sospensione

Avvocati: la sospensione ha durata minima di due mesi Il CNF chiarisce che la sospensione aggravata ex art. 22, comma 2, lett. b), CDF ha una durata minima di due mesi, anche se la norma non la indica espressamente

Sospensione avvocato: il principio affermato dal CNF

Il Consiglio Nazionale Forense, con la sentenza n. 66/2025, pubblicata il 18 agosto 2025 sul sito del Codice deontologico, ha fornito un’interpretazione vincolante dell’art. 22, comma 2, lett. b), Cdf. 
Secondo il CNF, la sospensione dall’esercizio della professione — prevista come sanzione aggravata nei casi più gravi di illeciti normalmente puniti con la censura — non può avere una durata inferiore a due mesi. La norma, pur non stabilendo un minimo, deve essere interpretata in coerenza con la funzione deterrente della sanzione disciplinare.

L’articolo 22 CDF e la sospensione aggravata

L’art. 22 del Codice deontologico disciplina le sanzioni e le relative modalità applicative. In particolare, il comma 2, lett. b), prevede che nei casi di particolare gravità di condotte normalmente punite con la censura, possa essere inflitta la sospensione dall’esercizio della professione.
La sentenza del CNF chiarisce che, trattandosi di una misura più incisiva della censura, essa deve avere un limite minimo, individuato in due mesi, anche se il testo normativo non lo precisa espressamente.

Finalità della decisione

Con questa pronuncia, il CNF mira a:

  • garantire certezza interpretativa nella determinazione delle sanzioni disciplinari;

  • evitare applicazioni disomogenee della sospensione, che potrebbero ridurre l’efficacia deterrente della norma;

  • rafforzare la coerenza tra gravità dell’illecito e severità della sanzione inflitta.

diritto alla ricompensa

Diritto alla ricompensa se si trova un tesoro Diritto alla ricompensa: come viene disciplinato dalla legge se si trova un tesoro o un bene di interesse culturale

Tesoro e bene culturale: obblighi e diritti diversi

Per sapere se si ha diritto a una ricompensa quando si trova un oggetto di valore nascosto è necessario capire prima di tutto se ciò che si è scoperto è un semplice tesoro o un bene di interesse culturale. Le norme che si applicano infatti sono diverse, così come lo sono i diritti e gli obblighi del ritrovatore. La legge per fortuna è di estremo aiuto in questo senso.

Tesoro: definizione art. 932 c.c.

La definizione di tesoro ad esempio è cristallina nell’articolo 932 del Codice Civile. Si tratta in particolare di “qualunque cosa mobile di pregio, nascosta o sotterrata, di cui nessuno può provare di essere proprietario.”

Tesoro e cose ritrovate: differenza

La mancanza di un proprietario identificabile è il perno attorno a cui ruota l’intera questione. Se si scopre un oggetto di valore che ha un proprietario (ad esempio, un portafoglio smarrito), si applica infatti la normativa sulle cose ritrovate, non quella sui tesori.

Luogo del ritrovamento e diritto alla ricompensa

Il diritto alla ricompensa per il tesoro dipende interamente dal luogo del ritrovamento.

  • Se il tesoro si trova nel proprio fondo, esso appartiene interamente al proprietario del terreno e nessuno può rivendicarlo.
  • La situazione cambia se la scoperta avviene nel fondo di un’altra persona. In questo caso, il tesoro deve essere diviso equamente: metà va al proprietario del fondo e metà al ritrovatore. Questa divisione, però, è valida solo se il ritrovamento è avvenuto in modo casuale, non come risultato di una ricerca intenzionale e non autorizzata.

Ritrovamento di un bene culturale: cosa fare

Se il ritrovamento non è una banconota d’epoca ma, ad esempio, un’antica anfora etrusca o monete romane, la natura dell’oggetto cambia completamente. Non si tratta più di un tesoro, ma di un bene culturale. L’ordinamento italiano considera questi oggetti parte del patrimonio indisponibile dello Stato. Ciò significa che non possono essere tenuti o venduti: appartengono all’intera collettività.

