificare i dati nel registro e comunicare eventuali revoche al Ministero dei Trasporti, per facilitare un controllo più efficace delle licenze.

Monitoraggio e rilevazione prezzi più efficiente

Il monitoraggio dei prezzi e delle tariffe, attività compiuta dalle Camere di Commercio, viene reso più efficiente. Il Garante per la sorveglianza dei prezzi può infatti individuare i prodotti da controllare e adottare linee guida per uniformare le rilevazioni dei prezzi.

Shrinkflation: etichette per informare i consumatori

Per contrastare la shrinkflation, pratica che consiste nel ridurre la quantità di prodotto mantenendo lo stesso confezionamento, viene introdotto lobbligo di informare i consumatori mediante unetichetta specifica sui prodotti esposti.

Startup innovative

Ampliata la definizione di start up innovative attraverso l’introduzione di nuovi criteri per premiare le imprese con più potenziale.  La stessa deve essere una micro impresa o un’impresa piccola o media (raccomandazione Commissione UE 2003/361/CE) e non deve svolgere attività di agenzia e consulenza.

Buoni pasto

Dal 1° gennaio 2025 ai gestori privati dei ticket privati sarà applicato il tetto del 5% alle commissioni. La novità riguarderà solo i ticket di nuova emissione, per quelli già emessi varranno le regole previste fino al 31 agosto 2025.

Energia

I clienti vulnerabili potranno chiedere di accedere ai servizi che prevedono tutele graduali presentando domanda entro il 30 giugno del 2025.

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decreto ambiente

Decreto Ambiente: cosa prevede la legge Dalla semplificazione della VIA alla siccità sino alla promozione dell'economia circolare ecco tutte le novità del Decreto Ambiente convertito in legge in vigore dal 17 dicembre 2024

Decreto Ambiente: in vigore la legge

Il Decreto Ambiente, diventato legge dopo che il 10 dicembre il ddl di conversione ha ricevuto l’ok definitivo della Camera con 141 voti a favore, 80 contrari e 3 astenuti, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 16 dicembre per entrare in vigore il 17 dicembre 2024.

La nuova legge (n. 191/2024) rafforza la tutela delle acque per intervenire contro i fenomeni crescenti di siccità, modifica i sistemi dei gestione degli imballaggi e dei rifiuti, così come disciplinati dal Codice dell’Ambiente e promuove l’economia circolare.

Questi sono solo alcuni dei temi affrontati dalla legge di conversione del decreto contenente “Disposizioni urgenti per la tutela ambientale del Paese, la razionalizzazione dei procedimenti di valutazione e autorizzazione ambientale, la promozione dell’economia circolare, l’attuazione di interventi in materia di bonifiche di siti contaminati e dissesto idrogeologico”.

Testo Unico Ambiente

Il testo va a riformare il TUA, il Testo Unico Ambiente, che racchiude le principali norme in materia di tutela ambientale e gestione dei rifiuti. La legge entrerà in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sulla gazzetta ufficiale.

Vai al testo coordinato del decreto Ambiente e della legge n. 191/2024

Le misure del DL Ambiente

Le misure introdotte, in base alle volontà espresse dal Governo nel comunicato del 10 ottobre 2024 hanno lo scopo di semplificare i procedimenti relativi alle valutazioni ambientali, dare impulso alle bonifiche e al contrasto al dissesto idrogeologico, rafforzare la tutela delle acque e promuovere leconomia circolare”.

Il testo, modificato nel corso del passaggio in Senato:

  • modifica la normativa in materia di valutazione ambientale condizionando la verifica di assoggettabilità alla VIA, in relazione ai progetti di competenza statale e regionale alle regole del decreto legislativo che si occupa della disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili;
  • sancisce che il rilascio dell’AIA ossia della Autorizzazione Integrata ambientale spetti al direttore generale del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica;
  • affida a un decreto il compito di definire progetti strategici per raggiungere gli obiettivi del PNIEC;
  • in presenza di esigenze contingenti motivate si consente l’assegnazione dei progetti spettanti alla Commissione tecnica PNRR-PNIEC alla Commissione tecnica VIA-VAS;
  • per i progetti di produzione di energia da fonte fotovoltaica, solare termodinamica, a biomassa, a biogas e di produzione di biometano, il proponente del provvedimento di VIA deve allegare una dichiarazione sostitutiva di certificazioni o di atto di notorietà che attesti la legittima disponibilità della superficie su cui realizzare l’impianto;
  • il Ministero della difesa potrà definire un programma di interventi per la transizione energetica di siti, infrastrutture e dei beni del demanio militare presenti sul territorio nazionale e disciplinare l’eventuale procedimento di valutazione o autorizzazione ambientale del programma o dei singoli interventi;
  • vieta la concessione dei permessi di ricerca e di concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi sul territorio nazionale e nel mare, fatte salve specifiche eccezioni;
  • previene i fenomeni siccitosi e prevede la realizzazione interventi di collettamento, fognatura e depurazione delle acque;
  • promuovere leconomia circolare, anche attraverso la modifica della legge n. 60 del 2022, che contiene disposizioni per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne;
  • incentiva le operazioni di recupero dei rifiuti e di riutilizzo dei materiali di prossimità provenienti dalla realizzazione degli interventi relativi al tunnel sub-portuale e alla diga foranea di Genova;
  • consente il raggiungimento, entro le scadenze previste, degli obiettivi PNRR di bonifica e riqualificazione dei siti orfani;
  • istituisce una struttura di supporto al Commissario straordinario per l’attuazione degli interventi di bonifica e riparazione del danno ambientale nel sito di bonifica di interesse nazionale (SIN) di Crotone – Cassano e Cerchiara;
  • prevede misure finalizzate ad attuare interventi per difendere il suolo e mitigare il dissesto idrogeologico;
  • Introduce disposizioni per le amministrazioni operanti nei settori dell’ambiente e della sicurezza energetica (SNPA, ISPRA, ISIN) e garantisce le funzionalità del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica.

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liquidazione giudiziale

Liquidazione giudiziale Liquidazione giudiziale: procedura concorsuale disciplinata dal Codice della crisi e dell’insolvenza, che ha sostituito il fallimento

Liquidazione giudiziale: cos’è

La liquidazione giudiziale è una procedura prevista e disciplinata dal Codice della Crisi e dell’insolvenza di cui al Decreto legislativo n. 14/2019, che ha sostituito il fallimento. A questo proposito occorre però precisare che la disciplina contenuta nella legge fallimentare continua tuttavia ad applicarsi ai ricorsi che sono stati depositati anteriormente al 15 luglio 2022.

Ambito soggettivo della liquidazione giudiziale

La liquidazione giudiziale, come dispone l’art. 121 del Codice della Crisi e dell’insolvenza, riguarda gli imprenditori commerciali che non dimostriamo di essere in possesso, congiuntamente, dei requisì indicati dall’articolo 2, comma 1, lettera d):

  • attivo patrimoniale complessivo annuo non superiore a euro000,00 nei tre esercizi anteriori alla data di deposito della istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall’inizio dell’attività se la durata è inferiore;
  • ricavi annui complessivi non superiori a euro000 nei tre esercizi anteriori alla data di deposito dell’istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall’inizio dell’attività se la durata è inferiore;
  • debiti anche non scaduti non superiori a euro 500.000.

Gli organi della procedura di liquidazione

La liquidazione giudiziale è una procedura complessa, che vede protagonisti i seguenti soggetti:

  • il tribunale concorsuale, organo investito dell’intera procedura;
  • il giudice delegato, che esercita funzioni di vigilanza e di controllo affinché la procedura si svolga regolarmente;
  • il curatore, che gestisce la procedura di liquidazione sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori;
  • il comitato dei creditori, che svolge funzioni di vigilanza sull’attività del curatore.

