volontaria giurisdizione

Volontaria giurisdizione La volontaria giurisdizione è un tipo di giurisdizione che gestisce negozi giuridici o affari che richiedono l'intervento del Giudice

Volontaria giurisdizione: cos’è

Per volontaria giurisdizione si intende un tipo particolare di attività giurisdizionale, che si occupa di diritti soggettivi fondamentali tutelati dalla Costituzione. L’autorità giudiziaria in questi casi deve amministrare interessi privati, di rilievo super-individuale, per evitare la lesione degli stessi.

Procedimento

Il procedimento di volontaria giurisdizione è avviato con una domanda, che prende il nome di istanza o ricorso.

Il ricorso o l’istanza mirano a ottenere un provvedimento giudiziale che soddisfi e realizzi l’interesse di cui è portatore il richiedente. Il giudice, nell’emanare il provvedimento, non è vincolato dalla domanda. L’autorità giudiziaria è infatti libera di emanare il provvedimento che ritiene più conveniente per tutelare quell’interesse.

Fase istruttoria e decisione

Dopo la presentazione dell’istanza o del ricorso il Giudice avvia la fase istruttoria per verificare la situazione di fatto indicata nella domanda. Conclusa la fase istruttoria il giudice emette un provvedimento che, come anticipato, non deve corrispondere necessariamente a quanto richiesto.

L’autorità giudiziaria infatti, nell’ambito della volontaria giurisdizione, svolge una funzione di controllo di natura repressiva e ispettiva in tutti quei casi in cui non siano rispettati certi doveri o l’attività da svolgere per perseguire lo scopo non venga compiuta.

Forma del procedimento

Il procedimento si svolge nella forma del procedimento in Camera di Consiglio disciplinato dall’art. 737 e seguenti del codice di procedura civile. L’articolo 737 c.p.c dispone in particolare che i provvedimenti che l’autorità giudiziaria è chiamata a pronunciare in Camera di Consiglio si chiedono con ricorso al giudice competente per materia e per territorio e hanno la forma del decreto motivato, salvo specifiche eccezioni previste dalla legge. In alcuni casi infatti l’autorità giudiziaria emette il provvedimento finale nella forma dell’ordinanza.

Volontaria giurisdizione: materie

La volontaria giurisdizione si occupa di alcune importanti materie.  Molte riguardano la realizzazione di interessi personali o familiari.  Ne sono un esempio le domande finalizzate a ottenere:

Rientrano nell’ambito della volontaria giurisdizione però anche altre questioni, come ad esempio, le procedure finalizzate a ottenere la riabilitazione da un protesto cambiario o il ricorso contro il rifiuto di iscrizione di una società nel registro delle imprese.

phishing

Phishing: cos’è e come tutelarsi Phishing: truffa informatica che sfrutta le paure dei navigatori del web per rubare i dati e mettere in atto diversi illeciti penali

Phishing: cos’è

Il phishing è un attacco informatico che ha la finalità di rubare i dati e le informazioni personali dei navigatori di Internet.

Il phishing inganna psicologicamente l’utente, sfruttando i suoi timori, per sottrargli ad esempio i dati di accesso ai conti correnti o ai documenti di identità. Il criminale impiega poi questi dati per compiere illeciti penali, senza che la vittima se ne accorga, salvo nel momento in cui si sente accusare di condotte penalmente rilevanti.

Come si realizza

Il mezzo preferito per carpire le informazioni altrui è senza dubbio la posta elettronica.

In genere le e-mail presentano un logo o un indirizzo che richiama quello di enti od organizzazioni attendibili, come istituti di credito o servizi postali. Per rubare i dati le e-mail segnalano di solito l’esistenza di un problema di sicurezza relativo all’account della banca o della posta di cui la vittima è titolare. C’è quindi un invito a cliccare un link per la risoluzione del problema. L’utente è quindi portato a inserire i propri dati personali, che vengono immediatamente indirizzati sul sito falso del criminale. Una volta che l’utente entra nel sito del cracker subisce in genere anche un danno al proprio divella a causa di virus, trojan e malware.

Phishing: quali reati può configurare

Il phishing è quindi una condotta illecita che può realizzare diverse fattispecie criminose.

Il primo è il reato di sostituzione di persona contemplato dall’articolo 494 c.p. C’è poi l’accesso abusivo in un sistema informatico o telematico previsto e disciplinato dall’articolo 615 ter c.p. La condotta però può anche configurare il reato di falsificazione di comunicazione telematica di cui all’articolo 617 sexies c.p, la truffa di cui all’articolo 640 c.p o la frode informatica punito dall’articolo 640 ter c.p. L’articolo 167 del Codice in materia di protezione dei dati personali contenuto nel decreto legislativo n. 196/2003 e riformato per adeguare questo testo di legge al regolamento UE 2016/679 punisce infine il trattamento illecito di dati che prevede l’intervento del PM e del Garante Privacy.

Come tutelarsi

La prima strategia per evitare che i dati personali vengano rubati per commettere illeciti consiste nel prestare molta attenzione alla creazione dei datti, ma soprattutto al loro utilizzo e alla loro diffusione.

