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Alloggio di edilizia residenziale pubblica occupato sine titulo Sussiste giurisdizione del giudice ordinario sulla controversia attinente alla pretesa della P.A. al rilascio dell’alloggio occupato sine titulo?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

Sì, sussiste giurisdizione del giudice ordinario sulla controversia attinente alla pretesa della P.A. al rilascio dell’alloggio occupato sine titulo. – T.A.R. Calabria, sez. I, ord. 16 aprile 2024, n. 284.

Come richiamato nel più recente indirizzo del Giudice della giurisdizione (Cass., Sez. Un., ord. 15 gennaio 2021, n. 621) da ultimo recepito anche dal Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. V, 18 luglio 2022, n. 6103, e 1° febbraio 2022, n. 684), “nella materia degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, il riparto di giurisdizione tra giudice amministrativo e ordinario trova il suo criterio distintivo nell’essere la controversia relativa alla fase antecedente o successiva al provvedimento di assegnazione dell’alloggio, che segna il momento a partire dal quale l’operare della pubblica amministrazione non è più riconducibile all’esercizio di pubblici poteri, ma ricade invece nell’ambito di un rapporto paritetico”.

Pertanto, vi è giurisdizione del giudice amministrativo nel caso di controversia avente ad oggetto la legittimità del rifiuto opposto dalla P.A. all’istanza di assegnazione, a titolo di regolarizzazione, di un alloggio già occupato dal richiedente, in quanto relativa alla fase iniziale del procedimento riconducibile all’esercizio di pubblici poteri. Invece, la controversia introdotta da chi si opponga ad un provvedimento della P.A. di rilascio di un immobile di edilizia residenziale pubblica occupato senza titolo, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, essendo contestato il diritto di agire esecutivamente e configurandosi l’ordine di rilascio come un atto imposto dalla legge e non come esercizio di un potere discrezionale dell’amministrazione, la cui concreta applicazione richieda, di volta in volta, una valutazione del pubblico interesse; e ciò vale anche qualora sia dedotta l’illegittimità di provvedimenti amministrativi (diffida a rilasciare l’alloggio e successivo ordine di sgombero), dei quali è eventualmente possibile la disapplicazione da parte del giudice, chiamato a statuire sull’esistenza delle condizioni richieste dalla legge per dare corso forzato al rilascio del bene.

Ad ogni modo, spetta sempre al giudice ordinario “la controversia sul rilascio dell’immobile di edilizia residenziale pubblica a seguito di occupazione abusiva o senza titolo anche quando l’interessato per paralizzare la pretesa di rilascio abbia allegato di possedere i requisiti per l’assegnazione di un alloggio e di avere diritto a subentrare all’originaria assegnataria nel godimento dell’alloggio, collocandosi la vicenda al di fuori di un procedimento amministrativo di assegnazione cui l’occupante abbia partecipato come titolare di un legittimo interesse pretensivo ad essere utilmente collocato nella relativa graduatoria; si tratta, in altri termini, di una controversia che si svolge in un ambito puramente paritetico, atteso che il subentro nell’assegnazione, per un verso, discende direttamente dalla previsione legislativa in presenza di determinate condizioni, il cui accertamento non implica una valutazione discrezionale da parte della P.A. Per l’altro verso, esso costituisce una possibile evoluzione del rapporto sorto in esito all’assegnazione e non già l’instaurazione di uno nuovo e diverso; ciò che comprova che la controversia attiene alla fase successiva al provvedimento di assegnazione dell’alloggio”.

*Contributo in tema di “Alloggio di edilizia residenziale pubblica occupato sine titulo”, a cura di Claudia Buonsante, estratto da Obiettivo Magistrato n. 75 / Giugno 2024 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica

Abusi edilizi: la doppia conformità si applica in tutta Italia La Consulta ha dichiarato incostituzionale la legge della provincia autonoma di Trento chiarendo che il requisito della doppia conformità trova applicazione anche alle regioni a statuto speciale

Abusi edilizi e doppia conformità

Abusi edilizi: la doppia conformità si applica in tutta Italia. “Il requisito della doppia conformità urbanistico-edilizia – infatti – trova applicazione anche alle regioni a statuto speciale, a tutela dell’uniformità delle condizioni per ricondurre a legittimità gli abusi edilizi”. Così la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 125-2024, depositata oggi, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 135, comma 7, della legge della Provincia autonoma di Trento 4 marzo 2008, n. 1 (Pianificazione urbanistica e governo del territorio), per contrasto con il requisito della cosiddetta “doppia conformità”, sancito dall’art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia).

Requisito della doppia conformità

In base a tale requisito, il permesso di costruire in sanatoria si può ottenere se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.

