tirocini uffici giudiziari

Tirocini uffici giudiziari: al via le domande per le borse di studio Pubblicato sul sito del ministero l'avviso che indica le modalità di presentazione delle domande per le borse di studio per i tirocini uffici giudiziari

Tirocini uffici giudiziari: borse di studio

Tirocini uffici giudiziari: il ministero ha pubblicato l’avviso riguardante le modalità di presentazione delle domande di borsa di studio di cui all’art. 73 commi 8 bis, 8 ter del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, mediante  piattaforma informatica, per i tirocini formativi svolti nel 2024.

Le risorse finanziarie da destinare all’attribuzione delle borse di studio sono state determinate con decreto interministeriale (Giustizia-MEF) 30 dicembre 2024, pubblicato in G.U. Serie Generale n. 55 del 7 marzo 2025.

Come presentare domanda

I tirocinanti che intendano richiedere la borsa di studio per il tirocinio di cui all’art. 73, d.l. 69 del 2013, svolto nel corso dell’anno 2024, dovranno presentare apposita domanda esclusivamente attraverso la piattaforma informatica “Tirocini formativi”, a questo indirizzo:

https://tirociniformativi.giustizia.it/tirocini-formativi/borsa-utente/domanda-borsa

Le istruzioni per procedere all’inoltro della richiesta sono contenute nel “Manuale utente tirocinante”, pubblicato nella sezione (“download”) della piattaforma informatica “Tirocini formativi” (sub voce “Manuale utente tirocinante”) e sul sito del Ministero della Giustizia, al seguente indirizzo: https://tirociniformativi.giustizia.it/manuali/Tirocini%20Formativi%20-%20Manuale%20utente%20tirocinante%201.4.pdf

Documenti da allegare

Ai fini della validazione della domanda, è necessario allegare, in un unico pdf, mediante caricamento sulla pagina ad hoc dell’applicazione informatica:

  • certificazione ISEE (calcolata per le prestazioni erogate agli studenti nell’ambito del diritto allo studio universitario), rilasciata in data successiva il 1 gennaio 2025;
  • dichiarazione sostitutiva di certificazione ( art. 46 D.P.R.28/12/2000), relativa alla mancata ( o avvenuta) percezione di altre borse di studio nel corso del 2024.

Le domande di richiesta della borsa di studio non possono essere presentate dai tirocinanti con modalità cartacea ovvero tramite PEC, ma esclusivamente caricate sulla piattaforma informatica.

Termini domanda

Le domande possono essere presentate nel periodo compreso tra il 13 marzo 2025, dalle ore 10 e il 17 aprile 2025, fino alle ore 19.00.

Dal giorno successivo la piattaforma non accetterà più alcuna domanda.

E’ sempre disponibile, rammenta il ministero, per gli uffici e per i tirocinanti, per chiarimenti, anche di carattere tecnico, il servizio di help-desk all’indirizzo: tirociniformativi-art73@giustizia.it

pensione supplementare

Pensione supplementare Pensione supplementare: definizione, destinatari, requisiti, funzionamento, domanda e giurisprudenza di rilievo

Cos’è la pensione supplementare?

La pensione supplementare è un trattamento previdenziale erogato su domanda dell’interessato e dei superstiti. Essa consente di far valere i contributi che il lavoratore ha versato in una gestione previdenziale diversa rispetto a quella in cui ha maturato ed è diventato titolare di pensione. Questa prestazione consente quindi di valorizzare i contributi versati, integrando la pensione principale già percepita da un altro ente previdenziale.

In base al soggetto che richiede la prestazione, ossia il titolare della pensione o il parente superstite, la pensione supplementare può essere di vecchiaia, di invalidità e ai superstiti.

A chi è rivolta la pensione supplementare

Essa spetta:

  • per i contributi versati all’AGO (FPLD – Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti e gestioni speciali degli autonomi) ai lavoratori che sono titolari di una pensione a carico di un fondo esclusivo, esonerativo o sostitutivo;
  • ai pensionati già titolari di un trattamento previdenziale principale presso un altro ente (ad esempio, FPLS);
  • ai pensionati che percepiscono il trattamento a carico del Fondo Clero destinato ai ministri del culto di confessioni diverse rispetto a quella cattolica;
  • coloro che percepiscono assegni vitalizi al posto della pensione.

