illecito deontologico

Illecito deontologico divulgare i nomi dei clienti Illecito deontologico diffondere nomi di clienti e parti assistite sul sito dello studio legale e nelle mail inviate con la newsletter

Illecito deontologico avvocato

Costituisce illecito deontologico la divulgazione dei nominativi dei clienti e delle parti assistite, anche dopo che il decreto Bersani ha abrogato le disposizioni che impedivano ai liberi professionisti di farsi pubblicità. E’ quindi vietato nelle informazioni rivolte al pubblico, come quelle pubblicate su un sito o inviate per mezzo di una newsletter, indicare i nominativi di clienti e parti assistite. L’avvocato deve infatti garantire la riservatezza del cliente. Questa condotta è espressione del decoro e della dignità della funzione sociale della professione forense. Lo ha chiaro il CNF nella sentenza n. 294/2024.

Nomi dei clienti e delle parti assistite su sito e mail

Nel gennaio e febbraio 2022, un avvocato pubblica sul sito del proprio studio legale e invia per mezzo della newsletter informazioni riguardanti operazioni seguite dal proprio studio. Nei comunicati vengono citati i nomi di clienti e dettagli delle operazioni. Un esposto anonimo inviato al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati (COA) di Trento avvia il procedimento disciplinare nei suoi confronti contestandogli la violazione dell’art. 35 del Codice deontologico.

L’avvocato si difende sostenendo che le informazioni erano già di pubblico dominio, essendo state pubblicate da altri soggetti con il consenso delle parti coinvolte. Argomenta inoltre che l’art. 35, comma 8 è in realtà una specificazione del più generale dovere di riservatezza e non si applica a notizie già pubbliche.

Il CDD ritiene però sussistente la violazione dell’art. 35, comma 8 del CDF, che vieta agli avvocati di includere nelle informazioni al pubblico i nomi di clienti e assistiti. L’avvocato viene così sanzionato con l’avvertimento. Il divieto previsto dalla regola deontologica mira a proteggere la riservatezza, indipendentemente dalla precedente pubblicità dei dati.

Informazioni legittime se già pubblicate da terzi

L’avvocato presenta ricorso al CNF sostenendo la legittimità della divulgazione delle informazioni perché già pubblicate da terzi. Il ricorrente richiama inoltre la libertà di informazione professionale sancita dall’art. 17 del CDF, che consente la promozione dell’attività legale nel rispetto di trasparenza, correttezza e verità.

Illecito deontologico anche con consenso clienti

Il Consiglio Nazionale Forense (CNF) però respinge il ricorso dell’avvocato ricorrente, confermando la violazione dell’art. 35, comma 8 del Codice Deontologico Forense (NCDF). La norma vieta agli avvocati di pubblicizzare il nome dei propri clienti, anche se questi consentono. Prima del verdetto finale il CNF ci tiene ad esporre alcune considerazioni preliminari.

  • Il divieto esiste dal primo Codice Deontologico del 1997. Nonostante le successive riforme (Decreto Bersani 2006, Legge 247/2012, NCDF del 2014), il comma 8 è rimasto invariato, confermando obbligatorietà del divieto.
  • I moderni strumenti di comunicazione permettono agli avvocati di diffondere contenuti promozionali attraverso piattaforme non tradizionali, spesso a pagamento. Questo rischia di eludere il divieto, sfruttando canali non qualificati.
  • La pubblicazione contestata non si limita a informare, ma presenta anche contenuti promozionali. Lo scopo va oltre la semplice comunicazione.

L’avvocato ricorrente ha pubblicato sul sito web dello studio e inviato email tramite la newsletter contenenti il nome dei clienti assistiti. Lo stesso ha infatti riferito di aver assistito il Consorzio [AAA] in un leverage buyout e ha menzionato l’assistenza fornita ad altri clienti in concordati preventivi.

La comunicazione quindi non si è limitata a riprodurre articoli già pubblici. Ha invece avuto contenuti redatti ad hoc, con accenti promozionali e autocelebrativi, comportamento che integra pienamente la violazione dell’art. 35 NCDF.

Il CNF precisa che la norma tutela riservatezza, decoro e dignità della professione. La valenza pubblicistica dell’attività forense impone autonomia e prudenza nella comunicazione. Il consenso del cliente o la diffusione precedente tramite terzi non escludono il divieto. Il ricorso viene quindi respinto e la sanzione dell’avvertimento confermata.

 

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giustizia amministrativa

Giustizia amministrativa: il portale OpenGA Giustizia Amministrativa: attivo dal 10 dicembre 2024 il nuovo portale OpenGA, che offre dati aggiornati su ricorsi e provvedimenti

Il nuovo portale OpenGA

E’ online OpenGA, il nuovo portale dedicato alla Giustizia amministrativa. Il sito, accessibile dal portale istituzionale, offre dati aperti e aggiornati su ricorsi e provvedimenti. Questo strumento rappresenta un passo importante verso la trasparenza e l’accessibilità delle informazioni giudiziarie.

OpenGA mette a disposizione quindici tipologie di dataset open data. Tra questi spiccano i ricorsi pendenti, i provvedimenti adottati e le sentenze emesse.

