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Assegno unico universale: la guida completa Cos’è l’assegno unico e universale, quali leggi lo disciplinano, requisiti soggettivi e reddituali per richiederlo, termine ultimo per fare domanda

Assegno unico e universale: cos’è

L’assegno unico e universale è stato previsto dalla legge n. 46/2021, che ha conferito la delega al Governo per riordinare, semplificare e rafforzare le misure a sostegno delle famiglie con figli a carico per favorire la natalità e l’occupazione femminile.

L’assegno è unico perché va a sostituire le misure precedentemente previste per i genitori con figli a carico, è universale perché si basa sul principio universalistico.

Questo beneficio economico infatti è riconosciuto su base progressiva a tutti i nuclei familiari con figli a carico. Il tutto ovviamente nei limiti delle risorse disponibili. L’assegno inoltre è modulato in base alla condizione economica del reddito familiare individuata tramite l’ISEE.

Esso inoltre può essere riconosciuto nella forma di credito d’imposta o di erogazione in danaro.

Assegno unico: quando spetta

L’articolo 2 della legge n. 46/2021 prevede il riconoscimento di un assegno mensile per ogni figlio di minore età a carico dei genitori a partire dal settimo mese di gravidanza.

Per i figli successivi al secondo l’assegno viene riconosciuto in misura maggiorata. La misura viene riconosciuta altresì per i figli maggiorenni a carico fino a 21 anni di età, con possibilità di corrispondere l’assegno direttamente al figlio, su sua richiesta, per favorirne l’autonomia. In quest’ultimo caso l’assegno spetta se il figlio maggiorenne frequenta un corso di formazione scolastico professionale, un corso di laurea o un tirocinio lavorativo (purché il reddito annuale lordo non superi gli 8000 euro lordi annuali), o è disoccupato e in cerca di lavoro presso un centro per l’impiego o un’agenzia per il lavoro o svolge infine servizio civile. La legge prevede maggiorazioni per situazioni particolari, come la disabilità del figlio o dei figli a carico, senza limiti di età.

Requisiti soggettivi del richiedente

L’assegno unico e universale viene riconosciuto se il richiedente presenta contestualmente i seguenti requisiti:

– essere cittadino italiano o europeo o suo familiare titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente. Se il richiedente è cittadino di un paese non europeo deve essere in possesso del permesso di soggiorno europeo per soggiornanti di lungo periodo o del permesso di soggiorno per motivi di lavoro o di ricerca per la durata minima di un anno;

  • essere soggetto al pagamento dell’imposta sui redditi in Italia;
  • essere residente e domiciliato con figli a carico per tutta la durata di corresponsione dell’assegno;
  • essere stato o essere residente in Italia per almeno due anni, anche se non continuativi o essere titolare di un contratto di lavoro a tempo indeterminato o determinato della durata minima di due anni.

Sono previste deroghe a questi requisiti, da parte di una specifica commissione nazionale, in presenza di comprovate necessità collegate a casi del tutto particolari e comunque per periodi limitati, su proposta dei servizi sociali e sanitari locali.

Decorrenza e regole di dettaglio

Il decreto legislativo n. 230/2021 ha attuato la legge delega n. 46/2021 istituendo l’assegno unico e universale per i figli a carico e dettando le disposizioni di dettaglio della misura.

L’assegno, decorrente dal 1° marzo 2022 costituisce un beneficio riconosciuto mensilmente da marzo a febbraio dell’anno successivo ai nuclei familiari che presentano una determinata condizione economica risultante dall’indicatore della situazione economico equivalente (ISEE).

In assenza di ISEE il nucleo di riferimento viene accertato sulla base dei dati che vengono autodichiarati nella domanda.

L’assegno unico universale spetta in parti uguali a chi esercita la responsabilità genitoriale, salvo eccezioni. In caso di affidamento esclusivo infatti l’assegno, in assenza di un accordo tra le parti, viene corrisposto al genitore affidatario. Nel caso invece in cui sia stato nominato un tutore o un affidatario l’assegno viene riconosciuto nell’interesse esclusivo del tutelato o del minore in affido familiare.

Requisiti reddituali per l’assegno unico e universale

In base al decreto legislativo n. 230/2021 l’assegno unico universale spetta nella misura di 175 euro mensili per ogni figlio minorenne e per ogni figlio disabile senza limiti di età e nella misura di 85 euro per ogni figlio maggiorenne fino a 21 anni di età in presenza di un ISEE pari o inferiore ai 15.000 euro.

Gli importi suddetti si riducono gradualmente in presenza di un ISEE di 40.000 euro. Per ISEE superiori a 40.000 euro l’importo resta costante e senza maggiorazioni.

Per le mamme di età inferiore ai 21 anni sono previste delle maggiorazioni di 20 euro mensili per ogni figlio. Maggiorazioni sono previste anche quando entrambi i genitori siano titolari di reddito da lavoro o quando uno dei genitori sia deceduto al momento della presentazione della domanda. In questo caso la maggiorazione spetta fino a 5 anni dall’evento morte.

Maggiorazioni particolari sono previste anche per i nuclei con ISEE non superiore a 25.000 euro, come previsto dall’articolo 5 della legge n. 230/2021.

Come fare domanda

La domanda può essere presentata a partire dal 1° gennaio di ogni anno ed è riferita al periodo compreso tra il mese di marzo dell’anno di presentazione e il mese di febbraio dell’anno successivo. Può provvedere a tale incombenza un genitore o chi esercita la responsabilità genitoriale.

L’istanza può essere presentata:

  • online tramite SPID, CIE o CNS dal sito dell’INPS nel servizio dedicato “Assegno unico e universale per i figli a carico”;
  • presso gli istituti di patronato;
  • contattando il numero verde 803164, gratis da rete fissa o lo 06.164.164 (a pagamento da cellulare);
  • tramite l’app “INPS mobile”.

Erogazione dell’assegno

Presentata alla domanda l’assegno viene riconosciuta a partire dal mese successivo a quello di presentazione. Ferma restando la decorrenza l’INPS riconosce l’assegno entro il termine di 60 giorni dalla sua presentazione.