Beni del debitore soggetti a liquidazione

La sentenza di liquidazione toglie al debitore l’amministrazione dei suoi beni, compresi quelli acquisiti durante la procedura. Il curatore può rinunciare ai beni con valore di realizzo inferiore ai costi di gestione.

Beni del debitore esclusi dalla liquidazione

Non tutti i beni del debitore però vengono liquidati. Non si liquidano infatti i beni personali e alimenti essenziali, gli stipendi, le pensioni e i salari necessari al mantenimento familiare, i beni non pignorabili e i patrimoni protetti da norme specifiche. I limiti vengono determinati dal giudice delegato. In mancanza di mezzi di sostentamento, il giudice delegato può concedere sussidi per il debitore e la famiglia. La casa del debitore resta utilizzabile fino alla liquidazione, se necessaria per l’abitazione.

Concorso dei creditori

La liquidazione giudiziale si regge su regole chiare e processi definiti che coinvolgono il patrimonio del debitore e il soddisfacimento dei creditori. La procedura attiva infatti il concorso dei creditori sul patrimonio del debitore. Ogni credito o diritto deve essere accertato secondo la normativa del capo III. Le stesse regole si applicano ai crediti esentati dal divieto di esecuzione.

Come si svolge la liquidazione giudiziale

Il curatore gestisce la liquidazione, affiancato da esperti per la stima dei beni. Le stime seguono regole specifiche e si depositano telematicamente. I beni di modesto valore possono evitare la stima.
La vendita si realizza tramite procedure competitive e adeguata pubblicità per garantire trasparenza e partecipazione. Il curatore può proporre rateizzazioni o ribassi del prezzo in caso di aste deserte. Deve inoltre liberare gli immobili occupati dal debitore o da terzi non opponibili. I beni mobili trovati nell’immobile sono considerati abbandonati se non rimossi entro i termini assegnati.
Il curatore informa il giudice delegato sull’andamento delle operazioni. Se vi sono procedure esecutive in corso, può subentrarvi o chiederne la chiusura.

Casi di chiusura della liquidazione giudiziale

Il sistema della liquidazione giudiziale mira a garantire il soddisfacimento dei creditori in modo equo, attraverso processi trasparenti e supervisionati. La chiusura della procedura avviene solo quando tutti i crediti sono risolti o le attività si dimostrano insufficienti.

La liquidazione giudiziale si chiude infatti nei seguenti casi:

  • nessuno ha presentato domanda di ammissione al passivo entro il termine stabilito;
  • tutti i crediti ammessi e i debiti sono stati soddisfatti o risultano estinti;
  • l’attivo è stato ripartito completamente;
  • mancano i fondi necessari per soddisfare i creditori o sostenere le spese della precedura;
  • in caso di chiusura della procedura giudiziale delle società di capitali (nei casi di cui alle lettere a) e b) comma 1 art. 233) il curatore convoca l’assemblea dei soci per decidere sulla ripresa o sulla cessazione dell’attività. Se la procedura invece si chiude dopo la riparazione dell’attivo o perché la prosecuzione dell’attività non soddisferebbe comunque i creditori concorsuali, allora il curatore procede alla cancellazione dal registro delle imprese.

 

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illecito deontologico

Illecito deontologico divulgare i nomi dei clienti Illecito deontologico diffondere nomi di clienti e parti assistite sul sito dello studio legale e nelle mail inviate con la newsletter

Illecito deontologico avvocato

Costituisce illecito deontologico la divulgazione dei nominativi dei clienti e delle parti assistite, anche dopo che il decreto Bersani ha abrogato le disposizioni che impedivano ai liberi professionisti di farsi pubblicità. E’ quindi vietato nelle informazioni rivolte al pubblico, come quelle pubblicate su un sito o inviate per mezzo di una newsletter, indicare i nominativi di clienti e parti assistite. L’avvocato deve infatti garantire la riservatezza del cliente. Questa condotta è espressione del decoro e della dignità della funzione sociale della professione forense. Lo ha chiaro il CNF nella sentenza n. 294/2024.