Come funziona

L’importo della prestazione viene calcolato in base ai contributi versati nell’AGO. Il calcolo avviene con il sistema retributivo, misto o contributivo, a seconda della data di versamento dei contributi e dell’anzianità contributiva del richiedente.

Requisiti principali

  • Età pensionabile: il richiedente deve aver raggiunto l’età per la pensione di vecchiaia nella gestione in cui si richiede la pensione supplementare:
  • Titolarità o liquidazione in corso della pensione principale;
  • Contributi insufficienti per la pensione autonoma nella gestione in cui si chiede la pensione supplementare.

Requisiti specifici sono richiesti per la pensione supplementare di invalidità e ai superstiti.

Quanto spetta con la pensione supplementare

L’importo della pensione supplementare dipende da diversi fattori;

  • contributi versati;
  • sistema di calcolo applicabile (retributivo o contributivo).
  • rivalutazione dei contributi versati.

Non esiste un importo fisso, ma in media la misura è rappresentata da una percentuale limitata della pensione principale.

Come fare domanda per la pensione supplementare

La domanda deve essere presentata telematicamente all’INPS attraverso i seguenti canali:

  • Portale INPS: accedendo con SPID, CIE o CNS.
  • Patronati e CAF: che forniscono assistenza gratuita nella compilazione e invio della richiesta.
  • Contact Center INPS: numero 803 164 da rete fissa o 06 164 164 da cellulare.

Documenti necessari

  • Documento d’identità e codice fiscale.
  • Certificazione dell’ente previdenziale principale attestante la titolarità della pensione.
  • Estratto conto contributivo INPS per verificare i periodi di contribuzione AGO.

Giurisprudenza rilevante

Diverse sentenze della Corte di Cassazione hanno chiarito aspetti rilevanti dell’istituto:

Cassazione n. 29247/2023

La pensione supplementare rappresenta un beneficio autonomo e distinto, il cui regime di età pensionabile deve essere determinato in base alla data di presentazione della domanda amministrativa per tale pensione, e non alla data in cui si maturano i requisiti per la pensione principale. Di conseguenza, le clausole di salvaguardia relative ai requisiti anagrafici e contributivi, previste per la pensione di anzianità o di vecchiaia, non sono applicabili al trattamento della pensione supplementare.

Cassazione n. 36199/2023

Un assicurato iscritto alla gestione separata, che possiede anche contributi versati presso l’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO), ha la possibilità di scegliere tra due opzioni:

– ottenere una pensione autonoma a carico dell’AGO, utilizzando i contributi maturati in quella gestione, e impiegare quelli della gestione separata per una pensione supplementare.

– concentrare tutti i contributi nella gestione separata, al fine di ottenere un’unica pensione calcolata con il metodo contributivo.

La decisione spetta esclusivamente all’interessato. Pertanto, l’integrazione dei contributi maturati in altre gestioni nella gestione separata può avvenire solo su esplicita richiesta. Fino a quando il pensionato non esprime questa volontà, tali contributi non possono essere considerati nella gestione separata.

Cassazione n. 31519/2021

Il decreto ministeriale 2 maggio 1996, n. 282, art. 1, comma 2, stabilisce che:

  • Pensione supplementare: gli iscritti alla gestione separata che non raggiungono i requisiti per una pensione autonoma possono ottenerne una supplementare se sono titolari di un trattamento pensionistico erogato dall’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO) o da altre gestioni previdenziali obbligatorie (come le forme esclusive e sostitutive dell’AGO, le gestioni speciali per i lavoratori autonomi e le casse dei liberi professionisti).
  • Requisiti anagrafici: per accedere al trattamento pensionistico supplementare, è necessario soddisfare il requisito di età previsto dalla L. 335/1995, art. 1, comma 20.
  • Utilizzo dei contributi: i contributi versati nella gestione separata, insufficienti per una pensione autonoma, vengono utilizzati per calcolare il trattamento supplementare.
  • Autonomia del beneficio: la pensione supplementare è distinta dal trattamento principale sia per la decorrenza (dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda) sia per il calcolo, che include eventuali aumenti per i familiari.
  • Aggiornamenti normativi: il requisito anagrafico è soggetto a modifiche legislative nel tempo, in base al regime della gestione presso cui si richiede il trattamento supplementare.

