licenza edilizia

Licenza edilizia La licenza edilizia: definizione, evoluzione normativa nella concessione edilizia e nel permesso di costruire, giurisprudenza rilevante

Cos’è la licenza edilizia

La licenza edilizia era, un tempo, un’autorizzazione rilasciata dalle autorità competenti per la realizzazione di interventi edilizi. Essa serviva a certificare che i lavori da eseguire fossero conformi alla normativa urbanistica e alle leggi edilizie locali. La licenza si distingue dalla concessione edilizia, in quanto originariamente era un vero e proprio atto di “permissio” da parte dell’amministrazione pubblica, che legittimava l’inizio dei lavori.

La licenza edilizia si basava sul presupposto che l’amministrazione avesse il diritto di autorizzare o vietare la costruzione di edifici, in funzione del rispetto delle norme di pianificazione territoriale, dell’estetica del paesaggio e delle esigenze di sicurezza.

Dalla licenza edilizia alla concessione edilizia

L’introduzione della legge 28 gennaio 1977, n. 10, segna un momento fondamentale nell’evoluzione della licenza edilizia, quando la licenza edilizia viene sostituita dalla concessione edilizia. In questo periodo, l’autorità comunale non rilasciava più una licenza “discrezionale”, ma una concessione che divenne un atto vincolato, basato sull’esistenza di determinate condizioni legali.

La concessione edilizia, a differenza della licenza, non dipendeva più dalla valutazione soggettiva dell’amministrazione, ma era subordinata alla verifica del rispetto di specifici requisiti stabiliti dal piano regolatore e dalle normative urbanistiche locali.

La concessione edilizia: un nuovo approccio

La legge n. 10/1977 stabilì che la concessione edilizia doveva essere rilasciata se l’opera proposta fosse conforme agli strumenti urbanistici, alla legislazione edilizia e alle prescrizioni del piano territoriale. Questo significava che i comuni non avevano più un margine di discrezionalità nel decidere se autorizzare o meno l’opera, ma erano obbligati a rilasciare la concessione se il progetto rispettava le normative. La concessione edilizia mirava a semplificare le pratiche burocratiche, rendendo l’iter edilizio più chiaro e uniforme.

La sostituzione con il permesso di costruire

Con l’entrata in vigore del Testo Unico dell’Edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), la concessione edilizia venne sostituita dal permesso di costruire. Sebbene il permesso di costruire rappresenti una continuazione del principio giuridico della concessione edilizia, esso ha introdotto una maggiore semplificazione e velocizzazione dei procedimenti burocratici e ha ridotto le distinzioni tra interventi ordinari e straordinari.

La principale novità del permesso di costruire è che l’amministrazione non si limita a verificare la conformità dell’opera rispetto alle normative, ma ha anche il compito di valutare l’impatto dell’opera sull’ambiente e sulla qualità urbana. Inoltre, il permesso di costruire non è più rilasciato da un atto discrezionale dell’amministrazione, ma è subordinato a controlli puntuali su vari aspetti tecnici e normativi.

Giurisprudenza sulla licenza edilizia

Nel corso degli anni, la giurisprudenza ha avuto un ruolo fondamentale nell’evoluzione delle norme relative alla licenza edilizia e alle successive forme di autorizzazione edilizia. Diverse sentenze hanno cercato di chiarire la distinzione tra i vari tipi di autorizzazione e di interpretare la legittimità di determinate pratiche edilizie.

Cassazione civile n. 29166/2021

La licenza o concessione edilizia ha rilevanza solo nel rapporto tra la Pubblica Amministrazione e il privato richiedente, senza influenzare i rapporti tra privati, che restano regolati dal codice civile, dalle leggi speciali in materia edilizia e dai regolamenti locali. Pertanto, nelle controversie tra privati riguardanti opere edilizie, la presenza o assenza della concessione è irrilevante, salvo il caso di licenza in deroga. Il rispetto della concessione non garantisce di per sé l’assenza di violazioni dei diritti di terzi, così come la mancanza della licenza non comporta automaticamente un illecito, purché la costruzione sia conforme alle norme vigenti.

Cassazione n. 43840/2018

La mancata approvazione della licenza edilizia non incide sulla qualificazione di un’area come “cantiere”, secondo la definizione fornita dal D. Lgs. n. 81/2008. Diversamente, si rischierebbe di escludere dall’applicazione del diritto penale del lavoro attività edili abusive o completamente irregolari, favorendo l’elusione della normativa predisposta a tutela dei lavoratori, un’eventualità evidentemente inaccettabile.