Nomi dei clienti e delle parti assistite su sito e mail

Nel gennaio e febbraio 2022, un avvocato pubblica sul sito del proprio studio legale e invia per mezzo della newsletter informazioni riguardanti operazioni seguite dal proprio studio. Nei comunicati vengono citati i nomi di clienti e dettagli delle operazioni. Un esposto anonimo inviato al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati (COA) di Trento avvia il procedimento disciplinare nei suoi confronti contestandogli la violazione dell’art. 35 del Codice deontologico.

L’avvocato si difende sostenendo che le informazioni erano già di pubblico dominio, essendo state pubblicate da altri soggetti con il consenso delle parti coinvolte. Argomenta inoltre che l’art. 35, comma 8 è in realtà una specificazione del più generale dovere di riservatezza e non si applica a notizie già pubbliche.

Il CDD ritiene però sussistente la violazione dell’art. 35, comma 8 del CDF, che vieta agli avvocati di includere nelle informazioni al pubblico i nomi di clienti e assistiti. L’avvocato viene così sanzionato con l’avvertimento. Il divieto previsto dalla regola deontologica mira a proteggere la riservatezza, indipendentemente dalla precedente pubblicità dei dati.

Informazioni legittime se già pubblicate da terzi

L’avvocato presenta ricorso al CNF sostenendo la legittimità della divulgazione delle informazioni perché già pubblicate da terzi. Il ricorrente richiama inoltre la libertà di informazione professionale sancita dall’art. 17 del CDF, che consente la promozione dell’attività legale nel rispetto di trasparenza, correttezza e verità.

Illecito deontologico anche con consenso clienti

Il Consiglio Nazionale Forense (CNF) però respinge il ricorso dell’avvocato ricorrente, confermando la violazione dell’art. 35, comma 8 del Codice Deontologico Forense (NCDF). La norma vieta agli avvocati di pubblicizzare il nome dei propri clienti, anche se questi consentono. Prima del verdetto finale il CNF ci tiene ad esporre alcune considerazioni preliminari.

  • Il divieto esiste dal primo Codice Deontologico del 1997. Nonostante le successive riforme (Decreto Bersani 2006, Legge 247/2012, NCDF del 2014), il comma 8 è rimasto invariato, confermando obbligatorietà del divieto.
  • I moderni strumenti di comunicazione permettono agli avvocati di diffondere contenuti promozionali attraverso piattaforme non tradizionali, spesso a pagamento. Questo rischia di eludere il divieto, sfruttando canali non qualificati.
  • La pubblicazione contestata non si limita a informare, ma presenta anche contenuti promozionali. Lo scopo va oltre la semplice comunicazione.

L’avvocato ricorrente ha pubblicato sul sito web dello studio e inviato email tramite la newsletter contenenti il nome dei clienti assistiti. Lo stesso ha infatti riferito di aver assistito il Consorzio [AAA] in un leverage buyout e ha menzionato l’assistenza fornita ad altri clienti in concordati preventivi.

La comunicazione quindi non si è limitata a riprodurre articoli già pubblici. Ha invece avuto contenuti redatti ad hoc, con accenti promozionali e autocelebrativi, comportamento che integra pienamente la violazione dell’art. 35 NCDF.

Il CNF precisa che la norma tutela riservatezza, decoro e dignità della professione. La valenza pubblicistica dell’attività forense impone autonomia e prudenza nella comunicazione. Il consenso del cliente o la diffusione precedente tramite terzi non escludono il divieto. Il ricorso viene quindi respinto e la sanzione dell’avvertimento confermata.

 

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giustizia amministrativa

Giustizia amministrativa: il portale OpenGA Giustizia Amministrativa: attivo dal 10 dicembre 2024 il nuovo portale OpenGA, che offre dati aggiornati su ricorsi e provvedimenti

Il nuovo portale OpenGA

E’ online OpenGA, il nuovo portale dedicato alla Giustizia amministrativa. Il sito, accessibile dal portale istituzionale, offre dati aperti e aggiornati su ricorsi e provvedimenti. Questo strumento rappresenta un passo importante verso la trasparenza e l’accessibilità delle informazioni giudiziarie.

