animali in condominio

Animali in condominio: nullo il regolamento che li vieta Animali in condominio: è nulla la clausola del regolamento contrattuale che ne vieta la detenzione ai condomini

Clausola che vieta animali in condominio

Per il Tribunale di Cagliari è nulla la clausola del regolamento condominiale di natura contrattuale che vieta la detenzione di animali in condominio. La sentenza n. 134/2025, pubblicata il 28 gennaio, ha deciso in questo senso perché ha riconosciuto l’importanza del rapporto affettivo tra uomo e animale sancita indirettamente dal comma 5 dell’articolo 1138 del codice civile, ai sensi del quale “Le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici.”

Animali in condominio vietati dal regolamento

La sentenza pone fine a un vicenda giudiziaria intrapresa da un condomino nei confronti di tutti gli altri condomini, perché il regolamento contrattuale del condominio vietava il possesso di animali domestici. Occorre tuttavia considerare che l’evoluzione normativa ha modificato la considerazione giuridica degli animali. Il Codice civile, all’articolo 1138, stabilisce infatti che il regolamento condominiale non può vietare la detenzione di animali domestici. Questo principio riconosce quindi la convivenza con un animale come un diritto fondamentale.

Regolamenti invalidi se vietano gli animali  in condominio

Il tribunale decide quindi di accogliere la domanda del singolo condomino, dichiarando nulla la clausola del regolamento contrattuale perché in contrasto con l’articolo 1138 del Codice civile, norma di ordine pubblico. La coscienza sociale considera gli animali domestici parte integrante della vita familiare. La giurisprudenza ha quindi confermato che le disposizioni condominiali devono garantire la tutela del legame affettivo tra individuo e animale.

La decisione ha stabilito inoltre che tutti i regolamenti condominiali devono rispettare la legge. Qualsiasi disposizione contraria a norme di ordine pubblico perde efficacia. Secondo l’articolo 155 delle Disposizioni di attuazione del Codice civile, le norme regolamentari non possono derogare alle leggi. Di conseguenza, anche i regolamenti contrattuali risultano invalidi se impongono divieti contrari alla normativa vigente. 

Evoluzione normativa sugli animali domestici

La sentenza ricorda che negli ultimi anni, la legislazione ha rafforzato la tutela degli animali. La legge n. 281/1991 ha introdotto la protezione degli animali da affezione. La legge n. 189/2004 ha punito il maltrattamento e l’uccisione degli animali. La legge n. 120/2010 ha imposto l’obbligo di soccorrere animali feriti. A livello europeo, la Convenzione per la protezione degli animali da compagnia e il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea impongono agli Stati membri di considerare il benessere degli animali.

L’articolo 1138 del Codice civile pertanto non fa che riflettere questa evoluzione. Esso favorisce la convivenza tra uomini e animali domestici nei condomìni. I regolamenti infatti non possono contenere divieti che impediscano questa convivenza. Il rapporto affettivo tra uomo e animale riceve tutela giuridica.

Orientamenti giurisprudenziali contrastanti

Il legislatore ad oggi non ha ancora chiarito se il divieto di detenere animali domestici si applichi solo ai regolamenti assembleari o anche a quelli contrattuali. Questa lacuna ha generato interpretazioni divergenti. Alcuni tribunali ritengono infatti che la norma riguardi solo i regolamenti approvati dall’assemblea. In questi casi quindi il singolo condomino ha il diritto a possedere animali, senza subire limitazioni imposte dalla maggioranza.

Altri orientamenti sostengono invece che il principio di tutela degli animali si estenda a tutti i regolamenti, siano essi di natura assembleare che contrattuale. La giurisprudenza più recente rafforza il diritto a convivere con gli animali domestici e considera nulle le clausole che impongono divieti, perché violano principi di ordine pubblico e diritti fondamentali dell’individuo.

Ne consegue, in conclusione che qualsiasi clausola regolamentare che imponga un simile divieto risulta nulla.

 

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sospensione cautelare avvocato

Sospensione cautelare avvocato: ha natura non sanzionatoria Sospensione cautelare avvocato: il CNF fornisce importanti precisazioni sulla natura e sull’applicazione della misura

Sospensione cautelare avvocato

La sospensione cautelare avvocato prevista e disciplinata dall’articolo 60 della legge n. 24772012 non ha natura sanzionatoria. Lo ha ribadito il CNF nella sentenza n. 336/2024, che ha chiarito anche altri aspetti della misura.

La vicenda

Un avvocato viene condannato alla pena della reclusione all’esito di un procedimento penale che lo ha visto imputato per diverse gravi fattispecie in concorso con altri soggetti. L’avvocato viene quindi sottoposto anche a procedimento disciplinare presso il consiglio distrettuale di disciplina, che si conclude con l’irrogazione della sospensione cautelare dall’esercizio della professione per otto mesi.