Cassazione n. 2852/1983

La licenza edilizia ha la funzione limitata di eliminare un ostacolo di natura pubblicistica all’esercizio del diritto di edificare, senza tuttavia conferire all’attività del privato un carattere di interesse generale. Inoltre, esso non incide sugli eventuali vincoli di diritto privato che possano impedire la realizzazione dell’opera, i quali restano pienamente efficaci e non subiscono alcuna interferenza. Di conseguenza, anche quando la licenza è stata rilasciata legittimamente, il giudice ordinario conserva il potere di valutare la conformità della costruzione alle disposizioni del regolamento edilizio, in particolare per quanto riguarda il rispetto delle distanze legali.

 

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incidente probatorio

Incidente probatorio Cos’è l’incidente probatorio, procedimento, i requisiti e l’ammissibilità e la giurisprudenza recente della Cassazione

Cos’è l’incidente probatorio

L’incidente probatorio è un istituto del diritto processuale penale italiano che consente l’acquisizione anticipata di prove durante le indagini preliminari, garantendo che queste vengano raccolte con le stesse formalità previste per il dibattimento. Questo strumento è disciplinato dagli articoli 392 e seguenti del Codice di Procedura Penale (c.p.p.).

Definizione e finalità

L’incidente probatorio permette al pubblico ministero o alla persona sottoposta alle indagini di richiedere al giudice l’assunzione anticipata di una prova quando vi è il rischio che questa possa disperdersi o non essere più acquisibile in sede dibattimentale. L’obiettivo principale consiste quindi nel preservare l’integrità e la disponibilità delle prove fondamentali per il processo.

Procedimento

La richiesta di incidente probatorio deve essere presentata dal pubblico ministero o dalla persona sottoposta alle indagini entro i termini previsti per la conclusione delle indagini preliminari e comunque entro un termine sufficiente per l’assunzione della prova prima della scadenza di detti termini. Una volta ricevuta la richiesta, il giudice valuta se sussistono i presupposti di legge per procedere. Se la richiesta viene accolta, l’assunzione della prova avviene in contraddittorio tra le parti, con le stesse garanzie previste per il dibattimento.

Requisiti e ammissibilità dell’incidente probatorio

Secondo l’articolo 392 c.p.p., l’incidente probatorio è ammissibile nei seguenti casi:

  • Testimonianza a rischio: quando vi è fondato motivo di ritenere che un testimone non potrà essere esaminato durante il dibattimento perchè vi sono elementi per ritenere che la stessa sia soggetta a violenza, minaccia o offerta di denaro per dichiarare il falso o non deporre;
  • Prove soggette a modifiche: quando si teme che una prova possa subire alterazioni o non essere più disponibile in futuro.
  • Reati specifici: nei procedimenti per determinati reati, come quelli contro la libertà sessuale o che coinvolgono minori, l’incidente probatorio può essere richiesto per assumere la testimonianza della persona offesa, anche al di fuori delle ipotesi sopra indicate.

Giurisprudenza della Cassazione

La giurisprudenza ha più volte affrontato temi legati all’incidente probatorio. Ad esempio, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27104 del 23 maggio 2024, hanno stabilito che è abnorme, e quindi impugnabile per cassazione, il provvedimento con cui il giudice rigetta la richiesta di incidente probatorio riguardante la testimonianza della persona offesa in reati come maltrattamenti, motivando il rigetto con la non vulnerabilità della persona offesa o la possibilità di rinviare la prova. La Corte ha ritenuto tali presupposti come presunti per legge, rendendo il rigetto del tutto ingiustificato.

La Corte di Cassazione, Sez. VI penale, con la sentenza n. 17521 del 2 maggio 2024, invece ha esaminato un ricorso contro l’ordinanza del GIP che aveva respinto la richiesta di incidente probatorio avanzata dal Pubblico Ministero. La richiesta riguardava l’escussione di un minore, presunta vittima di maltrattamenti da parte del padre, ai sensi dell’art. 392, comma 1-bis, c.p.p.

La Cassazione ha chiarito che il rigetto della richiesta non interrompe il procedimento, ma rientra nella discrezionalità del giudice. Il GIP valuta la necessità e l’opportunità dell’incidente probatorio in base alle specificità del caso e alla tutela del minore.