Particolare attenzione è rivolta al contenzioso sui contratti pubblici. I dati in questo caso provengono dall’integrazione tra il sito della Giustizia amministrativa e le informazioni fornite in formato aperto dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC).

L’iniziativa risponde agli obblighi europei in materia di Open Data e promuove un uso libero e gratuito delle informazioni. Questi dati permettono a cittadini, professionisti e studiosi di analizzare il funzionamento della Giustizia amministrativa.

Cosa si può consultare su OpenGA? (H3)

I dataset sono organizzati in base alla sede giudiziaria e alla tipologia di provvedimento. Queste alcune delle categorie disponibili:

  • Decreti
  • Ordinanze
  • Sentenze
  • Ricorsi definiti e pendenti
  • Provvedimenti pubblicati
  • Ricorsi in materia di appalti

Ogni dataset è strutturato per garantire trasparenza, tracciabilità e interoperabilità. I dati sono accessibili, completi e utilizzabili nel rispetto della riservatezza delle parti coinvolte.

Licenza aperta e riutilizzo dei dati

I dati di OpenGA sono rilasciati con licenza Creative Commons BY 4.0. Questa licenza consente di utilizzare, modificare e redistribuire liberamente i dataset. L’unico vincolo è citare la fonte. Questo facilita il riuso dei dati anche per scopi commerciali e favorisce la diffusione delle informazioni giudiziarie.

Innovazione digitale e analisi statistica

OpenGA si inserisce in un progetto più ampio di digitalizzazione della Giustizia amministrativa. I dataset vengono estratti dal Data Warehouse della Giustizia amministrativa e convertiti in formato aperto. Questi dati permettono analisi avanzate sui tempi di definizione dei giudizi, sull’andamento del contenzioso e sulla distribuzione geografica delle decisioni.

OpenGA: riservatezza garantita

La protezione dei dati sensibili è una priorità. I dataset non includono fascicoli o atti processuali. Inoltre, eventuali informazioni sensibili vengono oscurate nel rispetto del GDPR e della normativa vigente.

 

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amministrazione di sostegno

Amministrazione di sostegno Amministrazione di sostegno: guida all’istituto che protegge le persone fragili, che  conservano però parte della loro autonomia

Amministrazione di sostegno: cos’è

L’amministrazione di sostegno è un istituto previsto dal Codice Civile italiano per proteggere le persone fragili. Questo strumento consente di assistere chi, a causa di malattia o disabilità, non riesce a gestire in tutto o in parte i propri interessi. Si tratta di una misura flessibile e meno invasiva rispetto all’interdizione e all’inabilitazione, un istituto efficace per proteggere le persone fragili mantenendo, per quanto possibile, la loro autonomia. L’intervento del giudice tutelare garantisce infatti equilibrio tra tutela e rispetto della dignità del beneficiario. L’amministrazione di sostegno è senza dubbio un esempio di diritto moderno e inclusivo, che si adatta alle diverse esigenze delle persone vulnerabili.

Amministrazione di sostegno: definizione normativa

L’articolo 404 del Codice Civile definisce l’amministrazione di sostegno come uno strumento a favore di chi non può provvedere ai propri interessi. Questa impossibilità può essere totale o parziale, temporanea o permanente, e derivare da infermità o menomazione fisica o psichica. Il giudice tutelare nomina un amministratore di sostegno per aiutare la persona nel compimento degli atti quotidiani o straordinari.

Il procedimento può iniziare su richiesta del beneficiario stesso, anche se minore, interdetto o inabilitato, dei suoi familiari (coniuge, convivente, ascendenti, discendenti o parenti) e dei responsabili dei servizi sanitari o sociali, che segnalano i casi al giudice tutelare.

Nomina dell’amministratore: come avviene

L’articolo 405 stabilisce che il giudice tutelare provvede alla nomina dell’amministratore di sostegno entro 60 giorni dalla presentazione del ricorso. Il decreto è motivato e immediatamente esecutivo. In casi urgenti, il giudice può nominare un amministratore provvisorio. La decisione include dettagli precisi come la generalità del beneficiario e dell’amministratore, la durata dell’incarico, che può essere a tempo determinato o indeterminato, i poteri attribuiti allamministratore, ossia atti che può compiere per conto del beneficiario, i limiti delle spese e le modalità di gestione del patrimonio e l’obbligo di rendicontazione periodica al giudice.

Tutti i provvedimenti devono essere annotati nei registri ufficiali e comunicati all’ufficiale di stato civile.

Come si svolge il procedimento

L’articolo 407 disciplina il procedimento. Il ricorso deve contenere le generalità del beneficiario, la sua dimora abituale e ragioni a base della richiesta e i nomi del coniuge, dei familiari conviventi e degli altri parenti.

Il giudice deve ascoltare direttamente il beneficiario, preferibilmente recandosi dove questi si trova. Deve considerare i bisogni e le richieste della persona, bilanciando protezione e autonomia. Il pubblico ministero interviene nel procedimento e vigila sulla tutela.

Il giudice può acquisire documenti medici o altre prove per decidere in modo appropriato. Inoltre, può modificare le decisioni prese in qualsiasi momento.