La corresponsione dell’assegno avviene tramite accredito su conto corrente bancario o tramite bonifico domiciliato, salvi casi particolari.

Assegno unico universale 2024: domanda e arretrati

Chi non lo avesse ancora fatto può presentare domanda per l’assegno unico universale entro il 30 giugno 2024. Chi rispetta questa scadenza può ottenere gli arretrati di marzo aprile e maggio.

La scadenza vale anche per chi deve aggiornare la sua situazione economica con conseguente rimodulazione della misura.

Chi non rispetterà la scadenza del 30 giugno 2024 non potrà ottenere il pagamento degli arretrati.

Pagamenti 2024: calendario INPS

Con il messaggio n. 2302 del 20 giugno 2024 l’INPS ha comunicato il calendario dei pagamenti dell’assegno unico e universale che verranno effettuati da luglio a dicembre 2024.

lavoro donne vittime violenza

Donne vittime di violenza: al via lo sgravio contributivo L'INPS fornisce le istruzioni necessarie per presentare la domanda di sgravio contributivo per le donne vittime di violenza

Esonero contributivo assunzioni donne vittima di violenza

La legge di bilancio 2024 ha previsto in favore delle donne disoccupate vittime di violenza la possibilità di reinserirsi nel mercato del lavoro, grazie a un’agevolazione concessa ai datori di lavoro. Chi assume donne vittime di violenza è infatti esonerato nella misura del 100% dal versamento dei contributi previdenziali fino al limite massimo di 8.000 euro, fatta eccezione per i premi e i contributi INAIL.

Durata dell’esonero variabile in base al contratto di lavoro

Qualora il contratto d lavoro venga stipulato fin dall’inizio a tempo indeterminato l’esonero dal versamento dei contributi ha una durata di 24 mesi dall’assunzione.

Se invece il contratto di lavoro è stipulato a tempo determinato, anche nella forma della somministrazione, l’esonero spetta per 12 mesi dall’assunzione.  Se poi il contratto a tempo determinato viene trasformato a tempo indeterminato l’esonero è prorogato fino al 18º mese, decorrente dalla data del contratto

Come fare domanda: le istruzioni INPS

Sull’esonero contributivo l’INPS ha già emanato la circolare n. 41 del 5 marzo 2024. Con il messaggio n. 2239 del 14 giugno 2024 l’istituto fornisce tutte le indicazioni necessarie per la presentazione della domanda da parte del datore di lavoro per poter beneficiare dell’agevolazione contributiva.

Per fare domanda occorre andare sul sito dell’INPS e seguire il seguente percorso:

  • entrare nell’applicazione “Portale delle agevolazioni”;
  • cliccare sulla voce “Imprese e liberi professionisti”;
  • quindi sulla voce “Esplora imprese libere professionisti
  • in seguito sezione ”Strumenti”
  • infine “Vedi tutti”: al cui interno è disponibile il modulo per presentare l’istanza online ERLI.

La domanda deve contenere le seguenti informazioni:

  • dati anagrafici della lavoratrice assunta;
  • codice della comunicazione obbligatoria del rapporto di lavoro nuovo o trasformato;
  • importo della retribuzione lorda mensile comprese 13ª e 14ª;
  • indicazione della percentuale eventuale di lavoro part-time;
  • misura dell’aliquota contributiva oggetto dello sgravio.

Controlli INPS

Una volta che il datore ha presentato la domanda per l’esonero contributivo l’INPS effettua tutta una serie di controlli:

  • verifica l’esistenza del rapporto di lavoro;
  • calcola l’incentivo spettante al datore;
  • controlla la disponibilità finanziaria per la copertura dell’esonero contributivo (se le risorse sono sufficienti per tutto il periodo l’istituto informa il datore e indica l’importo massimo dell’agevolazione).

In caso di variazione in aumento della percentuale oraria di lavoro relativa al contratto part-time il beneficio non potrà comunque superare l’importo già autorizzato. In caso invece di variazione in diminuzione della percentuale dell’orario di lavoro, spetta al datore ricalcolare l’incentivo spettante.

Dopo l’accantonamento definitivo delle risorse il datore può beneficiare dell’importo in quote mensili a decorrere dal mese in cui è venuta l’assunzione per il periodo spettante.

L’INPS procede a ulteriori controlli anche dopo aver autorizzato e riconosciuto l’agevolazione.

Esposizione dati e istruzioni contabili

Il messaggio INPS nei paragrafi  2, 3 e 4 fornisce le informazioni di dettaglio sulle:

  • modalità di esposizione dei dati relativi alla fruizione dell’esonero contributivo nella sezione “POSContributiva” del flusso UNIEmens;
  • modalità di esposizione dei dati relativi all’esonero nella sezione “POSAgri” per i datori di lavoro agricoli autorizzati a fruirne dell’esonero;
  • modalità di esposizione dei dati relativi all’esonero nella sezione “Lista PosPA” per i datori con lavoratrici iscritte alla “gestione pubblica”.

Per quanto riguarda le istruzioni contabili, considerato che per quanto riguarda la rilevazione contabile dell’esonero l’onere è a carico dello Stato, viene istituito nella “Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno” il conto GAW37255 per l’esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali per le assunzioni di donne vittime di violenza che beneficiano del “Reddito di Libertà”.

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superbonus maxitassa vendita immobile

Superbonus: ecco la maxitassa Cos'è la nuova imposta sulle plusvalenze generate dalla vendita di immobili ristrutturati con il Superbonus

Tassazione vendite immobili ristrutturati con il Superbonus

La nuova misura contenuta nella Legge di Bilancio 2024 e dettagliata nella circolare 13/E/2024 dell’Agenzia delle Entrate che va a tassare le plusvalenze generata dalla vendita di immobili ristrutturati con il Superbonus mira a contrastare le operazioni speculative legate all’utilizzo di questa agevolazione fiscale.  L’obiettivo del governo è infatti quello di contrastare la speculazione immobiliare e recuperare una parte delle risorse erogate con il Superbonus. La nuova disciplina fiscale mira a scoraggiare la compravendita di immobili ristrutturati con il solo scopo di trarre profitto immediato dalla cessione del credito o dallo sconto in fattura.

Che cosa cambia?