Cassazione n. 42942/2024: A seguito della modifica dell’art. 603, comma 3-bis, c.p.p. introdotta dall’art. 34, comma 1, lett. i), n. 1, del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, il giudice deve rinnovare l’istruttoria quando una diversa valutazione di una prova dichiarativa, considerata decisiva, riguarda una testimonianza raccolta tramite incidente probatorio. L’assenza di un’esplicita menzione delle prove acquisite con questa modalità non implica che il legislatore abbia voluto escluderle dalla rinnovazione.

 

 

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incentivo al posticipo

Incentivo al posticipo del pensionamento: al via le domande Implementato dall'Inps il servizio per la presentazione della domanda di incentivo al posticipo del pensionamento

Incentivo posticipo pensionamento

Con il messaggio n. 799/2025, l’INPS ha reso noto di aver implementato il servizio per la presentazione della domanda di incentivo al posticipo del pensionamento.

Il servizio online, che gestisce le domande di pensione, consente la presentazione della domanda dell’incentivo, previsto dalla legge di bilancio 2023 (art. 1, legge 29 dicembre 2022, n. 197) e modificato dalla legge di bilancio 2025 (art. 1, legge 30 dicembre 2024, n. 207).

Come richiederlo

lavori usuranti

Lavori usuranti Lavori usuranti: cosa sono, chi rientra nell'elenco, qual è la normativa e come ottenere la pensione anticipata

Cosa sono i lavori usuranti

I lavori usuranti sono quelle attività lavorative caratterizzate da un’elevata gravosità fisica o da condizioni ambientali particolarmente difficili, che possono compromettere la salute del lavoratore nel lungo periodo. A causa di tali fattori, chi svolge queste mansioni ha diritto alla pensione anticipata rispetto ai requisiti ordinari previsti per la pensione di vecchiaia.

Quali sono i lavori usuranti

Secondo il D.Lgs. 67/2011, rientrano tra i lavori usuranti le seguenti categorie:

  • Lavori in galleria, cave o miniere con esposizione a polveri e agenti nocivi.
  • Lavori in cassoni ad aria compressa e ad alte pressioni.
  • Lavori svolti ad alte temperature, come in fonderie o forni industriali.
  • Lavori notturni svolti per almeno 64 notti all’anno.
  • Lavori su turni con almeno 6 ore tra mezzanotte e le 5 del mattino.
  • Conducenti di veicoli adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo, con capacità superiore a 9 posti.
  • Lavori di catena nell’industria manifatturiera, come il settore tessile o alimentare.

Perché danno diritto alla pensione anticipata?

L’esposizione prolungata a condizioni di lavoro gravose incide negativamente sulla salute del lavoratore, determinando un maggiore rischio di patologie professionali. Per questa ragione, la legge prevede misure previdenziali specifiche che consentono ai lavoratori usuranti di accedere alla pensione con requisiti ridotti.

Requisiti per la pensione anticipata

La pensione anticipata per i lavori usuranti può essere ottenuta con:

  • Quota 97,6: almeno 61 anni e 7 mesi di età, con 35 anni di contributi (per i dipendenti).
  • Quota 98,6: almeno 62 anni e 7 mesi di età, con 35 anni di contributi (per gli autonomi).
  • Pensione anticipata con Ape Sociale per chi ha almeno 63 anni di età e 36 anni di contributi.

Normativa di riferimento

Le principali norme che regolano i benefici previdenziali per i lavoratori usuranti sono:

  • D.Lgs. 67/2011: disciplina i requisiti per l’accesso alla pensione anticipata.
  • Legge 232/2016 (Legge di Bilancio 2017): introduce l’Ape Sociale per alcune categorie.
  • D.L. 4/2019: modifica alcuni requisiti di accesso alla pensione anticipata.

Come fare domanda lavori usuranti

La domanda deve essere presentata all’INPS entro il 1° maggio di ogni anno per poter usufruire del pensionamento anticipato nell’anno successivo.

Procedura:

  1. Verifica dei requisiti contributivi attraverso l’estratto conto INPS.
  2. Presentazione della domanda tramite:
    • Portale INPS (SPID, CIE o CNS);
    • Patronati e CAF;
    • Contact Center INPS (803 164 da rete fissa o 06 164 164 da cellulare).
  3. Attesa della certificazione INPS che confermi il diritto alla pensione anticipata.
  4. Presentazione della domanda di pensione vera e propria, una volta ottenuta la certificazione.

