Assegno sociale In cosa consiste l'assegno sociale che dal 1996 ha sostituito la pensione sociale, quali requisiti servono e come fare domanda

Cos’è l’assegno sociale

L’Assegno sociale è una prestazione economica, erogata a domanda, rivolta alle persone in condizioni economiche disagiate e con redditi inferiori alle soglie previste annualmente dalla legge.

Dal 1° gennaio 1996, l’Assegno sociale ha sostituito la pensione sociale.

La prestazione ha natura assistenziale e non è esportabile; pertanto, non può essere riconosciuta se il titolare della prestazione risiede all’estero.

Il beneficio non è reversibile ai familiari superstiti.

A chi spetta l’assegno sociale

L’assegno sociale è rivolto ai cittadini italiani e stranieri che:

  • abbiano compiuto 67 anni di età (dal 1° gennaio 2019);
  • si trovino in stato di bisogno economico;
  • abbiano cittadinanza italiana e situazioni equiparate;
  • abbiano residenza effettiva in Italia;
  • se stranieri, abbiano il requisito dei dieci anni di soggiorno legale e continuativo in Italia (dal 1° gennaio 2009).

Il diritto alla prestazione è accertato in base al reddito personale per i cittadini non coniugati e in base al cumulo del reddito del coniuge per i coniugati. Non si computano ai fini della prestazione: i trattamenti di fine rapporto e le anticipazioni sui trattamenti stessi; il reddito della casa di abitazione; le prestazioni assistenziali erogate dallo Stato o altri enti pubblici e le prestazioni assistenziali estere; ecc.

Importo e durata assegno sociale

L’importo dell’assegno sociale per il 2024 è pari a 534,41 euro per 13 mensilità.

Il limite di reddito è pari a 6.947,33 euro annui e a 13.894,66  euro, se il soggetto è coniugato.

Il pagamento della misura inizia dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda e il beneficio ha carattere provvisorio, previa verifica annuale dei requisiti socioeconomici e della effettiva residenza.

L’assegno sociale, inoltre, non è soggetto alle trattenute IRPEF e viene sospeso se il beneficiario soggiorna all’estero per più di 29 giorni o revocato dopo un anno dalla sospensione.

Come fare domanda

La domanda per ottenere l’assegno sociale va presentata online all’INPS attraverso il servizio dedicato.

In alternativa, si può fare la domanda tramite:

  • Contact center al numero 803 164 (gratuito da rete fissa) oppure 06 164 164 da rete mobile;
  • enti di patronato e intermediari dell’Istituto, attraverso i servizi telematici offerti dagli stessi.
comunicazioni fisco

Stop comunicazioni del fisco ad agosto e dicembre Adempimenti più snelli e servizi più digitali, tra le misure di semplificazione rese note dall'Agenzia delle Entrate alla luce della riforma fiscale

Riforma fiscale: le novità

Con la circolare n. 9/E , l’Agenzia delle Entrate ha dettato le istruzioni agli uffici relativamente alle misure di semplificazione e razionalizzazione previste dalla riforma fiscale (di cui al Dlgs n. 1/2024 in attuazione della Delega fiscale).

Tra le novità, stop all’invio di comunicazioni e inviti da parte del fisco nei mesi di agosto e dicembre, nuovi termini per il pagamento a rate delle somme dovute a titolo di saldo e di primo acconto delle imposte e dei contributi e progressiva estensione della piattaforma “PagoPA” per i pagamenti.

Stop comunicazioni fisco ad agosto e dicembre

Salvo casi di indifferibilità e urgenza, l’Agenzia delle Entrate non potrà inviare comunicazioni e inviti al contribuente nei due seguenti periodi dell’anno: dal 1° agosto al 31 agosto e dal 1° dicembre al 31 dicembre.

Tra gli atti interessati dalla novità rientrano le comunicazioni concernenti gli esiti dei controlli automatizzati e dei controlli formali delle dichiarazioni, gli esiti della liquidazione delle imposte dovute sui redditi assoggettati a tassazione separata, nonché le lettere di invito per l’adempimento spontaneo.

Nuovi termini di pagamento rateale

Previsti anche nuovi termini per il pagamento “a rate” delle somme dovute a titolo di saldo e di primo acconto delle imposte e dei contributi risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce presentate dai titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate dall’Inps.

