Usufrutto coniuge legittimario L’azione esperita dal coniuge legittimario, destinatario dell’usufrutto generale, deve essere qualificata quale esercizio del rimedio di cui all’art. 550 c.c. o ricorre l’ipotesi prevista dall’art. 551 c.c.?
Quesito con risposta a cura di Manuel Mazzamurro e Chiara Tapino
Qualora il testatore abbia disposto a titolo particolare di tutti i suoi beni o di una parte eccedente la disponibile, legando al legittimario l’usufrutto universale e la nuda proprietà a un estraneo, il legittimario, privato in tutto o in parte della nuda proprietà della quota riservata, è chiamato ab intestato all’eredità; conseguentemente non si ha una figura di legato tacitativo ai sensi dell’art. 551 c.c., che suppone l’istituzione ex asse di altra o di altre persone, ma ricorre di regola l’ipotesi prevista dall’art. 550, comma 2, c.c., prospettandosi pertanto al legittimario la scelta o di eseguire la disposizione o di abbandonare la disponibile per conseguire la legittima. – Cass., sez. II, 18 ottobre 2023, n. 28962.
La vicenda in esame trae origine da un ricorso con cui è stata, tra gli altri motivi, eccepita violazione dell’art. 550 c.c. e falsa applicazione dell’art. 551 c.c. per avere la Corte d’appello erroneamente qualificato la domanda avanzata dal coniuge, beneficiario dell’usufrutto universale, quale esercizio dell’azione di riduzione, dichiarandola inammissibile in assenza di apposita rinuncia scritta al legato.
Investita del ricorso, la Corte di Cassazione ha preliminarmente ribadito che l’attribuzione per testamento dell’usufrutto universale non individua un’istituzione di erede, ma un legato che non sempre riveste la forma del legato in sostituzione di legittima.
Invero, la qualificazione di un lascito come legato in sostituzione di legittima, pur non richiedendo formule tipiche, né che sia prevista espressamente l’alternativa, per l’onorato, tra conseguimento del legato stesso e richiesta della legittima, postula che, dal contenuto delle disposizioni testamentarie, risulti in modo chiaro e non equivoco la volontà del testatore di soddisfare integralmente i diritti del legittimario mediante l’attribuzione di un bene o di un diritto sull’eredità, con conseguente istituzione ex asse di altra o di altre persone.
Il legittimario a favore del quale sia stato disposto il legato sostitutivo ha facoltà di scegliere se conseguire il legato o rinunciarvi e chiedere la legittima. Occorrerà a tal proposito promuovere l’azione di riduzione, all’esito vittorioso della quale il predetto legittimario assumerà il titolo di erede.
In mancanza di una chiara e univoca volontà del de cuius di tacitare l’onorato, il legato dovrà invece ritenersi in conto di legittima.
La Corte si discosta da tale assunto rilevando che “quando il legato abbia ad oggetto l’usufrutto generale, la fattispecie di riferimento, più che quella del legato in conto, è quella prevista dall’art. 550 c.c.”.
Parte della dottrina ha osservato che la scelta di cui al secondo comma dell’art. 550 c.c., se dare esecuzione alla disposizione testamentaria o abbandonarla, possa essere esercitata soltanto dal legittimario chiamato all’eredità, se e in quanto l’abbia accettata.
In particolare, si ritiene che nelle ipotesi in cui il testatore abbia disposto a titolo particolare di tutti i suoi beni o di una parte eccedente la disponibile, legando l’usufrutto al legittimario e la nuda proprietà a un estraneo, il legittimario, in quanto erede ab intestato, potrà esperire il rimedio previsto dalla disposizione in esame in luogo della riduzione. Mentre, se il testatore assegna al legittimario l’usufrutto universale, istituendo erede l’estraneo nella nuda proprietà, l’alternativa che si pone al primo non è se eseguire o meno il legato, perché quest’ultimo è eseguito dall’erede, ma se accettarlo, domandandone l’esecuzione, o rifiutarlo e chiedere la legittima proponendo l’azione di riduzione.
Secondo altro orientamento, nei casi in cui il testatore disponga della nuda proprietà di tutto l’asse, lasciando ai legittimari l’usufrutto, potrebbe configurarsi una figura di legato tacitativo. In tale ipotesi, il legittimario potrà, in alternativa alla rinunzia al legato e alla richiesta della legittima, valersi del rimedio previsto dall’art. 550.
Sul punto, la Corte di Cassazione ha rilevato l’incompatibilità tra i due rimedi in esame per diversità di presupposti, struttura e finalità delle norme di cui agli artt. 550 e 554 c.c.
In particolare, si ritiene che non possa configurarsi un rapporto di alternatività tra gli strumenti prospettati dalle citate disposizioni. Qualora il testatore abbia disposto nei modi stabiliti dall’art. 550 c.c., la scelta offerta al legittimario non è fra l’abbandono della disponibile e l’esperimento dell’azione di riduzione, ma fra l’esecuzione della disposizione testamentaria e il suo abbandono, con conseguente possibilità di ottenere la parte corrispondente alla legittima in piena proprietà.
Tanto premesso, la Corte di Cassazione ha osservato come, ai fini della risoluzione della questione in esame, si dimostri necessaria una chiara e preventiva qualificazione della natura del lascito disposto in favore del legittimario, rilevabile anche grazie alla valutazione del contenuto delle singole disposizioni testamentarie.
Alla luce delle esposte considerazioni, la Corte di Cassazione, avendo i giudici di merito erroneamente qualificato la disposizione come legato in sostituzione di legittima senza effettuare tale preliminare valutazione, cassa con rinvio, enunciando il seguente principio di diritto: “Qualora il testatore abbia disposto a titolo particolare di tutti i suoi beni o di una parte eccedente la disponibile, legando al legittimario l’usufrutto universale e la nuda proprietà a un estraneo, il legittimario, privato in tutto o in parte della nuda proprietà della quota riservata, è chiamato ab intestato all’eredità; conseguentemente non si ha una figura di legato tacitativo ai sensi dell’art. 551 c.c., che suppone l’istituzione ex asse di altra o di altre persone, ma ricorre di regola l’ipotesi prevista dall’art. 550, comma 2, c.c., prospettandosi pertanto al legittimario la scelta o di eseguire la disposizione o di abbandonare la disponibile per conseguire la legittima”.