Giurisprudenza rilevante

La Corte di Cassazione e il Consiglio di Stato hanno emesso diverse sentenze sui lavori usuranti:

  • Cass. civ. n. 27390/2019: ha chiarito che l’attività lavorativa deve essere valutata nella sua continuità per stabilire il diritto alla pensione anticipata.
  • Cass. civ. n. 4568/2020: ha stabilito che anche i lavoratori part-time possono accedere ai benefici se dimostrano la continuità dell’attività usurante.
  • Cons. Stato n. 789/2021: ha affermato che l’onere della prova della natura usurante dell’attività spetta al lavoratore, ma l’INPS deve fornire criteri oggettivi di valutazione.

 

codice fiscale per i neonati

Codice fiscale per i neonati: il servizio online L'Agenzia delle Entrate ha implementato un nuovo servizio online per il rilascio del codice fiscale per i neonati e anche per il duplicato della tessera sanitaria

Codice fiscale sprint per i neonati

Al via il nuovo servizio online per ottenere velocemente il codice fiscale per i neonati, se il Comune di residenza non lo ha comunicato ai genitori. Questi ultimi, infatti, adesso possono richiederlo direttamente online nell’area riservata del sito dell’Agenzia. E’ il nuovo servizio implementato dalle Entrate che hanno esteso anche la possibilità di richiedere il duplicato della tessera sanitaria direttamente online. Le regole sono indicate nel provvedimento del direttore dell’Agenzia del 5 marzo 2025.

Come fare richiesta per il codice fiscale neonati

Il nuovo servizio per la richiesta del certificato di codice fiscale, spiegano dal fisco, è disponibile in area riservata sul sito dell’Agenzia: per accedere è quindi necessario avere Spid o in alternativa le credenziali Cie (Carta d’identità elettronica) o CNS (Carta Nazionale dei Servizi). La richiesta può essere fatta da uno dei due genitori così come dai loro eventuali rappresentanti (come per esempio i tutori). Una volta entrati nell’applicativo, basta inserire i dati anagrafici della bambina o del bambino e allegare la copia dei documenti di nascita (certificato di nascita o dichiarazione di nascita resa presso l’ospedale). Non appena l’ufficio ha lavorato la richiesta, il sistema invia una email per avvisare che il certificato è disponibile online.

Duplicato tessera sanitaria online

Più semplice anche richiedere il duplicato della tessera sanitaria, a prescindere dalla tipologia (con o senza microchip).

Grazie al nuovo servizio, disponibile in area riservata sul sito dell’Agenzia, è innanzitutto possibile visualizzare e stampare una copia dell’ultima tessera sanitaria attiva, chiedere la riemissione su supporto plastificato e anche verificare l’indirizzo al quale sarà spedita, che normalmente coincide con l’indirizzo di residenza registrato in Anagrafe tributaria. Qualora si volesse far recapitare la tessera presso un indirizzo diverso da quello di residenza, il servizio consente di indicare direttamente online un diverso recapito di spedizione.

testamento olografo

Testamento olografo Testamento olografo: definizione, requisiti, differenza con altri tipi di testamento, validità e impugnazione, giurisprudenza

Cos’è il testamento olografo?

Il testamento olografo è una delle forme di testamento previste dall’ordinamento giuridico italiano ed è disciplinato dall’art. 602 del Codice Civile. Si tratta di un atto unilaterale con cui una persona dispone delle proprie volontà successorie, redatto senza l’intervento di un notaio e con piena autonomia del testatore.

Requisiti del testamento olografo

Affinché questo tipo di testamento sia valido, deve rispettare tre requisiti fondamentali:

  1. Autografia: deve essere scritto interamente a mano dal testatore , lo stampatello però non è ammesso a meno il testatore non scriva abitualmente i questo modo.
  2. Data: deve contenere l’indicazione del giorno, mese e anno di redazione.
  3. Firma: il testatore deve apporre la propria firma per identificare la paternità dell’atto.

La mancata osservanza di anche uno solo di questi elementi può comportare l’invalidità del testamento.

Differenze con altri tipi di testamento

Il testamento olografo si distingue dalle altre forme di testamento previste dal Codice Civile:

  • Testamento pubblico: redatto da un notaio alla presenza di due testimoni.
  • Testamento segreto: scritto dal testatore o da un terzo e consegnato sigillato a un notaio.

A differenza di queste forme, quello olografo non richiede l’intervento di terzi, garantendo riservatezza e nessun costo di redazione. Tuttavia, essendo un documento privato, presenta maggiori rischi di smarrimento, alterazione o contestazione.

