addebito separazione

Addebito della separazione: basta una sola violenza La Cassazione afferma che ai fini dell’addebito della separazione personale è principio generale quello secondo cui il giudice deve verificare se siano stati compiuti comportamenti in violazione dei doveri nascenti dal matrimonio

Violazione dei doveri coniugali e crisi dei coniugi

Nel caso di specie, la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 12662-2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal marito e condannato lo stesso al pagamento delle spese processuali.

Per quanto qui rileva, il ricorrente ha contestato la decisione del Giudice di merito nella parte in cui la separazione personale era stata addebitata al marito in ragione della lesione personale contestata dalla moglie e consistente in un piccolo ematoma sul labbro inferiore.

Sul punto, la Corte ha rilevato che è principio generale quello secondo cui il giudice deve verificare, alla stregua delle risultanze acquisite con l’istruttoria, se siano stati compiuti comportamenti in violazione dei doveri nascenti dal matrimonio ex art 143 c.c., nonché accertare la sussistenza del nesso causale tra questi ultimi ed il verificarsi della situazione d’intollerabilità della prosecuzione della convivenza.

Ne consegue, ha riferito il Giudice di legittimità che “la pronunzia di addebito della separazione non solo presuppone la violazione dei doveri coniugali, ma anche il nesso causale in ordine alla determinazione della crisi coniugale”.

La rilevanza dell’unico episodio violento

Ciò posto, la Corte ha precisato che i comportamenti del coniuge che sfociano in azioni violente e lesive dell’incolumità fisica dell’altro coniuge rappresentano, anche quando venga provato un unico episodio violento, “causa determinante dell’intollerabilità della convivenza”.

Invero, il comportamento sopra descritto, spiega la Corte è idoneo “a sconvolgere definitivamente l’equilibrio relazionale della coppia, poiché lesivo della pari dignità di ogni persona”.

Sulla scorta di quanto sopra riferito, la Corte non ha pertanto accolto il ricorso dell’ex marito e ha confermato, per quanto rileva nella presente trattazione, le argomentazioni e gli esiti cui era giunto il Giudice di merito.

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correttivi riforma cartabia

Riforma processo civile: ecco i nuovi correttivi La Commissione giustizia del Senato ha approvato il parere espresso sull’atto del Governo che riguarda i correttivi alla riforma Cartabia del processo civile

In arrivo i nuovi correttivi alla riforma Cartabia

Il 20 maggio 2024 la Commissione Giustizia del Senato ha approvato il parere espresso sull’Atto del Governo n. 137, che contiene le disposizioni correttive e di coordinamento del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, meglio noto come riforma Cartabia del processo civile.

Dalle osservazioni al provvedimento emerge che la digitalizzazione del processo civile necessita di un aggiornamento normativo continuo, adeguata formazione del personale e attenzione alla transizione nei nuovi riti, soprattutto in materia di minori e famiglia. Occorre inoltre risolvere le difficoltà applicative segnalate dagli operatori per evitare incertezze e lentezze, superare i contrasti interpretativi, ma anche le prassi disomogenee per garantire un’applicazione uniforme delle innovazioni. Si auspicano inoltre ulteriori interventi per semplificare i procedimenti, razionalizzare le procedure e coordinare gli istituti.

Processo civile: gli interventi da attuare

Scendendo nello specifico, vediamo quali sono i correttivi che dovrebbero essere apportati al testo.

Disposizioni generali

Per quanto riguarda le disposizioni generali sarebbe necessario coordinare il contributo per il procedimento ex art. 492-bis c.p.c. con le modifiche all’articolo stesso, aggiornare la disciplina dei diritti di copia dettata dagli artt. 266 ss. TUSG al processo telematico e valutare la possibilità che IVG provveda alla pubblicità degli immobili affidati alla sua custodia.

Regolamento di competenza

In relazione al regolamento di competenza sarebbe conveniente ampliare da 20 a 40 giorni il termine per il deposito delle difese del resistente nel regolamento di competenza ex art. 47 c.p.c. per l’informatizzazione del fascicolo in Corte di Cassazione.

Stop condanna automatica per abuso del processo

In materia di responsabilità aggravata sarebbe opportuno limitare l’operatività del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. solo ai casi previsti dai primi due commi, escludendo il terzo e prevedere una sanzione non automatica.