Sospensione cautelare avvocato eccessiva e dannosa

L’avvocato contesta di fronte al CNF diversi aspetti e presupposti che hanno condotto il CDD ad adottare il provvedimento di sospensione cautelare. Per questo ne chiede l’annullamento in via principale e, in via subordinata, la sua riduzione.

Negata la natura sanzionatoria

Per il CNF però le contestazioni sollevate da ricorrente in relazione alla sospensione cautelare avvocato risultano prive di fondamento, per diverse ragioni.

Sospensione cautelare: diversa la nuova legge

Prima di tutto il CNF ci tiene a ricordare che le SU nella sentenza n. 18984/2017 hanno chiarito che la sospensione cautelare prevista dall’articolo 60 della legge 247/2012 si distingue nettamente da quella disciplinata dall’articolo 43 del R.D.L. 1578/1933. La vecchia normativa prevedeva una misura atipica, applicabile in diverse situazioni che compromettevano l’immagine dell’avvocatura.

La nuova legge, invece, elenca specificamente i casi in cui la sospensione è legittima, eliminando il potere discrezionale. Inoltre, mentre la precedente sospensione era a tempo indeterminato, l’articolo 60 stabilisce un limite massimo di un anno e prevede l’annullamento della sospensione se, entro sei mesi, non viene emesso un provvedimento sanzionatorio. In sostanza, la nuova normativa ha introdotto maggiore certezza e limiti temporali alla sospensione cautelare.

Misura cautelare con finalità preventiva

La misura cautelare di sospensione poi ha lo scopo di prevenire la ripetizione di illeciti legati all’esercizio della professione forense e di proteggere chi potrebbe interagire con un avvocato che ha abusato del suo ruolo per scopi estranei alla difesa. La tutela della fiducia pubblica e dei clienti, insieme alla correttezza dei comportamenti, sono obiettivi fondamentali dell’ordinamento forense, pertanto la sospensione cautelare si affianca alle misure cautelari penali per garantire questi valori.

Procedimento disciplinare non necessario

La difesa del ricorrente ha anche contestato l‘eccessiva durata di otto mesi della sospensione cautelare, data la pendenza del processo penale e il rischio di un danno irreparabile in caso di assoluzione, e lamenta la mancanza di motivazione sulla durata della sospensione.

Tali contestazioni però devono ritenersi infondate, poiché la sospensione cautelare ha una natura e finalità diverse dalla sanzione disciplinare, e la sua legittimità non dipende dall’esito del procedimento penale. Inoltre, l’assenza di motivazione sulla durata della sospensione non invalida la decisione, secondo l’orientamento del Consiglio Nazionale Forense, che richiede solo l’adeguatezza della misura rispetto all’offesa al decoro professionale. Il CNF ha comunque il potere di integrare la motivazione sulla quantificazione della sanzione.

Come precisato inoltre in una precedente sentenza del 2017 la sospensione cautelare, non essendo una sanzione, non richiede l’apertura formale di un procedimento disciplinare, ma decade se non viene comminata una sanzione entro sei mesi. Tuttavia, per essere legittima, l’organo disciplinare deve poter ragionevolmente ipotizzare che il reato contestato o accertato penalmente possa avere rilevanza deontologica, anche considerando l’eventuale prescrizione dell’azione disciplinare. In sostanza, la sospensione cautelare è legata alla potenziale sussistenza di un illecito disciplinare.

Sentenza definitiva non necessaria

Infondata infine anche la doglianza che ritiene necessaria la condanna definitiva in sede penale.

Per applicare la sospensione cautelare all’avvocato. Le SU della Cassazione n. 26148/2017 hanno precisato infatti che l’articolo 60, comma 1, della legge n. 247 del 2012, permette la sospensione cautelare di un avvocato senza attendere una sentenza penale definitiva, quando si verificano situazioni di particolare gravità che danneggiano l’immagine della professione. Questa misura urgente protegge il decoro della classe forense, intervenendo tempestivamente in casi di clamore pubblico, come l’applicazione di misure cautelari penali o condanne in primo grado per reati specifici. In sostanza, la legge privilegia la tutela immediata della reputazione della professione, piuttosto che attendere l’esito finale di un processo.

 

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riscatto contributi omessi

Riscatto contributi omessi: le novità del Collegato lavoro Riscatto contributi omessi: anche il lavoratore e i suoi superstiti hanno il diritto di chiedere la rendita vitalizia con oneri a loro carico

Riscatto contributi omessi: contesto normativo e novità

La legge n. 203/2024, entrata in vigore il 12 gennaio 2025, ha modificato l’articolo 13 della legge n. 1338/1962, introducendo importanti novità in materia di riscatto dei contributi previdenziali omessi dal datore di lavoro. Questa modifica legislativa rappresenta un passo significativo verso la tutela dei diritti dei lavoratori, offrendo loro la possibilità di sanare periodi contributivi scoperti e di garantire una pensione più adeguata.

Riscatto contributi: il diritto del lavoratore

La nuova disposizione riconosce anche al lavoratore e ai suoi superstiti il diritto di richiedere la costituzione di una rendita vitalizia a proprio carico per gli oneri contributivi omessi e prescritti dovuti dal datore di lavoro. Questo significa che, anche in caso di inadempienza del datore di lavoro, il lavoratore può intervenire per colmare le lacune contributive e assicurarsi una copertura previdenziale completa.

Requisiti e modalità di richiesta

Per ottenere la rendita vitalizia, il lavoratore deve dimostrare l’esistenza e la durata del rapporto di lavoro, la qualifica ricoperta e le somme percepite a titolo di retribuzione. La richiesta può essere presentata solo dopo che sia decorso il termine di prescrizione per l’esercizio delle facoltà previste dai commi 2 e 5 dell’articolo 13 della legge n. 1338/1962.

Riscatto contributi: il ruolo dell’INPS

L’INPS, con la circolare n. 48 del 24 febbraio 2025, ha fornito le istruzioni amministrative necessarie per l’applicazione della nuova normativa. L’Istituto sottolinea l’importanza della verifica della prescrizione dei diritti del datore di lavoro e del lavoratore, nonché della corretta documentazione del rapporto di lavoro.

La prova del rapporto di lavoro

Un aspetto cruciale è la prova del rapporto di lavoro. Il lavoratore deve fornire documentazione che attesti l’effettiva prestazione lavorativa, la sua durata e la retribuzione percepita. A tal fine, possono essere utilizzati diversi tipi di documenti, come contratti di lavoro, buste paga, comunicazioni aziendali e testimonianze.

Implicazioni e vantaggi per i lavoratori

La nuova normativa offre ai lavoratori una maggiore tutela e la possibilità di sanare periodi contributivi scoperti, anche in situazioni complesse. Questo rappresenta un importante passo avanti verso una maggiore equità nel sistema previdenziale.

Le novità in sintesi

  • Autonomia del lavoratore: il lavoratore e i suoi eredi possono ora agire autonomamente, senza limiti di tempo.
  • Onere finanziario: il lavoratore si assume interamente l’onere del riscatto.
  • Prescrizione: la richiesta di riscatto da parte del lavoro è possibile solo dopo la prescrizione dei diritto del datore di lavoro e del lavoratore in sostituzione.
  • Prova del rapporto: il lavoratore deve dimostrare il periodo di lavoro.
  • Ruolo dell’INPS: l’INPS verifica la corretta applicazione della normativa e nella circolare detta regole specifiche per la richiesta della rendita a seconda che l’istanza venga presentata prima o dopo l’entrata in vigore del collegato lavoro, legge n. 203/2024.

 

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sospeso l'avvocato

Sospeso l’avvocato che difende i coniugi e poi assiste uno contro l’altro La Cassazione afferma che va sospeso l'avvocato che rappresenta entrambi i coniugi e poi ne assiste uno contro l'altro in violazione dell'art. 68 CDF

La Cassazione sulla Deontologia Forense

Sospeso l’avvocato che inizialmente rappresenta entrambi i coniugi durante una separazione e successivamente assiste solo uno dei due in procedure legali contro l’altro. Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 4844/2025 depositata martedì 25 febbraio 2025.

Sospeso l’avvocato per violazione deontologica

La sentenza n. 4844/2025 della Cassazione conclude una procedura avviata da una donna che ha segnalato come l’avvocato attualmente rappresentante del marito in azioni legali contro di lei fosse lo stesso che aveva assistito entrambi durante la separazione.

Il CDD ha sanzionato l’avvocato, ma questi ha contestato la decisione davanti al CNF, che ha comunque confermato la decisione riducendo però la sospensione a un anno.

L’avvocato ha impugnato nuovamente presso la Corte di Cassazione.

L’art. 68 del CDF

La S.C. ha ritenuto legittime le conclusioni del CNF sulla base dei documenti forniti, confermando così l’infrazione disciplinare prevista dall’articolo 68 del Codice deontologico Forense. Tale norma vieta espressamente di accettare incarichi contro una parte già assistita in passato: in particolare, il comma 4 vieta all’avvocato che abbia rappresentato congiuntamente coniugi o conviventi in controversie familiari di assisterne solo uno nei successivi conflitti tra i due.

 

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tabella unica nazionale

Macrolesioni: in scena la Tabella Unica Nazionale (TUN) Tabella Unica Nazionale risarcimento danni non patrimoniali: cosa prevede il regolamento che uniforma i criteri per i danni da lesione in vigore dal 5 marzo 2025

Tabella Unica Nazionale: cosa prevede il regolamento

Con l’approvazione definitiva della Tabella Unica nazionale per il risarcimento dei danni non patrimoniali da lesioni gravi conseguenti a sinistri stradali e responsabilità sanitaria, l’Italia, dopo vent’anni di dibattiti, possiede finalmente una regolamentazione più equa e uniforme dei risarcimenti per i danni non patrimoniali gravi.

Il Regolamento recante la Tabella Unica Nazionale (TUN), approvato in via definitiva il 25 novembre 2024 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 40 del 18.02.2025  Serie generale, Supplemento Ordinario n. 4,  in vigore dal 5 marzo 2025, trasforma in modo significativo il  panorama normativo in materia di danno non patrimoniale.

La TUN, ossia la Tabella Unica Nazionale, prevista dall’articolo 138 del Codice delle Assicurazioni (D.Lgs. n. 209/2005), punta a uniformare i criteri di risarcimento per le lesioni fisiche e psico-fisiche gravi derivanti da sinistri stradali e responsabilità sanitaria.

L’introduzione della Tabella Unica Nazionale segna un passo fondamentale verso una maggiore equità e uniformità nel sistema risarcitorio italiano. Sebbene, per gli esperti, ci siano ancora aspetti da perfezionare, la TUN rappresenta un esercizio di civiltà giuridica che offre nuove certezze sia ai danneggiati che agli operatori del settore.

Con questo strumento si apre infatti la strada a una gestione più razionale e sostenibile dei risarcimenti, ponendo fine a decenni di disomogeneità e contenziosi.

Iter normativo: l’intervento del Consiglio di Stato

L’elaborazione della TUN ha incontrato diversi ostacoli, tra cui una sospensione significativa nel febbraio 2024, quando il Consiglio di Stato ha sollevato critiche su aspetti tecnici e giuridici del testo. Questi rilievi hanno spinto il Governo a rivedere il regolamento, senza però stravolgerne l’impianto originario.

Il risultato è un sistema tabellare che concilia i criteri previsti dall’articolo 138 con la consolidata giurisprudenza in materia di danno non patrimoniale. Il Consiglio di Stato, pur approvando il testo rivisto, ha evidenziato la necessità di mantenere un equilibrio tra la tutela dei diritti dei danneggiati e la sostenibilità economica per le imprese assicurative.

Obiettivi della Tabella Unica Nazionale

L’introduzione della TUN risponde a molteplici obiettivi.

  1. Superare le disomogeneità delle tabelle attualmente in uso, come quelle dei Tribunali di Milano e Roma.
  2. Garantire risarcimenti proporzionati e adeguati alle lesioni, riducendo disparità territoriali.
  3. Offrire parametri certi per la liquidazione dei danni, favorendo soluzioni stragiudiziali.
  4. Fornire uno strumento chiaro per avvocati, giudici, medici legali e compagnie assicurative.

Limiti delle tabelle preesistenti

Fino a oggi, l’assenza di un sistema unitario ha portato all’adozione di tabelle differenti a seconda della giurisdizione, con disallineamenti significativi, soprattutto per le lesioni più gravi. Ad esempio, mentre la tabella del Tribunale di Roma tende a riconoscere somme più alte, quella di Milano gode di un primato di applicazione grazie a un’ampia accettazione da parte della Cassazione.

Dal 5 marzo 2025, data di entrata in vigore del Regolamento, queste problematiche non riguarderanno più le vittime dei sinistri che si verificheranno dopo tale data.

Contenuti della Tabella Unica Nazionale

Il Regolamento introduce un sistema basato su coefficienti precisi che tengono conto de seguenti aspetti:

  • punti di invalidità: ogni punto, da 10 a 100, è associato a un valore economico progressivo;
  • età del danneggiato: il valore del punto diminuisce con l’aumentare dell’età;
  • danno morale: previsti incrementi percentuali in base alla gravità della lesione e alle particolari circostanze personali.

Il Regolamento contiene a tal fine tabelle distinte comprensive del danno morale con aumento minimo, medio e massimo.

Allegati: strumenti di calcolo

Il Regolamento comprende allegati che dettagliano i parametri per il calcolo dei risarcimenti:

– Allegato I: definisce i coefficienti moltiplicatori del punto per il calcolo del danno biologico e morale. La tabella 1A contiene il coefficiente moltiplicatore biologico del punto.

La tabella 1B invece contiene i coefficienti di riduzione legati all’età. La tavola II infine prevede il coefficiente moltiplicatore per il danno morale.

– Allegato II: include tabelle che indicano il valore da attribuire a ogni punto di invalidità (con coefficienti di variazione che tengono conto dell’età del soggetto) e tabelle che comprendono il danno morale con aumenti minimi, medi e massimi.

TUN: impatto sul sistema risarcitorio

L’approvazione della TUN apporta sicuramente benefici significativi. Un sistema tabellare unico infatti limita le discrezionalità nelle decisioni giudiziarie, la presenza di parametri chiari agevolano la risoluzione stragiudiziale delle controversie, una maggiore prevedibilità dei costi contribuisce alla stabilità del mercato assicurativo.

Osservazioni e criticità

Con la Tabella Unica il legislatore ha dimostrato senza dubbio di preferire i meccanismi di liquidazione adottati dal Tribunale di Milano, dimostrando così di essere stato in un certo senso influenzato dalle numerose pronunce in cui la Cassazione ha spesso indicato la tabella milanese come il modello di riferimento.

La Tabella capitolina è stata disattesa probabilmente perchè più gravosa dal punto di vista economica.

Una cosa è certa, la Tabella Unica razionalizza il sistema risarcitorio relativo al danno alla persona, senza trascurare la necessaria sostenibilità del sistema assicurativo.

 

 

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rottamazione quinquies

Rottamazione quinquies: la nuova sanatoria 2025 Rottamazione quinquies: come funziona la sanatoria che nel 2025 consentirà ai contribuenti di pagare i debiti arretrati con il fisco

Rottamazione quinquies: le novità del ddl

E’ stato già soprannominato rottamazione quinques” il disegno di legge 1375 che dal 25 febbraio è in corso di esame presso la Commissione permanente Finanze e Tesoro del Senato.

Il disegno di legge composto di due corposi  articoli prevede significativi elementi di novità.

  1. Il contribuente avrà la possibilità di suddividere il debito con il fisco in 120 rate mensili (la prima con scadenza 31 luglio 2025) per la durata complessiva di 10 anni, un tempo mai previsto dalle precedenti rottamazioni.
  2. Il contribuente, diversamente da quanto previsto da alcune definizioni agevolate precedenti, non dovrà versare rate iniziali di importo elevato.
  3. Il contribuente andrà incontro alla perdita del diritto alla rateizzazione solo se non riuscirà a pagare otto rate mensili del piano di rientro, che possono essere anche non consecutive. Un approccio meno rigido quindi, in linea con la volontà di andare incontro alle difficoltà economiche che possono colpire chiunque nel corso della vita e che rendono più difficile fare fronte agli impegni economici.

Debiti fiscali rientranti nella rottamazione

Al momento il testo prevede l’estinzione dei carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 fino al 31 dicembre 2023, senza dover corrispondere sanzioni, interessi, interessi di mora, aggi e somme ulteriori. Il contribuente si libera dal debito pagando solo il capitale e rimborsando le spese di notifica della cartella di pagamento e quelle per le procedure esecutive avviate.

Estensione rottamazione quinquies a regioni ed enti

L’articolo 2 del disegno di legge prevede che entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge anche gli enti territoriali potranno prevedere definizioni agevolate per il recupero delle somme non corrisposte dai contribuenti. Entro 30 giorni decorrenti dall’adozione del provvedimento per la definizione agevolata ne devono dare notizia mediante pubblicazione sul propri sito istituzione.

Come fare per aderire

Il disegno di legge prevede diversi passaggi per la rottamazione quinquies.

  • L’agente della riscossione nell’area riservata indica al contribuente i carichi che possono essere definiti.
  • Il debitore, entro il 30 aprile 2025 manifesta (o integra con i dati mancanti) la volontà di definire la propria posizione debitoria, compilando apposita dichiarazione in cui dichiara anche di rinunciare ai giudizi eventualmente pendenti. La presentazione della dichiarazione produce tutta una serie di effetti come la sospensione dei termini di prescrizione e di decadenza, l’impossibilità di avviare nuove procedure esecutive, la sospensione degli obblighi che derivano da dilazioni precedenti, l’impossibilità di procedere all’iscrizione di nuovi fermi amministrativi e ipoteche.
  • Entro il 30 giugno 2025 l’agente della riscossione comunica ai debitori che hanno fatto richiesta l’importo totale delle somme dovute per la definizione agevolata.
  • Il pagamento delle rate può essere effettuato con domiciliazione bancaria, con modelli di pagamento precompilati o presso l’agente della riscossione.
  • Concluso il pagamento delle somme agevolate l’agente è discaricato dal residuo e comunica entro il 31 dicembre 2030 a ciascun ente interessato, l’elenco dei debitori che si sono avvalsi della definizione e dei codici tributo per consentire ai creditori l’aggiornamento delle scritture.

Ratio della rottamazione quinquies

La gestione del contenzioso tributario e il recupero crediti dell’Agenzia delle Entrate sono fondamentali per il bilancio pubblico e il rapporto con i contribuenti. Le definizioni agevolate, soprattutto la  rottamazione quater, hanno favorito la regolarizzazione dei debiti fiscali, aumentando le entrate straordinarie e riducendo i procedimenti pendenti.

Occorre tenere presente che molti cittadini e imprese non evadono volutamente, ma affrontano difficoltà economiche aggravate da crisi e inflazione. L’accumulo di interessi e sanzioni rende il debito insostenibile, penalizzando chi vuole pagare, scoraggiando la regolarizzazione, e danneggiando i contribuenti e l’amministrazione finanziaria.

La previsione di una nuova rottamazione rappresenta un passo ulteriore dell’opera riformatrice finalizzata a creare un clima di collaborazione tra ente impositore e contribuente. I dati rivelano il successo delle precedenti rottamazioni, che hanno consentito a imprese e cittadini di ripianare i debiti fiscali beneficiando delle agevolazioni previste di volta in volta.

L’approccio che intende seguire lo Stato è quello fondato sulla solidarietà, l’equità e una visione a lungo termine per costruire un rapporto basato sulla trasparenza e sulla fiducia.