La Corte ha ribadito che il requisito della “doppia conformità” riveste un’importanza cruciale nell’ordinamento italiano, mirando ad assicurare, “sull’intero territorio nazionale, l’uniformità delle condizioni per ricondurre a legittimità gli abusi edilizi: ciò a tutela dell’effettività della disciplina urbanistica ed edilizia e, quindi, indipendentemente dalla concreta estensione del fenomeno dell’abusivismo nei singoli contesti territoriali”.

Doppia conformità in tutta Italia

In tal senso, ha proseguito la Corte, “tale requisito deve trovare applicazione sia in relazione alle regioni a statuto ordinario (costituendo un principio fondamentale della materia “governo del territorio”), sia in relazione alle regioni a statuto speciale (trattandosi di una norma fondamentale di riforma economico-sociale)”.

Decreto Salva-casa

Anche alla luce delle recenti modifiche di semplificazione della disciplina statale apportate dal Salva-casa, il decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica), la Corte ha ribadito che “spetta comunque allo Stato il compito di stabilire, a tutela dell’effettività della disciplina urbanistica ed edilizia su tutto il territorio nazionale, i casi in cui il requisito della ‘doppia conformità’ debba trovare necessaria applicazione ai fini del rilascio del permesso in sanatoria, nonché i casi in cui possano ammettersi circoscritte limitazioni alla sua concreta operatività”.

Leggi anche Decreto Salva-casa: cosa prevede

Allegati

ordine demolizione opere accessorie

Ordine di demolizione: comprende anche le opere accessorie La Cassazione rammenta che l'ordine di demolizione si riferisce all'intera opera, ivi comprese quelle accessorie

Ordine demolizione opere accessorie

L’ordine di demolizione comprende anche le opere accessorie, in quanto riferito a tutte le opere complessivamente e unitariamente intese. Così la terza sezione penale della Cassazione con la sentenza n. 24066-2024.

La vicenda

Nella vicenda, il tribunale di Napoli respingeva l’istanza di sospensione/revoca dell’ordine di demolizione di alcune opere abusive. Il ricorrente adiva quindi il Palazzaccio, a mezzo del difensore di fiducia, lamentando che l’ordine stesso avrebbe causato la demolizione di più di quanto previsto nelle sentenze di condanna, ossia, nello specifico del fabbricato sottostante, in quanto non era mai stato oggetto di accertamento nè delle sentenze stesse che riguardavano un muro di contenimento in cemento armato, la realizzazione di un manufatto di circa 155 metri quadrati e la realizzazione di tre appartamenti e un porticato su due livelli sulla facciata sud.

Carattere unitario del manufatto abusivo

Per la Cassazione, il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza e aspecificità stante l’assenza di confronto con le ragioni della decisione.

Il giudice dell’esecuzione sul ritenuto carattere unitario del manufatto abusivo ha rigettato, infatti, l’istanza di revoca dell’ordine di demolizione con riferimento al piano inferiore che costituiva il piano di calpestio dei locali abitativi abusivi del piano superiore. In particolare, sottolineano da piazza Cavour, il giudice ha rilevato che, come riportato nell’elaborato tecnico e come si evinceva dalle sentenze e dagli accertamenti, “fu costruito il manufatto al primo piano, ma lo stesso fu realizzato sul muro di contenimento – ed è – altresì evidente che era stato già realizzato anche il piano inferiore”. Pertanto, era “scontato che la realizzazione del piano inferiore, inizialmente costituito dal terrapieno sia stata eseguita in prosecuzione dell’abuso originario, come d’altronde incontrovertibilmente dimostrato dalla struttura unitaria”. In sostanza, si era realizzato prima il piano superiore e poi quello inferiore, ma si era creato “un unico organismo unitario, in cui i lavori del piano inferiore costituivano prosecuzione dei precedenti abusi”.

Ordine di demolizione coinvolge tutte le opere unitarie

Per gli Ermellini, dunque, il giudice dell’esecuzione ha fatto buon governo dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui “in caso di abusi realizzati in progressione, la demolizione deve necessariamente coinvolgere tutte le opere complessivamente e unitariamente intese”. In tale ultimo senso, la S.C. ha infatti precisato che “l’ordine di demolizione del manufatto abusivo, previsto dall’art. 31, comma nono, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, riguarda l’edificio nel suo complesso, comprensivo di eventuali aggiunte o modifiche successive all’esercizio dell’azione penale e/o alla condanna, atteso che l’obbligo di demolizione si configura come un dovere di ‘restitutio in integrum’ dello stato dei luoghi e, come tale, non può non avere ad oggetto sia il manufatto abusivo originariamente contestato, sia le opere accessorie e complementari nonché le superfetazioni successive, sulle quali si riversa li carattere abusivo dell’originaria costruzione (tra le tante, Sez. 3, n. 6049 del 27/09/2016; Sez. 3, n. 43236 del 11/10/2023)”.