Per questo il D.Lgs. n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali) stabilisce precisi obblighi per chi si imbatte in una scoperta di questo tipo. In questi casi infatti è fondamentale agire con tempestività e senso di responsabilità e rispettare due semplici regole.

  • Prima di tutto è obbligatorio denunciare il ritrovamento entro ventiquattro ore alle autorità competenti, come la Soprintendenza, il sindaco o le forze dell’ordine.
  • In secondo luogo occorre conservare il bene, lasciandolo intatto nel luogo in cui è stato trovato, fino all’arrivo delle autorità.

Previsto il diritto alla ricompensa?

Il rispetto di questi obblighi non rimane senza premio, la legge italiana infatti riconosce un compenso per l’onestà e la collaborazione.

L’Articolo 92 stabilisce in particolare  che:

  • il ritrovatore fortuito e il proprietario del fondo hanno diritto a un premio che può arrivare fino a un quarto del valore dei beni scoperti;
  • se il proprietario del terreno è anche lo scopritore, il suo premio può salire fino alla metà del valore;
  • chi si introduce in un fondo altrui per cercare beni senza permesso non avrà diritto ad alcuna ricompensa.

Determinazione del premio

Il processo di determinazione del premio è gestito dal Ministero della Cultura. Come specificato nell’Articolo 93, infatti, il Ministero avvia una stima del valore del bene.

Se gli aventi diritto non accettano la stima, possono richiedere che il valore sia determinato da un terzo perito, nominato in accordo tra le parti o, in mancanza, da un giudice.

Alla luce della stima, viene quindi stabilito il premio, che può essere erogato in denaro, come credito d’imposta, o addirittura con la cessione di una parte dei beni stessi.

Diritto alla ricompensa e ruolo del segnalatore

In relazione al procedimento di riconoscimento del premio, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana nella sentenza n. 532/2025 ha avuto modo di precisare che secondo l’articolo 93 del Codice dei Beni Culturali, il premio per il ritrovamento di un bene culturale non è fisso, ma ha un tetto massimo del 25% del valore del bene stesso. La legge prevede che la misura del premio possa essere differenziata a seconda del ruolo avuto dal segnalatore nel ritrovamento. In particolare, la distinzione principale è tra chi ha trovato il bene fisicamente e lo ha consegnato (rinvenimento materiale) e chi si è limitato a fornire un’informazione utile per il suo recupero (rinvenimento informativo). L’importo del premio, quindi, non è una percentuale fissa ma è proporzionato all’efficacia della segnalazione rispetto all’intero processo di recupero del bene. Questa logica garantisce un equilibrio tra il riconoscimento dell’atto civico e l’esigenza di non eccedere con la premialità, assegnando il premio massimo a coloro che hanno rispettato pienamente tutti gli obblighi, inclusa la consegna fisica del bene.

Leggi anche gli altri articoli di diritto civile e di diritto amministrativo 

rendita vitalizia

Cassazione: prescrizione decennale per la rendita vitalizia pensionistica Le Sezioni Unite della Cassazione chiariscono i termini per la rendita vitalizia: prescrizione di dieci anni, ma con decorrenza dalla conoscenza dell’omissione contributiva

Un chiarimento atteso da tempo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22802/2025 a Sezioni Unite, ha risolto definitivamente un contrasto giurisprudenziale di lungo corso in materia di rendita vitalizia previdenziale. La Suprema Corte ha stabilito che il diritto alla costituzione della rendita non è imprescrittibile, ma soggetto al termine ordinario di dieci anni previsto dall’art. 2946 del Codice civile.
La vera novità riguarda la decorrenza: il termine non parte più automaticamente dal momento dell’omissione contributiva, ma dal giorno in cui il lavoratore è consapevole della mancata regolarizzazione o dell’impossibilità per il datore di lavoro di provvedere.