Validità e impugnazione del testamento olografo

Il testamento olografo può essere impugnato dai soggetti legittimati per vari motivi:

  • Vizi di forma: mancanza di autografia, data o firma.
  • Incapacità del testatore: se redatto da una persona non in grado di intendere e volere.
  • Vizi della volontà: errore, dolo o violenza che abbiano influito sulla decisione del testatore.

Giurisprudenza rilevante

Alcune pronunce significative della Corte di Cassazione riguardano la validità del testamento olografo:

Corte di Cassazione n. 10065/2020: L’art. 590 c.c. consente agli eredi di confermare o eseguire una disposizione testamentaria nulla, ma la sua applicabilità presuppone l’effettiva esistenza di una volontà del de cuius espressa nel testamento. Di conseguenza, la norma non trova applicazione nei casi in cui sia accertata la falsità della sottoscrizione, poiché ciò esclude qualsiasi collegamento tra il testamento e la volontà del testatore.

Cassazione n. 31322/2023: Il testamento olografo, per essere valido, deve riportare la data completa di giorno, mese e anno, scritta di pugno dal testatore. Questa data è un elemento essenziale, la cui mancanza o alterazione da parte di terzi può invalidare il testamento. Se l’alterazione della data avviene contestualmente alla redazione del testamento, questo è nullo. Tuttavia, se l’intervento del terzo è successivo, il testamento rimane valido, purché sia possibile accertare la volontà originale del testatore.

Cassazione n. 5505/2017: La validità di un testamento olografo, ovvero scritto interamente a mano dal testatore, è strettamente legata alla sua autografia. L’intervento di terzi nella redazione dell’atto, anche solo guidando la mano del testatore, compromette questa caratteristica essenziale e rende il testamento nullo. La legge richiede che il testamento olografo sia scritto di pugno dal testatore in ogni sua parte, senza ausilio di mezzi meccanici o interventi esterni. Questo requisito garantisce che il documento rifletta la volontà autentica del testatore.

Fac-simile di testamento olografo

Di seguito un esempio di testamento olografo conforme alla normativa:

TESTAMENTO OLOGRAFO

Io, [Nome e Cognome], nato a [Luogo di nascita] il [Data di nascita], residente in [Indirizzo], nel pieno possesso delle mie facoltà mentali, dispongo delle mie volontà testamentarie nel modo seguente:

  1. Nomino erede universale [Nome del beneficiario] nato a [Luogo e data di nascita].
  2. Lascio a [Nome] la proprietà del mio immobile sito in [Indirizzo].
  3. Lascio a [Nome] la somma di [Importo] depositata presso [Istituto bancario].
  4. Dispongo che i miei beni vengano divisi secondo le quote di legge tra gli eredi legittimi.

Redatto a [Luogo], il [Data].

Firma: [Firma del testatore]

 

 

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femminicidio

Femminicidio: reato autonomo Approvato dal Consiglio dei ministri che introduce il delitto di femminicidio e altri interventi normativi per il contrasto alla violenza nei confronti delle donne e per la tutela delle vittime

Il delitto di femminicidio

Il femminicidio diventa reato autonomo. Oggi, 7 marzo, 2025, il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge che introduce nel codice penale il delitto di femminicidio e altri interventi normativi per il contrasto alla violenza nei confronti delle donne e per la tutela delle vittime.

Cosa prevede il testo

Il testo, si legge nel comunicato stampa di palazzo Chigi, appronta un intervento ampio e sistematico per rispondere alle esigenze di tutela contro il fenomeno di drammatica attualità delle condotte e manifestazioni di prevaricazione e violenza commesse nei confronti delle donne.

Nuova fattispecie penale di femminicidio

Si introduce la nuova fattispecie penale di “femminicidio” che, per l’estrema urgenza criminologica del fenomeno e per la particolare struttura del reato, viene sanzionata con la pena dell’ergastolo. In particolare, si prevede che sia punito con tale pena “chiunque cagiona la morte di una donna quando il fatto è commesso come atto di discriminazione o di odio verso la persona offesa in quanto donna o per reprimere l’esercizio dei suoi diritti o delle sue libertà o, comunque, l’espressione della sua personalità”. In linea con tale intervento, le stesse circostanze di commissione del reato sono introdotte quali aggravanti per i delitti più tipici di codice rosso, con la previsione di un aumento delle pene previste di almeno un terzo e fino alla metà o a due terzi, a seconda del delitto.

