giurista risponde

Riparto competenze attività sanitaria e sociosanitaria Come si snoda il riparto di competenze tra Comune e Regione nell’esercizio dell’attività sanitaria e socio-sanitaria?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

Nella Regione Puglia, la legge regionale 9/2017 disciplina gli istituti dell’autorizzazione alla realizzazione e all’esercizio dell’attività sanitaria e socio-sanitaria, dell’accreditamento istituzionale e degli accordi contrattuali, in conformità alla sequenza prevista dagli artt. 8ter e ss., D.Lgs. 502/1992. – Cons. Stato, sez. III, 6 febbraio 2023, n. 1267.

I Giudici hanno evidenziato che ai fini dell’apertura delle strutture sanitarie e socio-sanitarie è richiesta l’autorizzazione, definita dall’art. 2, comma 1, lett. a), L.R. 9/2017 come “un provvedimento con il quale si consente di destinare, con o senza lavori, un immobile o parte di esso a struttura sanitaria e socio-sanitaria pubblica o privata”.

L’art. 7, L.R. 9/2017 cit. prevede che l’istanza di autorizzazione, corredata del titolo di proprietà, del diritto reale di godimento o altro titolo legittimante, del progetto con relative planimetrie e del permesso di costruire o altro titolo abilitativo edilizio, deve essere indirizzata al Comune competente per territorio, tenuto, dapprima, a verificare la conformità dell’intervento alla normativa urbanistica ed edilizia, unitamente alla sussistenza del titolo di proprietà, del diritto reale di godimento o altro titolo legittimante; successivamente, a richiedere alla Regione Puglia la specifica verifica di compatibilità (ex art. 3, comma 3, lett. a), L.R. 9/2017 cit.).

La Regione, poi, valuta l’iniziativa alla stregua della programmazione sanitaria regionale, in termini di fabbisogno (programmazione dell’offerta) e in termini di localizzazione territoriale (distribuzione delle strutture) e applica, sulla base della DGR 2037/2013, il criterio cronologico di presentazione delle richieste da parte dei Comuni.

Orbene, nell’eventualità in cui più richieste di parere di compatibilità, afferenti a un numero di posti letto complessivo eccedente il fabbisogno territoriale, vengano trasmesse nel medesimo bimestre, la verifica di compatibilità viene resa dopo aver messo in concorrenza le iniziative, alla luce dei criteri previsti dalla DGR 2037/2013 cit.

Nel caso di specie, il procedimento per il rilascio, in favore della società appellante, dell’autorizzazione alla realizzazione della RSA, con dotazione di trenta posti letto per anziani e di dieci posti letto per soggetti affetti da demenza, si prolungava in ragione della diversa scansione dei bimestri, per effetto della sospensione dei termini dei procedimenti amministrativi di cui alla normativa emergenziale per il Covid-19.

Nelle more, un altro soggetto presentava analoga istanza autorizzatoria per la realizzazione di una RSA di mantenimento in un comune limitrofo, che, essendo stata esaminata in tempi più brevi, ne conseguiva parziale saturazione del fabbisogno.

Ciò premesso, per i Giudici va affermato che: “L’art. 7, comma 1 della L.R. 9/2017 non richiede il previo rilascio del permesso di costruire, ma necessita dell’attestazione della conformità urbanistica dell’intervento in progetto: tenuto conto della prescrizione recata dall’art. 33 delle NTA del PRG, che qualifica la zona “AS” come area pubblica, la presentazione del permesso di costruire convenzionato, costituisce un presupposto indefettibile per ottenere l’attestazione di conformità del progetto alle norme di attuazione del PRG”.

 

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi:    Cons. Stato, sez. III, 21 settembre 2021, n. 6422;
Cons. Stato, sez. III, 14 novembre 2017, n. 5250;
Cons. Stato, sez. VI, 19 marzo 2008, n. 1201
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Obbligo motivazione osservazioni piano regolatore Sussiste l’obbligo di puntuale motivazione sulle osservazioni del privato su un piano regolatore in itinere?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

No, le osservazioni e le opposizioni presentate dai privati al piano regolatore generale in itinere, costituendo un mero apporto dei privati nel procedimento di formazione dello strumento, non richiedono, da parte dell’Amministrazione competente, l’assolvimento di un obbligo puntuale di motivazione. – Cons. Stato, sez. IV, 7 febbraio 2023, n. 1316. 