Occorre poi stare attenti al tono di email e SMS. Il phishing, come anticipato, sfrutta le paure degli utenti della rete, per cui tendono ad avere sempre un tono allarmistico.

Prima di aprire una e-mail è sempre bene controllate l’indirizzo del mittente. In genere è possibile rendersi conto subito che si tratta di indirizzi fasulli.  Questi indirizzi e-mail infatti spesso non contengono neppure il nome dell’ente o della banca che lo invia e, se lo contengono, presentano caratteri particolari, da cui è facile intuire che non sono ufficiali.

Una volta aperta la e-mail evitare di aprire qualsiasi link contenuto al suo interno. Per un controllo veloce è possibile passare il mouse sopra il link o inserirlo nella barra in cui si inserisce l’indirizzo del motore di ricerca.

Un altro aspetto molto importante da considerare è rappresentato dalla connessione. Meglio scegliere connessioni sicure ed evitare connessioni Wi-Fi sconosciute o senza password. Verificare inoltre la presenza del protocollo HTTPS e il nome del dominio.

Come sporgere denuncia

Le vittime del raggiro tramite il phishing che hanno subito il furto dei propri dati possono fare denuncia attraverso il servizio dedicato del sito Commissariato della Polizia di Stato.

Lo sportello per la sicurezza degli utenti del web può essere utilizzato per denunciare o segnalare tutta una serie di reati informatici come il phishing appunto, ma anche il cyberbullismo, il romance scam, la violazione del diritto d’autore, lo spamming, il cyberstalking, la pedofilia online, il cyberstalking e tante altre condotte criminali online.

La denuncia che viene inviata tramite questo sito è seguita dall’apertura di un fascicolo, che viene poi inviato alla Procura della Repubblica per poter procedere.

società cooperativa

Società cooperativa La società cooperativa è un modello di società a capitale variabile che non persegue un fine di lucro, ma di tipo mutualistico

Società cooperativa: definizione

Il codice civile definisce la società cooperativa come quella che si caratterizza per il capitale variabile e lo scopo mutualistico. Lo scopo mutualistico si configura quando ai soci della cooperativa che persegue questo obiettivo vengono forniti servizi, beni, occasioni di lavoro o condizioni di maggiore vantaggio rispetto a quelle presenti sul mercato. Per queste caratteristiche distintive rispetto alle società lucrative, le società cooperative hanno un albo dedicato, ossia “l’albo delle società cooperative”.

Società cooperativa nella Costituzione

L’articolo 45 della Costituzione riconosce il ruolo sociale della cooperazione e della mutualità senza fini speculativi. La legge promuove e favorisce l’incremento delle società cooperative perché rappresentano un modello virtuoso. Essa ne assicura anche il carattere mutualistico e gli obiettivi con i controlli più opportuni.

Disciplina delle società cooperative

La società cooperativa nasce, si modifica e si scioglie nel rispetto delle regole del Codice civile. Il capo I del titolo IV, del Libro V del Codice civile contiene infatti la disciplina delle società cooperative e delle mutue assicuratrici. Queste ultime sono soggette in parte alle stesse regole delle società cooperative.

A mutualità prevalente e cooperative diverse

Le cooperative si distinguono in due tipologie:

  • a mutualità prevalente;
  • cooperative diverse a mutualità non è prevalente.

Le società cooperative, in base all’articolo 2512 c.c, sono a mutualità prevalente quando:

  • svolgono la loro attività soprattutto in favore dei soci, dei consumatori e degli utenti di beni e servizi;
  • nello svolgimento della loro attività tipica si avvalgono del lavoro dei soci;
  • nello svolgimento della loro attività si avvalgono dei beni e dei servizi che vengono apportati dai soci.

I successivi articoli 2513 e 2514 del Codice civile stabiliscono i criteri per la definizione della prevalenza e i requisiti che devono possedere le cooperative a mutualità prevalente.

Società cooperative: regole

Il codice civile detta tutta una serie di regole che disciplinano tutta la vita della società cooperativa e tutte le vicende che la riguardano e che la contraddistinguono.

Denominazione

La denominazione di questa società deve contenere l’indicazione di “società cooperativa”. Le società che non hanno scopo mutualistico non possono utilizzare la denominazione di “società cooperativa.”

Rapporti con i soci

Nel costruire e nell’eseguire i rapporti mutualistici si deve rispettare il principio di parità di trattamento.

Responsabilità limitata dei soci

La società cooperativa che assume obbligazioni sociali risponde solo con il suo patrimonio. Essa si caratterizza quindi per una autonomia patrimoniale perfetta.

Costituzione della società cooperativa

La società cooperativa si deve costituire obbligatoriamente con atto pubblico, che deve contenere tutta una serie di requisiti ed elementi sulla società, i soci, i conferimenti l’oggetto sociale, il collegio sindacale, gli amministratori, gli utili e le quote (art. 2521 c.c).

Il notaio che riceve l’atto deve depositarlo presso l’ufficio del registro entro 20 giorni.

Per costituire una società è necessaria inoltre la presenza di almeno 9 soci. Si può costituire anche una cooperativa con tre soli soci, ma devono essere tutti persone fisiche e la società deve adottare le stesse regole previste per le società a responsabilità limitata.

