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Domiciliari al padre se la madre non c’è La Consulta conferma l'ammissione dei domiciliari per il padre condannato se la madre è deceduta o non può occuparsi dei figli

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Domiciliari al padre condannato

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 52/2025, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del divieto di concessione dei domiciliari al padre condannato quando la madre è assente o inidonea, anche se i minori potrebbero essere affidati a terzi.

Secondo la Consulta, negare al genitore padre la possibilità di accedere alla detenzione domiciliare in presenza di figli minori – solo perché questi possono essere assistiti da altre persone – lede l’interesse del minore a mantenere una relazione stabile con almeno uno dei genitori. Questo principio è stato affermato nella sentenza n. 52 del 2025, a seguito di ordinanze di rimessione emesse dai Tribunali di sorveglianza di Bologna e Venezia.

I casi esaminati

Nel primo procedimento, un detenuto aveva chiesto il beneficio della detenzione domiciliare per accudire i propri figli minori, temporaneamente assistiti dalla sorella maggiore. Nel secondo, la richiesta proveniva da un padre con un figlio affetto da grave disabilità, la cui assistenza era interamente affidata alla madre.

La norma in questione e la decisione della Corte

La disciplina prevista dall’articolo 47-quinquies della legge sull’ordinamento penitenziario consente alla madre condannata di accedere alla detenzione domiciliare anche se il padre è disponibile ad occuparsi dei figli. Al contrario, al padre condannato tale possibilità è concessa solo se la madre è deceduta, irreperibile o completamente inidonea, e non vi siano altri soggetti disponibili all’affidamento.

Questa asimmetria normativa è stata oggetto di censura da parte dei giudici rimettenti, che ne hanno rilevato il potenziale contrasto con:

  • l’articolo 3 della Costituzione (principio di uguaglianza),

  • l’articolo 30 (diritti e doveri dei genitori),

  • l’interesse superiore del minore sancito anche a livello internazionale.

La Corte costituzionale, pur riconoscendo la valenza storica e sociale della protezione della maternità (ex art. 31 Cost.), ha dichiarato non irragionevole il trattamento differenziato previsto per la madre detenuta, in quanto coerente con le finalità di tutela del rapporto madre-figlio nei primi anni di vita. Tuttavia, ha ritenuto illegittimo limitare l’accesso alla misura per il padre nei casi in cui la madre non sia più in grado di garantire l’accudimento dei figli e vi sia un interesse concreto del minore a convivere con il padre.

Equilibrio tra esecuzione pena e tutela del minore

La Consulta ha sottolineato che la priorità resta sempre l’interesse del minore, anche rispetto alla funzione punitiva dello Stato. Pertanto, l’automatica esclusione del padre detenuto dalla possibilità di accedere alla detenzione domiciliare, solo perché i figli possono essere affidati a terzi, non può prevalere sull’esigenza di assicurare continuità nel legame familiare.

Resta fermo che il Tribunale di sorveglianza dovrà verificare, caso per caso:

  • l’assenza di pericolo di recidiva,

  • la reale idoneità del genitore a prendersi cura dei figli,

  • l’effettivo vantaggio che la convivenza potrebbe garantire al benessere psicofisico del minore.