Le osservazioni dei privati al piano regolatore generale in itinere, non richiedono, da parte dell’Amministrazione competente, l’assolvimento di un obbligo puntuale di motivazione.

Ed invero, la loro congruità può essere desunta anche dai criteri orientativi, formalizzati nella relazione illustrativa del piano, in riferimento alle scelte di destinazione urbanistica delle singole aree.

In propositivo, le scelte di pianificazione sono, in linea di principio, espressione di valutazione discrezionale, insindacabile nel merito, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità.

 

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi:    Cons. Stato, sez. IV, 2 gennaio 2023, n. 21; Id., 11 settembre 2012, n. 4806;
Cons. Stato, sez. VI, 17 febbraio 2012, n. 854;
Cons. Stato, sez. IV, 16 marzo 1998, n. 437
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Requisiti ammissibilità ricorso collettivo Quali sono i requisiti di ammissibilità del ricorso collettivo?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

L’allegazione di tutti gli elementi, i dati e i documenti idonei a sostenere la pretesa. – Cons. Stato, sez. IV, 21 febbraio 2023, n. 1775.

Preliminarmente, costituisce onere dei ricorrenti che vogliono avvalersi della forma del ricorso collettivo, indicare e allegare tutti gli elementi, i dati e i documenti idonei a sostenere la pretesa, domandando al giudice di accertare in concreto la sussistenza dei fatti dedotti.

Deve, invece, ritenersi inammissibile il ricorso collettivo che nulla dice in ordine alle specifiche condizioni di legittimazione e di interesse di ciascun singolo ricorrente, in quanto ciò impedisce al giudice di controllare il concreto e personale interesse di ciascuno di loro, l’omogeneità delle loro posizioni e la concreta fondatezza della domanda.

Come è noto, infatti, due sono i requisiti di ammissibilità del ricorso: uno positivo, costituito dalla identità di posizioni sostanziali e processuali in rapporto a domande giudiziali fondate sulle stesse ragioni difensive; l’altro, negativo, costituito dall’assenza di un conflitto di interessi, anche solo potenziale tra le parti.

Orbene, nel processo amministrativo, per stabilire l’ammissibilità del ricorso collettivo, è necessario verificare l’identità delle situazioni sostanziali e processuali, ossia, accertare che le domande giudiziali siano identiche nell’oggetto e che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e vengano censurati per gli stessi motivi e che non ci sia confliggenza degli interessi dei singoli.

Ciò premesso, i Giudici hanno enunciato che: “Nel caso in cui il ricorso collettivo nulla specifichi in ordine alle specifiche condizioni di legittimazione e di interesse di ciascuno dei ricorrenti, ciò impedisce al giudice di controllare il concreto e personale interesse di ciascuno di loro, l’omogeneità della loro posizione e la concreta fondatezza della domanda”.

 

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi:    Cons. Stato, sez. IV, 4 agosto 2022, n. 6913;
Cons. Stato, sez. VI, 2 aprile 2021, n. 1793; Id., 30 marzo 2021, n. 573;
Id., 15 gennaio 2021, n. 478; Cons. Stato, sez. III, 12 giugno 2020, n. 3499
giurista risponde

Affidabilità operatore economico e self cleaning Quali sono i requisiti di affidabilità di un operatore economico e i comportamenti che la stazione appaltante deve tenere anche in considerazione delle misure di self cleaning?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

La stazione appaltante ha il dovere di verificare la permanenza dei requisiti e dell’affidabilità dell’operatore economico. – Cons. Stato, sez. III, 22 febbraio 2023, nn. 1790 e 1791.