La rendita vitalizia: il quadro normativo

L’istituto della rendita vitalizia trova disciplina nell’art. 13 della legge n. 1338/1962. In base a questa disposizione, quando i contributi non vengono versati e risultano ormai prescritti (dopo cinque anni), il datore di lavoro, o in alternativa lo stesso lavoratore, può costituire presso l’INPS una rendita vitalizia reversibile, commisurata alla pensione che sarebbe spettata in caso di regolare accredito dei contributi.
La giurisprudenza, fino a oggi, era divisa: da un lato, chi considerava il diritto imprescrittibile; dall’altro, chi applicava la prescrizione decennale facendola decorrere dal termine di prescrizione dei contributi, orientamento seguito anche dall’INPS.

I principi fissati dalla Cassazione

Le Sezioni Unite hanno posto tre punti fondamentali:

  • il diritto alla rendita vitalizia è soggetto alla prescrizione decennale;

  • la decorrenza non coincide con la mera omissione contributiva, ma con la conoscenza effettiva della stessa da parte del lavoratore;

  • resta ferma la possibilità di azionare il risarcimento del danno pensionistico ai sensi dell’art. 2116, comma 2, c.c., con prescrizione decennale che decorre dal momento in cui il danno si manifesta, di norma con il diniego o la liquidazione ridotta della pensione.

Conseguenze pratiche per lavoratori e datori di lavoro

Dalla pronuncia emergono regole chiare sui termini:

  • 10 anni per la rendita costituita dal datore di lavoro ex art. 13 L. 1338/1962;

  • 10 anni per la rendita costituita dal lavoratore, con decorrenza dalla conoscenza dell’omissione contributiva;

  • 10 anni per l’azione di risarcimento del danno pensionistico ex art. 2116, comma 2, c.c.

Un ulteriore strumento resta a disposizione dei lavoratori: l’art. 30 della legge n. 203/2024, che, come illustrato dall’INPS con circolare n. 48/2025, ha introdotto una nuova facoltà di costituzione della rendita vitalizia, non soggetta a prescrizione, attivabile nei casi in cui i termini ordinari risultino ormai scaduti.

delega unica intermediari

Delega unica intermediari: nuove modalità dall’8 dicembre 2025 Delega unica intermediari: il provvedimento n. 321918/2025 annuncia la data della entrata in funzione delle nuove modalità

Delega unica intermediari: funzionalità dall’8 dicembre 2025

Con il provvedimento n. 321918 del 7 agosto 2025 il Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha annunciato la data ufficiale di disponibilità delle nuove funzionalità per la delega unica intermediari, valida per l’Agenzia delle Entrate e per l’Agenzia delle Entrate Riscossione.

Cosa succede dopo l’8 dicembre

La data di disponibilità delle nuove funzionalità per la comunicazione dei dati relativi alla delega unica agli intermediari è stata fissata per l’8 dicembre 2025. Gli intermediari hanno così un lasso di tempo adeguato per prepararsi al passaggio alle nuove procedure.

  • Fino al 5 dicembre 2025, la gestione delle deleghe (attivazione e rinnovo) può ancora avvenire con le modalità precedenti, ovvero tramite i provvedimenti del 29 luglio 2013 (per il “cassetto fiscale”), del 5 novembre 2018 (per la fatturazione elettronica) e le procedure sul sito dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione.
  • A partire dall’8 dicembre 2025, la comunicazione delle deleghe dovrà avvenire esclusivamente con le nuove modalità previste dal provvedimento del 2 ottobre 2024, modificato da quello del 20 maggio 2025.
  • Il 6 e 7 dicembre 2025 i servizi per la comunicazione delle deleghe saranno sospesi per l’aggiornamento del sistema.
  • Con un avviso successivo, sarà comunicata la data di disponibilità delle funzionalità per la comunicazione della delega per il punto 6.3, lettera b), del Provvedimento del 2 ottobre 2024.
  • In via transitoria, fino al 30 aprile 2026, gli intermediari che non dispongono ancora della delega per il servizio “cassetto fiscale” potranno comunque trasmettere all’Agenzia l’elenco dei contribuenti deleganti. Questo consentirà di acquisire in modo massivo i dati necessari per gli Indici Sintetici di Affidabilità Fiscale (ISA) per l’anno d’imposta 2024 e per l’elaborazione della proposta di Concordato Preventivo Biennale (CPB) per gli anni d’imposta 2025 e 2026, seguendo le procedure del provvedimento dell’11 aprile 2025.