Amministratore di sostegno: criteri di scelta

L’articolo 408 stabilisce i criteri per scegliere l’amministratore. Il giudice tiene conto prioritariamente degli interessi del beneficiario. La persona interessata può designare anticipatamente il proprio amministratore tramite atto pubblico o scrittura privata autenticata. In mancanza di designazione, il giudice preferisce, ove possibile il coniuge non separato legalmente, il convivente stabile, i parenti stretti, come genitori, figli o fratelli.

Non possono ricoprire l’incarico coloro che hanno in cura il beneficiario come operatori di servizi pubblici o privati. Il giudice può comunque nominare una persona idonea in casi particolari.

Effetti dell’amministrazione di sostegno

Secondo l’articolo 409, il beneficiario mantiene la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono l’intervento dell’amministratore. Può compiere autonomamente gli atti di vita quotidiana. L’amministratore infatti si limita ad assistere il beneficiario nel compimento degli atti più complessi o straordinari.

Doveri dell’amministratore di sostegno

L’amministratore di sostegno ha l’obbligo di rispettare i bisogni e le aspirazioni del beneficiario. Deve informare tempestivamente il beneficiario sugli atti da compiere e consultare il giudice in caso di disaccordo. Se l’amministratore agisce in modo dannoso o negligente, il giudice può intervenire su segnalazione del beneficiario o del pubblico ministero. L’incarico dura al massimo 10 anni, salvo eccezioni per il coniuge, il  convivente o i parenti stretti.

Amministrazione di sostegno: atti annullabili

Gli articoli 412 e 413 prevedono la possibilità di annullare gli atti compiuti dall’amministratore oltre i poteri concessi quelli compiuti dal beneficiario in violazione del decreto.

Le azioni per l’annullamento devono essere esercitate entro 5 anni dalla fine dell’amministrazione.

Revoca dell’amministratore di sostegno

La revoca può essere richiesta dal beneficiario, dall’amministratore, dal pubblico ministero o dai familiari indicati nell’articolo 406.

Il giudice decide con decreto motivato, dopo aver svolto le necessarie verifiche. L’amministrazione di sostegno cessa se non tutela più adeguatamente il beneficiario. In questo caso, il giudice può promuovere l’interdizione o l’inabilitazione.

Disciplina procedurale

La Riforma Cartabia ha spostato la disciplina dell’amministrazione di sostegno nella sezione III del Capo III del libro II del Codice di procedura civile dedicato ai “procedimenti di interdizione, inabilitazione e di nomina dell’amministratore di sostegno” disciplinati dall’art. 474.52 fino al 473.57. L’art. 473 bis.58 sancisce che ai procedimenti in materia di amministrazione di sostegno si applicano, purché compatibili, le disposizioni della sezione dedicata anche agli altri istituti dell’inabilitazione e dell’interdizione. La norma stabilisce inoltre che mentre i decreti del giudice tutelare sono reclamabili al tribunale quelli del tribunale in composizione collegiale sono ricopribili in Cassazione.

 

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animali abbandonati

Abbandono di animali per strada: carcere fino a 7 anni Abbandono di animali: se avviene per strada e causa un incidente stradale, la riforma del Codice della Strada prevede il carcere fino a 7 anni

Abbandono di animali: pene più severe

Il nuovo Codice della Strada, in vigore dal 14 dicembre 2024, segna un importante passo avanti nella lotta contro l’abbandono degli animali. La riforma, approvata dopo un iter complesso e sostenuta da varie forze politiche, introduce pene più severe per chi si macchia di un reato tanto crudele quanto pericoloso. La tutela degli animali e la sicurezza stradale sono al centro delle nuove disposizioni.

Abbandono di animali: sicurezza e civiltà

L’abbandono degli animali non è solo un atto incivile, ma rappresenta anche un grave rischio per la sicurezza stradale. Secondo i dati ENPA, ogni anno in Italia vengono abbandonati oltre 130.000 animali, con picchi significativi durante il periodo estivo. Questo fenomeno causa spesso incidenti stradali, mettendo a rischio sia la vita degli animali sia quella degli automobilisti. La riforma del Codice della Strada punta a contrastare questa piaga con misure severe e un forte effetto deterrente. L’inasprimento delle pene invia un messaggio chiaro: l’abbandono non sarà più considerato una semplice leggerezza, ma un crimine con gravi conseguenze legali.

Nuove sanzioni per chi abbandona animali

L’articolo 727 del Codice penale già punisce l’abbandono di animali domestici con l’arresto fino a un anno o un’ammenda da 1.000 a 10.000 euro.

Tuttavia, la nuova normativa prevede un significativo inasprimento delle pene:

  • aumento della pena di un terzo se l’abbandono avviene su strada o nelle sue pertinenze;
  • sospensione della patente da sei mesi a un anno se l’abbandono avviene con un veicolo;
  • revoca della patente nei casi più gravi o in presenza di una recidiva

Queste sanzioni mirano a punire comportamenti irresponsabili e a scoraggiare atti che mettono a rischio la collettività. La sospensione o la revoca della patente rappresentano un ulteriore strumento dissuasivo, soprattutto per chi abbandona gli animali utilizzando un veicolo.

