pensione reversibilità

Pensione reversibilità anche senza domanda La pensione di reversibilità si basa sui requisiti maturati dal de cuius, non serve la domanda  amministrativa

Pensione reversibilità: per il diritto rilevano i requisiti

La pensione di reversibilità rappresenta un diritto fondamentale che si lega al raggiungimento dei requisiti pensionistici del de cuius, ossia la persona deceduta. La sua concessione non dipende dalla presentazione, da parte del de cuius, della domanda amministrativa per ottenere il trattamento previdenziale, ma esclusivamente dalla maturazione dei requisiti richiesti. Questo principio, riaffermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 30315/2024, stabilisce che il diritto alla reversibilità non può essere negato per la semplice mancanza di una domanda formale da parte del titolare deceduto.

Domanda di reversibilità su pensione di anzianità

La questione affrontata dalla sezione Lavoro della Corte di Cassazione riguarda una donna che, in qualità di erede, aveva richiesto la reversibilità della pensione del marito deceduto. Quest’ultimo percepiva una pensione di invalidità, ma al momento del decesso aveva maturato i requisiti per accedere a un trattamento pensionistico più favorevole, quello di anzianità. Il de cuius aveva accumulato 35 anni di contributi e aveva richiesto il riscatto degli anni di laurea, completando quasi interamente l’iter necessario per il miglior trattamento. L’unica condizione non ancora soddisfatta era il pagamento dell’ultima rata per il riscatto degli anni di studio, a cui aveva provveduto la moglie dopo la morte del marito. La donna, pertanto, ha chiesto che la pensione di reversibilità venisse calcolata in base al trattamento più vantaggioso, ovvero quello di anzianità, e non su quello di invalidità percepito dal marito.

Pensione di reversibilità: contano i requisiti

La Corte di Cassazione ha confermato il diritto della moglie di ricevere la pensione di reversibilità parametrata al trattamento di anzianità, anche se il marito non aveva presentato la domanda per questo tipo di pensione prima della morte. La pronuncia si fonda su un principio chiaro: i requisiti previdenziali raggiunti sono sufficienti a far valere il diritto al miglior trattamento pensionistico. La mancanza del presupposto amministrativo della domanda da parte del de cuius non può pregiudicare il diritto dell’erede.

Il riscatto degli anni di laurea, anche se formalmente concluso post mortem, contribuisce a consolidare il diritto del de cuius al trattamento di anzianità. Questo aspetto si traduce in un beneficio economico maggiore per la pensione di reversibilità spettante all’erede.

Questa sentenza è significativa infatti non solo per la donna che ha ottenuto il riconoscimento del suo diritto, ma anche per tutti i casi analoghi futuri. Essa infatti stabilisce che:

  • il diritto alla reversibilità si basa sui requisiti previdenziali raggiunti dal de cuius;
  • la mancata presentazione della domanda non inficia il diritto degli eredi;
  • è legittimo parametrare la reversibilità al trattamento più favorevole, se i requisiti sono stati maturati.

In situazioni simili gli eredi possono quindi avanzare una richiesta per ottenere il trattamento previdenziale più favorevole, anche se il de cuius non ha presentato formalmente la domanda.

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rito di famiglia

Rito di famiglia: come cambia dopo i correttivi Il rito di famiglia dopo il decreto correttivo della Cartabia cambia veste, numerosi i dubbi sulla capacità dei tribunali di attuare le novità

Rito di famiglia: le novità del decreto correttivo

Dal 26 novembre 2024 il rito famiglia in materia di persone, minorenni e famiglie subisce importanti modifiche. Entrano in vigore le disposizioni del Decreto Legislativo n. 164/2024, che corregge e integra la riforma Cartabia (Decreto Legislativo 149/2022). Il nuovo assetto normativo mira a migliorare l’efficienza del sistema giudiziario, senza introdurre cambiamenti radicali richiesti da alcuni. Vediamo nel dettaglio le principali novità.

Ambito di applicazione: nuove regole per il rito famiglia

L’articolo 473-bis c.p.c viene modificato per ampliare e precisare i procedimenti soggetti al rito di famiglia. In particolare:

  • si aggiungono le domande di risarcimento danni per violazione dei doveri familiari;
  • si escludono i procedimenti di scioglimento della comunione legale, che saranno trattati come quelli di comunione ordinaria o ereditaria.

Un’ulteriore novità riguarda il mutamento del rito. Se un procedimento è stato avviato con modalità non conformi, il giudice, entro la prima udienza, potrà disporre il cambio di rito. Ciò garantisce che le cause non vengano respinte per mere formalità, riducendo il rischio di inammissibilità e ottimizzando i tempi processuali.