 

Leggi anche l’articolo dedicato al provvedimento del 2 ottobre 2024 protocollo n. 0375356/2024

dl infrastrutture 2025

Dl infrastrutture 2025: cosa prevede Il Dl infrastrutture n. 73/2025 convertito dalla legge n. 105/2025 prevede, tra le varie novità, il censimento degli autovelox

Dl infrastrutture 2025

Il Dl infrastrutture 2025 n. 73, convertito dalla legge n. 105/2025 (Testo coordinato pubblicato sulla GU del 19/07/2025) è legge. Il decreto reca misure finalizzate a “garantire la continuità nella realizzazione di infrastrutture strategiche e nella gestione di contratti pubblici, il corretto funzionamento del sistema di trasporti ferroviari e su strada, l’ordinata gestione del demanio portuale e marittimo, nonché l’attuazione di indifferibili adempimenti connessi al Piano nazionale di ripresa e resilienza e alla partecipazione all’Unione europea in materia di infrastrutture e trasporti.”

Il testo si composto da 17 articoli dal contenuto variegato. Vediamo le misure più importanti.

Opere pubbliche e contratti

Modificata e integrata la normativa sulla ripresa dell’attività per la creazione del Ponte di Messina.

Per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, il decreto ha istituito un Collegio consultivo tecnico con il compito di prevenire e risolvere rapidamente le dispute tecniche. L’obiettivo è di evitare rallentamenti durante la fase di esecuzione dei lavori.

La Società Stretto di Messina, responsabile della progettazione e realizzazione del ponte che collegherà la Sicilia e il continente, è inserita di diritto nell’elenco delle stazioni appaltanti qualificate.

Introdotto ex novo l’art. 46 bis nel Codice della protezione civile, contenuto nel decreto legislativo n. 1/2018 per disciplinare le procedure di affidamento dei contratti pubblici in occasione delle emergenze.

Modificate infine diverse norme del Codice dei contratti pubblici n. 36/2023.

Trasporti e strade

L’articolo 4 del dl infrastrutture 2025  prevede, in caso di ritardo, un indennizzo automatico di 100 euro per ogni ora (o frazione) che eccede una franchigia di 90 minuti. Questo indennizzo è a carico sia del committente che del caricatore, che ne sono responsabili in solido. L’importo, inoltre, sarà aggiornato ogni anno in base all’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI).

L’art. 5 interviene sulla disciplina della Motorizzazione civile con il fine di migliorane la sicurezza gestionale e informatica.

Dal 2027 al 2041 vengono autorizzate diverse spese per le attività necessarie all’affidamento del contratto Intercity. Spese autorizzate anche per la Gestione governativa della ferrovia Circumetnea.

Diventa facoltativa la scelta di fissare livelli massimi delle tariffe da parte delle compagnie aeree nei confronti di certi passeggeri, per evitare il rialzo dei prezzi.

Previsti interventi di riparazione delle reti stradali di interesse nazionale di competenza dell’ANAS presenti nelle zone alluvionate e terremotate dell’Emilia, delle Marche e della Toscana.

Dl infrastrutture 2025: novità autovelox

Previsto il censimento degli autovelox in uso. Il comma 3 bis dell’articolo 5 si propone di individuare il numero degli autovelox effettivamente in uso, individuare quelli non conformi e comprendere quale impatto hanno sulla sicurezza dei cittadini le nuove regole che riguardano l’omologazione di questi strumenti.