OpenGA mette a disposizione quindici tipologie di dataset open data. Tra questi spiccano i ricorsi pendenti, i provvedimenti adottati e le sentenze emesse.

Particolare attenzione è rivolta al contenzioso sui contratti pubblici. I dati in questo caso provengono dall’integrazione tra il sito della Giustizia amministrativa e le informazioni fornite in formato aperto dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC).

L’iniziativa risponde agli obblighi europei in materia di Open Data e promuove un uso libero e gratuito delle informazioni. Questi dati permettono a cittadini, professionisti e studiosi di analizzare il funzionamento della Giustizia amministrativa.

Cosa si può consultare su OpenGA? (H3)

I dataset sono organizzati in base alla sede giudiziaria e alla tipologia di provvedimento. Queste alcune delle categorie disponibili:

  • Decreti
  • Ordinanze
  • Sentenze
  • Ricorsi definiti e pendenti
  • Provvedimenti pubblicati
  • Ricorsi in materia di appalti

Ogni dataset è strutturato per garantire trasparenza, tracciabilità e interoperabilità. I dati sono accessibili, completi e utilizzabili nel rispetto della riservatezza delle parti coinvolte.

Licenza aperta e riutilizzo dei dati

I dati di OpenGA sono rilasciati con licenza Creative Commons BY 4.0. Questa licenza consente di utilizzare, modificare e redistribuire liberamente i dataset. L’unico vincolo è citare la fonte. Questo facilita il riuso dei dati anche per scopi commerciali e favorisce la diffusione delle informazioni giudiziarie.

Innovazione digitale e analisi statistica

OpenGA si inserisce in un progetto più ampio di digitalizzazione della Giustizia amministrativa. I dataset vengono estratti dal Data Warehouse della Giustizia amministrativa e convertiti in formato aperto. Questi dati permettono analisi avanzate sui tempi di definizione dei giudizi, sull’andamento del contenzioso e sulla distribuzione geografica delle decisioni.

OpenGA: riservatezza garantita

La protezione dei dati sensibili è una priorità. I dataset non includono fascicoli o atti processuali. Inoltre, eventuali informazioni sensibili vengono oscurate nel rispetto del GDPR e della normativa vigente.

 

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amministrazione di sostegno

Amministrazione di sostegno Amministrazione di sostegno: guida all’istituto che protegge le persone fragili, che  conservano però parte della loro autonomia

Amministrazione di sostegno: cos’è

L’amministrazione di sostegno è un istituto previsto dal Codice Civile italiano per proteggere le persone fragili. Questo strumento consente di assistere chi, a causa di malattia o disabilità, non riesce a gestire in tutto o in parte i propri interessi. Si tratta di una misura flessibile e meno invasiva rispetto all’interdizione e all’inabilitazione, un istituto efficace per proteggere le persone fragili mantenendo, per quanto possibile, la loro autonomia. L’intervento del giudice tutelare garantisce infatti equilibrio tra tutela e rispetto della dignità del beneficiario. L’amministrazione di sostegno è senza dubbio un esempio di diritto moderno e inclusivo, che si adatta alle diverse esigenze delle persone vulnerabili.

Amministrazione di sostegno: definizione normativa

L’articolo 404 del Codice Civile definisce l’amministrazione di sostegno come uno strumento a favore di chi non può provvedere ai propri interessi. Questa impossibilità può essere totale o parziale, temporanea o permanente, e derivare da infermità o menomazione fisica o psichica. Il giudice tutelare nomina un amministratore di sostegno per aiutare la persona nel compimento degli atti quotidiani o straordinari.

Il procedimento può iniziare su richiesta del beneficiario stesso, anche se minore, interdetto o inabilitato, dei suoi familiari (coniuge, convivente, ascendenti, discendenti o parenti) e dei responsabili dei servizi sanitari o sociali, che segnalano i casi al giudice tutelare.