 

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avvocati stabiliti

Avvocati stabiliti: il CNF chiarisce il riconoscimento del titolo Il Consiglio Nazionale Forense coglie l'occasione per dettare chiarimenti sul riconoscimento del titolo ai fini dell'iscrizione nell'elenco degli avvocati stabiliti

Avvocati stabiliti

Il Consiglio Nazionale Forense (CNF), con la sentenza n. 350/2024 pubblicata il 10 marzo 2025 sul sito del Codice deontologico, ha chiarito che il titolo di avvocato ottenuto in Romania può essere riconosciuto in Italia, ai fini dell’iscrizione nell’elenco speciale degli avvocati stabiliti, solo se rilasciato dalla Uniunea Nationala a Barourilor din Romania (U.N.B.R.), ovvero l’Ordine tradizionale di Bucarest.

Il principio espresso dal CNF

Nella sentenza, il CNF ha chiarito che il riconoscimento del titolo professionale ai fini dell’esercizio della professione forense in Italia deve avvenire nel rispetto del meccanismo di cooperazione tra i Paesi membri dell’Unione Europea. In questo contesto, è considerata valida esclusivamente l’abilitazione rilasciata dalla U.N.B.R. Ordine tradizionale, designata come autorità competente dalla normativa rumena.

Di conseguenza, il CNF ha respinto l’istanza di sospensione dell’esecutività del provvedimento di cancellazione dall’elenco speciale degli avvocati stabiliti, in quanto il titolo in questione era stato rilasciato dalla U.N.B.R. – Struttura BOTA, organismo non riconosciuto come legittima autorità abilitante per l’accesso alla professione forense in Italia.

Implicazioni della decisione

La pronuncia conferma l’orientamento rigoroso del CNF in materia di riconoscimento dei titoli professionali ottenuti all’estero, ribadendo la necessità di un controllo stringente sulle certificazioni rilasciate dagli enti preposti nei diversi Stati membri dell’UE.

Per gli avvocati stabiliti che desiderano esercitare in Italia con un titolo conseguito in Romania, la decisione del CNF rappresenta un punto fermo: solo i titoli emessi dalla U.N.B.R. tradizionale consentono l’iscrizione all’albo speciale.

linguaggio e violenza di genere

Linguaggio e violenza di genere: il documento dell’Osservatorio Presentato il documento "Linguaggio e violenza di genere nella giurisdizione: un cantiere aperto" dall'Osservatorio permanente sulla violenza di genere

Linguaggio e violenza di genere

In occasione della Giornata internazionale della donna, l’Osservatorio permanente sull’efficacia delle norme in tema di violenza di genere e domestica ha presentato il documento Linguaggio e violenza di genere nella giurisdizione: un cantiere aperto. Questo testo mira a sensibilizzare l’opinione pubblica e gli operatori del diritto sull’importanza dell’uso delle parole nella narrazione della violenza di genere nei procedimenti giudiziari.

Un approccio consapevole al linguaggio giuridico

Il documento promuove una riflessione approfondita sulla correlazione tra terminologia giuridica e vittimizzazione secondaria, invitando a un uso più attento e responsabile del linguaggio nelle pronunce giudiziarie. L’obiettivo è ridurre il rischio che espressioni inadeguate possano rafforzare pregiudizi o stereotipi dannosi per le vittime.

La pubblicazione è stata pensata per instaurare un dialogo diretto con magistrati, avvocati e altri professionisti del settore, stimolando una revisione critica del linguaggio adottato nei provvedimenti giudiziari.

Per facilitare l’accesso ai contenuti, il documento include QR code e hyperlink per consultare immediatamente fonti multimediali e sarà disponibile per il download gratuito sul sito ufficiale dell’Osservatorio.