La previsione legislativa interviene sugli articoli 67 e 68 del Testo Unico delle Imposte sui redditi prevedendo tutta una serie di novità:

  • plusvalenza tassata al 26%: per chi vende un immobile ristrutturato con il Superbonus entro i dieci anni dai lavori, la plusvalenza derivante dalla vendita sarà tassata al 26%, anziché alle aliquote ordinarie IRPEF;
  • esclusione per abitazione principale: l’imposta non si applica se l’immobile è stato adibito ad abitazione principale per la maggior parte del tempo intercorso tra l’acquisto e la vendita;
  • indeducibilità dei costi: per i primi cinque anni dalla data di fine lavori, i costi sostenuti per il Superbonus non sono deducibili ai fini IRPEF se è stata scelta l’opzione per lo sconto in fattura o la cessione del credito. Dopo i primi cinque anni, il 50% dei costi diventa deducibile.
  • variazioni catastali: l’Agenzia delle Entrate verificherà la presentazione della Dichiarazione di Variazione Catastale per monitorare le variazioni dello stato dei beni immobili.
  • tassazione per parti comuni: la nuova imposta si applica anche agli immobili oggetto di interventi di ristrutturazione sulle parti comuni condominiali, anche se i lavori non riguardano i singoli appartamenti.

Come funziona la nuova tassazione

La plusvalenza imponibile viene calcolata come differenza tra il prezzo di vendita e il costo di acquisto o costruzione dell’immobile, comprensivi di tutte le spese correlate.

Per determinare correttamente la plusvalenza, è fondamentale conservare tutta la documentazione relativa ai costi sostenuti per l’acquisto, la costruzione e gli interventi di ristrutturazione.

Cosa fare se si vuole vendere un immobile ristrutturato con il Superbonus

Conservare tutta la documentazione relativa ai costi sostenuti per l’acquisto, la costruzione e gli interventi di ristrutturazione.

Verificare se l’immobile è stato adibito ad abitazione principale per la maggior parte del tempo intercorso tra l’acquisto e la vendita.

Calcolare la plusvalenza imponibile e l’imposta

In caso di dubbi, è consigliabile consultare un professionista per ricevere assistenza fiscale specifica. Le novità introdotte dalla circolare n. 13/E/2024 dell’Agenzia delle Entrate rappresentano un cambiamento significativo per la tassazione delle plusvalenze derivanti dalla vendita di immobili ristrutturati con il Superbonus. I proprietari di tali immobili sono quindi tenuti a informarsi sulle nuove regole e ad adempiere correttamente agli obblighi fiscali.

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pensioni estero assegni inps

Pensioni all’estero: dal 1° luglio stop assegni L'INPS comunica che le pensioni all'estero potranno essere pagate solo con accredito sul conto o in contanti. La novità riguarda oltre 300mila italiani

Pensioni all’estero

Con un comunicato del 29 marzo 2024, l’INPS ha reso noto che non provvederà più al pagamento delle pensioni all’estero con assegno. Questa scelta è finalizzata a impedire erogazioni non dovute e perdite degli assegni durante il percorso a causa di disservizi postali.

Pagamenti sul conto o in contanti

Dal 1° luglio 2024 pertanto l’INPS provvederà a effettuare i pagamenti delle pensioni all’estero solo con accredito diretto sul conto corrente o in contanti, che i pensionati potranno riscuotere presso gli sportelli della Western Union. Qualora i soggetti interessati non abbiano provveduto a comunicare i dati per poter ricevere l’accredito della pensione potranno rivolgersi al servizio dedicato di Citibank o agli uffici di patronato di zona.

Pensionati interessati dalla novità

L’INPS ha già provveduto a fornire le necessarie informazioni sulla cessazione dei pagamenti a mezzo assegno ai pensionati che risiedono in Austria, Australia, Belgio e Tunisia.

I pensionati che hanno stabilito la loro residenza in Europa riceveranno un modulo da parte di Citybank, la banca incaricata di effettuare i pagamenti delle pensioni all’estero.

Il modulo, debitamente compilato, deve contenere i dati bancari necessari per ricevere l’accredito della pensione. Per la restituzione del modulo compilato è stata fissata la scadenza del 15 giugno 2024. Al modulo il pensionato deve allegare un documento di identità in corso di validità e un documento dell’istituto bancario estero contenente le coordinate bancarie per l’accredito (IBAN, e Bic, Sort Code e numero del conto per chi risiede nel Regno Unito).

Pagamento in contanti in caso di mancato invio del modulo

In caso di mancato invio del modulo e della documentazione necessaria per l’accredito bancario della pensione, il pagamento del rateo di luglio verrà effettuato in contanti presso uno degli sportelli della Western Union presente nel paese di residenza del pensionato.

Il pagamento verrà effettuato in contanti, sempre a partire dal 1 luglio 2024, anche in relazione alle nuove pensioni o nelle ipotesi di trasferimenti di pensioni dall’Italia, sempre qualora il pensionato non abbia fornito le coordinate bancarie necessarie per l’accredito a mezzo bonifico.

Numeri e link utili

Per i pensionati che non hanno provveduto all’invio del modulo richiesto per procedere all’accredito bancario della pensione sono previsti numeri di telefono e indirizzi di posta elettronica da poter contattare:

Per chi è poco pratico con il PC può sempre rivolgersi agli uffici locali di patronato.

Oltre 300mila pensionati italiani all’estero

La novità riguarda oltre 300.000  italiani che risiedono all’estero, sia in paesi europei che extra europei e che ricevono pensioni per un valore di 1,6 miliardi di euro.

Dopo l’intervento del Governo del Portogallo per frenare i trasferimenti dei pensionati italiani, il desiderio di trasferirsi per beneficiare di una tassazione agevolata ha spostato l’interesse verso altri paesi come la Spagna e le Canarie. Regimi agevolati sono previsti però anche da Malta, Grecia, Albania, Tunisia e Slovacchia.