Nomina dell’amministratore: come avviene

L’articolo 405 stabilisce che il giudice tutelare provvede alla nomina dell’amministratore di sostegno entro 60 giorni dalla presentazione del ricorso. Il decreto è motivato e immediatamente esecutivo. In casi urgenti, il giudice può nominare un amministratore provvisorio. La decisione include dettagli precisi come la generalità del beneficiario e dell’amministratore, la durata dell’incarico, che può essere a tempo determinato o indeterminato, i poteri attribuiti allamministratore, ossia atti che può compiere per conto del beneficiario, i limiti delle spese e le modalità di gestione del patrimonio e l’obbligo di rendicontazione periodica al giudice.

Tutti i provvedimenti devono essere annotati nei registri ufficiali e comunicati all’ufficiale di stato civile.

Come si svolge il procedimento

L’articolo 407 disciplina il procedimento. Il ricorso deve contenere le generalità del beneficiario, la sua dimora abituale e ragioni a base della richiesta e i nomi del coniuge, dei familiari conviventi e degli altri parenti.

Il giudice deve ascoltare direttamente il beneficiario, preferibilmente recandosi dove questi si trova. Deve considerare i bisogni e le richieste della persona, bilanciando protezione e autonomia. Il pubblico ministero interviene nel procedimento e vigila sulla tutela.

Il giudice può acquisire documenti medici o altre prove per decidere in modo appropriato. Inoltre, può modificare le decisioni prese in qualsiasi momento.

Amministratore di sostegno: criteri di scelta

L’articolo 408 stabilisce i criteri per scegliere l’amministratore. Il giudice tiene conto prioritariamente degli interessi del beneficiario. La persona interessata può designare anticipatamente il proprio amministratore tramite atto pubblico o scrittura privata autenticata. In mancanza di designazione, il giudice preferisce, ove possibile il coniuge non separato legalmente, il convivente stabile, i parenti stretti, come genitori, figli o fratelli.

Non possono ricoprire l’incarico coloro che hanno in cura il beneficiario come operatori di servizi pubblici o privati. Il giudice può comunque nominare una persona idonea in casi particolari.

Effetti dell’amministrazione di sostegno

Secondo l’articolo 409, il beneficiario mantiene la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono l’intervento dell’amministratore. Può compiere autonomamente gli atti di vita quotidiana. L’amministratore infatti si limita ad assistere il beneficiario nel compimento degli atti più complessi o straordinari.

Doveri dell’amministratore di sostegno

L’amministratore di sostegno ha l’obbligo di rispettare i bisogni e le aspirazioni del beneficiario. Deve informare tempestivamente il beneficiario sugli atti da compiere e consultare il giudice in caso di disaccordo. Se l’amministratore agisce in modo dannoso o negligente, il giudice può intervenire su segnalazione del beneficiario o del pubblico ministero. L’incarico dura al massimo 10 anni, salvo eccezioni per il coniuge, il  convivente o i parenti stretti.

Amministrazione di sostegno: atti annullabili

Gli articoli 412 e 413 prevedono la possibilità di annullare gli atti compiuti dall’amministratore oltre i poteri concessi quelli compiuti dal beneficiario in violazione del decreto.

Le azioni per l’annullamento devono essere esercitate entro 5 anni dalla fine dell’amministrazione.

Revoca dell’amministratore di sostegno

La revoca può essere richiesta dal beneficiario, dall’amministratore, dal pubblico ministero o dai familiari indicati nell’articolo 406.

Il giudice decide con decreto motivato, dopo aver svolto le necessarie verifiche. L’amministrazione di sostegno cessa se non tutela più adeguatamente il beneficiario. In questo caso, il giudice può promuovere l’interdizione o l’inabilitazione.