Accelerazione dei tempi nei casi di urgenza

Il giudice avrà la possibilità di abbreviare i termini fino alla metà nei casi di comprovata urgenza. Questa disposizione introdotta nell’art. 473-bis.14 c.p.c. si applica sia alla fase introduttiva del processo sia alla presentazione di memorie integrative.  

Provvedimenti temporanei e urgenti

Un’altra modifica riguarda la conferma, la modifica o la revoca dei provvedimenti indifferibili art. 473-bis.15 c.p.c. Sarà il giudice monocratico, e non più il collegio, a occuparsi di queste decisioni in udienza. L’ordinanza emessa sarà reclamabile, ma solo contestualmente ai provvedimenti temporanei e urgenti adottati nella prima udienza.

Tutela dei minori e delle parti deboli

Per i diritti indisponibili, come quelli economici legati ai figli minori, si chiarisce, tramite una modifica dell’art. 473-bis.19 c.p.c, che non si applica la decadenza per il convenuto nel proporre domande riconvenzionali. Questo garantisce una maggiore flessibilità nei casi in cui le esigenze dei minori siano coinvolte.

Inoltre, il nuovo articolo 473-bis.72 estende le norme sugli ordini di protezione per abusi familiari anche a condotte pregiudizievoli esercitate da o verso membri della famiglia diversi da coniugi, conviventi o partner uniti civilmente.

Appello e reclami: procedure più chiare

La possibilità di proporre reclami contro i provvedimenti temporanei si applica ora anche alle decisioni emesse dalla Corte d’Appello. I reclami saranno decisi dalla stessa Corte, ma in una composizione diversa. Se il numero di giudici non consente di formare un collegio separato, gli atti verranno trasmessi alla Corte d’Appello più vicina. Questa modifica dell’art. 473-bis.34 c.p.c mira a garantire uniformità e specializzazione nelle decisioni, rafforzando la tutela dei diritti delle parti.

Nuovi poteri del pubblico ministero

Il pubblico ministero potrà proporre impugnazione contro le sentenze che definiscono il giudizio, ma solo in relazione agli interessi patrimoniali dei figli minori o incapaci. Si tratta di un ulteriore passo verso una maggiore protezione delle categorie vulnerabili.

Famiglia e minori: le modifiche alle leggi speciali

Il decreto legislativo n. 164/2024 introduce rilevanti modifiche anche in diverse leggi speciali.

Separazioni e divorzi: cambiano le spese

Tra queste, spiccano interventi sul testo unico delle spese di giustizia (Dpr 115/2002).

  • Viene istituito l’articolo 8-bis, che stabilisce che nei procedimenti civili con il coinvolgimento del pubblico ministero il regime delle spese segua quello del patrocinio a spese dello Stato.
  • Per separazioni, divorzi e regolamentazione della responsabilità genitoriale su domanda congiunta, il contributo unificato sarà di 43 euro, mentre per i procedimenti contenziosi salirà a 98 euro.
  • Un nuovo Titolo V-bis regola i procedimenti per la tutela dei minori non accompagnati, esentandoli dalle spese.

Le altre modifiche

Viene abrogato l’articolo 5, comma 5, della legge sul divorzio, già integrato nel nuovo regime del Codice di procedura civile tramite l’art. 474-bis.47 c.p.c.

La riforma tocca inoltre la legge n. 184/1983 sul diritto del minore a una famiglia, specificando il ruolo del giudice tutelare e dei servizi sociali.

Si estendono infine le disposizioni unificate ai procedimenti di rettificazione di sesso e si definiscono i compiti dei notai nella tutela economica dei minori o dei soggetti protetti, garantendo maggiore trasparenza e protezione.

Criticità e prospettive future del rito di famiglia

Nonostante le migliorie apportate al rito di famiglia, alcuni aspetti restano oggetto di dibattito. In particolare, il limite imposto al reclamo dei provvedimenti indifferibili rischia di creare tensioni nei casi in cui i tribunali non rispettino la rapidità prevista.

L’esclusione dell’udienza di conciliazione, invece, anche se motivata dalla volontà di non allungare i tempi, solleva dubbi, per la possibilità di promuovere accordi tra le parti nei casi meno conflittuali.