L’articolo 8 del decreto Adempimenti prevede, in particolare: il differimento, dal 30 novembre al 16 dicembre, del termine ultimo entro il quale perfezionare la rateizzazione dei versamenti dovuti a titolo di saldo e di primo acconto; l’individuazione di un’unica data di scadenza, corrispondente al giorno 16 di ogni mese, entro la quale effettuare il pagamento delle rate mensili successive alla prima. Viene inoltre data la possibilità ai titolari di partita Iva di ridurre il numero di versamenti periodici di importo ridotto. Le novità riguardano anche le modalità con cui vengono effettuati i pagamenti.

Il decreto Adempimenti prevede infatti l’estensione, anche progressiva, dell’utilizzo della piattaforma “PagoPA” in relazione alle somme che possono essere pagate con modello F24.

Servizi più digitali

Il decreto Adempimenti prevede sia l’avvio di nuovi servizi digitali sia il potenziamento di quelli già attivi con l’obiettivo di semplificare ulteriormente l’interazione con i cittadini.

Saranno messi a disposizione servizi digitali, fanno sapere dalle Entrate, “per potenziare i canali di assistenza a distanza, per consentire la registrazione delle scritture private, la richiesta di certificati e lo scambio di documentazione tra contribuenti e uffici dell’Agenzia. Sarà inoltre ampliato il ventaglio di atti e comunicazioni a disposizione dei contribuenti all’interno del cassetto fiscale”.

pensione casalinghe

Pensione casalinghe: come fare per iscriversi Come iscriversi per versare contributi volontari al Fondo casalinghe e maturare una pensione dopo i 65 anni

Fondo Casalinghe e Casalinghi: cos’è

I soggetti impegnati nei lavori di cura domestica possono garantirsi una pensione versando periodicamente somme al Fondo Casalinghe gestito dall’INPS.

Opzione donna 2024: le istruzioni INPS Con apposita circolare l'INPS ha fornito le istruzioni su Opzione donna 2024 facendo seguito alle modifiche introdotte dalla legge di bilancio

Opzione donna 2024

Con circolare n. 59-2024, l’INPS ha fornito le istruzioni in merito alla c.d. Opzione donna, in virtù delle modifiche introdotte dalla legge di bilancio 2024.
Nello specifico, l’istituto ha indicato le condizioni per l’accesso alla pensione anticipata per le lavoratrici che maturano i requisiti entro il 31 dicembre 2023, le modalità di richiesta, il calcolo e i termini di decorrenza del trattamento pensionistico.

Chi può accedere a Opzione donna 2024

In particolare, possono accedere alla pensione anticipata c.d. opzione donna le lavoratrici che, entro il 31 dicembre 2023, abbiano maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un’età anagrafica di almeno 61 anni e che, alla data della domanda, si trovino in una delle condizioni indicate nella medesima norma.

Il requisito anagrafico di 61 anni è ridotto di un anno per ogni figlio nel limite massimo di due anni.

Le lavoratrici, in possesso dei prescritti requisiti anagrafico e contributivo, possono accedere alla misura ove si trovino in una delle seguenti condizioni:

“a) assistono, alla data di presentazione della domanda di pensione e da almeno sei mesi, il coniuge o la parte dell’unione civile o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori, il coniuge o l’unito civilmente della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i settanta anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti oppure siano deceduti o mancanti (cfr. il paragrafo 2.1 della circolare n. 25 del 2023);

b) hanno una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti Commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, superiore o uguale al 74 per cento;

c) sono lavoratrici dipendenti o licenziate da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa di cui all’articolo 1, comma 852, della legge 27 dicembre 2006, n. 296”.

Decorrenza del trattamento pensionistico

Alla pensione anticipata c.d. opzione donna, chiarisce l’istituto, si applicano le disposizioni in materia di decorrenza previste dall’articolo 12, comma 2, del decreto-legge n. 78 del 2010 (c.d. finestra mobile).