Pene aggravate in caso di incidenti stradali

Se l’abbandono di un animale causa un incidente stradale da cui derivino lesioni personali o la morte di una persona, le conseguenze diventano ancora più gravi. La nuova normativa applica le pene previste per i reati di omicidio stradale e lesioni personali stradali:

  • lesioni gravi: reclusione da 3 mesi a 1 anno;
  • lesioni gravissime: reclusione da 1 anno a 3 anni;
  • omicidio stradale: reclusione da 2 a 7 anni.

Queste disposizioni riconoscono la gravissima responsabilità di chi, abbandonando un animale, causa tragedie su strada. Non si tratta più di un comportamento marginale, ma di un crimine con effetti devastanti.

Numeri sull’abbandono degli animali

Secondo Legambiente, nel 2023 sono stati abbandonati oltre 85.000 cani, con un aumento dell’8,6% rispetto all’anno precedente. Ogni giorno vengono abbandonati più di 127 animali, numeri che testimoniano la necessità di interventi immediati e concreti. Molti Comuni non dispongono di servizi adeguati, come spazi aperti dedicati agli animali d’affezione, aggravando ulteriormente la situazione. La riforma del Codice della Strada mira a ridurre questi numeri con sanzioni più severe e misure preventive. Tuttavia, sarà fondamentale anche un cambio culturale che promuova la responsabilità e il rispetto verso gli animali.

Lotta all’inciviltà e a favore della sicurezza

La nuova normativa rappresenta un segnale forte nella lotta contro l’abbandono degli animali. Le istituzioni hanno riconosciuto la gravità del fenomeno e hanno deciso di intervenire con misure severe. La riforma mira a dissuadere comportamenti barbarici e pericolosi, soprattutto nei mesi estivi, quando i numeri raggiungono livelli inaccettabili. L’auspicio è che queste nuove regole non restino solo sulla carta. Le pene severe e le sanzioni accessorie devono tradursi in un effettivo calo degli abbandoni. La sensibilizzazione è altrettanto fondamentale: ogni cittadino deve comprendere che abbandonare un animale è un crimine, con conseguenze pesanti per tutti.

La riforma del Codice della Strada è un progresso significativo per chi ama gli animali e per chi crede nella convivenza civile. L’inasprimento delle pene per l’abbandono punta a tutelare la vita degli animali, ma anche a garantire la sicurezza delle strade italiane.

Ogni atto di abbandono rappresenta una scelta irresponsabile, capace di provocare dolore e tragedie. Con questa normativa, l’Italia invia un messaggio chiaro: l’abbandono degli animali non sarà più tollerato. Questa battaglia è un impegno di civiltà e responsabilità, che coinvolge istituzioni e cittadini.

 

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processo penale telematico

Processo penale telematico: depositi rinviati Processo penale telematico: deposito analogico e digitale per garantire la sperimentazione anche durante il 2025

Processo penale telematico: malfunzionamenti e rinvii

Il Ministero della Giustizia ha ufficializzato il rinvio dell’obbligatorietà del processo penale telematico (PPT). Il regime di doppio binario, analogico e telematico, resterà infatti in vigore fino al 31 dicembre 2025. Lo prevede una Nota datata 11 dicembre 2024.

Il processo penale telematico è stato introdotto con la riforma Cartabia (decreto legislativo n. 150/2022). La legge prevedeva la digitalizzazione del processo fino all’udienza preliminare, a partire dal gennaio 2024. Tuttavia, i continui malfunzionamenti dell’applicativo hanno spinto il Ministero a rinviare i termini. L’opposizione ha sollevato critiche severe, denunciando il rischio di un sistema ingestibile a partire dal 2025.

Il nuovo calendario del PPT

La modifica del regolamento ministeriale (DM n. 217/2023) introduce una fase transitoria scaglionata.

– Fino al 31 dicembre 2025: deposito telematico facoltativo per atti di magistrati nella fase delle indagini preliminari e deposito telematico facoltativo per procedimenti cautelari, personali e reali.

– Dal 1° gennaio 2025: deposito obbligatorio degli atti relativi all’udienza preliminare, ai riti speciali e al dibattimento.

Dal 1° aprile 2025: deposito esclusivamente telematico per le iscrizioni delle notizie di reato (art. 335 c.p.p.) e per il rito “direttissimo”.

Progressi e nuove funzionalità

Il Ministero della Giustizia evidenzia comunque progressi significativi. L’applicativo APP, operativo dal gennaio 2024, viene infatti costantemente aggiornato. La nuova versione APP 2.0, in uso dal 18 ottobre 2024, introduce funzionalità avanzate:

  • ricerca e gestione dei fascicoli;
  • caricamento semplificato degli atti;
  • visualizzazione del calendario delle udienze;
  • inserimento automatico dell’intestazione delle sentenze.

Dal 16 dicembre 2024, ulteriori miglioramenti permetteranno inoltre una gestione strutturata e digitalizzata del fascicolo penale.

Il Ministero assicura che il rinvio consentirà una sperimentazione adeguata del Processo Penale Telematico durante tutto il 2025. L’obbligatorietà dei depositi digitali, salvo eccezioni, entrerà in vigore il 1° gennaio 2025 e sarà completamente operativa entro la fine dell’anno.