 

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clausole claims made

Clausole claims made: legittime nella responsabilità medica Le clausole claims made non sono nulle ai sensi art. 2965 c.c, non stabiliscono una decadenza che rende difficile l’esercizio del diritto

Responsabilità medica: clausole claims made legittime

La Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla legittimità delle clausole “claims made” nei contratti assicurativi, riaffermando il loro inquadramento nell’ambito della responsabilità civile. Con la sentenza n. 29483 del 2024, la Terza Sezione Civile ha sancito il seguente principio di diritto: La clausola -claims made- non integra una decadenza convenzionale, nulla ex art. 2965 cod. civ. nella misura in cui fa dipendere la perdita del diritto dalla scelta di un terzo, dal momento che la richiesta del danneggiato è fattore concorrente alla identificazione del rischio assicurato, consentendo pertanto di ricondurre tale tipologia di contratto al modello di assicurazione della responsabilità civile.”

Questo principio è stato ribadito in un caso di malpractice sanitaria, con condanna della USLL coinvolta e una contestuale richiesta di manleva nei confronti degli istituti assicurativi.

Clausole claims made

Le clausole “claims made” o a “richiesta fatta” prevedono che la copertura assicurativa si attivi in relazione alle richieste risarcitorie avanzate durante la vigenza della polizza. In questo caso la compagnia non è obbligata a tenere indenne il contraente se la richiesta risarcitoria perviene alla stessa dopo la scadenza del contratto, anche se l’evento dal punto di vista temporale avviene entro questa scadenza.

Questa caratteristica distingue tali clausole da quelle “loss occurrence”, dove la copertura riguarda eventi accaduti durante la vigenza del contratto, indipendentemente da quando venga avanzata la richiesta, ossia anche dopo la scadenza dello stesso, se l’evento da cui origina la richiesta risarcitoria si è verificato entro questo termine.

La legittimità delle clausole “claims made” è spesso oggetto di dibattito giuridico, in particolare quando si tratta di bilanciare i diritti delle parti coinvolte e le limitazioni imposte all’assicurato.

Malpractice medica e legittimità clausole claims made

Il caso trattato dalla Cassazione riguarda una controversia nata da una sentenza di condanna per malpractice medica. In primo grado, il tribunale aveva rigettato la richiesta di manleva, giudicando valida la clausola “claims made”, che subordinava la copertura assicurativa alla presentazione della richiesta di risarcimento durante la validità del contratto.

La Corte d’Appello, invece, aveva parzialmente accolto il ricorso dell’azienda sanitaria, dichiarando nulla la clausola. Secondo i giudici di secondo grado, la clausola doveva ritenersi nulla perchè subordinava l’operatività della polizza alla denuncia della richiesta risarcitoria del terzo, durante il rapporto. Per il giudice dell’impugnazione trattasi di clausola vessatoria apposta in contrasto con quanto stabilito dall’art. 2965 c.c. perché rende eccessivamente difficile l’esercizio del diritto. La norma del codice civile dispone infatti che “E’ nullo il patto con cui si stabiliscono termini di decadenza che rendono eccessivamente difficile a una delle parti l’esercizio del diritto.” 

Clausole claims made legittime

La Suprema Corte  però ha rigettato il ricorso principale, accogliendo invece un motivo proposto in via incidentale dalle compagnie assicurative. I giudici hanno sottolineato che la clausola “claims made” non rientra nellambito delle decadenze convenzionali previste dallart. 2965 cod. civ., poiché non incide su un diritto già insorto, ma sulla sua nascita. La richiesta del terzo danneggiato è infatti un elemento fondamentale per definire l’operatività del rischio assicurato.

La Cassazione ha fatto riferimento alla consolidata giurisprudenza delle Sezioni Unite (sentenze n. 9140/2016 e n. 22437/2018), che ha stabilito che queste clausole non sono vessatorie né richiedono una specifica approvazione scritta. Esse sono invece perfettamente compatibili con la struttura del contratto di assicurazione contro i danni.

La Corte ha precisato nello specifico che:

  1. La clausola “claims made” si basa su un evento futuro e imprevedibile, ossia la richiesta di risarcimento da parte di un terzo
  2. Non si configura una decadenza convenzionale, ma una condizione che determina l’insorgenza stessa del diritto
  3. Tali clausole non violano i limiti inderogabili posti dall’ 2965 cod. civ.

Con questa sentenza, la Cassazione ha ribadito che le clausole “claims made” sono legittime e in linea con il modello di assicurazione contro i danni. La loro validità è strettamente connessa alla natura stessa del contratto assicurativo, che richiede l’identificazione del rischio in base a fattori esterni e imprevedibili, come la richiesta di risarcimento da parte di un terzo.

 

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testo unico rinnovabili

Testo Unico Rinnovabili Testo Unico energie rinnovabili: semplificazioni, zone di accelerazione e nuove regole amministrative per la produzione di energia 

Approvato il Testo Unico Rinnovabili

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il Testo Unico Rinnovabili, una normativa che ridefinisce i regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili (FER). Sebbene l’obiettivo dichiarato sia la semplificazione delle procedure, il decreto rischia di aggiungersi alla già complessa giurisprudenza in materia energetica.