Pertanto, le lavoratrici dipendenti e autonome, al perfezionamento dei requisiti anagrafico e contributivo richiesti dalla norma, conseguono la pensione decorsi: “a) dodici mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti, nel caso in cui il trattamento pensionistico sia liquidato a carico delle forme di previdenza dei lavoratori dipendenti; b) diciotto mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti, nel caso in cui il trattamento sia liquidato a carico delle Gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi”.

Il trattamento pensionistico, ad ogni modo, può essere conseguito anche successivamente alla prima decorrenza utile, “fermo restando la maturazione dei requisiti anagrafico e contributivo entro il 31 dicembre 2023 e la sussistenza delle condizioni richieste alla data di presentazione della domanda”.

Domanda opzione donna e calcolo

La pensione anticipata Opzione donna, specifica l’INPS, è liquidata secondo le regole di calcolo del sistema contributivo previste dal decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 180.

Le domande di pensione sono state aggiornate e devono essere presentate con le consuete modalità (come già spiegato nel messaggio n. 454/2024 e nella circolare 24/2023), ossia:

  • direttamente dal sito internet www.inps.it, accedendo tramite SPID, CNS o CIE, seguendo il percorso guidato;
  • utilizzando i servizi offerti dagli Istituti di Patronato riconosciuti dalla legge;
  • chiamando il Contact Center Integrato al numero verde 803164 (gratuito da rete fissa) o il numero 06164164 (da rete mobile a pagamento in base alla tariffa applicata dai diversi gestori).

Allegati

smishing fiscale

Smishing fiscale L'Agenzia delle Entrate avvisa gli utenti che è in corso una campagna malevola veicolata con false comunicazioni sms (smishing) che utilizza il pretesto di un presunto rimborso

Smishing: cos’è

Lo smishing, si ricorda, anche conosciuto come phishing via sms, è una tipologia di phishing che usa messaggi di testo veicolati attraverso i tradizionali sistemi di messaggistica per appropriarsi dei dati personali degli utenti a fini di truffa.

Smishing rimborso Agenzia Entrate

Utilizzando il pretesto di un presunto rimborso in favore della vittima, viene richiesta la compilazione di un form per la verifica dei propri dati. È questa la campagna di smishing in corso, su cui l’Agenzia delle Entrate ha lanciato il proprio alert sul sito istituzionale. Il fine di queste comunicazioni è quello di attirare l’attenzione del malcapitato cercando un contatto dal quale successivamente instaurare un’azione fraudolenta.

I messaggi afferenti a questa campagna malevola si caratterizzano per la presenza di importi a credito casuali e di un link ad una pagina web contraffatta, nella quale si chiede di inserire d’inserire i propri dati personali e le coordinate bancarie per poter ricevere il fantomatico rimborso.

Come tutelarsi

L’Agenzia raccomanda ai cittadini di prestare la massima attenzione e, “qualora ricevessero comunicazioni analoghe all’esempio sopra riportato, di non cliccare sui link in esse presenti, di non fornire credenziali d’accesso, dati personali e le coordinate bancarie in occasione di eventuali telefonate legate a questo tipo di fenomeni e di non ricontattare assolutamente il mittente di eventuali comunicazioni”. Le Entrate infatti disconoscono questa tipologia di comunicazioni, rispetto alle quali si dichiarano totalmente estranee e, in caso di dubbi sulla veridicità di una comunicazione ricevuta dall’Agenzia, invitano a “verificare preliminarmente consultando la pagina “Focus sul phishing”, rivolgersi ai contatti reperibili sul portale istituzionale www.agenziaentrate.gov.it o direttamente all’Ufficio territorialmente competente”.

precompilata 2024

Precompilata 2024 L'Agenzia delle Entrate ha reso disponibili online i modelli della precompilata 2024 dal 30 aprile con le novità del 730 semplificato

Nuovo 730 semplificato

Al via il nuovo 730 semplificato. Dal 30 aprile, l’Agenzia delle Entrate ha messo online i modelli già predisposti con i dati in proprio possesso oppure inviati dagli enti esterni, come datori di lavoro, farmacie e banche.