Le altre novità

Inoltre, il testo:

  • prevede l’audizione obbligatoria della persona offesa da parte del pubblico ministero, non delegabile alla polizia giudiziaria, nei casi di codice rosso;
  • introduce specifici obblighi informativi in favore dei prossimi congiunti della vittima di femminicidio;
  • prevede il parere, non vincolante, della vittima in caso di patteggiamento per reati da codice rosso e connessi obblighi informativi e onere motivazionale del giudice;
  • nei casi in cui sussistano esigenze cautelari, prevede l’applicazione all’imputato della misura della custodia cautelare in carcere o degli arresti domiciliari;
  • interviene sui benefici penitenziari per autori di reati da codice rosso;
  • introduce, in favore delle vittime di reati da codice rosso, un diritto di essere avvisate anche dell’uscita dal carcere dell’autore condannato, a seguito di concessione di misure premiali;
  • rafforza gli obblighi formativi dei magistrati, previsti dall’art. 6, comma 2, della legge n. 168 del 2023;
  • estende alla fase della esecuzione della condanna al risarcimento il regime di favore in tema di prenotazione a debito previsto per i danneggiati dai fatti di omicidio “codice rosso” e di femminicidio;
  • introduce una disposizione di coordinamento che prevede l’estensione al nuovo articolo 577-bis dei richiami all’articolo 575 contenuti nel codice penale.

Convenzione di Istanbul

L’intervento si inserisce anche nel quadro degli obblighi assunti dall’Italia con la ratifica della Convenzione di Istanbul e nel solco delle linee operative disegnate dalla nuova direttiva (UE) 1385/2024 in materia di violenza contro le donne, nonché delle direttive in materia di tutela delle vittime di reato.

Una svolta epocale

“Oggi il Governo compie un altro passo avanti nell’azione di sistema che sta portando avanti fin dal suo insediamento per contrastare la violenza nei confronti delle donne e per tutelare le vittime. Il Consiglio dei ministri ha varato un disegno di legge estremamente significativo, che introduce nel nostro ordinamento il delitto di femminicidio come reato autonomo, sanzionandolo con l’ergastolo, e prevede aggravanti e aumenti di pena per i reati di maltrattamenti personali, stalking, violenza sessuale e revenge porn. Norme che considero molto importanti e che abbiamo fortemente voluto per dare una sferzata nella lotta a questa intollerabile piaga.  Ringrazio i Ministri che hanno lavorato al provvedimento e che ci hanno permesso di raggiungere, alla vigilia della Festa della Donna, questo importante risultato”. Sono le parole della premier Meloni.

Il Guardasigilli Nordio nella conferenza stampa a margine del Cdm ha parlato di “grande svolta”, che oltre a risolvere problemi tecnici costituisce una “manifestazione potente di attenzione dello Stato a questa problematica che è emersa in questi ultimi anni in maniera così dolorosa, e che deve avere un riconoscimento penale di prima levatura”.

assegno di inclusione

Assegno di inclusione: guida alla misura Cos'è l'assegno di inclusione, misura di sostegno economico introdotta dal 2024 dal dl n. 48/2023 convertito dalla legge n. 85/2023

Assegno di Inclusione (ADI): dal 1° gennaio 2024

L’Assegno di Inclusione (ADI) è una misura nazionale di sostegno economico introdotta a decorrere dal 1° gennaio 2024 con l’articolo 1 del decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48, convertito con modificazioni dalla legge 3 luglio 2023, n. 85. La misura, gestita dall’INPS, mira a contrastare la povertà e favorire l’inclusione sociale e lavorativa delle persone in situazioni di disagio economico.

In cosa consiste l’ADI

L’ADI è un beneficio economico mensile erogato alle famiglie che rispettano determinati requisiti di reddito e patrimonio. La misura sostituisce il Reddito di Cittadinanza, concentrandosi su politiche attive di lavoro e sul supporto personalizzato. L’importo dell’assegno varia in base alla composizione del nucleo familiare e alle specifiche condizioni economiche dei beneficiari.