Le dichiarazioni istituzionali

Il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha sottolineato l’importanza di questo lavoro, evidenziando il ruolo del linguaggio nella trattazione della violenza di genere: “Il documento pone l’attenzione sulle parole e le espressioni con cui si affronta la violenza di genere nei provvedimenti giudiziari e nella comunicazione giuridica più ampia. È una piattaforma di riflessione aperta, pensata per accogliere contributi e favorire un confronto costante su un fenomeno complesso”.

La Presidente dell’Osservatorio, Maria Rosaria Covelli, ha evidenziato il rischio di un linguaggio giudiziario che possa favorire la vittimizzazione secondaria: “È essenziale prestare attenzione al modo in cui si descrive la violenza di genere nel processo e nella comunicazione giudiziaria. Questo documento rappresenta uno strumento di supporto per individuare e superare pregiudizi e stereotipi che potrebbero alimentare una narrazione distorta del fenomeno”.

L’impatto della lingua sulla giurisprudenza

Anna Lorenzetti, docente di Diritto costituzionale all’Università di Bergamo e coordinatrice del gruppo di lavoro dell’Osservatorio sul linguaggio, ha spiegato come il linguaggio influenzi la percezione della realtà giuridica: “La lingua non solo descrive, ma influenza profondamente l’immaginario collettivo e la costruzione del diritto. Anche il linguaggio giurisprudenziale può essere inconsapevolmente condizionato da stereotipi, con conseguenze dirette sulla tutela delle vittime”.

Verso una comunicazione giuridica più consapevole

Il documento rappresenta un passo significativo verso una maggiore consapevolezza linguistica nel diritto, offrendo strumenti utili per una narrazione giuridica più equa e rispettosa. La sua diffusione e utilizzo potranno contribuire a una giustizia più attenta alla realtà delle vittime e al peso delle parole nei procedimenti giudiziari.

 

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rottamazione-quater

Rottamazione-quater: le istruzioni per la riammissione Al via le richieste di riammissione alla rottamazione-quater per i decaduti fino al 2024. Online il servizio dell'Agenzia delle Entrate-Riscossione

Rottamazione-quater: al via le richieste di riammissione

L’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha attivato il servizio online per presentare la domanda di riammissione alla Rottamazione-quater, misura prevista dalla Legge n. 15/2025, che ha convertito il decreto Milleproroghe (D.L. n. 202/2024). L’opportunità riguarda i contribuenti che al 31 dicembre 2024 avevano piani di pagamento decaduti dalla Definizione agevolata. Le richieste devono essere trasmesse esclusivamente online entro il 30 aprile 2025 tramite il portale ufficiale www.agenziaentrateriscossione.gov.it, dove sono disponibili anche le FAQ per chiarire i principali dubbi.

Chi può richiedere la riammissione?

La norma consente la riammissione esclusivamente per i debiti già inseriti nelle precedenti adesioni alla Rottamazione-quater, per i quali i contribuenti risultano decaduti per mancato, insufficiente o tardivo versamento delle rate previste.

Modalità di pagamento

I contribuenti potranno scegliere tra due opzioni di pagamento:

  • Soluzione unica entro il 31 luglio 2025;
  • Rateizzazione in 10 rate, con le prime due scadenze fissate per il 31 luglio e il 30 novembre 2025 e le successive programmate il 28 febbraio, 31 maggio, 31 luglio e 30 novembre per gli anni 2026 e 2027.

Come presentare la domanda online

La richiesta di riammissione deve essere inviata esclusivamente tramite il servizio dedicato disponibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Sono previste due modalità di accesso:

  1. Area riservata:
    • Accesso con SPID, CIE, CNS o, per gli intermediari fiscali, Entratel;
    • Selezione delle cartelle e avvisi idonei;
    • Scelta del piano di rateizzazione senza necessità di allegare documenti di riconoscimento.
  2. Area pubblica:
    • Compilazione di un form online;
    • Inserimento del numero della Comunicazione delle somme dovute già ricevuta;
    • Indicazione del numero di rate desiderate (massimo 10);
    • Allegato del documento di riconoscimento;
    • Ricezione di una email di conferma con un link da convalidare entro 72 ore.