Leggi anche Pensioni all’estero: addio assegni

antiriciclaggio ue

Antiriciclaggio: al via il “grande fratello” europeo In Gazzetta Ufficiale il pacchetto UE approvato a maggio 2024 per la lotta al riciclaggio del denaro sporco (Anti Money Laundering) e al finanziamento del terrorismo

In GU il pacchetto UE sull’antiriciclaggio

Il 30 maggio 2024 il Consiglio UE ha approvato il pacchetto antiriciclaggio AML (Anti Money Laundering), con il quale viene riscritta e ampliata la disciplina sulla lotta al riciclaggio del denaro sporco e al finanziamento del terrorismo. I testi del nuovo pacchetto di norme antiriciclaggio sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 19 giugno 2024.

Questo pacchetto rappresenta un significativo passo avanti nella protezione del sistema finanziario europeo dalle attività illecite. Le nuove norme mirano a colmare le lacune esistenti e a garantire una maggiore trasparenza e cooperazione tra gli Stati membri.

Vediamo i punti salienti del pacchetto AML e le sue implicazioni per le istituzioni finanziarie e le imprese.

Punti centrali della riforma

Il regolamento, applicabile direttamente all’interno degli Stati membri dopo tre anni dall’entrata in vigore, contiene le norme dedicate al settore privato e armonizza tutte le regole antiriciclaggio nell’unione europea.

La normativa viene estesa al settore delle criptovalute, a chi commercia beni di lusso e agli agenti di calcio.

La direttiva definisce la collaborazione tra le varie autorità di informazione finanziaria nella lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo. Il provvedimento armonizza inoltre i formati degli estratti conto bancari, per individuare e confiscare più agevolmente i proventi degli illeciti penali.

Autorità antiriciclaggio

Nasce l’Autorità Antiriciclaggio, con funzione di vigilanza e supporto al settore finanziario e alle unità di informazione finanziaria. L’Autorità migliorerà anche l’efficienza della lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, grazie alla collaborazione con le Autorità nazionali di vigilanza, per fare in modo che i soggetti obbligati rispettino le regole. All’Autorità, che sarà operativa a partire dalla metà del 2025, spetterà inoltre il compito di sanzionare i soggetti obbligati in caso di trasgressione.

Registro titolari effettivi

Prevista la creazione di un registro dei titolari effettivi di beni immobiliari e di un database sulle cassette di sicurezza, le criptovalute e i conti correnti.

Tetto contanti 10mila euro

Il pacchetto prevede anche un tetto ai contanti di 10.000 euro, lasciando liberi però gli Stati membri di imporre tetti di importo inferiore. Prevista in ogni caso l’adeguata verifica dell’identità di quei soggetti che compiono operazioni in contanti per importi compresi tra i 3000 e i 10.000 euro,

Se le operazioni vengono compiute invece in criptovaluta, i soggetti obbligati dovranno procedere alla due diligence sui clienti che compiono transazioni di importo superiore ai 1000 euro.

Obiettivi del pacchetto AML

Il pacchetto AML si concentra su alcuni obiettivi chiave:

  • rafforzamento della cooperazione internazionale: la nuova normativa prevede una maggiore cooperazione e scambio di informazioni tra le autorità nazionali e internazionali. Questo include la creazione di una banca dati centralizzata per facilitare il monitoraggio delle transazioni sospette;
  • aumento della trasparenza: il pacchetto introduce requisiti più stringenti per la trasparenza delle operazioni finanziarie e la tracciabilità dei fondi. Le imprese saranno obbligate a fornire informazioni dettagliate sui beneficiari effettivi e sulle transazioni internazionali;
  • miglioramento della vigilanza: viene rafforzato il ruolo delle autorità di vigilanza con l’introduzione di nuovi strumenti e poteri per monitorare e sanzionare le attività illecite. Questo include la creazione di una nuova agenzia europea dedicata al contrasto del riciclaggio di denaro.

Impatto su istituzioni finanziarie e imprese

Le nuove normative AML avranno un impatto significativo sulle istituzioni finanziarie e sulle imprese in tutta l’UE. Le aziende dovranno adattare i loro processi e sistemi per conformarsi ai nuovi requisiti di segnalazione e trasparenza. Questo potrebbe comportare investimenti significativi in tecnologia e formazione del personale.

Le istituzioni finanziarie, in particolare, dovranno rafforzare i loro programmi di conformità e migliorare la loro capacità di rilevare e segnalare transazioni sospette.

criptofonini intercettazioni Cassazione

Criptofonini: i chiarimenti della Cassazione Le Sezioni Unite della Cassazione forniscono importanti chiarimenti in materia di acquisizione dei contenuti di comunicazioni scambiate con i criptofonini

Criptofonini: i principi di diritto delle Sezioni Unite

Le Sezioni Unite penali con la sentenze n. 23755/2024 e 23756-2024 mettono un punto fermo in materia di acquisizione di contenuti scambiati con i criptofonini, ossia smartphone dotati di sistemi di cifratura che ostacolano eventuali intercettazioni. Le decisioni, parzialmente sovrapponibili, sono state emesse in relazione a due procedimenti penali intrapresi nei confronti di soggetti nei cui confronti erano stati rilevati gravi indizi di colpevolezza per il reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.

Con i principi sanciti dalle SU la Cassazione facilita lo scambio di prove digitali tra Italia e altri Stati UE, semplificando le procedure e tutelando i diritti fondamentali.

Prove digitali e ordini europei di indagine

Le Sezioni Unite penali n. 23755/2024 stabiliscono importanti principi in materia di prove digitali e ordini europei di indagine.

  • Il contenuto di comunicazioni scambiate per mezzo dei criptofonini, già acquisito e decifrato da un’autorità giudiziaria straniera, può essere trasmesso in Italia tramite ordine europeo di indagine. Non è necessaria la procedura di collaborazione tra autorità giudiziarie, ma valgono le norme sulla circolazione delle prove (artt. 238, 270 c.p.p. e 78 disp. att. c.p.p.).
  • Il Pubblico Ministero italiano può richiedere direttamente all’estero, tramite ordine europeo di indagine, le prove già in possesso delle autorità competenti, senza bisogno di autorizzazione preventiva dal giudice italiano.
  • L’autorizzazione del giudice italiano non è necessaria per acquisire il contenuto di comunicazioni già acquisite all’estero, neanche se si tratta di comunicazioni criptate. Questo vale sia per la disciplina nazionale che per quella europea (Direttiva 2014/41/UE).
  • La disciplina sui dati di traffico e ubicazione (art. 132 Decreto legislativo n. 196/2003) si applica solo alle richieste ai fornitori di servizi, non a quelle dirette ad altre autorità giudiziarie che già detengono tali dati. Il PM può quindi accedervi senza autorizzazione del giudice.
  • Il giudice italiano può escludere l’utilizzo di prove acquisite all’estero se rileva una violazione dei diritti fondamentali. La parte interessata deve però dimostrare tale violazione.
  • Non c’è violazione dei diritti fondamentali se la difesa non può accedere all’algoritmo di criptazione utilizzato. Il rischio di alterazione dei dati è escluso perché ogni messaggio è associato alla sua chiave di cifratura, che ne impedisce la decrittazione anche parziale.