 

 

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strepitus fori

Strepitus fori: pregiudizio a decoro e immagine dell’avvocatura Strepitus fori: condotta penalmente rilevante del singolo avvocato che danneggia il decoro e l’immagine dell’intera avvocatura

Strepitus fori e sospensione cautelare

Lo strepitus fori è il danno all’immagine e al decoro dell’avvocatura che deriva dall’allarme che la vicenda processuale penale del singolo avvocato crea nell’ambiente professionale e nella collettività. Esso è presupposto per l’applicazione della misura cautelare della sospensione prevista e disciplinata dall’art. 60 della legge 247/2012, che contiene la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense. Questo quanto emerge dalla decisione del CNF n. 336/2024 pubblicata il 25 febbraio 2025 sul sito del Codice deontologico.

Condanna penale sui giornali e strepitus fori

Un avvocato viene condannato a sette anni di reclusione perchè ritenuto responsabile della commissione di diversi illeciti penali relativi al reato di bancarotta in concorso con altri soggetti, ai danni di diverse società.

Il giorno successivo, il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Firenze trasmette al Consiglio Distrettuale di disciplina forense territorialmente competente copia di due articoli di giornale in cui si evidenziano i fatti e la notizia della condanna. Durante il procedimento disciplinare il difensore dell’avvocato evidenzia come la condanna penale non possa avere ripercussioni negative sull’intera categoria. L’avvocato infatti non è conosciuto a livello nazionale e la notizia non ha avuto rilevanza aldilà dei confini locali.

Il CDD di Firenze ritiene però che lo  strepitoso fori nel caso di specie sia conclamato. La vicenda fin dal suo esordio ha catturato l’attenzione di diverse testate giornalistiche cittadine e l’interesse per la vicenda è riesploso dopo la notizia della condanna. Lo strepitus fori è quindi evidente. Il fatto che nella vicenda penale fosse coinvolto un avvocato ha senz’altro prodotto un vulnus significativo all’immagine e alla considerazione che l’opinione pubblica ha della categoria professionale.

Strepitus fori: definizione e rilevanza

Il provvedimento viene impugnato dall’avvocato di fronte al CNF, chiedendo l’annullamento o la riduzione della sospensione cautelare disposta dal Consiglio Distrettuale di Disciplina.

Nel rigettare il ricorso il CNF ricorda però alcune importanti precisazioni relative allo strepitus fori e alla sanzione della sospensione, contenute nella sentenza n. 33/2021.

In questa decisione il CNF ha puntualizzato in particolare come lo strepitus fori non si possa dimostrare solo con documenti o articoli di giornale. Non basta neppure un provvedimento giudiziario per presumere la sua esistenza. Esso va valutato sia nel contesto professionale, dove gli esperti comprendono la gravità dell’evento, sia nell’opinione pubblica, che si forma sulla diffusione delle notizie, influenzata dalla portata dell’indagine e dall’importanza dei coinvolti. Lo strepitus fori rappresenta nello specifico il danno allimmagine dellOrdine forense causato dalla risonanza di un caso penale.

Esso costituisce un criterio per ladozione di misure cautelari, che possono essere revocate o modificate se non più adeguate (art. 60, comma 5, L. 247/2012). Sebbene non esplicitamente previsto dalla legge, esso è coerente con la tutela della credibilità della professione forense e limita la discrezionalità del Consiglio Distrettuale di Disciplina (CDD).

Il CDD può considerare anche elementi diversi dal clamore mediatico per valutare il danno alla reputazione dell’avvocato e della categoria.

Se poi l’illecito è strettamente legato alla professione, come l’abuso del titolo di avvocato, la sospensione cautelare può prevenire la reiterazione di comportamenti scorretti. Questo protegge chi interagisce con un avvocato che abbia usato il proprio ruolo per scopi estranei alla difesa legale. La tutela dell’affidamento della collettività e della correttezza professionale è un principio fondamentale dell’ordinamento forense (art. 1, comma 2, lett. c, L. 247/2012). La sospensione cautelare affianca la misura penale e contribuisce a garantire questi valori.

Il clamore della notizia

Nel caso esaminato, gli addebiti erano connessi all’attività difensiva e avevano avuto ampia risonanza. Il CDD ha quindi motivato adeguatamente la decisione basandosi sulla diffusione delle notizie e sul clamore della notizia nell’ambiente professionale e nell’opinione pubblica. Il Consiglio Nazionale Forense (CNF) del resto può controllare solo la legittimità formale della sospensione decisa dal CDD, senza entrare nel merito della sua opportunità o delle circostanze di fatto (CNF, sentenza n. 29/2018). Già nella sentenza n. 33/2021, il CNF aveva confermato la correttezza della motivazione del CDD, che aveva rilevato l’attualità e la concretezza del clamore suscitato dalla vicenda. Stesse conclusioni a cui è giunto quindi nel caso di specie.