Con il nuovo 730 semplificato il cittadino, fanno sapere dal fisco, “non dovrà più conoscere quadri, righi e codici ma sarà guidato fino all’invio della dichiarazione con una interfaccia più intuitiva e parole semplici”. Ad es. i dati relativi all’abitazione saranno raccolti nella nuova sezione “casa”, le informazioni sui coniuge e figli nella sezione “famiglia”, ecc. Si tratta di una delle tante novità del modello che dal 20 maggio potrà essere inviato, una volta accettati o modificati i dati in esso contenuti. Altra novità del 2024 è la possibilità di ricevere eventuali rimborsi da 730 direttamente dalle Entrate, anche in presenza di un sostituto d’imposta. Per inviare la dichiarazione ci sarà tempo fino al 30 settembre 2024; fino al 15 ottobre, invece, per chi presenta il modello Redditi. Le regole sono definite nel provvedimento firmato dal direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini.

I dati nei modelli delle dichiarazioni 2024

Tra i dati precaricati nelle dichiarazioni 2024, che ammontano a circa 1 miliardo e 300 milioni, svettano le spese sanitarie, ma anche i premi assicurativi, le certificazioni uniche di dipendenti e autonomi, i bonifici per ristrutturazioni e gli interessi sui mutui.

Tra le novità di quest’anno, i dati relativi ai rimborsi per il “bonus vista”, quelli inviati dagli infermieri pediatrici e quelli relativi agli abbonamenti al trasporto pubblico locale.

Tutte voci che, spiega l’Agenzia, si aggiungono a quelle già presenti negli anni scorsi: contributi previdenziali, spese universitarie, per gli asili nido, per gli interventi di ristrutturazione, erogazioni liberali, ecc.

Filo diretto con l’Agenzia per rimborsi e pagamenti

Da quest’anno, inoltre, chi presenta il modello 730 prima di inviare la dichiarazione potrà selezionare la voce “nessun sostituto” per chiedere di ricevere direttamente dall’Agenzia l’eventuale rimborso, anche in presenza di un datore di lavoro o ente pensionistico tenuto a effettuare i conguagli.

L’opzione è valida anche se dalla dichiarazione emerge un debito: in tal caso il contribuente potrà effettuare il pagamento tramite la stessa applicazione online: la procedura consente infatti di addebitare l’F24 sullo stesso Iban indicato per il rimborso. In alternativa, è possibile stampare l’F24 precompilato e procedere al pagamento con le modalità ordinarie.

Precompilata anche per i titolari di partita Iva

Dal 2024 anche gli imprenditori e i professionisti potranno consultare la dichiarazione precompilata contenente i redditi risultanti dalle certificazioni uniche di lavoro autonomo, da fabbricati e terreni, le spese detraibili e deducibili e quelle dei familiari.

In caso di adesione al regime di vantaggio o al regime forfetario, inoltre, direttamente tramite l’applicativo della precompilata sarà possibile completare e inviare il modello Redditi persone fisiche e aderire, a partire dal 15 giugno, al concordato preventivo.

Come visualizzare la propria dichiarazione

Per visualizzare e scaricare la dichiarazione occorre accedere alla propria area riservata con Spid, Cie o Cns. Sarà possibile anche delegare un familiare o una persona di fiducia direttamente dalla propria area riservata sul sito dell’Agenzia.

In alternativa, inviando una pec o formalizzando la richiesta presso un qualsiasi ufficio dell’Agenzia.

Il 730 precompilato è predisposto per i contribuenti che hanno percepito, per l’anno d’imposta precedente, redditi di lavoro dipendente e assimilati. Da quest’anno, conclude l’Agenzia, “si allarga in via sperimentale la platea di contribuenti. Infatti il 730 potrà accogliere dati che prima dovevano necessariamente transitare per il modello Redditi (per esempio, redditi di capitale di fonte estera soggetti a imposta sostitutiva, investimenti all’estero e attività estere di natura finanziaria ai fini Ivie e Ivafe)”.

interessi legali 2024

Interessi legali 2024 Il tasso degli interessi legali per il 2024 è stato determinato dal Mef nella misura del 2,5%

Tasso interessi legali

Con decreto del 29 novembre 2023, pubblicato in GU l’11 dicembre scorso, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha reso noto il tasso degli interessi legali per l’anno 2024, determinandolo nella misura del 2,5%, dimezzata rispetto al 2023 (anno in cui il tasso era pari al 5%).

