Civile, Civile - Primo piano

Servitù di parcheggio L’istituto della servitù di parcheggio e il suo tortuoso riconoscimento da parte della giurisprudenza. La decisiva sentenza delle Sezioni Unite n. 3952 del 2024

servitù di parcheggio

Cos’è la servitù di parcheggio?

La servitù di parcheggio è un istituto il cui riconoscimento, nel nostro ordinamento, è stato piuttosto controverso, essendosi susseguiti, nel corso degli anni, differenti orientamenti sul tema sia in giurisprudenza che in dottrina.

Da ultimo, la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, n. 3925 del 13 febbraio 2024, rappresenta un’autorevole pronuncia a favore della configurabilità della servitù di parcheggio, laddove le posizioni contrarie tendevano a ricondurre l’utilizzo di un parcheggio nell’alveo dei diritti contrattuali anziché in quello dei diritti reali.

Cosa sono le servitù prediali

Ma perché l’utilizzo di un parcheggio servente ad un’abitazione non ha trovato da subito pacifica collocazione tra le servitù prediali?

Per comprenderlo, è opportuno ricordare che, secondo l’art. 1027 del codice civile, la servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario.

In linea più generale, le servitù prediali rientrano tra i diritti reali di godimento. Si tratta, cioè di diritti che conferiscono al titolare un potere immediato e assoluto sulla cosa. L’immediatezza comporta la possibilità di utilizzare il bene senza l’intervento di terzi. L’assolutezza si sostanzia nella possibilità di far valere nei confronti di chiunque (erga omnes) l’esistenza del vincolo sulla cosa.

La servitù di parcheggio nell’autonomia contrattuale

Chiarito ciò, va rilevato, ai fini della nostra analisi, che, a differenza di altre attività (come il transito sul fondo), il parcheggio di un veicolo non è stato inizialmente riconosciuto come strettamente inerente al fondo, ma piuttosto come un’esigenza della singola persona.

In altre parole, l’accordo con cui il proprietario di un fondo (servente) concede ad un altro soggetto la possibilità di parcheggiare un veicolo, veniva sempre ricondotto dalla dottrina ad una fattispecie obbligatoria (come ad es. un contratto di locazione o di comodato gratuito), anche quando l’area di parcheggio era destinata ad essere utilizzata in funzione della vicinanza ad un altro immobile (abitazione o ufficio di chi utilizza il veicolo: fondo dominante).

Il parcheggio come diritto reale

Cosa implicano le diverse ricostruzioni che possono essere date a questa fattispecie?

Innanzitutto, se l’utilizzatore del parcheggio viene considerato titolare di un diritto personale di godimento (come avviene nel caso della locazione), non potrà avvalersi delle azioni reali a difesa del proprio diritto nei confronti di chiunque, ma potrà solo rivolgersi contro il concedente in base al rapporto obbligatorio in essere.

Inoltre, in caso di alienazione del fondo servente, il nuovo proprietario non sarà tenuto a riconoscere la sussistenza del diritto di parcheggio concesso dal precedente proprietario. Diversamente, laddove il diritto dell’utilizzatore dell’area sia riconosciuto come servitù di parcheggio (quindi inerente al fondo) egli potrà continuare ad esercitare il suo diritto anche nei confronti del nuovo proprietario del fondo servente.

Giurisprudenza sulla servitù di parcheggio

Chiariti i termini della questione e le sue implicazioni pratiche, andiamo ora ad esaminare cosa è avvenuto in dottrina e giurisprudenza riguardo a questo tema.

Un primo orientamento, come si è detto, riteneva di non ammettere la configurabilità di un diritto reale di servitù di parcheggio, poiché si riteneva sussistere un interesse della persona all’attività di parcheggio, piuttosto che un’utilità inerente al fondo dominante.

Successivamente, la Corte di Cassazione, con la sent. 7561/2019, ha aperto all’ammissibilità dell’istituto della servitù di parcheggio, invitando i giudici, in sostanza, ad indagare ed interpretare il contenuto del contratto, per comprendere se le parti abbiano voluto costituire una servitù, individuando un diritto che avesse – come ogni diritto reale – i caratteri dell’assolutezza e dell’immediatezza, oltre che dell’inerenza ai fondi servente e dominante.

Allo stesso tempo, la dottrina ha posto l’attenzione su un altro aspetto decisivo per individuare se, nel caso concreto, si sia in presenza di una servitù di parcheggio o di un diritto personale di godimento: la residua sussistenza, in capo al titolare del fondo servente, di una possibilità di utilizzo del fondo.

Se ciò accade, allora si è in presenza di una servitù, poiché questa comprime, ma non “svuota”, la possibilità di godimento del proprio fondo. Diversamente, una locazione dell’area di parcheggio conferisce l’esclusività di utilizzo dell’area.

La sentenza n. 3925/2024 delle Sezioni Unite

In questo solco si inserisce la sentenza delle Sezioni Unite di cui si diceva in apertura di trattazione.

La sentenza delle SS.UU. n. 3925 del 13 febbraio 2024, infatti, evidenzia l’onere, per i giudici merito, di esaminare il contenuto del contratto, per verificare la sussistenza dei requisiti del diritto reale su cosa altrui (servitù).

Contestualmente, viene evidenziata la necessità che dalla pattuizione emergano con precisione anche altri particolari, come la puntuale localizzazione dell’area destinata al parcheggio: proprio in tal modo, infatti, può dedursi la permanenza di una residua utilità del fondo anche in capo al proprietario del fondo servente.

Vai agli altri articoli di diritto civile