Capitale variabile

Queste società non determinano il capitale nel suo preciso ammontare quindo nascono, inoltre se nuovi soci entrano nella società non è necessario procedere alla modifica dell’atto costituivo. Questa regola però non è rigida. La società infatti può deliberare aumenti di capitale con modifica dell’atto costitutivo.

Valore di quote o azioni

Ogni quota o azione non può avere un valore nominale inferiore ai 25 euro e nessun socio può avere quote superiori ai 100.000 euro, a meno che la legge non disponga diversamente. Se i soci sono più di 500 questi limiti possono essere superati.

Il socio che non paga le quote o le azioni può essere escluso.

Soci della cooperativa

I soci devono essere in possesso dei requisiti indicati nell’atto costitutivo. Chi vuole entrare a far parte della cooperativa come socio deve fare domanda. L’ammissione o il rigetto sono deliberati da chi amministra la società.

Il socio che vuole trasferire la sua quota deve comunicarlo agli amministratori con lettera a/r.

Il socio può recedere dalla società nei casi previsti dalla legge e dall’atto costituivo ed essere escluso ai sensi dell’art. 2533 c.c.

Organi sociali delle società cooperative

Gli organi sociali delle società cooperative sono l’assemblea, il Consiglio di Amministrazione e il Collegio sindacale. La nomina di quest’ultimo organo di controllo è obbligatoria nei casi previsti dal comma 3 dell’articolo 2477 e quando la società emette strumenti finanziari di natura non partecipativa.

Vicende della società cooperativa

Una società cooperativa può perdere la qualifica “a mutualità prevalente”. Le società che non sono a mutualità prevalente possono trasformarsi in altri tipi di società. La società cooperativa infine può sciogliersi per diverse cause, come la perdita del capitale sociale.

Cooperative: esempi

I tipi di società cooperative più diffusi sono le banche popolari, le cooperative di credito, di consumo, di produzione e lavoro, sociali, di abitanti, edilizie, agricole o della pesca.

pensione di reversibilità

Pensione reversibilità: l’assegno di divorzio non è un limite Pensione di reversibilità: nella ripartizione tra moglie superstite ed ex moglie l'assegno divorzile di questa non è un limite legale

Pensione di reversibilità e misura dell’assegno divorzile

La ripartizione della pensione di reversibilità tra l’ex coniuge e il coniuge superstite deve avvenire nel rispetto di alcuni parametri. Rilevano la durata dei matrimoni e altri criteri che tengono conto della finalità solidaristica della misura, come la durata delle convivenze prematrimoniali. Nella ripartizione l’entità dell’assegno divorzio non rappresenta un limite legale alla quota per l’ex coniuge. La legge nulla dispone in tale senso. Lo ha chiarito la Cassazione nell’ordinanza n. 21997/2024.

Pensione di reversibilità: ripartizione tra ex moglie e moglie superstite

Una donna si rivolge al Tribunale per chiedere che la propria quota della pensione di reversibilità dell’ex marito, che concorre con la moglie superstite, venga determinata nella misura del 65%. La donna chiede che l’assegno decorra dal mese successivo a quello della morte dell’ex marito da cui la stessa aveva divorziato. Nella domanda la donna fa presente che il giudice  aveva stabilito per lei un assegno di divorzio, anche se di piccolo importo.

85% della pensione di reversibilità per la moglie superstite

Il giudizio di primo grado si conclude però a sfavore della ex moglie. Il Tribunale riconosce infatti alla ex moglie il 30% della pensione di reversibilità del marito, a quella superstite il restante 70%.

La moglie superstite impugna la decisione chiedendo il 95% della quota della pensione di reversibilità del marito defunto. La ex moglie però insiste e anche in sede di appello chiede il 65% del trattamento pensionistico dell’ex marito.

Il giudice dell’impugnazione accoglie in parte l’impugnazione della moglie superstite a cui riconosce l’85% della pensione del marito defunto in ragione della durata del matrimonio e dell’assenza di redditi propri.

Errato il calcolo della durata del matrimonio

La ex moglie decide quindi di ricorrere in Cassazione. Ella ritiene che la Corte d’Appello non abbia ricostruito correttamente la durata dei due matrimoni. La Corte non ha infatti tenuto conto che la durata del matrimonio deve essere calcolata dalla data della celebrazione fino al suo termine che si verifica a causa della intervenuta sentenza di divorzio o della morte di uno dei due coniugi.

Reversibilità: l’assegno divorzile non è un limite legale

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e precisa che la durata del matrimonio non rappresenta l’unico parametro di valutazione ai fini della reversibilità. Il giudice deve considerare altri dati, come la condizione economica delle parti.

In caso quindi di concorrenza tra coniuge superstite ed ex coniuge per la spettanza della pensione di reversibilità il giudice deve tenere conto della durata del matrimonio e della convivenza prematrimoniale “senza individuare nell’entità dell’assegno divorzile un limite legale alla quota di pensione attribuibile all’ex coniuge, data la mancanza di qualsiasi indicazione normativa in tal senso.”