In caso di smarrimento della Comunicazione delle somme dovute, è possibile richiederne una copia seguendo le istruzioni disponibili sul sito ufficiale.

Comunicazione dell’esito della richiesta

Entro il 30 giugno 2025, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione invierà ai richiedenti:

  • L’ammontare delle somme dovute;
  • I moduli di pagamento con le relative scadenze.

Cos’è la Rottamazione-quater?

La Definizione agevolata (Rottamazione-quater), si ricorda, riguarda i carichi affidati all’Agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022, introdotta con la Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022).

La misura consente di pagare esclusivamente:

  • Il capitale dovuto;
  • Le spese per procedure esecutive e diritti di notifica.

Non sono invece richiesti:

  • Sanzioni e interessi iscritti a ruolo;
  • Interessi di mora e aggio;
  • Maggiorazioni su multe stradali e altre sanzioni amministrative.

 

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scuola

Scuola: le nuove indicazioni del ministero Dal latino alle medie alla Bibbia e Harry Potter alla primaria, il MIM ha pubblicato le nuove linee guida per i programmi scolastici

Nuove indicazioni scolastiche MIM

Il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha pubblicato le nuove linee guida per i programmi della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione. Le modifiche, previste a partire dall’anno scolastico 2026/2027, introducono significative innovazioni, tra cui l’insegnamento del Latino negli ultimi due anni delle scuole medie, della Bibbia e dei grandi classici, come l’Iliade e l’Odissea, fin dalla prima elementare, oltre che di libri come Harry Potter sul fronte della letteratura.

Riforma del curricolo scolastico: le novità principali

La proposta nasce dal lavoro della Commissione incaricata della revisione delle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, che, si legge sul sito del Ministero, ha terminato i lavori di redazione della bozza di documento “Nuove indicazioni per la scuola dell’infanzia e primo ciclo di istruzione 2025”.

Il documento, al momento, è stato reso pubblico per avviare un dibattito aperto sulle nuove direttive educative.

La consultazione

Il testo infatti sarà oggetto di ampia consultazione, che coinvolgerà associazioni professionali e disciplinari, associazioni dei genitori e degli studenti e organizzazioni sindacali della scuola.

Il confronto sarà utile per avviare l’iter formale di adozione delle Nuove Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione che andranno a sostituire dall’anno scolastico 2026/2027 quelle adottate nel novembre 2012.

diritti reali di godimento

I diritti reali di godimento Cosa sono i diritti reali di godimento (iura in re aliena), caratteristiche, differenza con la proprietà, giurisprudenza in materia

Diritti reali di godimento: cosa sono

I diritti reali di godimento, noti anche come iura in re aliena, sono diritti che conferiscono al titolare la facoltà di utilizzare e godere di un bene di proprietà altrui, limitando in parte le prerogative del proprietario. A differenza del diritto di proprietà, che è pieno ed esclusivo, i diritti reali di godimento attribuiscono specifiche facoltà di utilizzo senza trasferire la titolarità del bene.

Tipologie di diritti reali di godimento

Nel sistema giuridico italiano, i principali diritti reali di godimento sono:

  1. Usufrutto: consente al titolare (usufruttuario) di godere di un bene altrui, traendone utilità e frutti, con l’obbligo di rispettarne la destinazione economica e di restituirlo al termine della durata concordata.
  2. Uso: diritto di utilizzare un bene altrui e, se fruttifero, di raccoglierne i frutti limitatamente ai bisogni propri e della propria famiglia.
  3. Abitazione: diritto di abitare una casa altrui limitatamente ai bisogni propri e della propria famiglia.
  4. Servitù prediali: peso imposto su un fondo (servente) per l’utilità di un altro fondo (dominante), appartenente a diverso proprietario.
  5. Superficie: diritto di edificare e mantenere una costruzione al di sopra o al di sotto di un suolo di proprietà altrui.
  6. Enfiteusi: diritto di godere di un fondo altrui con l’obbligo di migliorarlo e di pagare un canone periodico al proprietario.