Chi può richiedere l’ADI

I destinatari dell’Assegno di Inclusione sono le famiglie che soddisfano i seguenti requisiti:

  • Requisiti economici: Un ISEE non superiore a 10.140 euro annui, un patrimonio mobiliare non superiore a 10mila euro (per i nuclei composti da tre o più componenti, soglia aumentata di mille euro per ogni figlio a partire dal terzo; ovvero non superiore a seimila euro per i nuclei di un solo componente e a 8mila euro per i nuclei di due componenti) e immobiliare (in Italia e all’estero), spiega l’INPS, “come definito ai fini ISEE diverso dalla casa di abitazione di valore ai fini dell’imposta municipale propria (IMU) non superiore a 150.000 euro, non superiore a 30.000 euro”. A seguito dell’entrata in vigore del dpcm 13/2025, del 5 marzo 2025, da aprile 2025, inoltre, titoli di Stato, buoni fruttiferi postali e libretti di risparmio postale sono esclusi dal calcolo dell’ISEE (per un importo massimo di 50mila euro per nucleo familiare) rendendo più semplice ottenere il beneficio;
  • Residenza e cittadinanza: I richiedenti devono essere cittadini italiani, dell’Unione Europea o extracomunitari con permesso di soggiorno di lungo periodo e residenti in Italia da almeno cinque anni, di cui gli ultimi due continuativi.
  • Requisiti ulteriori: Non essere sottoposti a misure cautelari personali o di prevenzione nè avere sentenze definitive di condanna intervenute nei dieci anni precedenti la richiesta; non essere disoccupati; non risiedere in strutture a totale carico pubblico; aver adempiuto all’obbligo di istruzione per i beneficiari tra i 18 e i 29 anni ovvero “essere iscritto e frequentare percorsi di istruzione degli adulti di primo livello, funzionali all’adempimento del predetto obbligo di istruzione”.

Modalità di erogazione

L’importo dell’ADI viene calcolato tenendo conto del reddito disponibile del nucleo familiare. L’accredito del beneficio avviene mensilmente su una carta di pagamento elettronica (Carta di Inclusione o Carta ADI) per un periodo continuativo non superiore a 18 mesi, che può essere rinnovato per ulteriori 12 mesi.

La carta consente non solo di effettuare acquisti di beni di prima necessità, ma anche di prelevare contante entro limiti stabiliti.

Obblighi per i beneficiari

L’Assegno di Inclusione non è solo un aiuto economico, ma si inserisce in un percorso di reinserimento sociale e lavorativo. I beneficiari, infatti, devono sottoscrivere un Patto di Inclusione che prevede la partecipazione a programmi formativi, tirocini o attività lavorative. Sono previste esenzioni per chi non è in grado di lavorare per motivi di salute o altre condizioni specifiche.

Il beneficio decorre dal mese successivo a quello di sottoscrizione, da parte del richiedente, del Patto di attivazione digitale del nucleo familiare (PAD) all’esito positivo dell’istruttoria.

Come presentare la domanda

La richiesta dell’ADI può essere effettuata tramite il portale online dell’INPS, accedendo in via telematica con SPID, CIE o CNS, alla pagina dedicata al servizio, oppure rivolgendosi a un Centro di Assistenza Fiscale (CAF) o ancora presso i patronati.

È necessario presentare tutta la documentazione richiesta, tra cui l’ISEE aggiornato.

decreto caivano

Decreto Caivano: prova semplificata secondo il favor minoris La Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità della disposizione del Decreto Caivano nella parte in cui indica il Gip per la prova minorile semplificata

Decreto Caivano: l’intervento della Consulta

Decreto Caivano: la prova minorile “semplificata” va decisa dal giudice collegiale e interpretata secondo il “favor minoris”. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale con la sentenza n. 23/2025, decidendo le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 27-bis del d.P.R. numero 448 del 1988, inserito dall’articolo 8, comma 1, lettera b), del decreto-legge numero 123 del 2023, convertito nella legge numero 159 del 2023 (“decreto Caivano”), sollevate, in riferimento agli articoli 3 e 31, secondo comma, della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i minorenni di Trento.

Prova minorile semplificata

La Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 2 della disposizione censurata, per violazione dell’articolo 31, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui indica «giudice per le indagini preliminari», anziché «giudice dell’udienza preliminare, ai sensi dell’art. 50-bis, comma 2, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario)».

Infatti, quale istituto di protezione della gioventù, rammenta la Corte, anche la prova minorile “semplificata”, introdotta dalla norma censurata, richiede la composizione pedagogicamente qualificata dell’organo giudicante, quindi un collegio integrato dagli esperti educatori, così come è previsto per la messa alla prova minorile ordinaria.