Nel caso di specie la Corte d’appello ha considerato la durata della convivenza matrimoniale e le condizioni economiche e patrimoniali al momento della morte del de cuius “il parametro dell’entità dell’assegno divorzile è stato chiaramente menzionato e valutato solo in funzione rafforzativa dello scopo solidaristico, non come limite legale. La ripartizione per quote che la Corte di merito ha stabilito costituisce una questione meritale non sindacabile in questa sede, che è stata effettuata mediante idonea ponderazione degli elementi fattuali di riferimento.”

 

Sull’argomento leggi anche questo articolo: “Pensione reversibilità ai nipoti: le nuove regole

Allegati

reato di minaccia

Reato di minaccia Il reato di minaccia si configura qualora un soggetto minacci un altro di un danno ingiusto, se aggravato è punito con la reclusione

Reato di minaccia: cos’è

La minaccia è un reato contemplato dall’art. 612 del codice penale. Esso si configura quando un soggetto minaccia un altro soggetto di cagionargli un danno ingiusto. La norma tutela la libertà morale e psichica contro ogni tipo di condotta in grado di creare un turbamento derivante dal prospettare un male ingiusto alla vittima. Il danno minacciato può consistere in una lesione o nella sola messa in pericolo di un interesse che ha rilievo giuridico. L’ingiustizia del danno si riferisce ai danni che vengono cagionati da condotte illecite.

Il reato di minaccia è definito “di pericolo” perché non richiede il verificarsi di un evento, è sufficiente che il male venga  prospettato e che questo induca nella vittima il timore che il danno minacciato si potrebbe effettivamente verificare.

Procedibilità del reato di minaccia

Il reato di minaccia è punibile a querela della persona offesa.

Si procede d’ufficio se:

  • la minaccia si realizza in uno dei modi contemplati dall’articolo 339 del codice penale;
  • la minaccia è grave e ricorrono circostanze aggravanti con effetto speciale diverse dalla recidiva;
  • la persona offesa è incapace per età o per infermità.

Minaccia aggravata: art. 339 c.p.

La minaccia è aggravata se il soggetto agente la commette:

  • durante manifestazioni che si svolgono in un luogo pubblico o aperto al pubblico;
  • con l’uso delle armi;
  • da un soggetto dal volto coperto;
  • da più soggetti riuniti;
  • con uno scritto anonimo;
  • ricorrendo alla forza intimidatorie di associazioni segrete, esistenti o anche solo supposte;
  • lanciando o utilizzando corpi contundenti o altri oggetti idonei a offendere come i fuochi d’artificio, tutti oggetti che creano situazioni di pericolo per le persone.

Elemento soggettivo

Per integrare il delitto di minaccia la legge richiede che il soggetto agisca con dolo generico ossia con la coscienza e la volontà di minacciare un altro soggetto di un danno ingiusto.

Come è punito il reato di minaccia

Il reato di minaccia viene punito con una multa che può arrivare fino a 1.032,00 euro.

Se la minaccia è grave o è commessa nei modi previsti dall’articolo 339 c.p il reato è punito con la pena della reclusione fino a un anno.

Minaccia: rapporto con altri reati

Il reato di minaccia può essere confuso con altri reati contro la persona, ma può anche rappresentare una componente di altre condotte illecite complesse. La Cassazione nel tempo ha fornito importanti chiarimenti al riguardo.

Minaccia in concorso con violenza privata

La Corte di Cassazione nella sentenza n. 50702/2019 ha chiarito che: “il reato di violenza privata si distingue dal reato di minaccia per la coartata attuazione da parte del soggetto passivo di un contegno (commissivo od omissivo) che egli non avrebbe assunto, ovvero per la coartata sopportazione di una altrui condotta che egli non avrebbe tollerato. Ne consegue che i due reati, pur promossi da un comune atteggiamento minatorio, dando luogo ad eventi giuridici di diversa natura e valenza, concorrono tra loro.”

Minacce assorbite dal reato di maltrattamenti in famiglia

La Corte di Cassazione nella sentenza n. 17599/2021 ha precisato che il reato di maltrattamenti in famiglia assorbe il delitto di minaccia previsto dall’art. 612 c.p. purché le minacce rivolte alla persona offesa non siano il risultato di una condotta criminosa autonoma e indipendente, ma costituiscano una delle condotte per mezzo delle quali si mette in atto il reato di maltrattamenti.

Minacce assorbite o in concorso con il reato di stalking

La Corte di Cassazione nella sentenza n. 12720/2020 ha sancito che il delitto di minaccia contemplato dall’art. 612 c.p. è assorbito da quello di atti persecutori disciplinato dall’art. 612 bis c.p a condizione che le minacce vengano poste in essere nello stesso contesto temporale e fattuale che integrano lo stalking. Qualora invece le minacce risalgano a un periodo anteriore all’inizio degli atti persecutori allora le minacce concorrono con il reato di stalking.