Caratteristiche distintive

I diritti reali di godimento presentano le seguenti caratteristiche:

  • Immediatezza: il titolare esercita direttamente il diritto sul bene, senza intermediazioni.
  • Assolutezza: sono opponibili erga omnes, ossia nei confronti di chiunque.
  • Tipicità: sono previsti e disciplinati tassativamente dalla legge; non è possibile crearne di nuovi tramite accordi privati.
  • Inerenza: il diritto è strettamente legato al bene su cui insiste e segue le vicende giuridiche di quest’ultimo.

Differenze rispetto al diritto di proprietà

Mentre il diritto di proprietà conferisce al titolare il potere pieno ed esclusivo di godere e disporre del bene in modo assoluto, i diritti reali di godimento limitano tali facoltà, attribuendo al titolare specifici diritti di utilizzo senza trasferirgli la proprietà. Ad esempio, nell’usufrutto, l’usufruttuario ha il diritto di utilizzare il bene e di percepirne i frutti, ma non può alienarlo o modificarne la destinazione economica.

Giurisprudenza rilevante

La giurisprudenza italiana ha più volte affrontato questioni relative ai diritti reali di godimento:

Cassazione n. 25786/2020: ai fini del diritto di edificare (“ius aedificandi”), in relazione al diritto di superficie si considera costruzione qualsiasi manufatto non completamente interrato che presenti solidità, stabilità e un collegamento fisso al suolo. Tale collegamento può avvenire tramite appoggio, incorporazione o fissaggio a una struttura preesistente o realizzata contestualmente. Il materiale utilizzato non è rilevante, purché l’opera comporti un ampliamento della superficie e della funzionalità dell’immobile.

Cassazione n. 8911/2016: Secondo gli articoli 979 e 980 c.c., l’usufrutto non può durare oltre la vita dell’usufruttuario. Se concesso a più soggetti “pro quota” e in assenza di usufrutto congiuntivo, si estingue per ciascuno alla sua morte. Tuttavia, l’usufruttuario può cedere il proprio diritto, in tutto o in parte, per un periodo determinato o per l’intera durata. In tal caso, se il cessionario muore prima del cedente, l’usufrutto prosegue fino alla vita di quest’ultimo, rendendolo trasmissibile “mortis causa” nei limiti della sua esistenza.

Cassazione n. 18465/2020: In materia di servitù prediali, il concetto di “utilitas” è ampio e comprende qualsiasi elemento che, secondo la valutazione sociale, sia strumentale alla destinazione del fondo dominante e ne migliori il godimento. La servitù può soddisfare diverse esigenze, garantendo maggiore amenità e abitabilità, anche attraverso la riduzione di rumori o impedendo costruzioni con destinazioni fastidiose o sgradevoli.

Cassazione n. 14687/2014: il limite del diritto di abitazione previsto dall’art. 1022 c.c. non va inteso in senso quantitativo, ossia in base alla porzione di casa necessaria ai bisogni del titolare e della sua famiglia. Piuttosto, esso impone un vincolo d’uso, vietando qualsiasi destinazione diversa dall’abitazione personale dell’”habitator” e dei suoi familiari.

 

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malattia e visite fiscali

Malattia e visite fiscali: tutte le info sul sito INPS Online la pagina dell'istituto dedicata all'indennità di malattia e visite fiscali per i lavoratori dipendenti e iscritti alla Gestione Separata

Malattia e visite fiscali

Malattia e visite fiscali: l’INPS ha pubblicato online sul proprio sito una nuova pagina interamente dedicata all’indennità di malattia, riconosciuta a lavoratori dipendenti e iscritti alla Gestione Separata, e alle visite mediche di controllo.

Nella pagina dedicata sul portale dell’istituto sono contenute tutte le informazioni d’interesse sia sull’indennità riconosciuta ai lavoratori dipendenti e a quelli iscritti alla Gestione Separata, quando un evento di malattia ne determina l’incapacità temporanea al lavoro, sia sulle visite fiscali.

Le info su indennità di malattia e visite mediche

Con riferimento all’indennità di malattia, per entrambe le categorie di lavoratori l’Istituto fornisce le informazioni su:

  • requisiti;
  • durata della prestazione;
  • quanto spetta;
  • modalità di pagamento;
  • come richiedere l’indennità.