 

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autonomia differenziata

Autonomia differenziata: via libera al referendum Autonomia differenziata: il referendum abrogativo passa il vaglio della Cassazione, la parola finale però spetta alla Corte Costituzionale

Autonomia differenziata: ok al referendum abrogativo

La Corte di Cassazione ha dato il via libera al referendum per l’abrogazione totale della legge n. 86/2024 sull’autonomia differenziata. L’Ufficio centrale della Suprema Corte ha ritenuto conforme la richiesta di cancellazione dell’intero provvedimento. Il quesito potrà quindi arrivare al vaglio degli elettori, ma prima sarà necessario un passaggio decisivo davanti alla Corte Costituzionale.

La decisione è contenuta in un’ordinanza in cui i giudici hanno confermato la legittimità del quesito abrogativo totale. Tuttavia, hanno respinto la richiesta di abrogazione parziale.

Ultima parola alla Corte Costituzionale

La Corte Costituzionale si era già espressa lo scorso dicembre. Accogliendo parzialmente i ricorsi di quattro Regioni, aveva evidenziato sette profili di illegittimità nella legge Calderoli. La Consulta aveva chiarito che il regionalismo rappresenta un bisogno fondamentale della società italiana. Tuttavia, solo il Parlamento può garantire l’equilibrio del pluralismo istituzionale. Alcune materie devono restare di competenza esclusiva statale per tutelare le esigenze unitarie (art. 117, secondo comma, Cost.).

La parola definitiva spetta comunque e nuovamente alla Corte Costituzionale. Entro metà gennaio, i giudici esamineranno l’ammissibilità del referendum in udienza camerale. La decisione è attesa entro il 20 gennaio, mentre le motivazioni saranno depositate entro il 10 febbraio. Il verdetto finale definirà se la legge sull’autonomia differenziata potrà essere sottoposta al voto popolare.

Reazioni e conclusioni

Il via libera della Cassazione ha suscitato immediate reazioni politiche. I comitati promotori del referendum hanno espresso soddisfazione. Ivana Veronese, vicepresidente del Comitato contro l’autonomia differenziata, ha accolto positivamente la decisione.

Il ministro Roberto Calderoli, padre della riforma, ha invece ribadito la validità della legge. Calderoli ha dichiarato nello specifico che l’autonomia differenziata non divide il Paese, ma lo unisce. Secondo lui, il referendum conferma che il provvedimento è “vivo e gode di buona salute”.

 

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custodia cautelare

Custodia cautelare: vietato pubblicare l’ordinanza Il Consiglio dei ministri ha approvato in via definitiva il decreto che vieta la pubblicazione delle ordinanze nel corso delle indagini preliminari

Custodia cautelare: divieto pubblicazione ordinanza

Il Consiglio dei ministri interviene sulla pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare. Il 9 dicembre 2024, per attuare gli impegni comunitari, il CdM ha infatti approvato in via definitiva il decreto legislativo che adegua la legge italiana alla Direttiva UE 2016/343, attraverso l’attuazione dell’art. 4 della legge di delegazione europea n. 15/2024.

Ordinanza di custodia cautelare: finalità del divieto

Il testo di legge approvato vuole perseguire diversi obiettivi:

  • integrare quanto già previsto dal decreto legislativo n. 188/2021;
  • garantire la piena attuazione della presunzione di innocenza contemplata dall’art. 27 della Costituzione “L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”;
  • rafforzare il diritto di presenza nei procedimenti penali.

Articolo 114 c.p.p: divieto di pubblicazione di atti e immagini

Per garantire in modo più efficace la presunzione di innocenza del soggetto indagato o imputato in un procedimento penale il testo interviene sull’articolo 114 del codice di procedura penale, che contiene il divieto di pubblicazione di atti e di immagini dei procedimenti penali.

In estrema sintesi il testo di legge, soprannominato “legge bavaglio” dagli organismi di rappresentanza dei giornalisti, prevede il divieto di pubblicazione delle ordinanze che applicano misure cautelari personali fino al termine delle indagini preliminari o dell’udienza preliminare.

Questo perchè le ordinanze cautelari sono quei sempre il risultato di una valutazione sommaria del PM nella fase delle indagini preliminari, che si caratterizzano per l’assenza di contraddittorio.

Emendamento “Costa”

Il provvedimento adottato non rappresenta una novità assoluta. L’emendamento al disegno di legge di delegazione europea è stato soprannominato “Costa” dal nome del proponente Enrico Costa. In base a questo emendamento, se un soggetto viene raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare si potrà procedere solo alla pubblicazione delle seguenti informazioni:

  • riassunto dell’atto giudiziario;
  • nome del destinatario dell’ordinanza;
  • ragioni dell’emissione del provvedimento.

Custodia cautelare: divieto di pubblicazione nella proposta di legge 2022

Il deputato Costa è lo stesso che il 29 novembre 2022 aveva presentato una proposta di legge (C. 653) alla Camera dei deputati contenente “Modifiche all’articolo 114 del codice di procedura penale, in materia di pubblicazione delle ordinanze che dispongono misure cautelari.”