 

Leggi anche gli arti articoli di diritto penale

interesse legittimo

Interesse legittimo Interesse legittimo: definizione, differenze rispetto al diritto soggettivo e  riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e amministrativo

Interesse legittimo: definizione

L’interesse legittimo è una situazione giuridica soggettiva di vantaggio. Esso consiste nella pretesa che un privato vanta nei confronti della  pubblica amministrazione affinché questa eserciti il suo potere nel rispetto della legge. Mediante questa pretesa il cittadino può incidere sul corretto esercizio del potere della PA e realizzare l’interesse al bene della vita oggetto di un determinato provvedimento amministrativo.

L’interesse legittimo vantato dal singolo si scontra però e inevitabilmente con l’interesse pubblico di cui è portatrice la PA. La pubblica amministrazione infatti, con i suoi provvedimenti, può sia ampliare la sfera giuridica del singolo che restringerla.

Interessi legittimi: tipologie

Questa la ragione per la quale l’ordinamento contempla due tipi di interessi legittimi. Gli interessi legittimi pretensivi sono quelli che il soggetto vanta nei confronti della PA affinché questa adotti un certo provvedimento. Gli interessi legittimi oppositivi invece riconoscono al singolo il diritto di opporsi agli atti amministrativi che possono pregiudicare la sua sfera giuridica.

Diritto soggettivo

Nei confronti della PA il cittadino non vanta però solo interessi legittimi, ma anche diritti soggettivi. Il diritto soggettivo è un’altra posizione giuridica di vantaggio che l’ordinamento riconosce a un soggetto in relazione a un determinato bene, compresa la sua tutela giuridica.

Interesse legittimo e diritto soggettivo: differenze

L’elemento distintivo del diritto soggettivo rispetto all’interesse legittimo è rappresentato dalla assolutezza del primo rispetto al secondo, che gode per questo motivo di una tutela piena e diretta.  L’interesse legittimo è invece collegato all’esercizio del potere amministrativo e si caratterizza per la differenziazione e la qualificazione. Per differenziazione si intende la posizione del soggetto rispetto alla generalità dei consociati. La qualificazione invece deriva dal fatto che la norma sull’esercizio del potere della PA per perseguire il pubblico interesse deve necessariamente considerare anche l’interesse del singolo che è collegato a quello pubblico.

Giudice ordinario e Giudice Amministrativo

La distinzione analizzata tra interesse legittimo e diritto soggettivo è necessaria ai fini del riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giuridico amministrativo.

Sul riparto di giurisdizione leggi anche Riparto giurisdizione controversie finanziamenti pubblici

Interesse legittimo e giurisdizione nella Costituzione

Dalla lettura degli articoli 24, 103 e 113 della Costituzione emerge infatti che il riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e amministrativo è conseguenza della distinzione tra diritto soggettivo e interesse legittimo.

L’articolo 24 riconosce a tutti i cittadini di agire in giudizio per tutelare i propri diritti soggettivi e interessi legittimi. L’articolo 103 precisa invece che la giurisdizione amministrativa per la tutela degli interessi legittimi e dei diritti soggettivi in determinate materie spetta per legge al Consiglio di Stato e agli altri organi della giustizia amministrativa.

L’articolo 113 infine riconosce la tutela contro gli atti della PA per la tutela degli interessi legittimi e dei diritti soggettivi.

Tipologie di giurisdizione del GA

Per quanto riguarda nello specifico la giurisdizione del Giudice amministrativo, essa si distingue in tre diverse tipologie.

  • Giurisdizione generale di legittimità: riguarda le controversie che hanno ad oggetto gli atti, i provvedimenti e le omissioni della PA.
  • Giurisdizione esclusiva: è quella che riguarda le materie previste specificamente dalla legge ed elencate nell’articolo 133 del Codice del processo amministrativo.
  • Giurisdizione di merito: in questi casi il giudice si sostituisce alla Pubblica Amministrazione, ma ha poteri più ampi.

Giudice amministrativo: competenza

Il Giudice amministrativo si occupa delle materie in cui ha la competenza esclusiva indicate dall’art. 133 del Codice del processo amministrativo (decreto legislativo n. 104/2010). Esso è competente anche nelle controversie che riguardano il risarcimento del danno derivante dalla commissione di un danno ingiusto causato dalla inosservanza colposa o dolosa del termine in cui dovrebbe concludersi il procedimento amministrativo.

Il Giudice amministrativo è competente inoltre nella tutela dei diritti soggettivi, ma solo in relazione a particolari materie indicate dalla legge che riguardano “l‘esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni”. 

pignoramento pensioni

Pignoramento pensioni Pignoramento pensioni 2024: la procedura, i limiti di pignorabilità a tutela del minimo vitale e l’opposizione all’esecuzione per difendersi

Pignoramento pensioni 2024: come funziona

In relazione al pignoramento pensioni 2024 vediamo in che cosa consiste e come funziona il metodo forzoso che i creditori possono utilizzare per recuperare gli importi loro spettanti.

L’art. 543 c.p.c.

Poiché la pensione viene erogata dall’INPS o da altre casse previdenziali la procedura prende il nome di pignoramento presso terzi. Il terzo in questo caso è rappresentato dall’Istituto pensionistico o dalla Cassa che eroga il trattamento.

La norma a cui fare riferimento per il pignoramento presso terzi è l’articolo 543 c.p.c.