Disciplina procedurale

La Riforma Cartabia ha spostato la disciplina dell’amministrazione di sostegno nella sezione III del Capo III del libro II del Codice di procedura civile dedicato ai “procedimenti di interdizione, inabilitazione e di nomina dell’amministratore di sostegno” disciplinati dall’art. 474.52 fino al 473.57. L’art. 473 bis.58 sancisce che ai procedimenti in materia di amministrazione di sostegno si applicano, purché compatibili, le disposizioni della sezione dedicata anche agli altri istituti dell’inabilitazione e dell’interdizione. La norma stabilisce inoltre che mentre i decreti del giudice tutelare sono reclamabili al tribunale quelli del tribunale in composizione collegiale sono ricopribili in Cassazione.

 

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animali abbandonati

Abbandono di animali per strada: carcere fino a 7 anni Abbandono di animali: se avviene per strada e causa un incidente stradale, la riforma del Codice della Strada prevede il carcere fino a 7 anni

Abbandono di animali: pene più severe

Il nuovo Codice della Strada, in vigore dal 14 dicembre 2024, segna un importante passo avanti nella lotta contro l’abbandono degli animali. La riforma, approvata dopo un iter complesso e sostenuta da varie forze politiche, introduce pene più severe per chi si macchia di un reato tanto crudele quanto pericoloso. La tutela degli animali e la sicurezza stradale sono al centro delle nuove disposizioni.

Abbandono di animali: sicurezza e civiltà

L’abbandono degli animali non è solo un atto incivile, ma rappresenta anche un grave rischio per la sicurezza stradale. Secondo i dati ENPA, ogni anno in Italia vengono abbandonati oltre 130.000 animali, con picchi significativi durante il periodo estivo. Questo fenomeno causa spesso incidenti stradali, mettendo a rischio sia la vita degli animali sia quella degli automobilisti. La riforma del Codice della Strada punta a contrastare questa piaga con misure severe e un forte effetto deterrente. L’inasprimento delle pene invia un messaggio chiaro: l’abbandono non sarà più considerato una semplice leggerezza, ma un crimine con gravi conseguenze legali.

Nuove sanzioni per chi abbandona animali

L’articolo 727 del Codice penale già punisce l’abbandono di animali domestici con l’arresto fino a un anno o un’ammenda da 1.000 a 10.000 euro.

Tuttavia, la nuova normativa prevede un significativo inasprimento delle pene:

  • aumento della pena di un terzo se l’abbandono avviene su strada o nelle sue pertinenze;
  • sospensione della patente da sei mesi a un anno se l’abbandono avviene con un veicolo;
  • revoca della patente nei casi più gravi o in presenza di una recidiva

Queste sanzioni mirano a punire comportamenti irresponsabili e a scoraggiare atti che mettono a rischio la collettività. La sospensione o la revoca della patente rappresentano un ulteriore strumento dissuasivo, soprattutto per chi abbandona gli animali utilizzando un veicolo.

Pene aggravate in caso di incidenti stradali

Se l’abbandono di un animale causa un incidente stradale da cui derivino lesioni personali o la morte di una persona, le conseguenze diventano ancora più gravi. La nuova normativa applica le pene previste per i reati di omicidio stradale e lesioni personali stradali:

  • lesioni gravi: reclusione da 3 mesi a 1 anno;
  • lesioni gravissime: reclusione da 1 anno a 3 anni;
  • omicidio stradale: reclusione da 2 a 7 anni.

Queste disposizioni riconoscono la gravissima responsabilità di chi, abbandonando un animale, causa tragedie su strada. Non si tratta più di un comportamento marginale, ma di un crimine con effetti devastanti.

Numeri sull’abbandono degli animali

Secondo Legambiente, nel 2023 sono stati abbandonati oltre 85.000 cani, con un aumento dell’8,6% rispetto all’anno precedente. Ogni giorno vengono abbandonati più di 127 animali, numeri che testimoniano la necessità di interventi immediati e concreti. Molti Comuni non dispongono di servizi adeguati, come spazi aperti dedicati agli animali d’affezione, aggravando ulteriormente la situazione. La riforma del Codice della Strada mira a ridurre questi numeri con sanzioni più severe e misure preventive. Tuttavia, sarà fondamentale anche un cambio culturale che promuova la responsabilità e il rispetto verso gli animali.