Acquisizione prove digitali estere

Le Sezioni Unite penali n. 23756/2024 hanno chiarito le regole per l’acquisizione di prove digitali ottenute all’estero, in particolare tramite intercettazioni:

  • L’acquisizione di intercettazioni effettuate all’estero su piattaforme criptate o criptofonini non rientra nella collaborazione tra autorità giudiziarie (art. 234-bis c.p.p.), ma è disciplinata dall’art. 270 c.p.p.
  • Il Pubblico Ministero italiano può richiedere direttamente all’estero le prove già in possesso delle autorità competenti, senza bisogno di autorizzazione preventiva dal giudice italiano.
  • Le intercettazioni estere effettuate con un captatore informatico su un server criptato sono ammissibili.. Non è necessaria l’autorizzazione del giudice italiano, come previsto dalla Direttiva 2014/41/UE, perché la disciplina nazionale non la richiede.
  • Il giudice italiano può escludere l’utilizzo di intercettazioni esterne se rileva una violazione dei diritti fondamentali. La parte interessata deve però dimostrare tale violazione.
  • Non vi è violazione dei diritti fondamentali se la difesa non può accedere all’algoritmo di criptazione utilizzato. Il rischio di alterazione dei dati è escluso perché ogni messaggio è associato alla sua chiave di cifratura, che ne impedisce la decrittazione anche parziale.

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metadati mail lavoratori garante

Mail lavoratori: le indicazioni del Garante Il Garante Privacy aggiorna il documento sul trattamento dei metadati degli account e-mail utilizzati dei dipendenti

Metadati e-mail lavoratori: il provvedimento del Garante Privacy

Con il provvedimento n. 364 del 6 giugno 2024 il Garante Privacy ha provveduto ad aggiornare il documento “programmi e servizi informatici di gestione della posta elettronica nel contesto lavorativo e trattamento dei metadati”. Questo documento, che costituisce l’allegato 1 del provvedimento 3634, ne costituisce parte integrante.

Definizione e tempi conservazione metadati

Il provvedimento si occupa in particolare della definizione dei meta dati e della durata di conservazione dei meta dati degli account di posta elettronica utilizzati dei dipendenti. Questo perché c’è il rischio che i programmi di servizi informatici per la gestione della posta elettronica, anche in modalità cloud, possano procedere alla raccolta preventiva e generalizzata, per impostazione predefinita, dei meta dati degli account.

Cosa sono i metadati

I metadati a cui si riferisce il provvedimento sono informazioni registrate nei log che vengono generati dai sistemi server che gestiscono lo smistamento della posta elettronica e delle postazioni relative alle interazioni tra i server interagenti e tra questi ultimi e i client. Ne costituiscono un esempio gli indirizzi email di mittente e destinatario, gli indirizzi IP dei server o dei client, gli orari  di invio, di trasmissione, ritrasmissione e ricezione, la dimensione dei messaggi e gli allegati.

I metadati di cui si occupa il provvedimento non vanno confusi con il contenuto del messaggio di posta elettronica. Questi dati infatti restano a disposizione dell’utente lavoratore. In relazione al contenuto testuale della e-mail pertanto non sono previsti nuovi adempimenti o responsabilità a carico del titolare del trattamento.

Conservazione dei metadati

Detto questo, il Garante della Privacy fornisce le informazioni necessarie ai datori di lavoro per consentire il funzionamento corretto e l’utilizzo regolare della posta elettronica, comprese le garanzie necessarie di sicurezza informatica.

In particolare,  quanto riguarda la disciplina dei controlli a distanza precisa il Garante precisa che lattività di raccolta e conservazione dei soli mercati/log necessari ad assicurare il funzionamento delle infrastrutture del sistema della posta elettronica, allesito di valutazioni tecniche nel rispetto del principio di responsabilizzazione, si ritiene che possa essere effettuata, di norma, per un periodo limitato a pochi giorni; a titolo orientativo, tale conservazione non dovrebbe comunque superare i 21 giorni… Eventuale conservazione per un termine ancora più ampio e sì potrà essere effettuata, solo in presenza di particolari condizioni che ne rendano necessario lestensione, comprovando adeguatamente (…) le specificità della realtà tecnica e organizzativa del titolare. Spetta in ogni caso il titolare adottare tutte le misure tecniche organizzative per assicurare il rispetto del principio di limitazione della finalità, laccessibilità selettiva da parte dei soli soggetti autorizzati e adeguatamente istruiti e la tracciatura degli accessi effettuati”.  

Responsabilità dei datori di lavoro

Sulle eventuali responsabilità dei datori di lavoro  il Garante ricorda che la raccolta generalizzata e la conservazione dei meta dati che si riferiscono all’utilizzo della posta elettronica da parte dei dipendenti, per lunghi periodi di tempo, in mancanza di idonei requisiti giuridici, può consentire al datore di lavoro di acquisire informazioni personali e relativi alle opinioni del dipendente che non rilevano per valutarne l’attitudine professionale.

I titolari dei trattamenti sono tenuti ad effettuare la raccolta e la conservazione dei log nel rispetto dei principi di correttezza e di trasparenza. I lavoratori pertanto devono essere adeguatamente informati sul trattamento dei loro dati se si riferiscono a comunicazione elettroniche che li riguardano. A tal fine gli stessi devono essere resi edotti delle caratteristiche del trattamento, con particolare riguardo alla durata della conservazione dei dati e ad eventuali controlli.