La pagina, inoltre, fornisce le indicazioni sulle visite mediche di controllo. Per consentire i controlli di verifica dell’effettiva temporanea incapacità lavorativa, infatti, il lavoratore deve rendersi reperibile al proprio domicilio nelle fasce orarie previste.

L’assenza alla visita medica di controllo, se non giustificata, comporta l’applicazione di sanzioni.

Tramite la pagina, infine, informa l’istituto, è possibile scaricare diverse guide sulla tutela della malattia e sui certificati.

 

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permesso di soggiorno

Permesso di soggiorno: stessa pena per uso documenti contraffatti Per la Consulta non è costituzionalmente illegittima la mancata previsione di una riduzione della pena per chi usa un documento falsificato da altri per ottenere il permesso di soggiorno

Documenti contraffatti per permesso di soggiorno

L’uso di documenti contraffatti per ottenere un permesso di soggiorno: la pena prevista dalla legge non è manifestamente sproporzionata. E’ quanto ha affermato la Corte Costituzionale, chiamata a giudicare la legittimità del Testo Unico sull’immigrazione, nella parte in cui non prevede una riduzione della pena per chi si limiti a utilizzare un documento da altri falsificato per ottenere un documento di soggiorno.

La qlc

Con la sentenza n. 27/2025, la Consulta ha dichiarato non fondata la questione sollevata da un GIP del Tribunale di Vicenza. Il processo principale concerneva un cittadino straniero che aveva presentato alla Questura un certificato di conoscenza della lingua italiana poi rivelatosi contraffatto, al fine di ottenere un permesso di lungo soggiorno per cittadini non appartenenti all’Unione europea.

In sede di giudizio abbreviato, il GIP aveva deciso di sospendere il processo e di chiedere alla Consulta se sia legittimo prevedere la pena della reclusione da uno a sei anni sia per chi materialmente abbia falsificato il documento, sia per chi si sia limitato a utilizzarlo.

Il GIP aveva in particolare rilevato che il codice penale, nel disciplinare in via generale i reati di falso, prevede una riduzione della pena per chi si sia limitato a fare uso di un documento da altri falsificato. Il diverso e più grave trattamento dell’uso del documento falso da parte dell’articolo 5, comma 8-bis, del testo unico sull’immigrazione violerebbe il principio di eguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione, con conseguente pregiudizio alla funzione rieducativa della pena, stabilita dall’art. 27 della Costituzione.

La decisione

La Corte, tuttavia, ha ritenuto infondati i dubbi del GIP. Anzitutto, la Costituzione non vieta al legislatore di prevedere un trattamento sanzionatorio più severo, rispetto a quello stabilito per i comuni reati di falso, per i falsi in materia di immigrazione, i quali offendono l’interesse statale a una ordinata gestione dei flussi migratori.

In secondo luogo, la Corte ha osservato che la condotta consistente nel semplice uso del documento falsificato per ottenere un documento di soggiorno non deve essere necessariamente considerata meno grave della condotta di falsificazione del documento stesso. “Chi presenta un documento falso alla Questura per ottenere un permesso di soggiorno normalmente ha anche concorso nella sua falsificazione, fornendo all’autore materiale i propri dati identificativi. Inoltre, è proprio l’uso del documento a creare l’immediato rischio che venga rilasciato un documento di soggiorno in assenza dei requisiti di legge, mentre la falsificazione del documento costituisce soltanto un’attività preparatoria rispetto a questo scopo”.

La norma in esame, dunque, non viola né il principio di eguaglianza, né il principio di proporzionalità delle sanzioni penali, desunto dalla finalità rieducativa della pena.

permessi premio

Permessi premio: incostituzionale negarli a chi ha commesso reati in carcere La Corte Costituzionale si pronuncia su presunzione di innocenza e rieducazione della pena in materia di permessi premio

Permessi premio: l’intervento della Consulta

È incostituzionale la preclusione biennale alla concessione di permessi premio a un detenuto che sia stato imputato o condannato per un reato commesso durante l’esecuzione della pena. Lo ha stabilito la Corte costituzionale nella sentenza n. 24/2025, con la quale è stata ritenuta fondata una questione sollevata dal Magistrato di sorveglianza di Spoleto.