La decisione

Rigettati anche gli altri motivi, la corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente anche al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 c.p.p. oltre al pagamento di 3mila euro in favore della Cassa delle Ammende.

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referendum piattaforma digitale

Referendum: arriva la piattaforma digitale Il ministero della Giustizia annuncia che presto sarà pronta la piattaforma referendum per la raccolta delle sottoscrizioni digitali dei cittadini

Referendum, pronta a breve piattaforma digitale

Presto pronta la piattaforma referendum, per la raccolta delle sottoscrizioni digitali dei cittadini delle proposte di legge di iniziativa popolare, i referendum abrogativi o costituzionali. Ne dà notizia Gnewsonline.it, il giornale online del ministero della Giustizia.

Parere del Garante Privacy

Ottenuto il parere del garante per la protezione dei dati personali, la Direzione Generale dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della Giustizia è pronta a verificare la funzionalità del sistema informatico con degli specifici test, che riproducano tutte le fasi della raccolta delle sottoscrizioni.

Iter

Le prove, realizzate insieme al personale della corte di Cassazione, dovrebbero concludersi entro 2 settimane.

Sarà poi un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del titolare della Giustizia, ad attestare l’operatività della piattaforma.

tappi attaccati bottiglie

Tappi attaccati alle bottiglie: al via l’obbligo Dal 3 luglio 2024 in base alla Direttiva UE SUP i tappi "solidali" dovranno restare attaccati ai contenitori di plastica per ridurre la dispersione e favorire il riciclo

Tappi “solidali: dal 3 luglio in vigore l’obbligo della Direttiva UE

Dal 3 luglio 2024 tutte le aziende che producono bevande contenute nelle bottiglie di plastica devono rispettare l’obbligo del “tappo solidale”. Lo ha stabilito la Direttiva UE 2019/904 sulla plastica monouso finalizzata a ridurre l’incidenza dei prodotti di plastica sull’ambiente.

L’articolo 17 della Direttiva, dedicato al recepimento, prevede che gli Stati debbano applicare le disposizioni necessarie per conformarsi all’obbligo previsto dall’articolo 6, relativo ai tappi “solidali” a partire dal 3 luglio 2024.

Quest’obbligo è solo una delle tante misure adottate dalla Direttiva SUP (Single Use Plastics Direttive) per contrastare l’inquinamento delle acque da parte delle bottiglie di plastica, troppo spesso gettate ovunque, soprattutto in mare e sulla spiaggia, con conseguenze estremamente dannose sulla vegetazione e sugli animali.

Divieto plastica monouso

La Direttiva, lo ricordiamo, ha già posto il divieto di vendita dei prodotti di plastica monouso come i piatti, le posate, le cannucce e i cotton-fioc, a partire dal 2021.

Il 2024 invece è l’anno di entrata in vigore dei tappi “solidali, vediamo cosa dice la normativa europea al riguardo.

Lotta alla dispersione dei tappi di plastica

Nel considerando n. 17 la Direttiva fa presente come i tappi e i coperchi di plastica dei contenitori delle bevande siano tra gli oggetti di plastica maggiormente rinvenuti sulle spiagge dell’Unione Europea.

I contenitori delle bevande di plastica monouso dovrebbero quindi essere immessi sul mercato solo se sono in grado di soddisfare certi requisiti di progettazione in grado di ridurre significativamente la dispersione nell’ambiente dei tappi di plastica.

Nell’articolo 6 invece, dedicato ai requisiti dei prodotti in plastica, la Direttiva stabilisce specificamente che gli Stati membri devono provvedere a che i prodotti in plastica monouso indicati nella parte C dell’allegato, con i relativi tappi plastica “possano essere immessi sul mercato solo se i tappi e i coperchi restano attaccati ai contenitori per la durata delluso previsto del prodotto”. 

L’allegato C specifica infatti quali sono i prodotti di plastica monouso indicati nell’articolo 6, che devono presentare i requisiti sopra descritti, ossia i contenitori per bevande con una capacità massima di 3 litri, ossia i recipienti che contengono liquidi, come bottiglie per bevande con i relativi tappi, nonché gli imballaggi compositi di bevande con i relativi tappi e coperchi.

Tappi attaccati alle bottiglie: quali vantaggi?