Il Testo Unico Fer rappresenta un tentativo di bilanciare le esigenze di sostenibilità con la necessità di semplificazione amministrativa. Tuttavia, resta il dubbio che questa nuova normativa possa creare sovrapposizioni con il quadro normativo esistente, accentuando la complessità anziché ridurla. Sarà fondamentale un attento monitoraggio per valutarne l’efficacia e l’impatto sul settore delle energie rinnovabili in Italia.

La normativa entrerà in vigore il 30 dicembre 2024. Regioni ed enti locali avranno 120 giorni per adeguarsi alle nuove disposizioni.

Testo Unico Rinnovabili: obiettivi e ambiti di applicazione

Il decreto si propone di favorire la diffusione degli impianti di energia rinnovabile, garantendo al contempo la tutela dell’ambiente, della biodiversità e del paesaggio. Le principali novità includono la definizione di tre regimi amministrativi: attività libera, procedura abilitativa semplificata (PAS) e autorizzazione unica. L’introduzione di meccanismi come il silenzio-assenso e la riduzione dei tempi per la PAS (ora fissati a 30 giorni) mirano a snellire gli iter burocratici, incentivando gli investimenti nel settore.

Modifiche principali

Diverse le novità che meritano di essere segnalate.

  • Eliminata la comunicazione di inizio lavori (CIL), per semplificare la gestione per molti interventi.
  • Ampliate le attività in regime di attività libera, che ora includono interventi su aree vincolate, purché non visibili dall’esterno e realizzati con materiali tradizionali.
  • Nuove disposizioni sulla PAS, che prevedono una sola sospensione per eventuali integrazioni documentali e oneri istruttori per progetti sopra 1 MW di potenza.
  • Autorizzazione unica, concessa entro 120 giorni dalla Conferenza dei Servizi, con validità minima di cinque anni.

Le violazioni alle disposizioni comporteranno sanzioni amministrative più severe, per prevenire abusi e difformità.

Zone di accelerazione e impatti ambientali

Il decreto introduce anche il concetto di zone di accelerazione, aree in cui le procedure autorizzative vengono ulteriormente semplificate. Il GSE (Gestore dei Servizi energetici) si occuperà di una mappatura nazionale per individuare le aree terrestri e marine idonee, che saranno poi regolamentate da piani regionali e nazionali. Inoltre, interventi in attività libera e PAS non saranno soggetti a Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), grazie a modifiche apportate al decreto legislativo n. 152/2006.

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lavori di pubblica utilità

Lavori di pubblica utilità: disciplina e funzionamento I lavori di pubblica utilità sono attività non retribuite che vengono svolte per la collettività da soggetti liberi, condannati e detenuti

Lavori di pubblica utilità: definizione

I lavori di pubblica utilità sono attività non retribuite che vengono svolte a beneficio della collettività presso enti pubblici, organizzazioni sociali o di volontariato. Il lavoro di pubblica utilità si configura come uno strumento efficace di giustizia riparativa, offrendo al condannato la possibilità di compensare la collettività attraverso attività concrete e costruttive.

Riferimenti normativi

  1. Decreto 27 luglio 2023 – Modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità – art. 71 comma 1 lett. d) decreto legislativo n. 150/2022
  2. Decreto 8 giugno 2015 n. 88 – Regolamento recante disciplina delle convenzioni in materia di pubblica utilità ai fini della messa alla prova dell’imputato – art. 8 legge n. 67/2014
  3. Decreto 26 marzo 2001 – Norme per la determinazione delle modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità applicato – art. 54, c. 6 del decreto legislativo n. 274/2000

Lavori di pubblica utilità: applicazione

Il lavoro di pubblica utilità rappresenta una sanzione alternativa nel sistema giuridico italiano e consiste nella prestazione non retribuita di attività a favore della collettività. Può essere svolto presso enti pubblici, organizzazioni sociali o di volontariato, ed è previsto sia per soggetti liberi sia per detenuti o internati.