Procedimento di cognizione ordinaria

Sulla parte dedicata al procedimento di primo grado di cognizione ordinaria sarebbe opportuno coordinare la nuova fase di verifica del contraddittorio ex art. 171-bis c.p.c. con l’art. 290 c.p.c,  e modificare l’art. 290 c.p.c. prevedendo la contumacia dell’attore con decreto ex art. 171-bis e l’estinzione del processo se il convenuto non richiede la prosecuzione entro il termine ex art. 171-ter n. 1 c.p.c.

Digitalizzazione del processo

Sul tema della digitalizzazione del processo sarebbe necessario adeguare le disposizioni ex artt. 122 e 123 c.p.c. sul giuramento dell’interprete e del traduttore all’art. 193, comma 2, c.p.c ed estendere alle conciliazioni in materia di lavoro lo svolgimento in modalità telematica ex artt. 410 e 412-ter c.p.c.

Rito speciale persone, famiglia e minori

Si segnala la necessità di coordinare la connessione tra processi con riti differenti per economia processuale e concentrazione argomentativa. Sarebbe necessario anche chiarire la disciplina sulla revoca del consenso alla domanda congiunta di separazione e scioglimento del matrimonio e limitare i poteri del curatore nominato in corso di giudizio.

Vista l’estensione del nuovo rito unificato anche alle controversie in materia di risarcimento del danno endofamiliare, sarebbe opportuno coordinare questa nuova previsione con l’articolo 50.5, primo comma, del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.

Per favorire soluzioni conciliative (da escludere nei casi di abusi familiari e violenza domestica) si potrebbe introdurre un’udienza finalizzata alla conciliazione prima che intervengano le barriere istruttorie e prevedere una fase anteriore per il deposito di memorie. In questo modo le parti potrebbero trovare un accordo prima della discovery totale.

Da valutare infine l’estensione del rito di famiglia ad altre controversie, come la richiesta di pagamento di somme per contributo al mantenimento o per spese straordinarie.

Processo di esecuzione

Valutare l’inserimento di una disposizione che preveda la cessazione dell’obbligo del debitore e del terzo quando il creditore notifichi loro una dichiarazione di avvenuto pagamento del debito.

Sulle misure di coercizione indiretta si dovrebbe stabilire che il provvedimento con cui il giudice determina la somma di denaro dovuta dall’obbligato in caso di violazione del provvedimento perda efficacia in caso di estinzione del processo esecutivo.

leva obbligatoria

Leva obbligatoria: la proposta di legge Leva militare obbligatoria o servizio civile: cosa prevede la proposta di legge ordinaria della Lega presentata alla Camera il 15 maggio 2024

Leva militare o servizio civile: proposta di legge alla Camera

Eugenio Zoffili, deputato e membro della commissione difesa della Camera in data 14 maggio 2024 ha presentato la proposta di legge n. 1873 intitolata “Istituzione del servizio militare e civile universale territoriale e delega al Governo per la sua disciplina.” 

Come emerge dal titolo, la proposta legislativa si pone l’obiettivo di reintrodurre il servizio di leva militare della durata di sei mesi per i ragazzi e le ragazze. Matteo Salvini, nel corso del raduno degli Alpini del 12 maggio 2024, tenutosi nella provincia di Vicenza, ha dichiarato che la leva che vuole reintrodurre ha una finalità educativa. Con la leva militare o il servizio civile si vogliono preparare cittadini in grado di salvare e soccorrere tutti quei soggetti che si trovano in condizioni di difficoltà e di proteggere i boschi.

La grande novità della proposta leghista è rappresentata dal fatto che il servizio si potrà svolgere vicino casa.

Come funzioneranno la leva militare e il servizio civile

La proposta di legge, come anticipato, non prevede solo la leva militare, ma contempla anche l’opzione del servizio civile, che coinvolgeranno tutti i cittadini di età compresa tra i 18 e i 26 anni. Vediamo distintamente in che cosa consistono.

Il servizio militare universale di tipo territoriale, come annunciato dal proponente Eugenio Zoffili,  sarà svolto solo sul territorio nazionale e nella regione di residenza o domicilio. La provincia di residenza rappresenta il criterio prioritario, a meno che il soggetto non faccia richiesta espressa di essere impiegato in altri territori, previa autorizzazione dell’autorità competente al rilascio. Chi sceglierà il servizio militare potrà contare su una formazione militare per la successiva attività di impiego sul territorio nazionale.