Favor minoris

Le ulteriori questioni sono state dichiarate non fondate «nei sensi di cui in motivazione», essendo possibile attribuire alla norma un significato adeguato al “favor minoris”, nel senso che:

– il programma rieducativo non può essere elaborato senza l’intervento dei servizi minorili, che seguono poi il minore durante lo svolgimento della prova e rimettono al giudice la relazione conclusiva;

– la proposta del pm di accesso alla prova “semplificata” è atto di esercizio dell’azione penale, quindi può intervenire solo quando sia sufficientemente definito, oltre al fatto-reato, anche il quadro esistenziale del minore;

– nell’applicazione dell’istituto, giudice e PM possono avvalersi dei mezzi conoscitivi di cui agli articoli 6 e 9 del d.P.R. 448/1988, non ostando la clausola di invarianza finanziaria, inserita dal “decreto Caivano” per forme atipiche di impegno dei servizi;

– il termine di sessanta giorni fissato dalla norma censurata per il deposito del programma rieducativo non è perentorio, sicché, qualora per giustificate ragioni non riesca a rispettarlo, la difesa del minore può ottenerne una proroga;

– come per il progetto di intervento nella prova minorile ordinaria, neppure nella prova “semplificata” è precluso al giudice integrare o modificare il programma rieducativo, purché consulti le parti e i servizi minorili;

– oltre ad attività di lavoro, la prova “semplificata” può avere ad oggetto anche attività di carattere socio-relazionale, e gli stessi eventuali impegni lavorativi non devono compromettere i percorsi scolastico-educativi in atto.

La decisione

«In virtù della pronuncia sostitutiva sulla composizione del giudice e dei descritti adeguamenti interpretativi» – si legge, infine, in sentenza – «la norma censurata si sottrae alla richiesta di ablazione radicale, anche in ragione del fatto che il nuovo istituto, per come modificato in sede di conversione del d.l. n. 123 del 2023, non preclude ulteriori percorsi procedimentali, incluso quello della messa alla prova ordinaria».

abusi edilizi sopravvenuti

Abusi edilizi sopravvenuti: le sanzioni valgono per tutti La Corte Costituzionale ha stabilito che anche le autonomie speciali devono attenersi al regime sanzionatorio dettato per gli abusi edilizi sopravvenuti

Abusi edilizi sopravvenuti

Anche le autonomie speciali devono attenersi al regime sanzionatorio dettato dall’art. 38 del TU Edilizia per gli abusi edilizi sopravvenuti. Lo ha affermato la Consulta che, con la sentenza n. 22/2025, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4, comma 10, della legge della Provincia di Bolzano 10 gennaio 2022, numero 1 (Disposizioni collegate alla legge di stabilità provinciale per l’anno 2022), per violazione degli articoli 4 e 8 dello statuto speciale, in quanto in contrasto con le norme fondamentali di riforma economico sociale, quali sono gli articoli 36 e 38 del d.P.R. 6 giugno 2001, numero 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia).

Il regime sanzionatorio della fiscalizzazione dell’abuso

La Corte Costituzionale ha per la prima volta riconosciuto che, al pari dell’articolo 36 del Testo unico edilizia, anche l’articolo 38, nel prevedere un peculiare regime sanzionatorio (fiscalizzazione dell’abuso) per i cosiddetti “abusi edilizi sopravvenuti” (ossia realizzati in conformità a un titolo abilitativo in seguito annullato), mira a proteggere interessi di primaria importanza e di segno complessivamente unitario (in quanto correlati al governo del territorio e alla tutela del paesaggio e dell’ambiente), con conseguente necessità di attuazione uniforme a livello nazionale che non può subire differenziazioni regionali.

Le sanzioni valgono anche per le autonomie speciali

Nella sentenza si afferma, in particolare, “che le specifiche condizioni richieste dall’articolo 38 (impossibilità di procedere alla rimozione dei vizi procedurali e impossibilità tecnica di procedere alla restituzione in pristino), per consentire il pagamento di una sanzione pecuniaria pari al valore venale dell’opera abusiva in luogo della demolizione, costituiscono elementi determinanti del punto di equilibrio tra opposti interessi, individuato dal legislatore statale al fine di un ordinato governo del territorio”.

Pertanto, ha concluso il giudice delle leggi, alle Regioni ad autonomia speciale e alle Province autonome non è dato introdurre ulteriori criteri di valutazione dell’impossibilità di ripristino, né della determinazione del “prezzo” da pagare per evitare la demolizione di un immobile; né, infine, graduare la sanzione in funzione della gravità del danno urbanistico arrecato dalla trasformazione del territorio.