  1. In favore dei soggetti liberi, può sostituire pene detentive o pecuniarie in vari contesti tra i quali figurano:
  • le violazioni del Codice della Strada (articoli 186 e 187): per guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti, il lavoro può sostituire pene tradizionali, purché richiesto dall’imputato o disposto dal giudice;
  • legge sugli stupefacenti (art. 73, comma 5-bis): in casi di lieve entità, il giudice può sostituire la pena detentiva con questa sanzione. L’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE) monitora il rispetto dell’obbligo.
  1. Secondo l’ 20-ter dell’ordinamento penitenziario, anche i detenuti possono svolgere lavoro di pubblica utilità, in conformità al d.m. 26 marzo 2001 e ad apposite convenzioni. Tale misura favorisce il reinserimento sociale attraverso attività a beneficio della comunità.
  2. Il lavoro di pubblica utilità può essere anche impiegato come pena sostitutiva o accessoria.
  • Sospensione del processo con messa alla prova (art. 168-bis c.p.): il lavoro diventa parte del programma di trattamento, definito in base alle esigenze personali dell’imputato;
  • Sospensione condizionale della pena (art. 165 c.p.): il condannato deve svolgere attività non retribuita come condizione per ottenere la sospensione;
  • Sostituzione di pene detentive brevi (art. 56-bis L. 689/1981): per reati con pene inferiori a tre anni, il lavoro di pubblica utilità può essere applicato come pena sostitutiva.

Modalità di svolgimento del lavoro per pubblica utilità

Il lavoro di pubblica utilità può svolgersi in diversi settori come:

  • l’assistenza sociale (anziani, malati, disabili).
  • la protezione civile e tutela ambientale;
  • le attività pertinenti alla professionalità del condannato.

La durata della misura varia tra 6 e 15 ore settimanali, ma può essere estesa fino a 8 ore giornaliere su richiesta. Un giorno di lavoro equivale a due ore di attività, garantendo la compatibilità con esigenze di vita, studio o salute del condannato.

Cosa accade se si violano le modalità di svolgimento

Il mancato rispetto degli obblighi può comportare la revoca della misura, con ripristino della pena originaria. In caso di risarcimento dei danni o eliminazione delle conseguenze del reato, è possibile la revoca della confisca, salvo i casi obbligatori.

Portale Nazionale per i lavori di pubblica utilità

Il Portale Nazionale per i lavori di pubblica utilità, disponibile online, è uno strumento innovativo che semplifica la gestione e la ricerca di opportunità per l’esecuzione del lavoro di pubblica utilità. Destinato a cittadini, tribunali e uffici di esecuzione penale esterna, il portale velocizza il processo di abbinamento tra le caratteristiche del condannato o imputato, la natura del reato commesso e l’attività lavorativa non retribuita da svolgere. Questo approccio favorisce il reinserimento sociale e contribuisce a ridurre il rischio di recidiva.

Sviluppato con il contributo di diversi dipartimenti del Ministero della Giustizia, il portale è un progetto in continua evoluzione. I tribunali alimentano la piattaforma aggiornando le convenzioni locali e garantendo la pubblicazione delle informazioni sul sito del Ministero. L’obiettivo è semplificare le procedure e migliorare l’accesso alle informazioni per tutti gli attori coinvolti.

Il portale offre tre modalità di ricerca: tramite infografica, per individuare rapidamente i posti disponibili; ricerca avanzata, con filtri dettagliati; e ricerca semplice, basata su parole chiave.

 

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portale lavoro sommerso

Portale del lavoro sommerso: cos’è e a cosa serve Portale del lavoro sommerso: un passo ulteriore per la realizzazione del Piano nazionale per la lotta al lavoro irregolare

Cos’è il Portale nazionale del sommerso

Il Portale del lavoro sommerso, gestito dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), è un’iniziativa strategica per il contrasto al lavoro irregolare in Italia. Entro il 30 maggio 2025, il sistema sarà operativo con funzionalità avanzate per l’interoperabilità dei dati relativi a violazioni in materia di lavoro, salute, sicurezza e legislazione sociale, in linea con gli obiettivi del Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso. Lo stabilisce il Ministero del lavoro e delle Politiche sociali, con il decreto n. 170 del 20 novembre 2024.

Caratteristiche e funzioni del portale nazionale del sommerso

Il portale raccoglierà e aggiornerà periodicamente i dati relativi:

  • alle violazioni in ambito lavorativo e sociale, incluse contestazioni contributive, fiscali e penali;
  • ai provvedimenti di sospensione delle attività e comunicazioni di regolarità;
  • ai dati ispettivi, alle richieste d’intervento e ai fascicoli correlati.

Gli enti coinvolti, tra cui INPS, INAIL, Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza, avranno accesso ai dati grazie a protocolli d’intesa con l’INL, garantendo una gestione coordinata delle ispezioni e dei procedimenti conseguenti. Le informazioni saranno disponibili sia a livello analitico per singolo operatore economico, sia in forma aggregata per finalità statistiche.