L’obbligo di produrre contenitori di plastica con i tappi di chiusura progettati in modo tale da restare attaccati alle bottiglie mirano a realizzare due obiettivi fondamentali della Direttiva:

  • ridurre la dispersione dei piccoli pezzi di plastica. I tappi di plastica dei contenitori, infatti sono molto piccoli e leggeri, per cui possono essere trasportati facilmente dal vento e, aspetto ancora più pericoloso, possono essere ingeriti dagli animali;
  • facilitare la fase del riciclo: se il tappo resta ben attaccato al suo contenitore questi due componenti possono essere riciclati insieme. In questo modo la quantità di plastica riciclata aumenta e il procedimento di riciclo risulta senza dubbio più efficiente.

Le altre misure della Direttiva SUP per ridurre la plastica

Come anticipato, la misura che riguarda i tappi di plastica è solo una delle iniziative intraprese a livello europeo per ridurre la quantità di plastica immessa nell’ambiente.

La Direttiva SUP prevede infatti interventi finalizzati a ridurre il consumo dei prodotti di plastica monouso, dispone restrizioni all’immissione sul mercato di certi prodotti in plastica, stabilisce, come appena visto per i tappi, determinanti requisiti di costruzione dei prodotti in plastica, introduce precisi requisiti di marcatura dei prodotti, estende la responsabilità del produttore, impone agli Stati di adottare le misure necessarie per attuare in modo efficace la raccolta differenziata e stabilisce che gli Stati debbano adottare anche misure di sensibilizzazione per informare i consumatori e incentivare condotte più responsabili per la tutela dell’ambiante e la salute.

Allegati

espropriazione pubblica utilità

Espropriazione per pubblica utilità Il procedimento di espropriazione per pubblica utilità e le sue fasi: il vincolo, la dichiarazione di pubblica utilità, l’indennità e il decreto di esproprio

Cosa si intende con espropriazione?

L’espropriazione per pubblica utilità è una procedura che le pubbliche amministrazioni possono mettere in atto quando, in base agli strumenti urbanistici di pianificazione territoriale, ritengano che una determinata area debba essere asservita alla realizzazione di un’opera di pubblica utilità o che un determinato immobile debba essere destinato ad una funzione di pubblica utilità.

L’espropriazione per pubblica utilità nella Costituzione

L’espropriazione si pone, quindi, come un limite al diritto di proprietà, nel senso che pur corrispondendo quest’ultimo ad un potere illimitato di godimento e disposizione sul bene in capo al proprietario, tale diritto/potere è destinato a recedere di fronte al superiore interesse pubblico.

Questo è esattamente il concetto espresso dall’art. 42 della Costituzione, che al terzo comma dispone, appunto, che la proprietà privata, nelle ipotesi previste dalla legge, può essere espropriata per cause di interesse generale e che, in tali casi, al proprietario spetta un indennizzo.

Quanto dura il vincolo di esproprio?

Ovviamente, per evitare abusi, discriminazioni e disparità di trattamento, l’intero procedimento di espropriazione per pubblica utilità è disciplinato nel dettaglio dalla legge e trova, oggi, compiuta regolamentazione nel DPR n. 327 del 2001, c.d. Testo Unico sugli espropri.

In base alla normativa in vigore, il primo passaggio fondamentale del procedimento di espropriazione è l’apposizione del vincolo su un determinato bene. La scelta del bene, o dei beni, su cui apporre tale vincolo discende direttamente dall’approvazione degli strumenti di pianificazione urbanistica, come il Piano di Governo del Territorio o il Piano Regolatore.

Il vincolo ha una durata di cinque anni, anche se la legge prevede che possa essere reiterato nel caso in cui non abbia avuto seguito entro tale termine. In tale ipotesi, però, al proprietario va riconosciuta un’indennità commisurata al danno prodotto. Ciò è conseguenza del fatto che, per il fatto dell’apposizione del vincolo, il bene subisce un chiaro deprezzamento, e la reiterazione del vincolo non fa altro che prolungare tale situazione.

Entro i cinque anni dall’apposizione, pertanto, deve normalmente intervenire il successivo provvedimento dell’Autorità procedente, che consiste nella dichiarazione di pubblica utilità. In caso contrario, e in mancanza di reiterazione, il vincolo decade.

La dichiarazione di pubblica utilità

La dichiarazione di pubblica utilità consegue all’approvazione del progetto definitivo di un’opera (si pensi ad una strada) e si concreta nella destinazione alla pubblica utilità dell’area su cui tale opera dovrà insistere.

Tale dichiarazione viene resa pubblica dall’Ente procedente (ad esempio sugli albi, o in apposite sezioni del sito web istituzionale) e può essere oggetto di osservazioni da parte di eventuali controinteressati, le quali vengono esaminate dall’amministrazione nell’ambito di un’istruttoria di cui viene dato conto nel provvedimento finale.