Il Consiglio di Stato ha statuito che:La stazione appaltante ha il dovere di verificare la permanenza dei requisiti, in presenza di fatti sopravvenuti, astrattamente idonei ad incidere sull’affidabilità dell’operatore economico che è risultato aggiudicatario. La verifica de qua, eseguita d’ufficio o su sollecitazione di un altro operatore economico interessato ad un ipotetico scorrimento, è espressione dell’esercizio di un potere amministrativo, che si innesta in connessione con la procedura di affidamento. Questo comporta la riconducibilità della controversia alla giurisdizione esclusiva, atteso che le controversie relative alla fase successiva all’aggiudicazione, ma precedenti alla stipulazione del contratto, esulano dalla giurisdizione del giudice ordinario, al quale sono devolute le controversie relative all’esecuzione del rapporto.

Nel caso di specie vi è stata un’attività di verifica, sfociata nell’adozione di un provvedimento di archiviazione, che si colloca, dal punto di vista temporale, tra l’aggiudicazione e la stipula della convenzione, con la conseguenza che l’esercizio del potere speso dalla stazione appaltante rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Ciò premesso, i Giudici evidenziano che, la stazione appaltante – nel valutare il grave errore professionale comportante l’esclusione dalla gara – deve compiere una verifica su due livelli: i) deve qualificare il comportamento pregresso dell’operatore economico, con riferimento alla sua idoneità e affidabilità nei rapporti con l’Amministrazione; ii) (successivamente) deve verificare se il giudizio negativo sia predicabile anche in merito alla procedura di gara in itinere.

Tale valutazione dell’affidabilità in senso storico dovrà poi essere declinata in concreto, con riferimento alle circostanze di fatto, tra le quali rientrano le misure di self cleaning assunte dall’operatore economico.

Ed invero, tali misure rientrano nel prudente apprezzamento della stazione appaltante che dovrà tener conto delle misure di self cleaning adottate in corso di procedura e la loro idoneità o meno a garantire l’affidabilità dell’operatore economico.

Risulta, pertanto, dall’interpretazione dell’art. 57, comma 6, della direttiva 24/2014/UE, particolarmente importante l’affidabilità dell’operatore economico.

Invece, rientra nell’ambito della discrezionalità della P.A. – ed è sindacabile ai soli fini di un eventuale riesame – la valutazione circa la ricorrenza delle cause facoltative di esclusione dalle gare pubbliche.

Nel caso di specie, i Giudici del Consiglio di Stato hanno ritenuto che: “L’applicazione delle misure di self cleaning ai procedimenti di gara ancora pendenti sarebbe rigorosamente osservante dei principi comunitari di proporzionalità, del favor partecipationis e di concorrenza”.

 

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi:    Cons. Stato, sez. V, 18 ottobre 2022, n. 8864;
Cons. Stato, sez. III, 10 febbraio 2021, n. 1248;
Cons. Stato, sez. V, 5 febbraio 2021, n. 505;
Cons. Stato, sez. IV, 8 ottobre 2020, n. 5967;
Cons. Stato, Ad. plen., 28 agosto 2020, n. 16
giurista risponde

Cauzione provvisoria appalti e automatismo La cauzione provvisoria negli appalti pubblici è connotata da automatismo?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

La V Sezione del Consiglio di Stato ha rimesso alla Corte di giustizia UE la questione. – Cons. Stato, sez. V, ord., 28 febbraio 2023, n. 2033.

Primariamente all’analisi della questione va rilevato che nel settore dei contratti pubblici sono presenti le seguenti garanzie: cauzione, polizza fideiussoria e contratto autonomo di garanzia.

Il Codice degli appalti, infatti, identifica una serie di garanzie che l’operatore economico deve prestare a favore della stazione appaltante al fine di partecipare ad una selezione e conseguentemente eseguire un contratto pubblico.

L’obiettivo è quello di assicurare il rispetto delle norme con riguardo alla realizzazione dell’opera e alle possibili inadempienze che possono pregiudicare l’incolumità.