Interoperabilità e sinergia tra piattaforme

Per potenziare l’efficacia operativa, il portale sarà integrato con la Piattaforma per la gestione delle azioni di compliance dell’INPS, che sarà operativa entro sei mesi dal completamento del portale. Questa interoperabilità consentirà una gestione più rapida e precisa delle attività ispettive e di monitoraggio.

Monitoraggio delle attività

A partire dal 15 gennaio 2025, l’INL e l’INPS invieranno mensilmente al Ministero del Lavoro relazioni dettagliate sull’andamento delle attività. Questo monitoraggio garantirà trasparenza e adattamenti tempestivi per ottimizzare i risultati del progetto.

Un nuovo strumento per la legalità

Il Portale nazionale del sommerso rappresenta un passo decisivo per rafforzare la lotta al lavoro irregolare. La sua implementazione non solo migliorerà la trasparenza e l’efficienza nelle ispezioni, ma contribuirà anche alla creazione di un mercato del lavoro più equo, promuovendo legalità e sicurezza. Con funzionalità avanzate e un’ampia interoperabilità tra enti, il portale si propone come un punto di riferimento per monitorare e ridurre il fenomeno del lavoro sommerso su tutto il territorio nazionale.

 

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mantenimento figli maggiorenni

Mantenimento figli maggiorenni: dovuto anche se fuori casa Mantenimento figli maggiorenni: l'obbligo permane anche se sono fuori casa per motivi di studio, se il genitore si occupa dei loro bisogni

Mantenimento figli maggiorenni

Il mantenimento dei figli maggiorenni è un tema che continua a generare discussioni e controversie in ambito giuridico, soprattutto quando i figli vivono lontano dal domicilio familiare per motivi di studio o formazione. La recente ordinanza n. 30179/2024 della Corte di Cassazione, offre un’interessante panoramica sulla questione, precisando che l’allontanamento da casa dei figli maggiorenni per motivi di studio e formazione non fa venire meno l’obbligo di mantenimento a carico dei genitori.

Genitori, figlie e obbligo di mantenimento

La controversia nasce dalla richiesta di un padre di essere esonerato dall’obbligo di versare alla ex moglie un assegno di mantenimento di 5.000 euro mensili destinato alle figlie. Il ricorrente sostiene che le figlie, ormai maggiorenni e residenti in altre città per motivi di studio, non convivono più con la madre. Questo elemento, secondo lui, farebbe venir meno il diritto di quest’ultima a ricevere l’assegno.

Il Tribunale di Napoli rigetta la richiesta, sostenendo che l’allontanamento delle figlie per motivi di studio non configura una cessazione della convivenza, ma solo una condizione di residenza temporanea fuori sede. Il padre inoltre non ha provato un’effettiva riduzione delle sue capacità reddituali.

Residenza stabile, non più temporanea

La Corte d’Appello, su reclamo del padre, invece accoglie la sua richiesta, ritenendo che le figlie abbiano ormai consolidato la loro posizione lavorativa e accademica nelle città in cui vivono, configurandosi in questo modo una residenza stabile e non più temporanea. Di conseguenza,  la madre non è più legittimata a richiedere l’assegno per conto delle figlie. Le stesse devono agire autonomamente per ottenere un eventuale contributo dal padre.

Per la Corte le figlie hanno raggiunto una sufficiente capacità lavorativa e, pur non essendo ancora pienamente autosufficienti, sono comunque in grado di proseguire il proprio percorso senza un vincolo diretto di coabitazione con la madre.

Allontanamento da casa: la convivenza non viene meno

La questione giunge fino alla Corte di Cassazione, dove vengono sollevate due questioni principali.

  1. La Corte d’Appello avrebbe pronunciato una decisione in contrasto con le richieste iniziali del padre, introducendo un tema nuovo, che è quello dell’indipendenza economica delle figlie, solo in sede di reclamo.
  2. Non è stata inoltre adeguatamente considerata la documentazione attestante il ritorno periodico delle figlie alla casa materna e la dipendenza economica dalle risorse anticipate dalla madre.

La Cassazione accoglie il secondo motivo, evidenziando che l’allontanamento delle figlie dalla casa materna per motivi di studio non implica automaticamente il venir meno della convivenza, soprattutto se la madre continua a rappresentare il punto di riferimento stabile per il loro sostentamento.

Obbligo oltre la coabitazione fisica

Un aspetto cruciale della sentenza è l’interpretazione del concetto di “convivenza” in relazione al mantenimento. La giurisprudenza più recente chiarisce che la convivenza non deve essere intesa come una mera permanenza fisica continua, ma come una relazione di sostegno materiale e morale. La Corte di Cassazione in questa decisione ribadisce che l’obbligo di mantenimento può sussistere anche se il figlio vive altrove per motivi di studio, a condizione che il genitore convivente sia ancora colui che si occupa materialmente delle sue necessità.