La proposta, che interveniva sull’articolo 114 c.p.c, prevedeva, in un unico articolo  le seguenti modifiche: “a) al comma 2, le parole: «, fatta eccezione per lordinanza indicata dallarticolo 292 » sono soppresse; b) al comma 7 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, fatta eccezione per lordinanza indicata dallarticolo 292, della quale è consentita esclusivamente la pubblicazione del nome e cognome del destinatario del provvedimento e dei delitti per i quali si procede.”

Nel discorso di presentazione della proposta il deputato denunciava l’eccessiva leggerezza con cui troppo spesso vengono disposte le misure cautelari e l’impiego delle stesse come forma “mascherata” di anticipazione della pena. La pubblicazione di queste ordinanze sui giornali di conseguenza viene percepita dall’opinione pubblica come una “sentenza di condanna” anticipata, che genera confusione, soprattuto se l’indagato non viene poi ritenuto responsabile.

Per evitare queste storture è necessario quindi impedire la pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelari fino a quando non siamo concluse le indagini preliminari o l’udienza preliminare. Per questo nella proposta di legge il deputato limitava la pubblicazione alle informazioni indispensabili rappresentate dal nome e cognome del destinatario e dal delitto per il quale si doveva procedere.

 

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compravendite immobiliari

Compravendite immobiliari: compenso del mediatore fuori dal rogito Compravendite immobiliari: il collegato lavoro, diventato legge, elimina l'obbligo di indicare nel rogito l'importo sostenuto per la mediazione

Compravendite immobiliari: novità del collegato lavoro

Le compravendite immobiliari stanno per subire una piccola rivoluzione, in virtù di una modifica del ddl lavoro n. 1264, approvato definitivamente dal Senato l’11 dicembre 2024.

Il testo del “collegato lavoro”, diventato legge dello Stato, tra le tante novità, prevede infatti una modifica sul contenuto del rogito all’articolo 22.

L’unico comma della norma prevede infatti che: “1. All’articolo 35, comma 22, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, la lettera d) è sostituita dalla seguente: «d) lammontare della spesa sostenuta per tale attività o, in alternativa, il numero della fattura emessa dal mediatore e la corrispondenza tra limporto fatturato e la spesa effettivamente sostenuta nonché, in ogni caso, le analitiche modalità di pagamento della stessa.»

Contesto normativo della modifica

La norma, così isolata non appare molto chiara nel suo significato. Occorre infatti analizzare il contesto in cui è inserita. La nuova disposizione va infatti a modificare il comma 22 dell’art. 35 della legge n. 223/2006 contenente le Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale.”

Ed è proprio nel capo dedicato al contrasto all’evasione fiscale che si inserisce l’articolo 35 della legge, che nella prima parte del comma 22 dispone All’atto della cessione dell’immobile, anche se assoggettata ad IVA, le parti hanno l’obbligo di rendere apposita dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà recante l’indicazione analitica delle modalità di pagamento del corrispettivo. Con le medesime modalità, ciascuna delle parti ha l’obbligo di dichiarare:

  1. se si è avvalsa di un mediatore e, nell’ipotesi affermativa, di fornire i dati identificativi del titolare, se persona fisica, o la denominazione, la ragione sociale ed i dati identificativi del legale rappresentante, se soggetto diverso da persona fisica, ovvero del mediatore non legale rappresentante che ha operato per la stessa società;
  2. il codice fiscale o la partita I.V.A.;
  3. il numero di iscrizione al ruolo degli agenti di affari in mediazione e della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di riferimento per il titolare ovvero per il legale rappresentante o mediatore che ha operato per la stessa società;
  4. l’ammontare della spesa sostenuta per tale attività e le analitiche modalità di pagamento della stessa.”

Ratio della modifica per le compravendite immobiliari

L’articolo 22 interviene sulla disciplina che riguarda la dichiarazione dei dati dell’attività di mediazione, che viene svolta quando si verifica la cessione di beni immobili. Nella sua formulazione originaria ciascuna delle parti deve dichiarare, come previsto dalla lettera d) la spesa sostenuta per l’attività di mediazione e le analitiche modalità di pagamento.

La nuova formulazione della lettera d) permette invece alle parti di dichiarare la somma sostenuta per l’attività di mediazione indicando solo il numero della fattura emessa dal mediatore e la corrispondenza tra l’importo fatturato e la spesa sostenuta effettivamente. Resta solo l’obbligo di indicare nel dettaglio le modalità di pagamento.

La modifica, apparentemente di poco conto, soddisfa le richieste dei mediatori di vedere tutelata la loro privacy e quella del cliente. Il venir meno dell’obbligo di indicare nel rogito l’importo della provvigione del mediatore tutela in effetti la libera contrattazione tra cliente e mediatore. La controparte in questo modo non può conoscere questo dato, che in effetti non lo riguarda. Il mediatore deve essere infatti libero di applicare importi diversificati ai clienti. La sola indicazione del numero della fattura relativa all’attività di mediazione inoltre azzera praticamente il rischio di evasione, soprattutto dopo l’introduzione della fattura elettronica.