I tempi di conservazione dei meta dati devono essere proporzionati alle finalità da perseguire. La mancata definizione in misura proporzionale dei tempi di conservazione comportano la violazione del principio di limitazione della conservazione, contemplato dall’articolo 5 del GDPR.

I datori di lavoro pubblici e privati per evitare responsabilità amministrative e penali devono quindi adottare tutti gli accorgimenti necessari per conformare i trattamento dei dati dei dipendenti alla disciplina di protezione dei dati e a quella di settore. Il datore di lavoro è tenuto quindi, in relazione ai servizi forniti in modalità cloud o as a service, a rispettare la normativa di protezione dei dati personali anche con riferimento al periodo di conservazione dei metadati.

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bonus mobili ed elettrodomestici

Bonus mobili: cos’è e come si ottiene Come funziona il bonus mobili 2024: caratteristiche dei beni, limiti di spesa e requisiti temporali per beneficiare dell’agevolazione

Bonus mobili: cos’è

Il bonus mobili è un’agevolazione fiscale introdotta dall’articolo 16, comma 2, del decreto legge n. 63/2013. La misura è stata prorogata negli anni successivi, subendo alcune modifiche.

Bonus mobili: come funziona

Il bonus mobili consiste in una detrazione del 50% delle spese sostenute per l’acquisto di arredi e grandi elettrodomestici all’interno di immobili oggetto di intervento di recupero del patrimonio edilizio. La detrazione, fruibile in 10 rate di pari importo, viene applicata su una spesa massima di 5.000 euro.

Opere collegate al bonus mobili

La detrazione è collegata alle seguenti opere:

  • interventi in economia di manutenzione ordinaria e straordinaria sulle parti comuni degli edifici residenziali;
  • di restauro e di risanamento conservativo su parti comuni di edifici residenziali e su singole unità abitative,
  • necessarie alla ricostruzione e ripristino di immobili danneggiati da eventi calamitosi qualora sia stato dichiarato lo stato di emergenza;
  • di restauro, risanamento, conservazione e ristrutturazione di fabbricati interi eseguiti da imprese o cooperative edilizie nel rispetto di determinate condizioni.

L’Agenzia delle Entrate ha precisato che per beneficiare della agevolazione l’intervento di ristrutturazione non deve essere finalizzato all’acquisto di mobili o elettrodomestici e che lo stesso può avere ad oggetto anche le unità pertinenziali degli immobili, anche se i beni e gli elettrodomestici servono per arredare l’abitazione.

Beni mobili agevolabili

Beneficiano dell’agevolazione gli acquisti di mobili (letti, cassettiere, armadi, tavoli, divani, materassi, scrivanie, sedie, librerie) o di grandi elettrodomestici, i quali possono beneficiare della detrazione solo se appartenenti a determinate classi energetiche che non devono essere inferiori alle seguenti:

  • classe non inferiore alla A per i forni;
  • classe non inferiore alla E per lavatrici, lavasciugatrici, lavastoviglie;
  • classe F per frigoriferi e congelatori.

Requisiti temporali

Per il 2024 l’agevolazione spetta in relazione agli acquisti che vengono effettuati entro il 31 dicembre 2024 e collegati a interventi di ristrutturazione iniziati dal 1 gennaio dell’anno precedente a quelli in cui si è provveduto all’acquisto degli arredi o dei grandi elettrodomestici, ossia a partire dal 1° gennaio 2023.

Modalità di pagamento

Per poter beneficiare del bonus mobili i contribuenti devono effettuare i pagamenti degli arredi e dei grandi elettrodomestici con bonifici bancari o postali, carte di credito, carte di debito. Vanno pagate nello stesso modo anche le spese per il trasporto e il montaggio dei beni. L’agevolazione spetta anche se i beni vengono acquistati a rate purché il pagamento della rata venga effettuato con i mezzi di pagamento tracciabili e il contribuente conservi debitamente la ricevuta di pagamento.

Trasmissione dati all’Enea

Dal 1 gennaio del 2018 i dati relativi agli acquisti di elettrodomestici di classe non inferiore alla F, e alla classe A per forni e per apparecchiature per le quali è richiesta l’etichetta della classe energetica, devono essere trasmessi in via telematica all’Enea nel termine di 90 giorni dal completamento dei lavori. L’omessa o tardiva trasmissione dei dati non causa tuttavia la perdita del diritto  al bonus mobili.

Documenti da conservare

Ai fini dell’agevolazione è necessario conservare le ricevute di pagamento effettuate con bonifico, carta di credito o debito, i documenti da cui risulta l’addebito sul conto corrente, le fatture di acquisto di arredi ed elettrodomestici nei quali deve essere indicata nel dettaglio la quantità, la natura, e la qualità dei beni e dei servizi acquistati.

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Pensione: come fare domanda se si risiede all’estero Chi risiede all’estero può fare la domanda online per la pensione INPS, l’erogazione è soggetta però all’accertamento dell’esistenza in vita

Come fare domanda per la pensione se si risiede all’estero

Quando mancano tre mesi alla maturazione del requisito anagrafico, ossia il compimento di 67 anni e di quello contributivo ossia 20 anni di contributi versati è possibile presentare all’INPS la domanda per la  pensione di vecchiaia.

La residenza all’estero del soggetto richiedente non prevede il rispetto di procedure particolari. La domanda di pensione di vecchiaia può essere presentata in modalità telematica anche da chi risiede all’estero, utilizzando le opzioni di credenziali digitali come la CIE o lo SPID. Seguire attentamente le istruzioni fornite e preparare i documenti necessari snellirà l’iter di richiesta.

Calcolo dell’importo e decorrenza pensione online

Per la richiesta della pensione di vecchiaia ordinaria, è disponibile una procedura web semplificata sul sito dell’INPS. Il richiedente che vuol fare domanda deve cliccare, in ordine, sulle voci seguenti per completare la procedura:

  1. Pensione e Previdenza
  2. Domanda di pensione
  3. Domanda Pensione, Ricostituzione, Ratei, Certificazioni, APE Sociale e Beneficio precoci
  4. Nuova prestazione pensionistica
  5. Pensione di vecchiaia

Pensione di vecchiaia: le credenziali per fare domanda

Anche se si è residenti all’estero, è possibile ottenere le credenziali per inoltrare la richiesta online. Per farlo, si possono seguire queste opzioni:

  1. CIE (Carta d’identità elettronica): da richiedere presso il consolato;
  2. SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale): per ottenerla è necessario seguire la procedura specifica prevista per i residenti all’estero. Le indicazioni e le informazioni complete si trovano sul portale gov.it.