Il Consiglio di Stato ha rimesso alla Corte di giustizia UE la questione pregiudiziale inerente alla cauzione provvisoria e se questa possa essere colpita a prescindere rispetto all’applicazione anche di altre sanzioni, in particolare: “Se gli artt. 16, 49, 50 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, l’art. 4, protocollo 7, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, l’art. 6 del TUE, i principi di proporzionalità, concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi di cui agli articoli 49, 50, 54 e 56 del TFUE, ostino a norme interne (artt. 38, comma 1, lett. f), 48 e 75 del D.Lgs. 163/2006) che prevedano l’applicazione della sanzione d’incameramento della cauzione provvisoria, quale conseguenza automatica dell’esclusione di un operatore economico da una procedura di affidamento di un contratto pubblico di servizi, benché il medesimo operatore economico sia stato già destinatario, in relazione alla medesima ed unitaria condotta, di altra sanzione definita a seguito di apposito procedimento attivato ad opera di altra competente Autorità del medesimo Stato membro”.

 

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi:    Cons. Stato, sez. VI, ord. 20 ottobre 2014, n. 5167; Id., ord. 9 ottobre 2014, n. 5030; Id., ord. 9 luglio 2014, nn. 3496, 3497, 3498 e 3499
codice condotta telemarketing

Telemarketing: al via il Codice di condotta Il Codice, approvato dal Garante Privacy, è in corso di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Con l'accreditamento dell'Odm completato l'iter

Codice di condotta telemarketing completato iter

Al via il Codice-condotta che regola le attività di teleselling e il telemarketing. Il Codice, che ha l’obiettivo di tutelare gli utenti dalle chiamate indesiderate è stato approvato dal Garante Privacy il 7 marzo 2024 e, con l’accreditamento dell’Organismo di monitoraggio (OdM), si completa l’iter per la sua piena applicazione, che acquisterà piena efficacia dal giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

OdM

L’Autorità ha ritenuto che l’OdM – proposto da associazioni di committenti, call center, teleseller, list provider e associazioni di consumatori – sia in possesso dei requisisti previsti dal Regolamento Ue, tra i quali un adeguato livello di competenza, indipendenza e imparzialità per lo svolgimento dei compiti di controllo sull’applicazione del Codice da parte degli aderenti.

Le società che aderiranno al Codice, si impegneranno ad adottare misure specifiche per garantire la correttezza e la legittimità dei trattamenti di dati svolti lungo tutta la “filiera” del telemarketing. Dovranno raccogliere consensi specifici per le singole finalità (marketing, profilazione, ecc.), informare in maniera precisa le persone contattate sull’uso dei loro dati, assicurando il pieno esercizio dei diritti previsti dalla normativa privacy (opposizione al trattamento, rettifica o aggiornamento dei dati).

Le sanzioni

Per contrastare il fenomeno del “sottobosco” dei call-center abusivi il Codice di condotta stabilisce l’applicazione di una penale o la mancata corresponsione della provvigione per ogni contratto stipulato a seguito di un contatto promozionale senza consenso.

giurista risponde

Interdittiva antimafia libero professionista Un libero professionista può essere colpito da interdittiva antimafia anche se sono intercorsi dei rapporti professionali con un Comune sciolto per mafia?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

No, in quanto la disciplina si applica tassativamente alle categorie previste dalla normativa, senza possibilità di analogie. – Cons. Stato, sez. III, 2 marzo 2023, n. 2212.

I Giudici di Palazzo Spada confermano l’impossibilità per la persona fisica, libero professionista che non riveste la qualità di titolare di impresa o di società, di essere destinatario di una interdittiva antimafia.

I liberi professionisti risultano non assoggettabili alla disciplina dell’istituto, prevista dagli artt. 83 e 91 del D.Lgs. 159/2011, proprio in quanto non tassativamente individuati dalla disposizione.

Si conclude, pertanto che, i soggetti che non siano imprenditori sono tassativamente esclusi dall’ambito applicativo dell’interdittiva antimafia, quale che sia il valore o l’oggetto del contratto.

giurista risponde

Rapporti giustizia amministrativa e giustizia sportiva Quale il rapporto intercorrente tra giustizia amministrativa e giustizia sportiva e il relativo diritto di accesso documentale?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

Nell’ordinamento sportivo non vi è una puntuale disciplina di tutela dell’accesso; pertanto, non sussiste pregiudizialità. – TAR Lazio, sez. Iter, 6 marzo 2023, n. 3693. 