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siisl

SIISL: dal 18 dicembre la borsa lavoro apre a tutti SIISL Sistema Informativo per l’Inclusione Sociale e Lavorativa dal 18 dicembre 2024 apre le parte a tutti i cittadini

SIISL per l’inclusione sociale e lavorativa

Il Sistema Informativo per l’Inclusione Sociale e Lavorativa (SIISL), istituito dal Decreto interministeriale 8 agosto 2023, dal 18 dicembre 2024 sarà operativo a livello nazionale per l’iscrizione volontaria. Lo stabilisce l’articolo 8 del  dm n. 174 del 21 novembre 2024. Il SIISL, strumento digitale innovativo promosso dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con il supporto dell’INPS, rappresenta un passo decisivo per migliorare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e formazione.

Il SIISL mira infatti a superare l’assistenzialismo e a rafforzare le politiche occupazionali. Esso offre percorsi personalizzati che spaziano dalla formazione all’inserimento lavorativo. La piattaforma si propone di diventare una vera “borsa nazionale del lavoro”, capace di semplificare la ricerca di occupazione e corsi formativi per cittadini italiani e stranieri, disoccupati e occupati. Per ottimizzare l’incrocio tra domanda e offerta il sistema utilizza l’intelligenza artificiale.

SIISL: come funziona

Per accedere al SIISL è necessario firmare un Patto di Attivazione Digitale. Questo accordo stabilisce:

  • la trasmissione dei dati personali ai centri per l’impiego e ad altri enti accreditati;
  • l’impegno a partecipare a un primo incontro presso i servizi sociali entro 120 giorni;
  • la certificazione dei recapiti di contatto, che assumono valore legale.

Chi richiede i sussidi di disoccupazione come la Naspi o la Dis-Coll viene automaticamente iscritto alla piattaforma (vedi Messaggio INPS 4011 del 28 novembre 2024 ). Dal giorno successivo all’approvazione della domanda, l’utente deve accedere al sistema per completare il profilo, caricare il curriculum e sottoscrivere un piano personalizzato.

Se l’utente non si attiva entro i tempi previsti, il sistema notifica l’inadempienza al centro per l’impiego, che avrà 90 giorni per intervenire. In caso di mancata collaborazione ingiustificata, possono scattare sanzioni, come la decurtazione del sussidio o la perdita dello stato di disoccupazione.

SIISL: le novità dal 18 dicembre 2024

La principale innovazione, operativa dal 18 dicembre, riguarda l’apertura della piattaforma a tutti i cittadini. Chiunque, anche i lavoratori già occupati, potranno caricare il proprio curriculum e accedere alle offerte di lavoro e formazione.

Le imprese avranno la possibilità invece di pubblicare le posizioni vacanti e consultare i profili disponibili. Un’offerta di lavoro rimarrà visibile per due mesi. Inoltre, enti formativi e regioni potranno caricare corsi di formazione e tirocini.

La piattaforma agevolerà la ricerca di lavoro e permetterà anche di monitorare i fabbisogni formativi e le competenze richieste nel mercato del lavoro.

SIISL contro il lavoro nero

Il SIISL introduce anche meccanismi di controllo che limitano comportamenti opportunistici. Grazie al sistema, sarà più difficile fornire recapiti falsi o eludere i controlli, contrastando così il lavoro nero e l’abuso di sussidi.

Vantaggi per lavoratori e imprese

Il SIISL garantisce ai lavoratori un accesso trasparente e facilitato alle offerte di lavoro e alla formazione. I disoccupati potranno beneficiare di un supporto attivo dai centri per l’impiego, mentre i lavoratori occupati potranno esplorare nuove opportunità con la sicurezza di non esporre il proprio curriculum al datore di lavoro attuale.

Le imprese, dal canto loro, potranno disporre di un valido strumento per individuare candidati qualificati e chiudere rapidamente le posizioni aperte. La piattaforma ridurrà infatti i tempi di ricerca e consentirà un’interazione diretta con un bacino più ampio di potenziali lavoratori.

Sistema integrato e omogeneo

Il SIISL stabilisce regole uniformi in tutta Italia, superando le frammentazioni territoriali. La collaborazione tra enti pubblici e privati migliora la gestione delle informazioni, ottimizzando l’efficienza dell’intero sistema.

L’utilizzo di fondi del PNRR ha permesso di realizzare questo progetto ambizioso e tecnologicamente avanzato, che punta a ridurre la disoccupazione e il lavoro nero. Il sistema offre anche nuove opportunità alle agenzie interinali, che possono integrare il SIISL nelle loro attività per ampliare il proprio raggio d’azione.

Allegati

dl fiscale

Dl Fiscale: in vigore la legge In vigore dal 13 dicembre la legge di conversione del dl fiscale recante "misure urgenti in materia economica e fiscale e in favore degli enti territoriali” 

Dl Fiscale: in vigore dal 13 dicembre

Il ddl di conversione del Dl Fiscale nella giornata di mercoledì 4 dicembre 2024 ha ricevuto, dopo l’ok del Senato, anche la fiducia della Camera con 192 voti a favore e 112 contrari. Il dl n. 155/2024 era stato approvato dal Consiglio dei Ministri il 15 ottobre scorso, unitamente al Ddl Bilancio e a un decreto di revisione delle accise ed era entrato in vigore il 20 ottobre.