Concessioni demaniali e mare

Disposto l’aggiornamento dei canoni per le concessioni balneari mediante l’indice dei prezzi della produzione industriale in assenza “della  produzione  e  diffusione dell’indice da parte dell’Istituto nazionale di  statistica  (ISTAT).”

La Commissione tecnico-consultiva competente opererà presso l’Autorità per la Laguna di Venezia – Nuovo magistrato alle acque.

Si autorizzano in favore della società RAM le spese necessarie per l’economia del mare, per il trasporto marittimo e fluviale e per l’assunzione di nuovo personale.

Concessioni autostradali

L’Articolo 11 modifica la legge sulle concessioni autostradali (L. 193/2024) per:

  • chiarire il valore di subentro;
  • obbligare all’adeguamento;
  • rinviare al sistema tariffario ART;
  • permettere lavori transitori;
  • armonizzare le procedure.

Dl infrastrutture 2025: energie rinnovabili

L’articolo 13 del Decreto Legislativo n. 190/2024 (TU FER) modifica la normativa sulle aree per impianti a energie rinnovabili (FER), in particolare quelle di accelerazione, per allinearsi alle direttive europee.

Misure per lo sport

L’amministratore delegato della società infrastrutture Milano Cortina rivestirà il ruolo di commissario straordinario per l’esecuzione di alcuni interventi necessari  allo svolgimento di Giochi Olimpici 2026.

Per il 2025 è previsto lo stanziamento di 5, 25 milioni di euro per la Federazione Sportiva nazionale – ACI.

 

Leggi anche gli altri articoli di diritto amministrativo

censimento autovelox

Censimento autovelox: cosa prevede il decreto attuativo Censimento autovelox: emanato il decreto del MIT che attua il comma 3 bis dell'articolo 5 del DL infrastrutture

Censimento autovelox: il decreto attuativo del MIT

Il Decreto MIT n. 305 del 18 agosto 2025, che attua il comma 3 bis dell’articolo 5 del decreto infrastrutture n. 73/2025 convertito dalla Legge n. 105/2025 (testo coordinato in GU) disciplina il censimento degli autovelox e di tutti i sistemi di rilevazione della velocità in Italia.

L’obiettivo del provvedimento è di imporre agli enti e alle amministrazioni da cui dipendono gli organi di polizia stradale di comunicare i dati relativi a questi dispositivi per garantirne l’uso legittimo.

Censimento autovelox: il ruolo della piattaforma telematica

Il decreto stabilisce la creazione e il funzionamento di una piattaforma telematica per la trasmissione dei dati. Questa piattaforma, gestita dalla Direzione Generale per la Motorizzazione, è il canale ufficiale attraverso cui le amministrazioni comunicano i dettagli degli autovelox in loro possesso.

Modalità di comunicazione dei dati

Per poter utilizzare legalmente i dispositivi di rilevazione, gli enti devono compilare e trasmettere un documento digitale tramite la piattaforma, inserendo una serie di informazioni dettagliate:

  • denominazione e codice dell’ente;
  • codice catastale (se applicabile);
  • estremi del decreto di approvazione del dispositivo;
  • tipo, marca, modello, versione e numero di matricola dell’apparecchiatura.

Qualsiasi variazione successiva a questi dati deve essere tempestivamente aggiornata con una nuova comunicazione, che andrà a sostituire la precedente. L’accesso alla piattaforma avviene tramite il Portale dell’Automobilista o il Portale del Trasporto, utilizzando credenziali specifiche.

Pubblicazione e validità dei dati

I dati trasmessi e validati vengono pubblicati sul portale istituzionale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Questa pubblicazione rende l’elenco dei dispositivi legittimamente impiegati accessibile al pubblico, garantendo trasparenza e legalità. L’uso dei dispositivi non registrati sulla piattaforma e non pubblicati sul portale ministeriale non è legittimo.