Questa norma riconosce infatti al creditore il diritto di pignorare i crediti che il debitore vanta nei confronti di terzi soggetti o le cose del debitore che si trovano nel possesso di terzi.

Questi soggetti terzi sono definiti dalla legge terzi pignorati.  

Pignoramento pensioni 2024: limiti

Il pignoramento della pensione però è soggetto a dei limiti.

Limiti di importo

Il primo limite ha a che fare con l’importo pignorabile. Il creditore infatti non può pignorare l’intero importo della pensione del debitore, ma solo una parte. Il nostro ordinamento impone di salvaguardare il minimo vitale. C’è un importo in sostanza, necessario alla sopravvivenza del debitore, che non può essere aggredito dai creditori.  Con questo termine si intende infatti l’importo necessario a garantire al pensionato una vita dignitosa.

Limite della natura del trattamento

Il secondo limite che l’ordinamento pone al pignoramento della pensione riguarda la natura della prestazione. Non è possibile infatti pignorare gli importi che hanno natura di trattamento assistenziale. Ne sono un esempio la pensione di invalidità civile, l’indennità di accompagnamento e l’assegno sociale.

Pignoramento pensioni 2024: importo pignorabile

Il limite dell’importo pignorabile serve, come anticipato, a garantire al debitore un minimo vitale per garantirgli una vita dignitosa.

Detto questo, qual’è l’importo pignorabile a un pensionato?

Il decreto Aiuti bis n.115/2022, modificando la disciplina contenuta nell’articolo 545 c.p.c comma 7, ha stabilito che non sono pignorabili fino all’importo pari al doppio della misura massima dell’assegno sociale, con il tetto dei 1000 euro, le somme che vengono corrisposte a titolo di pensione, di indennità sostitutive della pensione o di assegni di quiescenza.

La parte che eccede detto importo può essere pignorabile nei limiti indicati dai commi 3, 4 e 5 dell’articolo 545 c.p.c e da speciali disposizioni di legge.

Calcolo dell’importo non pignorabile 2024

Quest’anno, come indicato nella Tabella allegata alla circolare INPS n. 1 del 02.01.2024, l’importo dell’assegno sociale è di Euro 534,41. L’importo che non può essere pignorato, come visto sopra, è pari al doppio del valore della pensione sociale, per cui non è possibile procedere al pignoramento dell’importo della pensione fino a 1.068,82.

Importo pensione pignorabile 2024

Precisato che fino all’importo di Euro 1.068,82 la pensione non può essere pignorata, la parte eccedente può essere oggetto di pignoramento nel limite di 1/5 se il creditore che agisce è solo uno. Qualora infatti i creditori siano due o più la parte della pensione che eccede l’importo non pignorabile potrà essere aggredita nella misura dei 2/5.

Limiti in caso di accredito della pensione su c/c

I limiti visti finora relativi al pignoramento della pensione cambiano quando l’emolumento viene accreditato sul conto corrente del debitore. In questo caso, in base alle regole previste per il 2024, la parte pignorabile della pensione, sempre nella misura di 1/5 è quella che eccede l’importo pari a 3 volte l’assegno sociale ossia Euro 1.603,23.

Pignoramento pensioni: Agenzia delle Entrate

Tra i soggetti pubblici che possono aggredire la pensione c’è anche l’Agenzia delle Entrate. In questo caso l’importo che può essere aggredito con il pignoramento varia in base all’importo della pensione.

L’Agenzia infatti può pignorare:

  • 1/10 dell’importo per pensioni fino a 2.500,00 euro;
  • 1/7 dell’importo per pensioni che vanno da un minimo di 2.500,00 euro fino a 5.000,00 euro;
  • 1/5 dell’importo per pensioni al di sopra dei 5.000,00 euro.

Pignoramento della pensione: come difendersi

Per difendersi dal pignoramento delle pensioni è consigliabile rivolgersi a un avvocato esperto in questioni previdenziali.

In genere, in presenza dei presupposti necessari, ovvero di pignoramenti ingiustificati, è possibile avviare un’opposizione all’esecuzione, per contestare

  • il diritto vantato dal creditore nel procedere all’esecuzione;
  • la modificazione o l’inesistenza del credito contenuto nel titolo esecutivo;
  • l’ammissibilità della pretesa sotto il profilo giuridico.

Vedi gli altri articoli in materia di pensioni

pedone distratto

Pedone distratto: va risarcito se cade in un tombino Il pedone distratto va comunque risarcito se la sua condotta non è abnorme, tanto più se il Comune non segnala che il tombino è scoperto

Risarcimento danni pedone

Il pedone distratto, se cade in un tombino posto su una via pubblica, deve essere risarcito. Solo se la disattenzione del pedone è abnorme e sia quindi la causa esclusiva della caduta e del danno che ne consegue il diritto al risarcimento è escluso. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 19078-2024.

Pedone distratto cade in un tombino

La vicenda ha inizio con la caduta di una donna in un tombino presente ai margini di una strada comunale, sulla banchina, coperto di rami e foglie.

Il tribunale riconosce alla donna un risarcimento del danno di Euro 39.153,00.