 

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bonus genitori separati

Bonus genitori separati: dopo 4 anni arriva il pagamento Bonus genitori separati: previsto dal decreto n. 41/2021, è stato attuato a fine 2022, ma l’INPS riuscirà a pagare nei prossimi mesi

Bonus genitori separati: norma di riferimento

Il bonus genitori separati nasce con l’articolo 12-bis del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, convertito dalla legge 21 maggio 2021, n. 69. Per la misura il decreto ha istituito un fondo da 10 milioni di euro per il 2022, destinato ai genitori separati o divorziati in difficoltà economica. Il contributo doveva garantire la continuità dell’assegno di mantenimento non ricevuto durante la pandemia.

Ragioni del bonus genitori separati

Il Governo ha introdotto questa misura per sostenere i genitori separati che, a causa della crisi pandemica, non hanno ricevuto l’assegno di mantenimento. L’obiettivo era garantire un aiuto economico ai genitori in stato di bisogno, con figli minori o con disabilità grave a carico conviventi. La pandemia ha infatti aggravato la precarietà lavorativa di molte persone, rendendo impossibile per alcuni ex coniugi rispettare gli obblighi di mantenimento.

A chi spetta la misura

Il bonus è stato previsto in favore dei genitori separati o divorziati che non hanno ricevuto l’assegno di mantenimento nel periodo 8 marzo 2020 – 31 marzo 2022. I beneficiari devono aver convissuto con figli minori o figli maggiorenni con disabilità grave e trovarsi in stato di bisogno economico.

Il reddito annuo del richiedente non deve superare 8.174 euro. Inoltre, l’ex coniuge o ex convivente deve aver subito una riduzione del reddito di almeno il 30% rispetto al 2019, una sospensione lavorativa di almeno 90 giorni o la cessazione dell’attività lavorativa.

In cosa consiste il bonus genitori separati

Il bonus prevede un contributo massimo di 800 euro al mese per un anno, con un pagamento in un’unica soluzione fino a 9.600 euro. L’importo dipende dalla somma non ricevuta dell’assegno di mantenimento. Le risorse sono limitate e saranno erogate fino all’esaurimento del fondo.  

Quando verrà corrisposto

Dopo quattro anni di attesa, l’INPS ha sbloccato i fondi. I genitori che hanno presentato domanda entro il 2 aprile 2024 riceveranno il pagamento nei prossimi mesi. L’erogazione avverrà in un’unica soluzione. Se il fondo sarà rifinanziato, potrebbero aprirsi nuove finestre per le domande.

Fondi nei prossimi mesi

La misura ha subito ritardi a causa di problemi burocratici. Il testo iniziale del decreto Sostegni era vago e inapplicabile. Servivano modifiche per includere le coppie di fatto e chiarire i criteri di accesso. Il decreto attuativo è arrivato solo a fine 2022.

La fase operativa è partita nel 2024 con l’apertura delle domande online. La verifica dei requisiti ha richiesto un grande lavoro, rallentando ulteriormente i tempi di pagamento. Ora l’Inps assicura che i fondi saranno distribuiti nei prossimi mesi.

 

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bonus mobili ed elettrodomestici

Bonus mobili: cos’è e come si ottiene Come funziona il bonus mobili 2025: caratteristiche dei beni, limiti di spesa e requisiti temporali per beneficiare dell’agevolazione

Bonus mobili: cos’è

Il bonus mobili è un’agevolazione fiscale introdotta dall’articolo 16, comma 2, del decreto legge n. 63/2013. La misura è stata prorogata negli anni successivi, subendo alcune modifiche, fino al 2025.

Bonus mobili: come funziona

Il bonus mobili consiste in una detrazione Irpef del 50% delle spese sostenute per l’acquisto di arredi e grandi elettrodomestici all’interno di immobili oggetto di intervento di recupero del patrimonio edilizio.

La detrazione, fruibile in 10 quote annuali di pari importo, viene applicata su una spesa massima di 5.000 euro per l’anno 2025, comprensivo delle eventuali spese di trasporto e montaggio.

Negli anni precedenti il tetto di spesa su cui calcolare la detrazione è stato di 5.000 euro per il 2024 e di 8.000 euro per il 2023.

Opere collegate al bonus mobili

La detrazione è collegata alle seguenti opere:

  • interventi in economia di manutenzione ordinaria e straordinaria sulle parti comuni degli edifici residenziali;
  • di restauro e di risanamento conservativo su parti comuni di edifici residenziali e su singole unità abitative,
  • necessarie alla ricostruzione e ripristino di immobili danneggiati da eventi calamitosi qualora sia stato dichiarato lo stato di emergenza;
  • di restauro, risanamento, conservazione e ristrutturazione di fabbricati interi eseguiti da imprese o cooperative edilizie nel rispetto di determinate condizioni.

L’Agenzia delle Entrate ha precisato che per beneficiare dell’agevolazione l’intervento di ristrutturazione non deve essere finalizzato all’acquisto di mobili o elettrodomestici e che lo stesso può avere ad oggetto anche le unità pertinenziali degli immobili.