Questo principio si riflette anche nell’articolo 337-septies del codice civile, secondo il quale il contributo di mantenimento può essere versato al genitore con cui il figlio maggiorenne coabita, a meno che il giudice non stabilisca diversamente. È fondamentale che tale genitore continui a provvedere alle spese del figlio, anche in assenza di una coabitazione continuativa.

 

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cassetto fiscale

Cassetto fiscale: più informazioni per i contribuenti Cassetto fiscale: attiva una nuova sezione in cui il contribuente può visionare le comunicazioni relative ai controlli automatici

Cassetto fiscale, le nuove funzionalità

Il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 419815/2024, adottato ai sensi dell’articolo 23 del decreto legislativo 8 gennaio 2024, n. 1, mira a potenziare le funzionalità delCassetto fiscale“, rendendolo uno strumento più completo e intuitivo per i contribuenti. Dal 20 novembre 2024, l’area riservata del sito dell’Agenzia ospiterà una nuova sezione denominata LAgenzia scrive”, dove saranno consultabili e gestibili le comunicazioni derivanti dai controlli automatici delle dichiarazioni previsti dagli articoli 36-bis del DPR 600/1973 e 54-bis del DPR 633/1972.

Funzioni principali

Nella nuova sezione, i contribuenti potranno:

  • visualizzare comunicazioni relative a irregolarità o controlli fiscali;
  • effettuare eventuali pagamenti direttamente online, utilizzando il proprio IBAN e autorizzando l’addebito tramite gli intermediari della riscossione;
  • richiedere assistenza attraverso il servizio CIVIS, per chiarire eventuali discrepanze o contestazioni.

Tali funzionalità saranno disponibili sia per i contribuenti sia per intermediari delegati (ad esempio, commercialisti) tramite il servizio “Cassetto fiscale delegato”.

Notifiche e sicurezza

Le notifiche sulla disponibilità di nuove comunicazioni saranno visibili nell’area riservata e, per le persone fisiche, anche attraverso l’app IO. L’accesso ai servizi richiede credenziali digitali (SPID, CIE, CNS) o, per professionisti e imprese, le credenziali Entratel o Fisconline. L’Agenzia adotta standard di sicurezza aggiornati e traccia gli accessi al sistema per garantire l’integrità dei dati e prevenire usi impropri.

Trattamento dei dati

L’Agenzia, in collaborazione con Sogei S.p.A., assicura il trattamento sicuro dei dati personali, limitandosi a quelli strettamente necessari per l’erogazione del servizio. I dati sono conservati per il tempo minimo indispensabile, nel rispetto delle normative europee e nazionali sulla privacy.

Obiettivi del provvedimento sul cassetto fiscale

Questa iniziativa intende:

  • migliorare l’accesso alle informazioni fiscali e favorire l’adempimento spontaneo degli obblighi tributari;
  • fornire strumenti digitali più avanzati, semplificando la gestione di comunicazioni e adempimenti;
  • promuovere la trasparenza e la compliance attraverso un’interazione più agevole con l’Agenzia delle Entrate.

In sintesi, il potenziamento del Cassetto fiscale rappresenta un passo verso una gestione fiscale più efficiente e digitale, a beneficio di contribuenti e professionisti.

 

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codice ateco

Codice Ateco per gli influencer: come funziona Codice Ateco dedicato dal 1° gennaio 2025 per gli influencer marketing, a vantaggio del riconoscimento della professionalità

Codice Ateco dedicato agli influencer marketing

A partire dal 1° gennaio 2025, gli influencer marketing in Italia avranno un proprio codice Ateco. Questa novità segna un passo decisivo verso il riconoscimento formale di questa professione. Il nuovo codice, 73.11.03, è stato sviluppato grazie alla collaborazione tra Istat, Eurostat, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy e l’Associazione Italiana Content & Digital Creators (AICDC). Questo cambiamento mira a valorizzare l’economia creativa digitale, un settore in espansione, e a regolarizzare le attività economiche connesse.

Cos’è il Codice Ateco e perché importante

Il Codice Ateco, acronimo di “Attività Economiche”, è uno strumento di classificazione standardizzato che identifica le attività economiche svolte da imprese e professionisti in Italia. È essenziale per l’apertura di una partita IVA, per il calcolo delle imposte, l’accesso a finanziamenti e agevolazioni fiscali, nonché per la raccolta di dati statistici da parte di enti come l’Istat. La nuova classificazione specifica per gli influencer rappresenta una svolta. Essa consente di distinguere questa professione dalle altre categorie già esistenti, come quelle legate alla pubblicità.