Tale provvedimento può prevedere la trasformazione fisica dell’immobile (nel classico caso di costruzione di una nuova opera) o nella semplice destinazione ad uso pubblico di un immobile privato preesistente.

In ogni caso, il provvedimento di dichiarazione di pubblica utilità viene notificato ai proprietari delle aree interessate, in vista del conseguente provvedimento di esproprio, che deve essere adottato entro cinque anni, salvo proroga di massimo due anni.

Quanto viene pagato un esproprio?

Prima dell’adozione del decreto di esproprio, cioè del provvedimento con cui si conclude il procedimento di espropriazione per pubblica utilità, è necessario che l’amministrazione procedente determini l’indennità di esproprio.

Tale emolumento rappresenta l’indennizzo al proprietario, la cui corresponsione è prevista, come detto, dall’art. 42 della nostra Costituzione.

L’indennità provvisoria è comunicata al destinatario, che può accettare l’importo o avanzare le proprie osservazioni in merito. Successivamente, l’Ente, sentiti i tecnici incaricati, determina l’indennità di esproprio definitiva, commisurata al valore venale del bene.

Dopo il pagamento dell’indennità, viene stipulato con il privato l’atto di cessione e adottato il decreto di esproprio, con la conseguente presa di possesso da parte dell’Amministrazione procedente e l’avvio dei lavori, ove previsti.

stop obbligo vaccinale minori

Stop all’obbligo vaccinale Un emendamento al decreto liste d'attesa elimina l'obbligo vaccinale per i minori d'età fino a 16 anni per determinate malattie

Decreto liste d’attesa: l’emendamento sull’obbligo vaccinale

Durante la fase di conversione del decreto legge del 7 giugno 2024 n. 73, finalizzato a ridurre la durata delle liste di attesa, dall’ordine del giorno del 3 luglio 2024 della decima Commissione permanente che si occupa anche della materia sanitaria, a pag. 58, emerge un emendamento sulla abolizione dell’obbligo vaccinale presentato dal senatore legista Claudio Borghi.

Leggi anche Liste d’attesa: il piano del governo

L’obbligo vaccinale viola l’art. 32 della Costituzione

Con l’emendamento 3.0.7 il senatore modifica l’articolo 1 e sopprime il comma 3 dell’articolo 3 e il comma 5 dell’articolo 3 bis del decreto legge n. 73 del 7 giugno 2017, convertito con modifiche dalla legge n. 119/2017.

La proposta di modifica tiene conto della situazione attuale degli obblighi vaccinali come regolamentata nel nostro paese rispetto al panorama normativo nazionale e internazionale.

L’obbligo vaccinale contemplato dal nostro ordinamento si porrebbe in contrasto con l’articolo 32 della Costituzione per quanto riguarda il tema dei trattamenti sanitari obbligatori.

L’emendamento proposto vuole bilanciare i vari interessi in gioco e meritevoli di tutela che emergono dalla legge sui vaccini come il diritto allo studio, all’inclusione sociale, alla salute e all’uguaglianza.

Come cambia il decreto n. 73/2017 sulla prevenzione vaccinale

In base alla proposta di emendamento il nuovo comma 1 bis dell’articolo 1del decreto legge n. 73/2017, che al primo comma elenca gli obblighi vaccinali obbligatori e gratuiti previsti in base agli obblighi assunti in sede europea e internazionale potrebbe assumere il seguente tenore letterale:

“Agli stessi fini di cui al comma 1, per i minori di età compresa tra zero e sedici anni e per tutti i minori stranieri non accompagnati sono altresì  gratuite e raccomandate (e non più obbligatorie), in base alle specifiche indicazioni del Calendario vaccinale nazionale relativo a ciascuna coorte di nascita, le vaccinazioni di seguito indicate:

  1. anti-morbillo;
  2. anti-rosolia;
  3. anti-parotite;
  4. anti-varicella.”

Il secondo periodo del comma 2 invece potrebbe prevedere che:“Conseguentemente il soggetto immunizzato adempie all’obbligo vaccinale di cui al presente articolo, (soppressa la frase: “di norma e comunque nei limiti delle disponibilità del Servizio sanitario nazionale”), con vaccini in formulazione monocomponente o combinata in cui sia assente l’antigene per la malattia infettiva per la quale sussiste immunizzazione.” 

Al comma 3 al termine “pediatra di libera scelta” verrebbe aggiunto il termine “o dal medico specialista”: “Salvo quanto disposto dal comma 2, le vaccinazioni di cui al comma 1 (e al comma 1-bis) possono essere omesse o differite solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta o dal medico specialista.