Chi opterà per il servizio civile universale invece potrà svolgere funzioni relative alla tutela del patrimonio culturale e naturalistico e del paesaggio. Ci sarà anche la possibilità di entrare a far parte del sistema nazionale della protezione civile e del soccorso pubblico e di poter collaborare con i Vigili del fuoco.

Le critiche alla proposta di legge

Sulla proposta di legge della lega non tardano ad arrivare le perplessità del Ministro della Difesa Guida Crosetto ritiene infatti che le finalità educative della legge che reintroduce il servizio militare e il servizio civile siano errate. All’educazione dei giovani devono provvedere le famiglie e la scuola.

Contrario alla proposta di legge anche l’ex premier Conte, per il quale i giovani non hanno bisogno di una politica che li costringe a fare i militari e la guerra, quanto di una politica che tuteli i loro diritti e lotti contro la precarietà del lavoro.

Il Ministro degli Esteri Taiani solleva invece la questione della copertura economica della proposta, perché i costi da sostenere sono eccessivi, ma anche perché i militari formati in sei mesi di leva non sarebbero utilizzabili.

Addio assegno di divorzio anche senza convivenza La Cassazione chiarisce che, nella richiesta di revoca dell'assegno in favore dell'ex, il giudice deve valutare l'esistenza o meno di un progetto di vita comune e non la coabitazione in sé

La revisione dell’assegno divorzile

La Corte d’appello di Genova, interpellata in merito ad una richiesta di revisione dell’assegno di divorzio, aveva ritenuto non provata la nuova convivenza dell’ex coniuge beneficiario e aveva dunque ripristinato l’assegno divorzile revocato dal Giudice di prime cure.

Avverso tale decisione l’ex marito, tenuto al versamento dell’assegno, aveva proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione.

La nuova convivenza quale elemento solo indiziario

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 13175-2024, ha accolto il ricorso proposto dall’ex marito e ha cassato il provvedimento impugnato, rinviando la causa alla Corte d’appello competente.

Il Giudice di legittimità, dopo aver ricordato i presupposti normati necessari per procedere alla revisione dell’assegno divorzile, è passato all’esame della questione specifica sottoposta al suo vaglio, vale a dire il valore che in tale sede occorre attribuire all’assenza di coabitazione tra l’ex coniuge beneficiario dell’assegno e il suo nuovo partener.

A tal proposito, la Corte ha ricordato l’insegnamento offerto dalla medesima giurisprudenza di legittimità, la quale, in un caso analogo a quello in esame, aveva affermato che, qualora dell’ex coniuge economicamente più debole abbia instaurato una stabile convivenza di fatto con un terzo, il primo, se ancora privo dei mezzi necessari per far fronte alle proprie necessità, conserva il diritto al riconoscimento dell’assegno divorzile.

Posta tale interpretazione, che impone al giudice di compiere una valutazione caso per caso, la Corte ha pertanto affermato di non condividere la motivazione offerta dal Giudice di merito laddove ha escluso la nuova convivenza in ragione dell’assenza di una stabile coabitazione.

Invero, ha proseguito la Corte ha ricordato che “In tema di divorzio, ove sia richiesta la revoca dell’assegno in favore dell’ex coniuge a causa dell’instaurazione da parte di quest’ultimo di una convivenza “more uxorio”, il giudice deve procedere al relativo accertamento tenendo conto, quale elemento indiziario, dell’eventuale coabitazione con l’altra persona, in ogni caso valutando non atomisticamente ma nel loro complesso l’insieme dei fatti secondari noti (…) e gli eventuali ulteriori argomenti di prova” rilevanti per stabilire la sussistenza o meno della convivenza.

Non conta la coabitazione

In questo senso, ha spiegato la Corte, non è sufficiente rilevare che i partner abbiano due distinte abitazioni per escludere il progetto di vita comune e la relazione stabilmente more uxorio “potendo questo oggi declinarsi in forme assai distanti rispetto al modello di una società statica”.

Sulla scorta di tali argomentazioni, la Suprema Corte ha pertanto accolto il ricorso proposto, come sopra anticipato.

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