I Giudici ricordano che la legittimazione all’accesso deve distinguersi dalla legittimazione processuale, in quanto il fine dell’accesso tutela non solo le esigenze difensive del richiedente ma il più generale obbligo di trasparenza dell’azione amministrativa.

Ed invero, anche quando l’accesso è finalizzato ad esigenze difensive, come nel caso di specie, l’autonomia della relativa situazione giuridica postula e comporta una completa distinzione tra la giurisdizione sul diritto di accesso e la giurisdizione sulla situazione giuridica sottostante da tutelare in un processo pendente o eventualmente da instaurare. In proposito, rileva verificare se l’azione autonoma sia o meno soggetta al vincolo di pregiudizialità sportiva.

Occorre, dunque, prendere le mosse dell’art. 3 della L. 280/2003, che stabilisce che è possibile adire il giudice amministrativo solo dopo aver esaurito i gradi della giustizia sportiva.

In particolare, l’articolo citato individua quali condizioni ai fini del riconoscimento di una pregiudizialità sportiva: la residualità dell’azione esperita e il definitivo esaurimento di tutti i gradi della giustizia sportiva.

Tali presupposti risultano assenti nel caso dell’azione di accesso difensivo.

Il Collegio di Garanzia ha evidenziato la mancanza di una puntuale disciplina di tutela dell’accesso nell’ordinamento sportivo.

È necessario ricordare che, ai sensi dell’art. 111 Cost., per ragioni di certezza e di giusto processo, la pregiudizialità va ancorata a dati normativi precisi, che nel caso di specie non sussistono.

Pertanto, in assenza di una disciplina puntuale dell’accesso difensivo, in materia di ordinamento sportivo non vi è pregiudizialità sportiva.

Rileva, inoltre, verificare la natura dell’atto di cui si chiede l’accesso, ossia se sia qualificabile come documento ai sensi della L. 241/1990. Il Collegio ricorda la nozione di documento amministrativo, ai sensi della lett. d), dell’art. 22, L. 241/1990, secondo la quale per documento si intende “ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una specifica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale.

Conseguentemente, la nozione di documento amministrativo suscettibile di formare oggetto di istanza di accesso documentale è ampia e può riguardare ogni documento detenuto dalla Pubblica Amministrazione.

Da quanto sin qui esposto, il TAR Lazio ha dichiarato illegittima la declaratoria di competenza all’ostensione dell’atto richiesto.

 

giurista risponde

Potere sanzionatorio AGCM Quale il potere dell’autorità garante della concorrenza e del mercato nel procedimento sanzionatorio?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

Nel procedimento sanzionatorio condotto dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato non trova applicazione l’art. 240 c.p.p. sui documenti anonimi, che risulteranno utilizzabili se valutati con maggior rigore. – TAR Lazio, sez. I, 6 marzo 2023, n. 3699.

I Giudici hanno affermato che: “La responsabilità solidale tra due società per un illecito antitrust, laddove sussista una situazione di controllo maggioritario – c.d. parental control liability –, è configurabile limitatamente ai fatti successivi all’acquisto della partecipazione”.

Con riguardo al caso di specie, è stata esclusa la responsabilità solidale della società controllante per fatti commessi dalla controllata antecedentemente l’acquisto del controllo.

L’importo supplementare previsto dalle Linee guida sulla modalità di applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie, c.d. entry fee, è finalizzato a inspessire l’effetto deterrente della sanzione e necessita che l’Autorità motivi adeguatamente l’esigenza di tale rinforzo.

 

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi:    Cons. Stato, sez. VI, 9 maggio 2022, n. 3572; Id., 27 dicembre 2021, n. 8613
giurista risponde

Mobbing verticale e maltrattamenti A quali condizioni il cosiddetto “mobbing verticale” rientra nella fattispecie tipica di maltrattamenti di cui all’art. 572 c.p.? Quale rilevanza assume ai fini della configurazione del reato la condotta posta in essere dalla vittima?