Gli obblighi soppressi

Sarebbero infine soppressi:

  • il comma 3 dall’articolo 3 che così recita: “Per i servizi educativi per l’infanzia e le scuole dell’infanzia, ivi incluse quelle private non paritarie, la presentazione della documentazione di cui al comma 1 costituisce requisito di accesso. Per gli altri gradi di istruzione (e per i centri di formazione professionale regionale), la presentazione della documentazione di cui al comma 1 non costituisce requisito di accesso alla scuola o ( al centro ovvero agli esami);
  • Il comma 5 dall’articolo 3 bis che dispone: Per i servizi educativi per l’infanzia e le scuole dell’infanzia, ivi incluse quelle private non paritarie, la mancata presentazione della documentazione di cui al comma 3 nei termini previsti comporta la decadenza dall’iscrizione. Per gli altri gradi di istruzione e per i centri di formazione professionale regionale, la mancata presentazione della documentazione dì cui al comma 3 nei termini previsti non determina la decadenza dall’iscrizione né impedisce la partecipazione agli esami.”

In pratica la mancata presentazione della documentazione comprovante l’adempimento degli obblighi vaccinali:

  • non sarebbe più requisito di accesso alle scuole ai servizi e alle scuole dell’infanzia;
  • non comporterebbe più la decadenza dall’iscrizione per i servizi educativi per l’infanzia e le scuole dell’infanzia, incluse quelle private non paritarie.
portale automobilista patente

Portale automobilista: scopri i punti sulla patente Vuoi sapere quanti punti hai sulla patente o verificare se il tuo veicolo è in regola con la copertura assicurativa? Visita il Portale dell’Automobilista

Portale dell’Automobilista: cos’è

Il Portale dell’Automobilista è un sito collegato a quello del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e offre tutta una serie di servizi molto utili a chi possiede un mezzo di trasporto.

Nel menu orizzontale in alto è possibile accedere ai servizi relativi alle patenti, ai veicoli, ai servizi online, al Codice della Strada, ai professionisti, all’autotrasporto e alla app mobile.

Nella home è presente un’area dedicata alle news per i conducenti. Nel footer invece il menù orizzontale presenta vari link per accedere alle news e alle circolari, alle Faq, agli eventi (iniziative di comunicazione a cui ha partecipato il Dipartimento dei trasporti) e all’assistenza, un’area in cui è possibile procedere al reset della password di accesso.

Chiunque infatti può accedere al portale, previa registrazione, cliccando sulla voce “registrati” presente in alto a destra della Home. Seguendo la procedura e inserendo i dati richiesti, l’iscrizione viene confermata tramite la ricezione di un’e-mail.

La registrazione al portale permette al soggetto iscritto come cittadino o come impresa di poter consultare i dati relativi al proprio mezzo di trasporto, alla propria copertura assicurativa e alla propria patente e di accedere ai servizi online del Dipartimento e del Ministero. I cittadini possono accedere al portale tramite SPID o CIE.

Verifica del saldo punti della patente

Uno dei servizi più utili e interessanti presenti sul portale dell’automobilista è quello dedicato al controllo dei punti della patente. Cliccando sulla voce del menu in alto “Servizi online” si apre la pagina dedicata. Nel menu laterale di sinistra, tra i vari servizi presenti c’è quello dedicato al “Saldo punti patente”; cliccando sulla voce dedicata è possibile verificare quanti punti sono presenti sulla propria patente di guida  in due modi diversi:

  • dopo aver effettuato il login sul portale;
  • contattando il servizio automatico al numero 06. 45775962, che fornisce il servizio 24 ore su 24 e sette giorni su sette al costo di una telefonata urbana.

Si ricorda che il sistema della patente a punti prevede l’assegnazione ai neopatentati di 20 punti. Questi punti possono essere decurtati quando il titolare della patente viola il Codice della Strada. La decurtazione è tanto maggiore quanto maggiore è la gravità dell’infrazione commessa. Se però il titolare della patente non commette infrazioni per due anni, alla patente vengono aggiunti 2 punti bonus.

Per comprendere al meglio il funzionamento dei punti della patente ed essere sempre aggiornati sulle eventuali modifiche normative, accedendo dalla voce di menu dedicata, al “Codice della strada” è possibile prendere visione della tabella dei punteggi aggiornata, contemplata dall’articolo 126 bis del CdS. La tabella, suddivisa in tre colonne contempla, nella prima colonna a sinistra l’articolo del Codice della Strada, nella seconda il comma di riferimento dell’infrazione, nella terza i punti decurtati, in caso di violazione.