Lotta all’inciviltà e a favore della sicurezza

La nuova normativa rappresenta un segnale forte nella lotta contro l’abbandono degli animali. Le istituzioni hanno riconosciuto la gravità del fenomeno e hanno deciso di intervenire con misure severe. La riforma mira a dissuadere comportamenti barbarici e pericolosi, soprattutto nei mesi estivi, quando i numeri raggiungono livelli inaccettabili. L’auspicio è che queste nuove regole non restino solo sulla carta. Le pene severe e le sanzioni accessorie devono tradursi in un effettivo calo degli abbandoni. La sensibilizzazione è altrettanto fondamentale: ogni cittadino deve comprendere che abbandonare un animale è un crimine, con conseguenze pesanti per tutti.

La riforma del Codice della Strada è un progresso significativo per chi ama gli animali e per chi crede nella convivenza civile. L’inasprimento delle pene per l’abbandono punta a tutelare la vita degli animali, ma anche a garantire la sicurezza delle strade italiane.

Ogni atto di abbandono rappresenta una scelta irresponsabile, capace di provocare dolore e tragedie. Con questa normativa, l’Italia invia un messaggio chiaro: l’abbandono degli animali non sarà più tollerato. Questa battaglia è un impegno di civiltà e responsabilità, che coinvolge istituzioni e cittadini.

 

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processo penale telematico

Processo penale telematico: depositi rinviati Processo penale telematico: deposito analogico e digitale per garantire la sperimentazione anche durante il 2025

Processo penale telematico: malfunzionamenti e rinvii

Il Ministero della Giustizia ha ufficializzato il rinvio dell’obbligatorietà del processo penale telematico (PPT). Il regime di doppio binario, analogico e telematico, resterà infatti in vigore fino al 31 dicembre 2025. Lo prevede una Nota datata 11 dicembre 2024.

Il processo penale telematico è stato introdotto con la riforma Cartabia (decreto legislativo n. 150/2022). La legge prevedeva la digitalizzazione del processo fino all’udienza preliminare, a partire dal gennaio 2024. Tuttavia, i continui malfunzionamenti dell’applicativo hanno spinto il Ministero a rinviare i termini. L’opposizione ha sollevato critiche severe, denunciando il rischio di un sistema ingestibile a partire dal 2025.

Il nuovo calendario del PPT

La modifica del regolamento ministeriale (DM n. 217/2023) introduce una fase transitoria scaglionata.

– Fino al 31 dicembre 2025: deposito telematico facoltativo per atti di magistrati nella fase delle indagini preliminari e deposito telematico facoltativo per procedimenti cautelari, personali e reali.

– Dal 1° gennaio 2025: deposito obbligatorio degli atti relativi all’udienza preliminare, ai riti speciali e al dibattimento.

Dal 1° aprile 2025: deposito esclusivamente telematico per le iscrizioni delle notizie di reato (art. 335 c.p.p.) e per il rito “direttissimo”.

Progressi e nuove funzionalità

Il Ministero della Giustizia evidenzia comunque progressi significativi. L’applicativo APP, operativo dal gennaio 2024, viene infatti costantemente aggiornato. La nuova versione APP 2.0, in uso dal 18 ottobre 2024, introduce funzionalità avanzate:

  • ricerca e gestione dei fascicoli;
  • caricamento semplificato degli atti;
  • visualizzazione del calendario delle udienze;
  • inserimento automatico dell’intestazione delle sentenze.

Dal 16 dicembre 2024, ulteriori miglioramenti permetteranno inoltre una gestione strutturata e digitalizzata del fascicolo penale.

Il Ministero assicura che il rinvio consentirà una sperimentazione adeguata del Processo Penale Telematico durante tutto il 2025. L’obbligatorietà dei depositi digitali, salvo eccezioni, entrerà in vigore il 1° gennaio 2025 e sarà completamente operativa entro la fine dell’anno.

 

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