Quesito con risposta a cura di Mariarosaria Cristofaro e Alessandra Muscatiello

 

Il licenziamento per giusta causa presuppone condotte gravemente inadempienti del lavoratore che ledono irrimediabilmente la fiducia del datore di lavoro e restano confinate nella relazione tra le parti private; mentre, il delitto di maltrattamenti, nella sua accezione di mobbing verticale, è un illecito penale di mera condotta, perseguibile d’ufficio, che si consuma con la abituale prevaricazione ed umiliazione commessa dal datore di lavoro nei confronti del dipendente, approfittando della condizione subordinata di questi e tale da rendere i comportamenti o le reazioni della vittima irrilevanti ai fini dell’accertamento della consumazione del delitto. – Cass. VI, 19 settembre 2023, n. 38306.

Con la sentenza in commento, la Suprema Corte affronta la questione inerente alla configurabilità del delitto di maltrattamenti ad opera del datore di lavoro nei confronti della propria dipendente nell’ambito di un rapporto lavorativo sfociato nel licenziamento per giusta causa di quest’ultima. Come si evince dall’analisi della vicenda fattuale, infatti, l’imputato condannato in primo grado ma assolto dalla Corte d’Appello, aveva posto in essere una serie di vessazioni in danno di una sua dipendente all’epoca in cui questa versava in una condizione di particolare vulnerabilità stanti sia il suo stato di gravidanza e sia le difficili condizioni economiche.

Nell’accogliere il ricorso di quest’ultima, costituitasi parte civile nel processo, la Corte di Cassazione, censura la sentenza di secondo grado per un duplice ordine di ragioni.

In primis, viene cassato, sotto il profilo processuale, l’iter motivazionale che aveva condotto la Corte d’Appello a ribaltare il verdetto di primo grado. In particolare, viene ritenuta non sufficientemente motivata la sentenza di secondo grado in merito al vaglio delle risultanze istruttorie poste alla base del verdetto assolutorio. A tal riguardo, la Suprema Corte richiama, invero, il granitico orientamento ermeneutico della giurisprudenza di legittimità a mente del quale, pur non occorrendo la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in caso di ribaltamento in senso assolutorio della sentenza di condanna di primo grado, nondimeno è necessario che il giudicante del secondo grado fornisca adeguata giustificazione delle ragioni per cui una determinata prova assume una valenza dimostrativa completamente diversa rispetto a quella svolta dal giudice di prime cure; dando altresì atto del percorso logico argomentativo che ha condotto a tale soluzione (anche Cass., Sez. Un., 12 luglio 2005, n. 33748, “Mannino”).

Sempre sotto il profilo procedurale, poi, la Suprema Corte censura la sentenza di secondo grado in merito al vaglio di attendibilità della persona offesa, nonché, in modo particolare, alla qualificazione della denuncia querela presentata da quest’ultima che la Corte d’Appello aveva svalutato, ritendendola strumentale. Sotto tale profilo, viene di fatti ribadito, sulla scorta di un risalente indirizzo interpretativo, che la condotta vessatoria integrante mobbing non è esclusa dalla formale legittimità delle iniziative disciplinari assunte nei confronti dei dipendenti mobbizzati (così Cass., sez. VI, 18 marzo 2009, n. 28553). Di talché, nessun rilievo ai fini della configurazione del delitto in esame poteva assumere la circostanza, negativamente valorizzata dal giudice di secondo grado, per cui la denuncia querela era stata proposta dalla dipendente solo a seguito del licenziamento spiccato nei suoi confronti dal datore di lavoro.

In secundis, sotto il profilo sostanziale, i giudici di Piazza Cavour affermano che mentre il licenziamento per giusta causa, collocandosi in un rapporto relazionale tra le parti private (datore-dipendente), presuppone condotte di grave inadempimento del lavoratore tali da minare il rapporto di fiducia, integra l’illecito penale di mera condotta dei maltrattamenti, nella sua accezione di mobbing verticale, la condotta tenuta dal datore nei confronti del dipendente concretantesi in atti abituali di prevaricazione ed umiliazione.

La perseguibilità d’ufficio di tale reato, del resto, supera tranchant ogni rilievo che era stato svolto dalla Corte di Appello in punto di tardività e, dunque, di strumentalità della querela; rilievo che la Suprema Corte ritiene, difatti, di censurare.

 

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi:    Cass. pen., sez. VI, 18 gennaio 2023, n. 8729