Il saggio degli interessi legali nel codice civile

È l’articolo 1284 c.c. a prevedere che il saggio degli interessi legali è determinato in misura pari al 5% in ragione d’anno. Tuttavia, viene demandato al ministro del tesoro (oggi al Mef), con proprio decreto pubblicato entro e non oltre il 15 dicembre di ogni anno, il compito di modificarne la misura, sulla base del rendimento medio annuale lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a 12 mesi tenendo conto del tasso di inflazione registrato durante l’anno.

La mancata fissazione del nuovo saggio di interessi entro la data del 15 dicembre fa sì che il tasso rimanga invariato anche l’anno successivo.

A cosa si applicano gli interessi legali

Gli interessi legali si applicano alle obbligazioni di natura contrattuale, alle obbligazioni che insorgono in virtù di un fatto illecito o di altro atto o fatto idonei a produrle. Si applicano automaticamente, dunque, ai rapporti tra le parti, ma nulla vieta che le stesse possano concordare interessi maggiori (interessi convenzionali). Resta comunque nullo il patto con il quale vengano determinati interessi sproporzionati rispetto a quelli legali (interessi usurari, il cui tasso è stabilito dal ministero competente, sentiti Bankitalia e l’ufficio italiano cambi).

Gli interessi legali, infine, non vanno confusi con quelli moratori che sono invece collegati all’inadempimento di una obbligazione pecuniaria.

congedo parentale 2024

Congedo parentale 2024: le istruzioni INPS L'INPS ha fornito le istruzioni per la fruizione del congedo parentale a seguito delle novità introdotte dalla legge di bilancio 2024

Congedo parentale 2024

Con la circolare n. 57/2024, l’INPS ha fornito le istruzioni per la fruizione del congedo parentale a seguito delle novità introdotte dalla legge di Bilancio 2024.

La manovra infatti (art. 1 comma 179 l. n. 213/2023) ha modificato il comma 1 dell’articolo 34 del D.lgs 26 marzo 2001, n. 151, recante “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità”, disponendo l’elevazione, dal 30% al 60% della retribuzione, dell’indennità di congedo parentale per un’ulteriore mensilità da fruire entro il sesto anno di vita del figlio (o entro 6 anni dall’ingresso in famiglia del minore in caso di adozione o di affidamento e, comunque, non oltre il compimento della maggiore età). Per il solo anno 2024 l’elevazione dell’indennità di congedo parentale per l’ulteriore mese è pari all’80% della retribuzione (invece del 60%).

La previsione, in alternativa tra i genitori, si applica ai lavoratori dipendenti che terminano il congedo di maternità o, in alternativa, di paternità successivamente al 31 dicembre 2023.

La circolare fornisce le istruzioni di carattere amministrativo e operativo per i lavoratori dipendenti del settore privato, mentre per quelli pubblici, “il riconoscimento del diritto al congedo in argomento e l’erogazione del relativo trattamento economico sono a cura dell’Amministrazione pubblica con la quale intercorre il rapporto di lavoro, secondo le indicazioni dalla stessa fornite”.

I destinatari

Ai fini dell’individuazione della platea dei destinatari cui si rivolge la novella normativa in oggetto, osserva l’INPS, “avendo il legislatore modificato il solo articolo 34 del D.lgs n. 151/2001, l’elevazione dell’indennità riguarda esclusivamente i lavoratori dipendenti, restando escluse tutte le altre categorie di lavoratori (lavoratori autonomi di cui al Capo XI del T.U., lavoratori iscritti alla Gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, ecc.)”.

Per cui, se un genitore è lavoratore dipendente e l’altro appartiene ad altra categoria lavorativa, l’ulteriore mese di congedo parentale indennizzato al 60% della retribuzione (80% per il solo anno 2024) spetta solo al primo.

Elevazione dell’indennità al 60% della retribuzione

La legge di Bilancio 2024 non aggiunge un ulteriore mese di congedo parentale indennizzato ma dispone l’elevazione dell’indennità al 60% della retribuzione (80% per il solo anno 2024) per un ulteriore mese (rispetto a quello già previsto dalla legge 29 dicembre 2022 n. 197, di seguito legge di Bilancio 2023) dei tre spettanti a ciascun genitore e non trasferibili all’altro.

L’elevazione è riconoscibile a condizione che il mese di congedo parentale sia fruito entro i 6 anni di vita (o entro 6 anni dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o di affidamento e, comunque, non oltre il compimento della maggiore età) del minore.

Solo per il 2024, spetta un’indennità all’80% della retribuzione anziché al 60%.

L’elevazione dell’ulteriore mese al 60% della retribuzione (80% per il 2024) si applica anche ai genitori adottivi o affidatari/collocatari e interessa tutte le modalità di fruizione del congedo parentale: intero, frazionato a mesi, a giorni o in modalità oraria.

L’ulteriore mese indennizzato al 60% della retribuzione (80% per il solo anno 2024) è uno solo per entrambi i genitori e può essere fruito in modalità ripartita tra gli stessi o da uno soltanto di essi.

La fruizione “alternata” tra i genitori, prevista dal novellato articolo 34 del D.lgs n. 151/2001, inoltre, “non preclude la possibilità di fruirne nei medesimi giorni e per lo stesso figlio, come consentito per tutti i periodi di congedo parentale”.

Decorrenza della nuova disposizione

La previsione normativa della legge di Bilancio 2024, chiarisce ancora l’istituto, “interessa esclusivamente i genitori che terminano (anche per un solo giorno) il congedo di maternità o, in alternativa, di paternità successivamente al 31 dicembre 2023”.

Sono, quindi, esclusi tutti i genitori che abbiano concluso la fruizione del congedo di maternità o di paternità al 31 dicembre 2023.

La domanda

La domanda di congedo parentale deve essere presentata esclusivamente in modalità telematica attraverso uno dei consueti canali:

  • il portale istituzionale INPS, se si è in possesso di identità digitale (SPID almeno di livello 2, CIE 3.0 o CNS), utilizzando gli appositi servizi raggiungibili dalla homepage attraverso il percorso “Lavoro” > “Congedi, permessi e certificati”;
  • il Contact center integrato, chiamando il numero verde 803.164 (gratuito da rete fissa) o il numero 06 164.164 (da rete mobile a pagamento, in base alla tariffa applicata dai diversi gestori);
  • gli Istituti di Patronato, utilizzando i servizi offerti dagli stessi.

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onorari avvocati parastato

Onorari avvocati parastato: non vanno nel TFS La Corte Costituzionale ha chiarito che le quote onorario percepite dagli avvocati del parastato non vanno computate nel trattamento di fine servizio (TFS)

Quote onorario avvocati del parastato

La Corte costituzionale (sentenza n. 73-2024) ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13 della legge 20 marzo 1975, n. 70 (Disposizioni sul riordinamento degli enti pubblici e del rapporto di lavoro del personale dipendente), che disciplina il trattamento di fine servizio spettante ai dipendenti degli enti pubblici non economici (cosiddetti parastatali) non soggetti al regime privatistico di trattamento di fine rapporto.
La disposizione scrutinata, si legge nel comunicato ufficiale, “in base all’interpretazione fornitane dalla giurisprudenza di legittimità, costituente «diritto vivente», pone a base del calcolo di tale emolumento il solo stipendio tabellare e gli scatti di anzianità, con esclusione di qualsiasi altro compenso”.

La qlc

La questione era stata sollevata dal Tribunale di Roma, Sez. Lavoro, chiamato a decidere sulla domanda dell’INAIL di restituzione di somme erogate, con riserva, a titolo di indennità di anzianità, ad un proprio dipendente dell’area legale.