Verifica della classe ambientale del veicolo

Un altro servizio utilissimo per chi possiede un mezzo di circolazione è quello dedicato alla verifica della classe ambientale del veicolo. Cliccando sulla voce del menu in alto “Servizi online”e poi sulla voce del menu di sinistra “Verifica classe ambientale e CO2”, è possibile verificare la categoria euro di appartenenza dei veicoli, dei motoveicoli e dei ciclomotori con il dato di emissione della CO2, dopo aver selezionato il tipo di veicolo e la targa.

Verifica della copertura assicurativa

Sempre dalla voce di menu “Servizi online” è possibile accedere al servizio “Verifica copertura assicurativa RCA”. Anche in questo caso è sufficiente effettuare una ricerca per veicolo inserendo il numero di targa nell’apposito spazio. Se il veicolo sia assicurato, ma nel portale tale informazione non risulta aggiornata, l’utente è tenuto a contattare la propria compagnia di assicurazione. È bene sapere infatti che circolare con un mezzo di trasporto non assicurato comporta il pagamento di una sanzione amministrativa minima di 841 euro fino a 3.366 euro.

Gli altri servizi online

Il portale, sempre all’interno dell’area “Servizi online” mette a disposizione tutta una serie di servizi utili. È possibile infatti verificare se il proprio veicolo, dopo il 1 giugno del 2018, è in regola con le revisioni. Da questa sezione è possibile anche gestire le richieste a proprio carico cliccando sulla voce di menu “Gestione pratiche online”. Effettuando una ricerca per provincia è possibile anche trovare l’ufficio della motorizzazione civile di zona. In caso di rinnovo della patente  infine è molto utile l servizio dedicato alla ricerca dei medici certificatori per Comune o Cap.

App IPatente

Molti dei servizi presenti sul portale si possono usufruire anche dal proprio cellulare grazie all’app IPatente, con la quale si possono attivare diverse notifiche per segnalare la scadenza della patente, le variazioni di punteggio dopo le infrazioni commesse e la scadenza della revisione. L’app è completamente gratuita e si può scaricare dagli Store Apple, Google e Huawei.

giurista risponde

Aggiudicazione all’asta di stabilimento balneare e subingresso nella concessione demaniale L’aggiudicazione all’asta del complesso aziendale di cui fa parte lo stabilimento balneare comporta il subingresso automatico nella concessione demaniale marittima?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

L’aggiudicazione all’asta del complesso aziendale di cui fa parte lo stabilimento balneare non comporta il subingresso automatico nella concessione demaniale marittima, conferendo solo un interesse legittimo pretensivo al subingresso. – Cons. Stato, sez. VII, 30 aprile 2024, n. 3940.

La vicenda in esame, all’esito del giudizio di primo grado, ha visto dichiarata l’improcedibilità del ricorso introduttivo e dei due atti di motivi aggiunti per sopravvenuta carenza di interesse, ciò in ragione dell’entrata in vigore della L. 118/2022 in materia di durata delle concessioni demaniali marittime. L’improcedibilità del ricorso per carenza di interesse viene ribadita dalla VII Sezione del Consiglio di Stato in quanto con l’art. 3 della L. 118/2022 si è stabilito quale termine finale di durata delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore della legge stessa al 31 dicembre 2023.

Nel caso in esame l’appellante dopo la vendita forzosa si è resa acquirente del complesso aziendale di cui fa parte lo stabilimento balneare – nel quale, ad ogni modo, non rientra automaticamente l’assegnazione della precedente concessione – ciò non giustifica una deroga all’applicazione dei principi sanciti dall’Adunanza Plenaria del 9 novembre 2021, n. 17. Infatti, risulta evidente che l’acquisizione del complesso aziendale nell’asta pubblica di una procedura esecutiva che ha avuto ad oggetto l’azienda non costituisce una procedura competitiva trasparente. Pertanto, la concessione in capo all’odierna appellante risulterebbe sfornita del requisito dell’interesse transfrontaliero, così come previsto dalla Direttiva 2006/123/CE.

Dunque, l’aggiudicazione all’asta del complesso aziendale di cui fa parte lo stabilimento balneare non comporta il subingresso automatico nella concessione demaniale marittima, conferendo solo un interesse legittimo pretensivo al subingresso e, ad ogni modo, anche in caso di autorizzazione al subingresso non si determinerebbe un prolungamento automatico dell’originaria concessione.