SPID: quali documenti servono

Per ottenere lo SPID è necessario essere muniti dei seguenti documenti:

  • documento di identità in corso di validità;
  • codice fiscale;
  • numero di cellulare (anche estero);
  • indirizzo di posta elettronica.

Per ulteriori informazioni sul rilascio delle credenziali digitali, è possibile contattare anche il Contact center integrato dell’INPS.  Con le credenziali ottenute, si potrà procedere alla domanda per la pensione.

Pensioni all’estero: pagamento

L’INPS gestisce il pagamento delle pensioni ai beneficiari residenti all’estero affidando il servizio a un istituto di credito selezionato tramite una gara d’appalto, che viene rinnovata ogni tre anni. La banca incaricata collabora con istituti di credito locali per effettuare i pagamenti mensili delle pensioni.

Solitamente, i pagamenti sono accreditati direttamente sul conto corrente del pensionato. La banca incaricata, che a diversi anni è Citibank, deve anche verificare annualmente l’esistenza in vita, l’indirizzo e la residenza dei pensionati.

Accertamento esistenza in vita 2024-2025

Con il messaggio n. 4071 del 16.11.2023 l’INPS ha reso noti i tempi della verifica dell’esistenza in vita dei soggetti che percepiscono la pensione all’estero. La finalità principale della campagna di accertamento è finalizzata alla prevenzione e al contrasto dell’eventuale percezione indebita delle prestazioni previdenziali.

Detta procedura di accertamento si svolgerà in due fasi distinte:

  • nella prima, iniziata a marzo 2024 con termine a luglio 2024 verranno effettuati gli accertamenti relativi ai pensionati residenti in America, Asia, Estremo Oriente, Paesi Scandinavi, Stati dell’est Europa e paesi limitrofi;
  • la seconda fase della verifica avrà inizio a settembre 2024 e terminerà nel gennaio 2025 e riguarderà i pensionati residenti in Europa, Africa e Oceania.

Ai fini della verifica dell’esistenza in vita Citybank invierà una lettera esplicativa e un modulo standard di attestazione. Le lettere esplicative conterranno:

  • le istruzioni per procedere alla compilazione del modulo di esistenza in vita;
  • la richiesta della documentazione di supporto, come una copia di un documento d’identità del pensionato in corso di validità e con fotografia;
  • le indicazioni necessarie per contattare il servizio di assistenza dedicato ai pensionati di Citybank.

I pensionati dovranno inviare il modulo di attestazione dell’esistenza in vita debitamente compilato datato e sottoscritto, nonché munito della documentazione di supporto richiesta nel termine indicato nella lettera esplicativa al seguente indirizzo PO Box 4873, Whorthing BN99 3BG, United Kingdom.

Il modulo sarà quindi restituito a Citybank, controfirmato da un “testimone accettabile“ ossia un rappresentante di un’ambasciata, di un consolato italiano o di un’autorità locale autorizzata ad avallare la firma dell’attestazione dell’esistenza in vita.

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Licenziamento collettivo: tipologia e procedure Il licenziamento collettivo disciplinato dalla legge n. 223/1991 è previsto in casi specifici e richiede il rispetto di una determinata procedura

Licenziamento collettivo: quadro normativo di riferimento

Il legislatore italiano, spinto anche dalle direttive comunitarie, ha disciplinato il licenziamento collettivo nel corso degli anni. Il punto di arrivo è rappresentato dalla Legge n. 223/1991, che ha introdotto un sistema più organico, distinguendo tra licenziamento collettivo per messa in mobilità e per riduzione del personale.

Gli articoli 4 e 24 della legge regolano rispettivamente queste due fattispecie, imponendo procedure specifiche che devono essere seguite per garantire la legittimità dei licenziamenti.

Negli anni successivi, vari interventi normativi hanno ampliato e modificato la portata della disciplina. Tra questi, la Riforma Fornero (L. 92/2012), che ha eliminato la tutela reintegratoria per le violazioni procedurali, mantenendola solo per i licenziamenti senza forma scritta effettuati in violazione dei criteri di scelta. Il Jobs Act (D.lgs. n. 23/2015) ha ulteriormente cambiato il panorama, eliminando la tutela reintegratoria per i licenziamenti economici illegittimi e sostituendola con una tutela indennitaria, successivamente modificata dal Decreto Dignità (D.L. n. 87/2018) e da una pronuncia della Corte Costituzionale.

La normativa italiana sui licenziamenti collettivi comunque continua ad evolversi, con interventi che cercano di bilanciare le esigenze delle imprese con la protezione dei diritti dei lavoratori, in un contesto sempre più influenzato dalle direttive europee.

Tipologie di licenziamento collettivo

Dalla breve analisi normativa sul licenziamento collettivo emergono due tipologie di licenziamento collettivo, che meritano un’analisi distinta e dettagliata.

Licenziamento collettivo per messa in mobilità

Il licenziamento collettivo per messa in mobilità, disciplinato dall’art. 4 della L. 223/1991, si applica alle imprese con più di 15 dipendenti, che hanno usufruito del trattamento straordinario di integrazione salariale (CIGS). Questo tipo di licenziamento si verifica quando l’impresa non è in grado di rioccupare tutti i dipendenti coinvolti nella riorganizzazione aziendale e non può ricorrere a misure alternative come contratti di solidarietà o altre forme flessibili di gestione del lavoro. La procedura di mobilità prevede fasi conciliative finalizzate a trovare soluzioni che possano evitare i licenziamenti.

Dal punto di vista soggettivo, la norma non si applica agli esuberi di personale derivanti dalla fine di attività stagionali, contratti a termine, lavori edili e contratti di solidarietà difensivi. La disciplina della messa in mobilità non dipende dai requisiti spaziali, numerici e temporali richiesti per i licenziamenti per riduzione del personale.

Licenziamento collettivo per riduzione del personale

Questa procedura consente alle aziende con più di 15 dipendenti di licenziare almeno 5 lavoratori nell’arco di 120 giorni, in una o più unità produttive nella stessa provincia, per motivi legati alla riduzione o alla trasformazione di attività o di lavoro (motivi economici o di riorganizzazione).

La disciplina del licenziamento collettivo per riduzione del personale non si applica nei seguenti casi:

  • licenziamenti per motivi disciplinari o di incapacità lavorativa;
  • cessazioni del rapporto di lavoro diverse dai licenziamenti (dimissioni, risoluzioni consensuali, prepensionamenti volontari);
  • lavoratori delle agenzie di somministrazione.

A differenza del  licenziamento collettivo per mobilità il licenziamento collettivo per riduzione del personale non richiede la previa fruizione della cassa integrazione straordinaria; i requisiti numerico-spaziali e temporali sono meno restrittivi; l’azienda deve fornire una informativa più dettagliata sui motivi dei licenziamenti.

La procedura di mobilità

La procedura di mobilità prevista sia per la messa in mobilità che per il licenziamento collettivo per riduzione del personale è un complesso iter che viene attivato quando un’azienda si trova in una situazione di eccedenza di personale e non può adottare misure alternative ai licenziamenti.

Trattasi si una procedura complessa e delicata che mira a minimizzare l’impatto sociale dei licenziamenti collettivi. Per questo è importante che tutte le parti coinvolte collaborino per trovare la soluzione migliore per i lavoratori e per l’azienda.

Essa si snoda attraverso le seguenti fasi:

  • comunicazione di avvio: il datore di lavoro invia una comunicazione scritta alle organizzazioni sindacali e all’Ispettorato del lavoro, specificando i motivi dell’esubero, il numero dei lavoratori coinvolti e i tempi di attuazione del programma di mobilità;
  • confronto sindacale: le organizzazioni sindacali hanno 10 giorni per presentare osservazioni e proposte alternative al licenziamento collettivo;
  • accordo sindacale: se le parti raggiungono un accordo, questo definisce i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare e le misure di assistenza per i lavoratori in esubero;
  • mancato accordo: in assenza di accordo, il datore di lavoro redige un piano di licenziamenti che definisce i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare. I lavoratori licenziati hanno diritto a una serie di tutele, tra cui l’indennità di preavviso, la NASPI e la mobilità.

L’esame congiunto

Il momento cruciale dei licenziamenti collettivi è rappresentato dall’incontro tra il datore di lavoro e le organizzazioni sindacali per discutere i motivi del licenziamento collettivo e trovare soluzioni alternative ai licenziamenti. L’esame congiunto è un importante strumento per favorire il dialogo tra le parti e trovare soluzioni che tutelino i posti di lavoro. È importante che tutte le parti coinvolte partecipino al confronto con spirito costruttivo e collaborativo.

Anche questa fase della procedura deve seguire un iter ben preciso:

  • le organizzazioni sindacali possono richiedere l’esame congiunto entro 7 giorni dalla comunicazione di avvio della procedura di licenziamento collettivo;
  • il datore di lavoro e le organizzazioni sindacali discutono le cause del licenziamento collettivo e cercano soluzioni alternative, come contratti di solidarietà, lavoro flessibile o riqualificazione professionale;
  • l’esame congiunto deve concludersi entro 45 giorni dalla richiesta, con possibilità di proroga in casi complessi;
  • l’esame congiunto può concludersi con un accordo tra le parti o con un mancato accordo;
  • in caso di mancato accordo, l’Ispettorato del lavoro può tentare di conciliare le parti entro 30 giorni;
  • se non si raggiunge un accordo entro 30 giorni dal tentativo di conciliazione, il datore di lavoro può procedere ai licenziamenti.

Criteri di scelta dei lavoratori da licenziare

I criteri di scelta dei lavoratori da licenziare, in presenza di un contratto collettivo, possono essere stabiliti dallo stesso. In mancanza, la legge fissa i seguenti criteri, in ordine di importanza:

  • carico di famiglia;
  • anzianità di servizio;
  • esigenze tecnico-produttive ed organizzative.

La scelta dei lavoratori da licenziare è un processo complesso che deve essere condotto nel rispetto di criteri oggettivi e ragionevoli. Il datore di lavoro deve comunicare chiaramente i criteri utilizzati e rispettare i termini di preavviso per i licenziamenti.

Chiusura della procedura

Il datore di lavoro comunica per iscritto a ciascun lavoratore il licenziamento, con il rispetto dei termini di preavviso, provvede poi a comunicare all’Ispettorato del lavoro, alla Commissione regionale per l’impiego e alle associazioni di categoria l’elenco dei lavoratori licenziati, specificando le modalità di applicazione dei criteri di scelta. L’Ispettorato del lavoro può verificare la correttezza dell’operato del datore di lavoro poiché ha il compito di vigilare sulla regolarità della procedura.

Impugnazione licenziamento collettivo

Gli ex dipendenti hanno il diritto di contestare una decisione di licenziamento collettivo entro 60 giorni dalla ricezione della comunicazione scritta. Le motivazioni per impugnare il licenziamento possono essere tre:

  1. mancanza della forma scritta: il datore di lavoro deve informare i lavoratori e le parti coinvolte per iscritto. Se non lo fa, il dipendente ha diritto al reintegro e a un’indennità pari a tutte le mensilità dal momento del licenziamento fino alla reintegrazione. In alternativa, può richiedere un’indennità di 15 mensilità senza tornare al lavoro;
  2. mancato rispetto delle procedure: se il datore di lavoro non segue le procedure legali durante la procedura di licenziamento collettivo, il lavoratore ha diritto a ricevere un’indennità che varia dalle 12 alle 24 mensilità;
  3. mancato rispetto dei criteri di scelta: se il datore di lavoro non rispetta i criteri di scelta stabiliti per legge o pattuiti, il lavoratore ha diritto alla reintegrazione del posto (o a un’indennità sostitutiva) e a un’indennità non superiore alle 12 mensilità.