Check out da remoto per le strutture ricettive
Torna il check out da remoto per le strutture ricettive. La sentenza n. 10210/2025 del TAR Lazio boccia la circolare del Ministero dell’Interno del 18 novembre 2024 che imponeva agli operatori turistici l’identificazione di persona (“de visu”) degli ospiti. La norma, che mirava a prevenire rischi per la sicurezza pubblica, di fatto precludeva le procedure di check-in a distanza. Con questa decisione, si riapre la strada alle modalità di registrazione a distanza.
Check out da remoto: no a identificazione de visu
Un’associazione rappresentativa del settore ricettivo extralberghiero italiano ricorre al TAR del Lazio contro la circolare del Ministero dell’Interno, datata 18 novembre 2024, protocollo 0038138. Il documento impone ai gestori di strutture ricettive l’obbligo di identificare di persona gli ospiti, ritenendo non conformi all’articolo 109 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS) le procedure di check-in da remoto, considerate potenzialmente pregiudizievoli per la sicurezza collettiva.
L’associazione solleva diverse doglianze contro la circolare. La più importante da segnalare però è quella in cui la ricorrente sostiene che la circolare si ponga in conflitto con la riforma del 2011 dell’articolo 109 TULPS, che aveva eliminato l’obbligo per i gestori di raccogliere le generalità degli alloggiati “de visu” e di far firmare le schede agli ospiti. Da tale riforma, l’obbligo si era ridotto al solo accertamento che gli alloggiati fossero muniti di un documento d’identità e alla comunicazione delle generalità alle Questure tramite il portale “Alloggiati web”. Tali obblighi erano stati estesi nel 2018 anche ai locatori di immobili per brevi periodi. La circolare pertanto, con la reintroduzione dell’identificazione “de visu”, aggraverebbe nuovamente gli adempimenti a carico dei gestori, contravvenendo allo spirito della riforma del 2011 che mirava a ridurli. La ricorrente argomenta inoltre che l’identificazione “de visu” non sarebbe idonea a raggiungere l’obiettivo di sicurezza pubblica, poiché non eliminerebbe il rischio che l’alloggiato, dopo l’identificazione, possa cedere le chiavi a un soggetto non identificato.
Identificazione “de visu” in contrasto
Il TAR precisa prima di tutto che la circolare impugnata, non ha un valore meramente interpretativo, ma introduce un “obbligo” concreto e immediatamente lesivo per i gestori. La stessa pertanto è in effetti direttamente impugnabile, non essendo necessario un provvedimento applicativo. Nel merito invece il TAR annulla il provvedimento impugnato.
L’obbligo di identificazione “de visu” si pone in effetti, come affermato dalla ricorrente, in contrasto con la riduzione degli adempimenti amministrativi introdotta dal D.L. n. 201/2011 e dalla modifica dell’articolo 109 TULPS. La circolare, infatti, ha ripristinato un onere che la legge aveva inteso eliminare, ignorando la modifica legislativa. Il TAR ritiene inoltre che l’identificazione “de visu” non sia di per sé in grado di garantire l’ordine e la sicurezza pubblica. Come evidenziato nel ricorso, essa non impedisce che l’alloggio possa essere successivamente utilizzato da soggetti non identificati. Il Ministero, inoltre, non ha specificato per quale ragione strumenti alternativi (come la verifica da remoto) non sarebbero sufficienti a raggiungere il medesimo obiettivo con minore pregiudizio per i destinatari, in palese violazione del principio di proporzionalità. Per queste e per altre ragioni il TAR ritiene che la circolare sia viziata e quindi la annulla.
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