La decisione della Consulta

La Consulta ha, anzitutto, ritenuto insussistenti i lamentati vizi di irragionevolezza e irrazionalità, rimarcando come la nozione di stipendio utile alla determinazione dell’indennità di anzianità indicata dal diritto vivente sia, al contrario, coerente con la logica di razionalizzazione che pervade la legge n. 70 del 1975, e, più in generale, con
l’ordinamento del pubblico impiego non contrattualizzato, e rispondente a specifiche esigenze di unificazione del regime giuridico ed economico del personale del parastato, oltre che di controllo e di prevedibilità della spesa pubblica.
È stata esclusa altresì la disparità di trattamento dedotta dal rimettente tra i dipendenti degli enti pubblici appartenenti all’area professionale legale e quelli con qualifica dirigenziale, per il differente status giuridico ed economico delle relative categorie.
Quanto alla censura ex art. 36 Cost., il giudice delle leggi, nel ribadire la propria giurisprudenza secondo la quale l’indennità di anzianità, così come gli altri trattamenti di fine servizio, “integra una forma di retribuzione differita e quindi è presidiata dalle garanzie costituzionali della sufficienza e della proporzionalità alla quantità e alla qualità del lavoro prestato, ha – tuttavia – precisato che, affinché l’indennità di anzianità possa ritenersi conforme ai canoni costituzionali di sufficienza e di proporzionalità, non deve sussistere una rispondenza pedissequa tra la sua composizione e quella del trattamento economico di attività, tale per cui ogni singola voce della retribuzione debba essere considerata nel trattamento di fine servizio”.
Nel rapporto di lavoro non contrattualizzato, “in cui spetta alla discrezionalità del legislatore individuare, nel rispetto delle garanzie sancite dalla Costituzione, la base retributiva delle singole indennità di fine servizio e la relativa misura, la conformità ai principi espressi dall’art. 36 Cost. deve, invece, ritenersi osservata ove tali indennità esprimano, in proporzione, il trattamento economico fondamentale, che include componenti spettanti in modo fisso e continuativo (stipendio tabellare, incrementi dipendenti dall’anzianità di servizio, assegno per il nucleo familiare, oggi assegno unico)”.
Con riguardo alla “quota onorari”, ha concluso dunque la Corte, la stessa “costituisce un’attribuzione di carattere non fisso, ma accessorio e variabile, che non può, perciò, essere ricompresa nel trattamento economico fondamentale, aggiungendosi alla retribuzione riconosciuta ai legali del parastato, in ragione del loro status di pubblici dipendenti”.

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edilizia pubblica residenza

Edilizia pubblica: vietato subordinarne l’accesso alla residenza prolungata Per la Corte Costituzionale il requisito della prolungata residenza impedisce di soddisfare il diritto inviolabile all'abitazione

Edilizia residenziale pubblica e residenza

È incostituzionale negare l’accesso all’edilizia residenziale pubblica a chi, italiano o straniero, al momento della richiesta non sia residente nel territorio della Regione da almeno cinque anni, pur se calcolati nell’arco degli ultimi dieci e maturati eventualmente anche in forma non continuativa.  Il requisito della prolungata residenza, infatti, impedisce di soddisfare il diritto inviolabile all’abitazione, funzionale a che «la vita di ogni persona rifletta
ogni giorno e sotto ogni aspetto l’immagine universale della dignità umana». Questo quanto stabilito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 67/2024 che ha ritenuto contrastante con i principi di eguaglianza e di ragionevolezza, previsti dall’art. 3 della Costituzione, l’art. 25, comma 2, lettera a), della legge della Regione Veneto 3 novembre 2017, n. 39.

Requisito della residenza prolungata

La Consulta ha precisato che il requisito della residenza prolungata nella Regione non presenta alcuna ragionevole correlazione con il soddisfacimento dell’esigenza abitativa di chi si trova in una situazione di
bisogno. Anzi, tale criterio contrasta con la circostanza per cui «proprio chi versa in stato di bisogno si vede più di frequente costretto a trasferirsi da un luogo all’altro spinto dalla ricerca di opportunità di lavoro».
Del resto, secondo il giudice delle leggi, “la permanenza per almeno cinque anni nella regione, accertata nell’arco di un decennio, non induce a ritenere che vi sarà un futuro radicamento nel territorio, né serve a valorizzare il tempo dell’attesa nell’accesso al beneficio, esigenza che si può semmai riflettere nell’anzianità di presenza nella graduatoria di assegnazione”.
Ravvisata, pertanto, l’adozione di un “criterio irragionevole che si traduce nella violazione del principio di eguaglianza formale fra chi può e chi non può vantare una condizione – quella della prolungata residenza nel
territorio regionale – del tutto dissociata dal suo stato di bisogno”.
Secondo la Corte, il requisito contrasta anche con il “principio di eguaglianza sostanziale, perché tradisce la naturale «destinazione sociale al soddisfacimento paritario del diritto all’abitazione della proprietà pubblica
degli immobili» dell’edilizia residenziale pubblica”.

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