Il decreto entra in vigore dal giorno della sua pubblicazione, ma l’obbligo di comunicazione dei dati diventa effettivo sessanta giorni dopo la data di avvio operativo della piattaforma, che verrà stabilita con un provvedimento successivo del Direttore Generale per la Motorizzazione.

 

Leggi anche: Dl infrastrutture 2025: cosa prevede

domicilio digitale

Domicilio digitale automatico: da INI-PEC a INAD Le PEC dei professionisti si trasferiscono automaticamente da INI-PEC a INAD, divenendo domicilio digitale personale. Tempistiche, diritti di modifica e implicazioni legali

INI-PEC e INAD secondo il CAD

Domicilio digitale: il Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD), di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, disciplina due registri fondamentali:

  • INI-PEC (art. 6-bis): registro dei domicili digitali di imprese e professionisti, gestito dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, con supporto tecnico di InfoCamere. La PEC comunicata dagli ordini professionali costituisce il domicilio digitale professionale, obbligatorio per le comunicazioni legali legate all’attività lavorativa.

  • INAD (art. 6-quater): registro dei domicili digitali delle persone fisiche e dei professionisti non iscritti in albi o registri. Gestito da AgID con supporto tecnico delle Camere di commercio, è facoltativo e destinato alle comunicazioni legali rivolte alla sfera privata.

Cosa prevede la nota AGID-MIMIT

La nota congiunta AGID-MIMIT del 29 luglio 2025 chiarisce che, ai sensi dell’art. 6-quater comma 2 del CAD, il domicilio digitale dei professionisti registrato in INI-PEC viene automaticamente trasferito in INAD, dove assume valore come domicilio digitale personale e può essere utilizzato per comunicazioni aventi valore legale nella sfera privata.

Il primo riversamento è avvenuto contestualmente all’entrata in esercizio di INAD, mentre i trasferimenti successivi si effettuano quotidianamente per le nuove iscrizioni in INI-PEC.

Periodo transitorio di 30 giorni: consultabilità e modifiche

Secondo le Linee guida AgID, il domicilio digitale trasferito in INAD e il nominativo del professionista:

  • Rimangono provvisoriamente registrati, ma non pubblicati, per un periodo di 30 giorni.

  • Durante questo lasso temporale, è disponibile un’informativa sul trattamento dei dati personali.

  • Il professionista può scegliere di modificare il domicilio digitale, eleggendo un indirizzo diverso, in base all’art. 3-bis comma 1-bis del CAD.

Dopo 30 giorni: pubblicazione e successive modifiche

Al termine dei 30 giorni, AgID procede alla pubblicazione definitiva del domicilio digitale e dei relativi dati nell’indice INAD.

Da quel momento, tale domicilio assume valore legale per comunicazioni private e personali. Il professionista conserva il diritto — secondo le modalità indicate nelle Linee guida — di modificare o cessare il domicilio digitale pubblicato.

Allegati

comportamenti vietati in spiaggia

Comportamenti vietati in spiaggia: quali sono e cosa comportano Comportamenti vietati in spiaggia: quando le condotte maleducate configurano veri e propri illeciti penali e amministrativi

Comportamenti vietati in spiaggia

Quando si va in vacanza ci si rilassa e spesso ci si dimentica che  ci sono dei comportamenti vietati in spiaggia. Anche in questi posti ci sono delle regole precise da rispettare per non rischiare di incorrere in reati o illeciti amministrativi, con conseguenti multe e pene di vario tipo. Facciamo qualche esempio per chiarire.

Condotte che integrano illeciti penali

Quando si decide si andare in spiaggia è perché si vuole stare tranquilli, prendere il sole, fare due chiacchiere e magari schiacciare un pisolino. Programma impossibile da realizzare se la musica di qualche vicino di ombrellone è troppo alta o se i ragazzi che giocano in spiaggia a racchettoni o a palla sono decisamente troppo rumorosi.

E’ necessario ricordare che l’articolo 659 del codice penale punisce chi, con rumori forti o schiamazzi, o usando in modo eccessivo strumenti musicali, clacson, o non impedendo che i suoi animali facciano baccano, disturba le persone che stanno riposando. La pena prevista è l’arresto fino a tre mesi o una multa fino a 309 euro.

L’accensione di un barbecue o di falò sulla spiaggia per trascorrere serate romantiche può configurare invece il reato di incendio colposo e comportare l’obbligo di dover risarcire i danni cagionati, così come di pagare sanzioni amministrative, se vietato da disposizioni comunali.

Da segnalare anche che la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11158/2018 ha sancito che “L’estrazione di sabbia dal lido del mare integra il reato di furto, risultando in proposito irrilevante il volume di sabbia asportato, a meno che non si tratti di quantitativi irrilevanti, come quelli per esempio utilizzati per l’esplicazione di attività ricreative.”

Comportamenti vietati in spiaggia: quando sono illeciti amministrativi?

Chi ama l’abbronzatura integrale può decidere di prendere il sole in topless. In questo caso però è bene sapere che c’è il rischio  di incorrere nell’illecito amministrativo di atti contrari alla pubblica decenza, previsto dall’articolo 726 del codice penale, depenalizzato  dal decreto legislativo n. 8/2016 e punito con una sanzione amministrativa pecuniaria minima di 51 euro fino a un massimo di 309 euro.

Depenalizzato, ma ugualmente grave, anche la condotta di chi compie atti di autoerotismo in spiaggia. In questo caso infatti si configura l’illecito amministrativo di atti osceni in luogo pubblico, previsto dall’articolo 527 del codice penale e punito con una sanzione amministrativa che può arrivare a 30.000 euro e che diventa reato punibile con la reclusione fino a 4 anni se commessa “all’interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori e sa da ciò deriva pericolo che essi vi assistano.”

Multe salate possono essere poi previste da provvedimenti degli enti locali, come regolamenti e ordinanze nei seguenti casi:

  • giocare a pallavolo o a pallone al di fuori dalle aree dedicate;
  • condurre il cane in spiaggia in violazione delle ordinanze locali;
  • fumare contravvenendo al divieto imposto dallo stabilimento balneare;
  • lasciare teli, stuoie, sedie a sdraio e oggetti vari in spiaggia anche la notte. In molti comuni questa condotta è sanzionata perché considerata abuso del suolo pubblico;
  • anche occupare la battigia, ossia il tratto di spiaggia vicino al mare, può portare all’applicazione di sanzioni;
  • usare droni in spiaggia per fare riprese può invece comportare la violazione della privacy dei bagnanti;
  • raccogliere conchiglie o sassolini è invece un illecito amministrativo perché si tratta di materiale che fa parte del demanio pubblico;
  • pescare ricci di mare, crostacei e stelle marine può portare invece anche a conseguenze penali, trattandosi di raccolta abusiva.

Lasciare infine sulla spiaggia rifiuti di vario tipo e mozziconi di sigaretta ha  conseguenze amministrative per il privato e penali se a commetterlo è un imprenditore e il rifiuto è collegato all’attività svolta, oltre a rappresentare un gesto di grave inciviltà.

 

Leggi anche: Diritti in spiaggia: cosa c’è da sapere

controlli automatici

Controlli automatici su nome e IBAN dal 9 ottobre 2025 Controlli automatici: dal 9 ottobre 2025 doppio controllo su nome e IBAN dei correntisti per scongiurare il rischio di errori e frodi

Controlli automatici su nome e IBAN dei correntisti

Dal 9 ottobre 2025 le banche introdurranno un nuovo sistema di controlli automatici su nome e IBAN di ogni correntista per tutti i bonifici, sia istantanei che tradizionali. Un doppio controllo che fungerà da filtro iniziale e che si rende necessario dopo che la crisi pandemica ha spostato la preferenza sui metodi di pagamento digitali, con conseguente aumento delle truffe online.

Nello specifico, questo sistema verificherà in tempo reale che il nome del destinatario corrisponda all’IBAN inserito, riducendo così il rischio di errori e di possibili frodi. L’obiettivo di questi controlli è di favorire la diffusione dei pagamenti digitali istantanei in Europa, rendendoli più sicuri.

La novità si inserisce in fatti nell’ambito della Riforma Europea che riguarda i metodi di pagamento digitali.

Controlli automatici: come funziona

Il sistema, illustrato dall’ABI in una guida, avviserà l’utente con una notifica prima della conferma del bonifico. Sono previste quattro possibili risposte: corrispondenza esatta, corrispondenza parziale, nessuna corrispondenza o verifica non disponibile. La decisione finale e tutta a suo rischio, spetterà sempre al cliente, in quanto il trasferimento non verrà bloccato in automatico dal sistema.

Costo del servizio di controllo

Questa nuova verifica tuttavia non comporterà costi aggiuntivi per i clienti. Le banche infatti non potranno applicare commissioni specifiche, ma potrebbero distribuire i costi su altri servizi. Le verifiche sono particolarmente importanti per i bonifici istantanei, dato che, a differenza di quelli ordinari, non sono revocabili una volta inviati. La loro velocità li rende infatti più vulnerabili a errori e tentativi di truffa. Basti pensare che il trasferimento di denaro nell’area SEPA avviene in meno di 10 secondi.

Verifiche giornaliere per scongiurare reati

Oltre al controllo IBAN/nome, le banche dovranno anche eseguire verifiche giornaliere su tutte le operazioni per prevenire trasferimenti illeciti e riciclaggio di denaro. Le informazioni raccolte per queste verifiche saranno trattate in ogni caso in conformità con il GDPR.

Leggi anche: Bonifico istantaneo: le nuove regole

tasse locali a rate

Tasse locali a rate per le imprese  Tasse locali a rate: l'agevolazione della riforma fiscale riservata alle imprese che accedono a una delle procedure del Codice della crisi

Tasse locali a rate per le imprese

Le tasse locali, la TARI e l’IMU si potranno pagare a rate. Lo prevede la legge delega per la riforma Fiscale datata 8 agosto 2025 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 9 agosto 2025.

La legge, in vigore dal 24 agosto 2025 e che modifica la legge n. 111/2023 prevede “la possibilità di estendere anche ai tributi regionali e locali la disciplina del trattamento dei debiti tributari di cui agli articoli 23, 63, 64-bis, 88, 245 e 284-bis del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, di cui al citato decreto legislativo n. 14 del 2019, concernente il pagamento parziale o dilazionato dei tributi, e introdurre analoga disciplina per l’istituto dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.”

Tasse locali a rate e sconti per chi accede al Codice della crisi

In sostanza se un’azienda si trova in una crisi d’impresa, può ora proporre un piano di rientro del debito o una sua riduzione. Questo beneficio sarà infatti riservato esclusivamente alle imprese che attivano una delle procedure previste dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), il quadro normativo che ha sostituito la legge fallimentare. La nuova normativa permette di integrare i tributi locali nei piani di risanamento aziendale, come la composizione negoziata della crisi o il concordato, previsti dagli articoli del CCII.

L’introduzione di questa misura non è solo una modifica tecnica. Essa rappresenta un cambiamento culturale significativo: riconosce che recuperare una parte del debito è meglio di non recuperare nulla e che sostenere un’impresa in crisi può aiutare a salvare posti di lavoro. Uniformando le regole tra tributi statali e locali, la riforma elimina una disparità che aveva causato diversi problemi interpretativi.

Termine ultimo per i decreti attuativi

Per rendere la riforma pienamente operativa, il Governo deve però emanare i decreti attuativi che definiranno criteri, limiti e modalità precise per l’accesso a questi benefici. Il termine ultimo per l’emanazione di tali decreti è il 29 agosto 2025. Fino a quel momento, continuerà a essere applicata la normativa vigente.

 

Leggi anche: Proroga Riforma fiscale: è legge