Influencer marketing: una professione in evoluzione

La figura dell’influencer si è affermata con il boom dei social media, evolvendosi in un’attività professionale che include la creazione di contenuti digitali e la sponsorizzazione di prodotti o eventi. Tuttavia, l’assenza di una classificazione dedicata ha generato confusione fiscale e amministrativa. Molti giovani, spesso inconsapevoli, sottovalutano gli obblighi fiscali e la mancanza di conoscenza porta alcuni a evadere le tasse. L’introduzione di un codice specifico potrebbe ridurre queste problematiche.

Benefici della nuova classificazione per gli influencer

Con l’introduzione del codice Ateco 73.11.03, gli influencer marketing potranno:

  • accedere a una regolamentazione fiscale e previdenziale più chiara;
  • usufruire di benefici e agevolazioni specifici per la loro categoria;
  • essere ufficialmente riconosciuti come professionisti, garantendo maggiore trasparenza nel settore.

Verso una nuova era dell’economia creativa

L’introduzione di questo codice rappresenta un importante riconoscimento per l’economia creativa digitale. Questo settore, sempre più rilevante nel panorama economico italiano, beneficia ora di strumenti che promuovono la conformità fiscale e favoriscono la crescita sostenibile di una professione moderna e in continua evoluzione.

 

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bonus 500 euro

Bonus 500 euro figli per spese extrascolastiche Dal 2025, bonus 500 euro per coprire le attività extrascolastiche dei figli di età inferiore ai 14 anni per sostenere le famiglie in difficoltà 

Nuovo bonus di 500 euro per le famiglie in arrivo

In arrivo nel 2025, grazie alla manovra di bilancio, un bonus di 500 euro per le famiglie italiane per coprire le spese legate alle attività extrascolastiche dei figli. Questa iniziativa rientra nel Fondo Dote Famiglia, un programma ideato per sostenere le famiglie con difficoltà economiche. Lo stesso è finanziato con un budget iniziale di 30 milioni di euro provenienti dal Fondo per le esigenze di spesa indifferibili.

La misura è pensata come uno strumento strategico per promuovere il benessere, contribuendo al tempo stesso a ridurre le disuguaglianze economiche e sociali. Ecco una panoramica completa su requisiti, benefici e modalità di richiesta del bonus.

A chi è destinato il bonus di 500 euro

Il bonus è rivolto ai nuclei familiari con un ISEE fino a 35.000 euro e può essere utilizzato solo per i figli di età inferiore a 14 anni. È una misura pensata per alleggerire i costi legati alle attività formative che i bambini svolgono al di fuori della scuola.

Cosa copre il bonus di 500 euro

Le spese rimborsabili includono una vasta gamma di attività educative e formative, utili alla crescita culturale, artistica e fisica dei bambini. Tra queste ci sono:

  • i corsi di lingua utili per lo sviluppo di competenze linguistiche e professionali;
  • i percorsi didattici e culturali come i laboratori di arte, scienze, storia e altre attività che stimolano la creatività;
  • leducazione musicale per mezzo di corsi che favoriscono lo sviluppo cognitivo e artistico;
  • lo sport e le attività fisiche come gli sport di squadra, la danza, il teatro e tutte le esperienze educative che promuovono il benessere e le competenze sociali.

Le attività possono essere erogate da enti pubblici, privati o del Terzo Settore, purché abbiano un comprovato valore educativo e contribuiscano alla formazione del bambino.

Come funziona il rimborso

Per accedere al bonus, le famiglie devono inizialmente anticipare i costi delle attività e in seguito  richiedere il rimborso.

La procedura prevede i seguenti passaggi:

  • raccogliere le ricevute e le fatture che attestano le spese sostenute;
  • presentare la domanda di rimborso attraverso i canali indicati dal Governo;
  • dopo la verifica della documentazione, il rimborso sarà erogato.

Cumulo con altri bonus

Un aspetto interessante del bonus è che può essere cumulato con altre agevolazioni fiscali o economiche, aumentando le possibilità di sostegno per le famiglie. Questo permette di integrare diversi contributi per coprire una più ampia gamma di spese educative.

L’obiettivo della misura

Il bonus da 500 euro non è solo un aiuto economico, ma anche un investimento nella formazione e crescita dei giovani. Grazie al Fondo Dote Famiglia, il Governo mira a rendere più accessibili le attività educative, culturali e sportive, sostenendo le famiglie e favorendo una partecipazione più inclusiva ai programmi extrascolastici.

 

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