La nuova legge n. 189/2024 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 12 dicembre 2024 per entrare in vigore il giorno successivo.

Dl fiscale: le misure

Il provvedimento di iniziativa governativa, ora legge dello Stato, introduce misure urgenti in materia economica e fiscale e in favore degli enti territoriali.

Il testo spazia dall’Ape Social al PNRR alle imposte, comprendendo anche misure in favore di grandi eventi e relative al pagamento del lavoro straordinario per il personale delle forze di polizia. Ampliata inoltre la platea dei beneficiari del Bonus Natale.

In fase di conversione nel testo è confluito anche il testo del decreto legge n. 167/2024, contenente disposizioni urgenti per la riapertura dei termini del concordato preventivo biennale, alcuni benefici per i dipendenti e alcune disposizioni per gestire le emergenze.

Di seguito alcune tra le principali previsioni.

Rifinanziamento autorizzazioni di spesa

Si dispongono rifinanziamenti per la gestione dell’infrastruttura ferroviaria nazionale, il contratto di programma RFI e il servizio civile universale.

Ape sociale 2024

Viene incrementata di 20 milioni di euro per l’anno 2025, di 30 milioni di euro per l’anno 2026, di 50 milioni di euro per l’anno 2027 e di 10 milioni di euro per l’anno 2028, l’autorizzazione di spesa relativa all’indennità APE sociale.

Payback farmaceutico

L’articolo 9-quater modifica la disciplina sul riparto del payback farmaceutico tra regioni e province autonome in caso di superamento del limite di spesa per gli acquisti diretti di farmaci ospedalieri. La norma prevede che metà della quota di ripiano a carico delle aziende farmaceutiche sia attribuita in base al criterio attuale, cioè in proporzione alla popolazione residente (pro capite). L’altra metà sarà ripartita in base all’eccedenza registrata da ciascun ente territoriale rispetto al limite di spesa. La quota complessiva di ripiano resta suddivisa equamente: il 50% a carico delle aziende farmaceutiche e il restante 50% a carico delle regioni e province autonome responsabili dello sforamento. Con un decreto del Ministro della Salute, di concerto con il Ministro dell’Economia, saranno definiti i criteri per redistribuire le quote variabili di ripiano, garantendo che queste siano comprese tra il 30% e il 70% dello sforamento registrato da ciascun ente.

Misure in materia di PNRR

Si introduce un complesso di misure urgenti per rafforzare le misure già previste per la riduzione dei tempi di pagamento, dando attuazione alla milestone M1C1-72-bis del PNRR.
In particolare, si legge nel comunicato dell’esecutivo, “si introduce l’obbligo per le amministrazioni pubbliche di adottare, annualmente, un piano dei flussi di cassa, contenente un cronoprogramma dei pagamenti e degli incassi relativi all’esercizio di riferimento, sulla base di modelli elaborati dal Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato”.
Inoltre, lo stesso Ministero, al fine di consentire alle amministrazioni centrali titolari di misure del PNRR, di poter avere la disponibilità delle risorse necessarie per i trasferimenti in favore dei soggetti attuatori degli interventi, effettuerà, a titolo di anticipazione, i suddetti trasferimenti a carico delle risorse del Fondo di rotazione per l’attuazione del Next generation Eu – Italia nel termine di 15 giorni decorrenti dalle richieste formulate dalle predette amministrazioni attraverso il sistema informatico ReGis. Tali richieste devono attestare, in particolare, l’esigenza di liquidità per far fronte alle erogazioni in favore dei soggetti attuatori degli interventi del PNRR.
Su richiesta formulata dalle amministrazioni titolari di misure PNRR, il Ministero dell’economia e delle finanze potrà effettuare anticipazioni di cassa nei limiti delle disponibilità esistenti.

Disposizioni fiscali

In materia fiscale alcune misure sono state confermate altre invece sono state introdotte ex novo in sede di conversione.

  • Novità in materia di concordato preventivo: i soggetti che hanno presentato la dichiarazione dei redditi entro il 31.10.2024 e non hanno aderito al concordato (escluse certe categorie come forfettario esercenti arti e professioni o impresa) hanno tempo fino al 12 dicembre 2024.
  • Il nuovo art. 7 quinquies che interviene sulle cause di esclusione e cessazione dal concordato preventivo dispone che la società o associazione perde l’accesso al concordato o ne vede cessare l’efficacia non solo in caso di modifiche alla compagine sociale, come previsto dalla normativa attuale, ma solo se tali modifiche comportano un aumento del numero di soci o associati. È prevista un’eccezione per il subentro di due o più eredi in caso di decesso di un socio o associato.
  • Il decreto fiscale introduce ex novo una proroga per i titolari di partita IVA con ricavi o compensi non superiori a 170.000 euro. Il termine per il versamento del secondo o unico acconto delle imposte sui redditi, inizialmente fissato al 2 dicembre 2024, è spostato al 16 gennaio 2025. La misura offre la possibilità di effettuare il pagamento in un’unica soluzione o in cinque rate mensili, da gennaio a maggio 2025.