Il Comune soccombente appella la decisione, ma il giudice dell’impugnazione la rigetta. La questione viene portata quindi all’attenzione della Corte di Cassazione.

Distrazione non rileva se non è causa esclusiva della caduta

La Cassazione rigetta ancora una volta il ricorso del Comune. Il pedone distratto infatti ha diritto al risarcimento se la sua condotta non è abnorme. Come affermato da precedente Cassazione sulla responsabilità dell’ente per le cose in custodia “può influire la condotta della vittima, la quale, però, assume efficacia causale esclusiva soltanto ove sia qualificabile come abnorme, cioè estranea al novero delle possibilità fattuali congruamente prevedibili in relazione al contesto, potendo, in caso contrario, rilevare ai fini del concorso causale ai sensi dell’art. 1227 c.c.” 

Natura pubblica della strada: obbligo di custodia del Comune

La Cassazione rileva inoltre che nei precedenti gradi di giudizio i giudici di merito hanno accertato che la strada aveva carattere comunale o comunque ad uso pubblico e che la strada interponderale era aperta all’uso pubblico. L’ente quindi doveva provvedere alla custodia del bene. Lo stesso sarebbe dovuto intervenire affinché il tombino presente sulla banchina non restasse scoperto o segnalare quantomeno l’assenza di copertura dello stesso. Corretta quindi la condanna dell’Ente a rispondere dei danni per cose in custodia in base all’articolo 2051 c.c.

Allegati

riforma penale nordio legge

Legge Nordio: in vigore dal 25 agosto In vigore dal 25 agosto la legge Nordio sulla giustizia che interviene sulle intercettazioni, elimina l’abuso d’ufficio e modifica l’informazione di garanzia

Legge Nordio in vigore dal 25 agosto 2024

La legge Nordio, il disegno di legge per la riforma della giustizia  presentato dal Ministro della giustizia Carlo Nordio é in vigore. La Camera ha approvato in via definitiva il testo nella mattinata di mercoledì 10 luglio 2024. Il testo (legge n. 114/2024) è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 10 agosto per entrare in vigore il 25 agosto.

Dall’abuso d’ufficio alle intercettazioni: le novità

Il testo, che interviene sul codice penale, sul codice di procedura penale, sull’ordinamento giudiziario e su quello militare, abolisce il reato di abuso d’ufficio, modifica la disciplina sulle intercettazioni, limitando i poteri di pubblicazione e introduce importanti novità per quanto riguarda il reato di traffico di influenze illecite. Analizziamo le novità più significative della riforma Nordio.

Leggi anche Abuso d’ufficio addio definitivo

Eliminato il reato di abuso d’ufficio

L’eliminazione del reato di abuso d’ufficio contenuto nell’articolo 323 del Codice penale e commesso dai pubblici ufficiali o dai soggetti incaricati dello svolgimento di un pubblico servizio  rappresenta una delle modifiche più significative del disegno di legge, approvata dalla Camera diversi giorni prima dell’approvazione definitiva.

Modificato il reato di traffico di influenze illecite

Il reato contemplato dall’art. 346 bis c.p subisce delle restrizioni applicative, lo stesso viene limitato infatti alle condotte particolarmente gravi. La pena minima viene innalzata a un anno e sei mesi e le relazioni tra mediatore e pubblico ufficiale devono essere “utilizzate, non vantate. L’utilità data o promessa al posto del denaro infine deve essere solo economica.

Intercettazioni: limiti alla pubblicazione

Il testo prevede una maggiore tutela per le comunicazioni che intercorrono tra il difensore e l’imputato. L’autorità giudiziaria non potrà acquisire le comunicazioni tra i soggetti suddetti, fatta eccezione per la corrispondenza, a meno che non ritenga che si tratti di corpo del reato.

Introdotto il divieto di pubblicazione, anche solo di una parte del contenuto delle intercettazioni, qualora non venga riprodotto dal giudice all’interno della motivazione di un provvedimento giudiziale o impiegato nel dibattimento.

Impossibile infine il rilascio di copie delle intercettazioni quando non possono essere pubblicate, se la domanda proviene da un soggetto terzo rispetto al difensore e alle parti a meno che i risultati delle intercettazioni debbano essere utilizzati in un altro procedimento.

Informazione di garanzia

Nell’informazione di garanzia si dovrà descrivere il fatto in modo sommario, indicando data e luogo del reato. La pubblicazione sarà vietata fino a quando non saranno concluse le indagini preliminari e la notifica dovrà essere effettuata in modo da tutelare l’indagato da conseguenze improprie.

Interrogatorio preventivo rispetto alla misura cautelare

La persona sottoposta alle indagini verrà sottoposta all’interrogatorio preventivo nei casi in cui on sia necessario  adottare un provvedimento cautelare a sorpresa, al fine di garantire il principio del contraddittorio preventivo. Qualora si renda necessaria l’applicazione della misura cautelare in carcere durante lo svolgimento delle indagini preliminari la decisione dovrà essere adottata collegialmente.

Limiti all’appello del PM

La riforma prevede che il pubblico Ministero non possa appellare le sentenze di proscioglimento emesse in relazione a reati di “contenuta gravità”, come quelli individuati dall’art. 550 c.p.p per i quali è prevista la citazione diretta.