La questione di legittimità costituzionale

Un detenuto, in carcere dal 2017, aveva chiesto di essere ammesso a un permesso premio. La sua richiesta era però inammissibile, perché l’articolo 30-ter, quinto comma, della legge sull’ordinamento penitenziario vietava, per due anni, di concedere permessi premio a detenuti che siano stati condannati o siano imputati per un reato commesso durante l’esecuzione della pena.

Nel caso concreto, il richiedente era stato rinviato a giudizio per avere tentato, un anno prima, di introdurre droga nel carcere per un altro detenuto.

Il magistrato di sorveglianza ha tuttavia rimesso gli atti alla Corte costituzionale, ritenendo la preclusione stabilita dalla legge incompatibile, tra l’altro, con la presunzione di non colpevolezza e la funzione rieducativa della pena.

Funzione rieducativa della pena

La Consulta ha anzitutto osservato che un’analoga questione era stata ritenuta non fondata in una sentenza del 1997, che peraltro aveva invitato il legislatore a modificare la norma per renderla più conforme alla funzione rieducativa della pena.

Rilevato che il tendenziale rispetto dei precedenti costituisce una condizione essenziale dell’autorevolezza delle proprie decisioni, la Corte ha tuttavia rammentato come ci possano essere “ragioni cogenti” che rendano non più sostenibili le decisioni precedentemente adottate, ad esempio quando esse non siano più coerenti con il successivo sviluppo della giurisprudenza costituzionale o di quella delle Corti europee.

In questo caso, una preclusione che si fondi sulla sola circostanza che il richiedente sia “imputato” per un reato appare, oggi, incompatibile con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, con il diritto dell’Unione europea e con la stessa giurisprudenza della Corte costituzionale in materia.

Presunzione di non colpevolezza

Gli effetti della presunzione di non colpevolezza non si esauriscono, come ancora si riteneva alcuni decenni fa, all’interno del procedimento penale relativo alla responsabilità per il reato addebitato all’imputato, ma implicano un generale divieto di considerare l’imputato colpevole del fatto anche in qualsiasi altro procedimento giudiziario, sino a che il reato non sia definitivamente accertato.

Conseguentemente, una norma che vieta in via assoluta al magistrato di sorveglianza di concedere un permesso premio, per il solo fatto che il richiedente sia stato imputato di un reato da parte del pubblico ministero, “agli effetti pratici (…) vincola il giudice a ‘presumere colpevole’ l’imputato”. Una disposizione così concepita, ha concluso la Corte, “sottrae al magistrato di sorveglianza ogni margine di autonomo apprezzamento sulla reale consistenza della notitia criminis e, soprattutto, gli impedisce di ascoltare l’imputato e il suo difensore, e di tenere conto delle loro deduzioni circa l’effettiva commissione del fatto (…), con conseguente, indiretto, vulnus allo stesso diritto di difesa dell’interessato, legato a doppio filo alla presunzione di innocenza”.

Automatismo preclusivo incompatibile

La Corte ha inoltre affermato che l’automatismo preclusivo stabilito dalla norma è ormai divenuto incompatibile con i principi ripetutamente affermati dalla giurisprudenza costituzionale, in base ai quali il giudice della sorveglianza deve essere sempre libero di compiere una valutazione individualizzata sui progressi effettivamente compiuti dal condannato nel suo percorso penitenziario, nonché sulla sua residua pericolosità sociale. Anche nell’ipotesi, dunque, in cui il richiedente sia stato condannato in via definitiva per un reato commesso durante l’esecuzione della pena, il rispetto del principio rieducativo sancito dall’articolo 27 della Costituzione esige che il magistrato di sorveglianza resti sempre “libero di valutare il concreto rilievo del fatto, giudizialmente accertato in altra sede, ai fini della specifica decisione a lui affidata, tenendo conto dei contributi provenienti dalla difesa”.