*Contributo in tema di “Aggiudicazione all’asta di stabilimento balneare e subingresso nella concessione demaniale”, a cura di Claudia Buonsante, estratto da Obiettivo Magistrato n. 75 / Giugno 2024 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica

spoil system pa

Spoil system solo per i dirigenti apicali La Cassazione ha precisato che ai fini dell’applicazione del c.d. spoil system, la natura apicale dell’incarico conferito al dirigente va valutata tenendo conto del dato formale di tale incarico, nonché dei poteri attribuiti al detto dirigente in concreto

L’incarico di dirigente nella p.a.

Il caso in esame riguarda l’incarico assunto da un dirigente presso la Regione Calabria della durata di tre anni. A seguito dell’elezione della nuova Giunta regionale quest’ultima aveva dichiarato decaduto tutti gli incarichi dirigenziali.

Il dirigente aveva pertanto adito il Tribunale di Catanzaro ed il giudizio di merito si era concluso con la decisione della Corte d’appello territoriale che aveva, per quanto qui rileva, accolto le doglianze del lavoratore, la quale aveva ritenuto illegittima la scelta di revocare l’incarico in questione.

Il dirigente aveva proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione, a seguito del precedente riesame effettuato dalla Corte stessa, su sollecitazione della Regione Calabria.

I dirigenti apicali preposti ai dipartimenti

La Corte di cassazione, con ordinanza n. 15971/2024, ha accolto, per quanto qui rileva, il ricorso proposto dal dirigente.

In particolare, la Corte ha affermato, ripercorrendo la giurisprudenza di legittimità formatasi sul punto, che per valutare la legittimità della revoca dell’incarico del dirigente, in ragione del cambio della maggioranza politica (cd spoil system), occorre avere riguardo, oltre che al dato formale, anche alla posizione occupata dal dirigente, vale a dire se lo stesso sia o meno alla guida di un ufficio apicale. Tale ultimo requisito si intende integrato se il capo dipartimento ricopre una funzione organizzativa consistente nel “coordinare e dirigere l’ufficio secondo le direttive generali degli organi di direzione politica che assiste, svolge un incarico rispetto al quale opera il c.d. spoil system, rientrando esso negli incarichi dirigenziali apicali che non attengono ad una semplice attività di gestione, ed essendo invece rapportabile alla direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali”.

Per quanto attiene al caso concreto assume inoltre particolare rilievo la disposizione di cui all’art. 22, comma 2 della legge regionale Calabria n. 7 del 1996 ove è stabilito che “I Dirigenti preposti ai Dipartimenti svolgono le funzioni di Dirigente Generale ed assumono tale denominazione”. Inoltre, la Corte ha precisato che il fatto che il contratto individuale del dirigente richiamasse l’articolo 16, comma 1, Dlgs n. 165 del 2001, che individua le funzioni dei dirigenti di uffici dirigenziali generali statali, “non è dirimente in quanto il presupposto dell’applicazione dello spoil system è il carattere apicale del dirigente interessato” mentre nel caso di specie il dirigente era “sempre formalmente, sottoposta al competente dirigente di dipartimento”.

Il Giudice di legittimità ha pertanto riferito che la Corte territoriale, nell’ambito del giudizio di merito, avrebbe dovuto verificare “non tanto se la dirigente avesse in concreto i poteri propri dell’apicale, ma, soprattutto, se essa fosse stata posta a capo di una struttura che, da un punto di vista organizzativo, avesse le stesse caratteristiche di un Dipartimento, in modo da distinguersi, per la sua totale autonomia, dai Dipartimenti ufficialmente esistenti e da aggiungersi ad essi. Solo a queste condizioni i poteri eventualmente assegnati alla ricorrente avrebbero potuto condurre ad una sua equiparazione a un dirigente apicale”.

La decisione

In definitiva, sulla scorta di quanto sopra riferito, la Suprema Corte ha affermato il seguente principio di diritto “Ai fini dell’applicazione della normativa sul c.d. spoil system, la natura apicale dell’incarico conferito con contratto a un dirigente va valutata tenendo conto, in linea di principio, della qualificazione formale di tale incarico contenuta nel contratto medesimo, senza che rilevi di per sé il semplice richiamo dell’art. 16, comma 1, d.lgs. n. 165 del 2001, il quale individua le funzioni dei dirigenti di uffici dirigenziali generali statali, pur se in astratto incompatibile con la menzionata qualificazione. Per superare il dato formale, dal quale, comunque, occorre partire, è necessario verificare non tanto i poteri attribuiti al detto dirigente in concreto, ma se egli sia stato posto a capo di una struttura che, da un punto di vista organizzativo, abbia le stesse caratteristiche di un ufficio apicale, in modo da distinguersi e aggiungersi, per la sua totale autonomia, a quelli già esistenti”.