Ordinamento giudiziario e magistrati

In virtù della novità rappresentata dalla composizione collegiale del giudice per le indagini preliminari vengono modificate le tabelle infradistrettuali e i criteri per l’assegnazione degli affari penali.

Aumenta il numero dei magistrati destinati alle funzioni giudicanti di primo grado.

Per scongiurare il rischio di nullità per i processi i mafia e di terrorismo si recisa che il limite di età di 65 anni stabilito per i giudici popolari delle Corti di Assise si riferisce al momento in cui il giudice viene chiamato per prestare servizio all’interno del collegio.

Ordinamento militare

Con la riforma l’avanzamento di carriera dei militari non sarà ostacolato in caso di rinvio a giudizio ma solo se raggiunto da una sentenza di condanna di primo grado in quanto primo atto di condanna, purché non definitivo.

incontri padre figlia

Incontri padre-figlia sospesi se pesano alla minore Incontri padre-figlia: vanno sospesi se si rivelano contrari all’interesse del minore a causa dell’immaturità del padre

Incontri padre-figlia: sospesi se la minore li patisce

Gli incontri padre – figlia devono essere sospesi se creano sofferenza alla minore adolescente. I giudici di merito hanno accertato che il padre è immaturo, autocentrato, ossessivo e persecutore. La minore invece, grazie all’affido agli zii materni, al supporto dei servizi sociali e di quelli psicologici, è risultata matura ed equilibrata. Lo ha sancito la Cassazione nell’ordinanza n. 21969-2024.

Minore affidata agli zii paterni

Nell’ambito di un procedimento di separazione coniugale con problematiche legate all’affidamento della minore, la Corte d’Appello dispone l’interruzione degli incontri della minore con entrambi i genitori. La minore deve essere seguita dai servizi sociali e dal servizio di psicologia dell’età evolutiva e deve essere lasciata libera di riprendere gli incontri, previa valutazione degli operatori dei servizi.

Incontri padre-figlia: per il padre sono un diritto del minore

Il padre impugna la decisione di fronte alla Corte di Cassazione. L’uomo afferma che il suo rapporto con la figlia è stato compromesso a causa della malattia della madre e delle denunce che questa ha sporto nei suoi confronti. Questo situazione ha sicuramente impedito la creazione di un rapporto con la figlia.

Il ricorrente ritiene inoltre che la decisione sia del tutto nulla perché l’art. 8 della Cedu ha sancito il principio di non ingerenza dello Stato nella vita familiare. L’articolo 24 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE riconosce al minore il diritto di aver rapporti diretti e regolari con i genitori. L’uomo denuncia inoltre il mancato ascolto dei nonni paterni e l’affido della minore agli zii paterni.

Padre inidoneo ad avere rapporti sereni con la figlia

La Cassazione dichiara inammissibili i motivi sollevati dal padre. Gli Ermellini rilevano come la Corte d’appello sia giunta alla decisione oggetto di impugnazione per diverse ragioni. La stessa ha rilevato la non idoneità del padre ad avere rapporti sereni con la figlia minore. L’uomo risulta immaturo e affetto da ossessioni patologiche.

Da sospendere gli incontri padre-figlia se la minore mostra avversione

La Corte ricorda inoltre che in base ai principi sanciti dalla Convenzione di New York sui diritti del Fanciullo il giudice possa sospendere gli incontri padre-figlio se il minoredivenuto ormai adolescente e perfettamente consapevole dei propri sentimenti e delle loro motivazioni, provi nei confronti del genitore non affidatario sentimenti di avversione o, addirittura, di ripulsa – a tal punto radicati da doversi escludere che possano essere rapidamente e facilmente rimossi, nonostante li supporto di strutture sociali e psicopedagogiche”. 

Non rilevano ai fini della sospensione degli incontri le responsabilità dei genitori o la fondatezza delle ragioni che il minore adduce per dare una giustificazione ai suoi sentimenti. Il Giudice deve solo valutare la profondità e l’intensità del sentire del minore per decidere se gli incontri possono portare al superamento della animosità o una sua dannosa radicalizzazione.

Sospensione degli incontri nell’interesse primario del minore

La Corte di Appello ha rispettato i principi indicati dalla Cassazione e ha attuato l’interesse primario della minore. La ragazzina è dotata intellettivamente ed è più matura della sua età. Ella è autonoma nel giudizio ed è risultata lucida nel fornire la lettura degli eventi e delle condotte dei genitori e degli altri adulti. Durante il giudizio si è dimostrata calma ed equilibrata.

Il padre, all’opposto, è immaturo, autocentrante, presenta dei disturbi ossessivi e persecutori, non ha un ruolo tutelante e negli anni non ha compiuto alcun progresso. La figlia soffre per questa situazione, ma ha anche mostrato sollievo per la sospensione degli incontri con il padre.

Da quando gli zii paterni l’hanno presa in affidamento la ragazzina ha compiuto miglioramenti progressivi. La Cassazione ritiene quindi di non poter accogliere le doglianze del padre perché finalizzate a contestare il riesame delle prove e del merito dei fatti.

Allegati