Beni mobili agevolabili

Beneficiano dell’agevolazione gli acquisti di mobili (letti, cassettiere, armadi, tavoli, divani, materassi, scrivanie, sedie, librerie) o di grandi elettrodomestici, solo se appartenenti a determinate classi energetiche che non devono essere inferiori alle seguenti:

  • classe non inferiore alla A per i forni;
  • classe non inferiore alla E per lavatrici, lavasciugatrici, lavastoviglie;
  • classe F per frigoriferi e congelatori.

Requisiti temporali

Per il 2025, l’agevolazione spetta in relazione agli acquisti che vengono effettuati entro il 31 dicembre 2025 e collegati a interventi di ristrutturazione iniziati dal 1° gennaio dell’anno precedente a quello in cui si è provveduto all’acquisto degli arredi o dei grandi elettrodomestici, ossia a partire dal 1° gennaio 2024.

Modalità di pagamento

Per poter beneficiare del bonus mobili i contribuenti devono effettuare i pagamenti con bonifici bancari o postali, carte di credito, carte di debito. Non è consentito, invece, pagare con assegni bancari, contanti o altri mezzi di pagamento.

Vanno pagate nello stesso modo anche le spese per il trasporto e il montaggio dei beni. L’agevolazione spetta pure se i beni vengono acquistati a rate purché il pagamento venga effettuato con mezzi di pagamento tracciabili e il contribuente conservi debitamente la ricevuta di pagamento.

Trasmissione dati all’Enea

Dal 1° gennaio del 2018 i dati relativi agli acquisti di elettrodomestici di classe non inferiore alla F e alla classe A per forni e apparecchiature per le quali è richiesta l’etichetta della classe energetica, devono essere trasmessi in via telematica all’Enea nel termine di 90 gg. dal completamento dei lavori.

L’omessa o tardiva trasmissione dei dati non causa tuttavia la perdita del diritto al bonus mobili.

Documenti da conservare

Ai fini dell’agevolazione è necessario conservare: le ricevute di pagamento effettuate con bonifico, carta di credito o debito, i documenti da cui risulta l’addebito sul conto corrente, le fatture di acquisto di arredi ed elettrodomestici nelle quali deve essere indicata nel dettaglio la quantità, la natura, la qualità dei beni e dei servizi acquistati.

 

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riforma disabilità

Riforma disabilità: firma facoltativa sul certificato medico Firma digitale facoltativa: un nuovo messaggio INPS sulla riforma della disabilità semplifica l’invio del certificato medico

Firma digitale facoltativa sul certificato medico

Riforma disabilità: la firma digitale sul certificato medico diventa facoltativa. Una notevole semplificazione della procedura di accertamento e valutazione della condizione del soggetto invalido.

Con il messaggio n. 662 del 21 febbraio 2025 l’INPS, dopo il precedente messaggio n. 4512 del 31 dicembre 2024, semplifica l’invio del certificato medico.

La novità prevede nello specifico la firma digitale facoltativa del medico, non obbligatoria, sul certificato che conclude l’iter di compilazione e d’invio del documento al fine di inserirlo all’interno del Fascicolo Sanitario Elettronico.

Nella schermata della procedura “Riepilogo” il medico può quindi decidere:

  • di firmare il certificato medico apponendo la firma digitale;
  • di inviarlo senza apporre la propria firma, spuntando solo la casella che viene visualizzata una volta concluso l’iter.

Presto disponibile il servizio per l’invio dei dati reddituali

L’INPS informa anche che, a breve, sarà possibile procedere all’invio dei dati reddituali e socio economici necessari a verificare il diritto dei richiedenti di ottenere le prestazioni economiche previste in caso di disabilità.

Sarà necessario essere in possesso delle credenziali SPID, CIE 3.0 CNS o eIDAS per accedere al servizio dedicato presente sul portale INPS  “dati socio-economici prestazioni di disabilità”.

Riforma Disabilità: le novità più importanti

Si ricorda infine che la riforma della disabilità, introdotta dalla legge n. 62/2024, è in fase sperimentale dal 1° gennaio 2025 in nove province.

Il decreto Milleproroghe ha esteso la sperimentazione ad altre undici province, arrivando a venti. Inoltre, ha prorogato la fase di prova da dodici a ventiquattro mesi, posticipando al 2027 l’attuazione nazionale.

L’INPS gestirà laccertamento dellinvalidità civile. Il certificato medico introduttivo sarà l’unico documento necessario e commissioni dedicate valuteranno la disabilità con criteri uniformi e forniranno informazioni sui progetti individuali di vita.

La riforma introduce poi il “Progetto di vita”, che garantisce un coordinamento tra servizi sanitari, sociali ed educativi. Una commissione multidimensionale gestirà gli interventi, superando la frammentazione attuale.

L’obiettivo è offrire un sistema più inclusivo ed efficiente, centrato sulle esigenze della persona con disabilità.

 

 

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