Quesito con risposta a cura di Caterina D’Alessandro, Giulia Fanelli e Mariella Pascazio
È costituzionalmente illegittimo l’art. 7, comma 3, L. 47/1985 per contrarietà agli artt. 3, 24, 42 Cost., nella parte in cui non fa salvo il diritto di ipoteca iscritto a favore del creditore, non responsabile dell’abuso edilizio, in data anteriore alla trascrizione nei registri immobiliari dell’atto di accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione a demolire.
È altresì costituzionalmente illegittimo, in via consequenziale, l’art. 31, comma 3, primo e secondo periodo, D.P.R. 380/2001, nella parte in cui non fa salvo il diritto di ipoteca iscritto a favore del creditore, non responsabile dell’abuso edilizio, in data anteriore alla trascrizione nei registri immobiliari dell’atto di accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire (Corte cost. 3 ottobre 2024, n. 160).
La Corte costituzionale ha ritenuto l’art. 7, comma 3, L. 47/1985 costituzionalmente illegittimo in quanto impone al creditore, titolare di un diritto di ipoteca su un immobile abusivo, un sacrificio irragionevole ed eccessivamente sproporzionato, a più forte ragione se non ha concorso in alcun modo all’abuso edilizio. Questo sacrificio deriva dalla confisca edilizia di un immobile abusivo prevista allorquando il responsabile dell’abuso non provvede nei termini di legge alla demolizione dell’immobile e al ripristino dello stato dei luoghi. Questa previsione normativa, prima dell’intervento della Consulta, era corroborata dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato che prevedeva la caducazione di ipoteche, pesi e vincoli preesistenti, neutralizzando oltremodo l’eventuale anteriorità della trascrizione o iscrizione. In questo modo, dunque, venivano meno tutte le prerogative relative al diritto di ipoteca: lo ius sequelae, lo ius distrahendi, lo ius prelationis.
Tuttavia, se si guarda alla funzione della confisca edilizia, questa risponde ad una sanzione in senso stretto che rappresenta una reazione dell’ordinamento al duplice illecito posto in essere da chi, dapprima esegue un’opera abusiva, e poi, non adempie all’obbligo di demolirla (Corte cost. 15 luglio 1991, n. 345; Cass., sez. III, 26 gennaio 2006, n. 1693). Pertanto, sulla scorta della natura sanzionatoria della confisca, appare oltremodo irragionevole che ne subisca le conseguenze anche il creditore ipotecario del tutto estraneo all’abuso. Siffatta conclusione trova ulteriore conferma nel fatto che il creditore non è neppure obbligato propter rem alla demolizione, in quanto il diritto reale di garanzia non gli attribuisce né il possesso né la detenzione del bene.
Il sacrificio previsto nei confronti del creditore, oltre ad essere irragionevole, risulta sproporzionato, in quanto la norma che non fa salvo il suo diritto reale, di fatto, lo espone ad attività eccessivamente gravose, tra le quali una vigilanza continua sull’immobile al fine di chiedere all’autorità giudiziaria la cessazione degli atti del debitore e dei terzi, idonei a creare i presupposti per la confisca edilizia (Cass. 5 agosto 2021, n. 22352; Cass. 8 febbraio 2019, n. 3797; Cass. 11 marzo 2016, n. 4865).
Quanto, invece, all’art. 31, comma 3, D.P.R. 380/2001, tale disposizione condivide con l’art. 7, comma 3, L. 47/1985 il medesimo tenore letterale e prevede l’acquisto originario in capo al comune con estinzione del diritto di ipoteca precedentemente iscritto. In ragione di ciò la Consulta ha ritenuto costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui non fa salvo il diritto di ipoteca iscritto a favore del creditore, non responsabile dell’abuso edilizio, in data anteriore alla trascrizione nei registri immobiliari dell’atto di accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire.
(*Contributo in tema di “Abuso edilizio e ipoteca iscritta a favore del creditore”, a cura di Caterina D’Alessandro, Giulia Fanelli e Mariella Pascazio, estratto da Obiettivo Magistrato n. 85 / Maggio 2025 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica)