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Ddl Valditara: le nuove misure per la scuola Ddl Valditara: voto numerico in condotta per studenti delle scuole medie e superiori, lo studente che ha 5 in condotta viene bocciato

Ddl Valditara: voto numerico in condotta, bocciato chi ha 5

La Camera, nella giornata di mercoledì 25 settembre 2024, ha approvato definitivamente il Ddl del Ministro Valditara n. 1830. Il testo, che ha ricevuto 154 voti favorevoli, 97 contrari e 7 astenuti, prevede novità molto importanti. Il ddl, che diventa legge dello Stato, mira a responsabilizzare gli studenti, ma anche a tutelare e restituire autorevolezza al personale scolastico. Chi riceve un 5 in condotta viene bocciato. Il comportamento torna infatti a essere valutato con i numeri. Chi aggredisce chi lavora nelle scuole viene multato.

Vediamo più in dettaglio cosa prevede il testo.

Voto numerico per la condotta dello studente

Dall’anno scolastico in corso 2024/2025, il voto per la condotta dello studente torna a essere numerico nelle scuole medie e superiori. Le elementari sono escluse. Per i più piccoli le valutazioni dovranno essere effettuate con giudizi sintetici. Un’ ordinanza del Ministero dell’istruzione definirà le modalità di valutazione.

I ragazzi delle scuole medie e superiori che non avranno almeno 6 in condotta verranno bocciati.

Nelle scuole superiori inoltre, se lo studente ha 6 in condotta, avrà un debito formativo e dovrà presentare un elaborato in materia di educazione civica che dovrà esporre nel corso di un colloquio. Qualora non ottenga la sufficienza lo studente non potrà frequentare l’anno successivo del percorso scolastico.

Voto: importante per il percorso e la maturità

Per i ragazzi delle scuole superiori il voto in condotta diventa molto importante durante il percorso  scolastico, per essere ammessi di anno in anno a quello successivo, ma anche per l’esame di maturità. Lo studente o la studentessa che non avranno 9 o il voto massimo in condotta non potranno ottenere il voto più alto alla maturità.

Durata e conseguenze della sospensione

La sospensione dalla scuola come conseguenza di comportamenti violenti comporterà l’obbligo di svolgere attività di recupero.

Qualora la sospensione dalla scuola superi i 2 giorni lo studente dovrà svolgere attività di cittadinanza solidale all’interno di enti convenzionati aderenti al progetto, come ospedali e case di riposo.

Multe per chi aggredisce il personale scolastico

Per contrastare il fenomeno della violenza degli studenti sui docenti e sul personale della scuola il Ddl Valditara introduce multe salate in caso di aggressione. Le sanzioni pecuniarie saranno applicate nella misura minima di 500 euro fino all’importo massimo di 10.000 euro se lo studente o la studentessa saranno condannati con sentenza per reati commessi ai danni del personale dirigente, docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario.

Il denaro versato a titolo di risarcimento del danno all’immagine della scuola sarà destinato all’istituto scolastico per acquistare materiale didattico.

Sezioni a metodo didattico differenziato

L’articolo 2 del testo consente invece alle sezioni delle scuole dell’infanzia e primarie che abbiano applicato il metodo didattico Montessori fino a oggi, di applicarlo in modo stabile.

A partire dall’anno scolastico 2025/2026 è prevista la possibilità, per le scuole del primo ciclo, di attivare classi di scuola secondaria di primo grado nelle quali adottare il Metodo Montessori. L’istituzione di queste classi è subordinata all’autorizzazione del dirigente scolastico e deve avvenire nei limiti delle risorse, dell’organico e degli strumenti a disposizione.

Il Ministero può inoltre autorizzare corsi annuali di differenziazione didattica con  il metodo Agazzi per le scuole dell’infanzia e con il metodo Pizzigoni per le scuole primarie presso unità ed enti formativi.

 

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pensione anticipata

Pensione anticipata: i 35 anni di contributi effettivi non servono Pensione anticipata: la Cassazione cambia orientamento e afferma che i 35 anni di contributi effettivi non servono

Pensione anticipata e contributi effettivi

Per la pensione anticipata non servono più i 35 anni di contributi effettivi versati. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione in due sentenze che vanno a sovvertire il precedente orientamento giurisprudenziale. Si tratta delle decisioni n. 24916/2024 e 24952/2024, entrambe del 17 settembre 2024, che hanno posto fine a due controversie tra due lavoratrici e l’INPS.

Pensione anticipata: valore dei contributi figurativi

In entrambi i casi le lavoratrici hanno convenuto in giudizio l’INPS per chiedere di far valere, ai fini della pensione anticipata (legge Fornero- Monti n. 214/2011), anche i contributi figurativi per malattia o disoccupazione. Le autorità giudiziarie adite però hanno respinto le domande delle lavoratrici. La pensione anticipata infatti, per disposizione di legge, non permetterebbe di accreditare i contributi figurativi per disoccupazione o malattia. Le due lavoratrici hanno quindi appellato le decisioni delle Corti perché il comma 10 dell’art. 24 del decreto legge n. 201/2011, convertito nella legge n. 214/2011, consente di conteggiare i contributi figurativi.

Cassazione: i 35 anni di contributi effettivi non servono

La Corte di Cassazione, in entrambe le cause, ricorda che il sistema pensionistico è stato modificato dalla riforma contenuta nella legge n. 214/2011. Le modifiche di questa legge hanno coinvolto anche la pensione anticipata, eliminando il requisito dei 35 anni di contribuzione effettiva.

Il comma 10 dell’art. 24 al comma 1 recita infatti testualmente: “A decorrere dal 1° gennaio 2019 e con riferimento ai soggetti la cui pensione è liquidata a carico dell’AGO e delle forme sostitutive ed esclusive della medesima, nonché della gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, l’accesso alla pensione anticipata è consentito se risulta maturata un’anzianità contributiva di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.”

La norma è chiara, essa cita l’anzianità contributiva e la sua durata, non specifica che deve essere effettiva.

Diversa è invece la formulazione del comma 11 dell’art. 24, il quale dispone che: “Fermo restando quanto previsto dal comma 10, per i lavoratori con riferimento ai quali il primo accredito contributivo decorre successivamente al 1° gennaio 1996 il diritto alla pensione anticipata, previa risoluzione del rapporto di lavoro, può essere conseguito, altresì, al compimento del requisito anagrafico di sessantatre anni, a condizione che risultino versati e accreditati in favore dell’assicurato almeno venti anni di contribuzione effettiva (…)”

La decisione dell’INPS, di rigettare le domande di pensione anticipata avanzata dalle lavoratrici, non trova quindi alcun fondamento normativo, al contrario, essa conduce alla disapplicazione della  legge.

Contributi effettivi se il primo accredito è successivo al 1° gennaio 1996

Il legislatore quando ha voluto includere tra i requisiti necessari per conseguire la pensione anticipata i soli contributi effettivi lo ha specificato. Poiché però il comma 10 dell’art. 24 del decreto legge n. 201/2011 non lo specifica, la contribuzione figurativa non può ritenersi esclusa.

La contribuzione effettiva è infatti richiesta per il lavoratore, il cui primo accredito contributivo, si verifica dopo il 1° gennaio 1996.

Con queste due sentenze la Cassazione cambia direzione rispetto al precedente orientamento giurisprudenziale. La Cassazione n. 30265/2022 riteneva infatti che la riforma conservasse il requisito dei 35 anni di contributi effettivi necessari per conseguire la pensione anticipata, in totale contrasto con la lettera della legge, come evidenziato dalle due sentenze 2024.

 

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legittimo impedimento

Legittimo impedimento negato se il viaggio è per motivi familiari Legittimo impedimento: il viaggio all’estero dell'avvocato per motivi di famiglia non è un’impossibilità assoluta che legittima il rinvio d’udienza 

Legittimo impedimento avvocato

Il legittimo impedimento non si configura se il motivo  addotto per il rinvio è un viaggio all’estero per motivi familiari. Lo hanno chiarito le SU della Corte di Cassazione nella sentenza n. 24268-2024.

Avvocato non adempie al mandato: sospeso per un anno

Una donna si rivolge a Consiglio dell’Ordine degli Avvocati locale nel quale espone di essersi rivolta a un avvocato per avviare una causa di lavoro. La stessa dichiara di aver consegnato al professionista, a titolo di anticipo, 300,00 euro.

La donna, qualche tempo dopo, contattava l’avvocato per chiedere aggiornamenti sulla pratica e dopo alcune rassicurazioni apprendeva dagli uffici giudiziari che in realtà il procedimento non era stato iscritto a ruolo. La cliente si era quindi recata dall’avvocato per chiedere spiegazioni e lo stesso gli aveva spiegato che era preferibile avviare una conciliazione. La donna fa presente però che l’avvocato, una volta ottenuta l’autorizzazione per avanzare la proposta conciliativa, le riferiva di non ricordarsi della stessa, chiedendo di essere ricontattato. A quel punto l’esponente revocava il mandato, chiedeva la restituzione del racconto e della documentazione trasmessa senza ricevere però riscontro alcuno. Il Consiglio di Disciplina disponeva il rinvio giudizio dell’avvocato per essere venuto meno al dovere di adempiere al mandato e per  non aver provveduto alla restituzione dei documenti alla cliente. Il giudizio disciplinare si concludeva con la sospensione dell’avvocato dall’esercizio della professione per la durata di un anno.

Legittimo impedimento: il CNF nega il rinvio d’udienza

Il legale impugnava la decisione davanti al Consiglio Nazionale Forense, che accogliendo in parte il ricorso, riduceva la sospensione a sei mesi. L’avvocato ricorreva infine davanti alla Corte di Cassazione e con il secondo motivo di doglianza fa presente di aver presentato istanza di rinvio formalizzata in data 9 ottobre 2023 per un impedimento a comparire all’udienza del 18 ottobre 2023. Istanza che però il CNF non ha preso in considerazione.

Legittimo impedimento: impossibilità assoluta non mera difficoltà

La Cassazione dando precedenza a questo motivo procedurale precisa che, secondo costante giurisprudenza delle Sezioni Unite nel giudizio disciplinare che si svolge davanti al Consiglio Nazionale Forense l’incolpato ha il diritto di ottenere il rinvio dell’udienza se sussiste un legittimo impedimento a comparire ai sensi dell’articolo 420 ter c.p.p. L’impedimento però deve essere assoluto e non può essere rappresentato da una difficoltà qualsiasi.

Il viaggio all’estero per motivi familiari non è un’impossibilità assoluta a comparire

Nel caso di specie l’avvocato ha presentato istanza di rinvio dell’udienza del 18 ottobre 2023 perché quel giorno si sarebbe trovato all’estero per motivi familiari. Il CNF però non ha disposto il differimento perché il ricorrente non ha dato prova del suo legittimo impedimento che, come già precisato, deve essere rappresentato da un impedimento assoluto e non da una mera situazione di difficoltà. In assenza di prove relative all’indifferibilità del viaggio all’estero, il solo acquisto dei biglietti non dimostra l’ineluttabilità dell’impegno. L’avvocato  ben sapeva che il viaggio in Albania sarebbe stato incompatibile con la sua presenza in udienza. La condizione di impossibilità a comparire fatta valere dal legale nel ricorso non è quindi corredata da un riscontro idoneo. Ragione per la quale il motivo relativo al legittimo impedimento deve essere respinto.

 

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terzo trasportato

Terzo trasportato: va risarcito se il conducente è ubriaco Il terzo trasportato da un conducente ubriaco va risarcito se vittima di sinistro, il suo concorso di colpa va valutato caso per caso

Terzo trasportato e diritto al risarcimento

Il terzo trasportato da un conducente in stato di ebbrezza se rimane coinvolto in un sinistro stradale non ha sempre colpa a titolo di concorso (art. 1227 c.c). In questi casi non si può escludere il diritto del terzo al risarcimento del danno. Spetta al giudice di merito, per quantificare il danno, accertare caso per caso, l’eventuale concorso di colpa della vittima. Lo ha affermato la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 24920/2024.

Lesioni da sinistro stradale e risarcimento del danno

Un soggetto trasportato a bordo di un autoveicolo, resta vittima di un sinistro stradale e riporta lesioni personali. Per i danni subiti il terzo chiede il risarcimento al vettore e all’assicurazione del veicolo.

Terzo trasportato responsabile al 50%

Il Tribunale la Corte d’appello ritengono che il trasportato sia responsabile al 50%, ai sensi dell’art. 1227 c.c. Lo stesso ha infatti accettato di farsi trasportare da un conducente in evidente stato di ebrezza.

Parte soccombente ricorre in Cassazione lamentando la mancata dimostrazione dello stato di ebrezza del conducente, così come la mancata dimostrazione della percepibilità di detta condizione.

La colpa del terzo trasportato va valutata nel singolo caso

La Cassazione richiama dapprima alcuni importanti principi in materia di RCA sanciti dalla Direttiva 2009/103 e poi una sentenza della Corte di Giustizia UE. Conclusa l’analisi di questi testi gli Ermellini affermano due importanti principi di diritto ai fini del decidere.

  • Il primo afferma che: l‘art. 1227, comma primo, c.c., interpretato in senso coerente con la Direttiva 2009/103, non consente di ritenere, in via generale ed astratta, che sia sempre e necessariamente in colpa la persona la quale, dopo aver accettato di essere trasportata a bordo d’un veicolo a motore condotto da persona in stato di ebbrezza, rimanga coinvolta in un sinistro stradale ascrivibile a responsabilità del conducente. Una simile interpretazione infatti contrasterebbe con l’art. 13, § 3 della Direttiva 2009/103, nella parte in cui vieta agli Stati membri di considerare “senza effetto”, rispetto all’azione risarcitoria spettante al trasportato, “qualsiasi disposizione di legge (…) che escluda un passeggero dalla copertura assicurativa in base alla circostanza che sapeva o avrebbe dovuto sapere che il conducente del veicolo era sotto gli effetti dell’alcol”. Spetterà dunque al giudice di merito valutare in concreto, secondo tutte le circostanze del caso, se ed in che misura la condotta della vittima possa dirsi concausa del sinistro, fermo restando il divieto di valutazioni che escludano interamente il diritto al risarcimento spettante al trasportato nei confronti dell’assicuratore del vettore”.
  • Il secondo invece sancisce che “l’accertamento della esistenza e del grado della colpa della persona che, accettando di farsi trasportare da un conducente in stato di ebbrezza, patisca danno in conseguenza d’un sinistro stradale, è apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, se rispettoso dei parametri dettati dal primo comma dell’art. 1227 c.c.”.

 

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occupazione arbitraria di immobile

Occupazione arbitraria di immobile altrui: il nuovo reato Occupazione arbitraria di immobile destinato al domicilio altrui: punito con il carcere fino a 7 anni il nuovo reato del decreto sicurezza

Occupazione arbitraria di immobile altrui e Ddl Sicurezza

Occupazione arbitraria di immobile destinato al domicilio altrui: in arrivo un nuovo reato. La Camera il 18 settembre 2024 ha approvato con 162 voti a favore, 91 contro e 3 astenuti il DDL Sicurezza A.C. 1660-A. Il testo, ora all’esame del Senato, si compone di 38 articoli e introduce diversi nuovi reati, tra i quali quello di occupazione arbitraria di immobili (o delle relative pertinenze) destinati a domicilio altrui.

Occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui

Il reato, contemplato dal nuovo art. 634 bis c.p, è completato dal nuovo art. 321 bis c.p.p, che prevede una procedura rapida per reintegrare il titolare nel possesso dell’immobile.

Il primo comma del nuovo articolo 634 bis c.p punisce con la pena della reclusione da 2 fino a un massimo di 7 anni:

  • chi occupa l’immobile destinato al domicilio altrui con violenza o minaccia;
  • chi impedisce il rientro nell’immobile al proprietario o a chi lo detiene in modo legittimo;
  • chi si appropria di un immobile altrui con artifizi o raggiri;
  • chi cede ad altri l’immobile occupato.

Il secondo comma della norma prevede la stessa pena per chi, fuori dai casi di concorso:

  • si intromette o coopera nell’occupazione dell’immobile;
  • riceve o corrisponde del denaro o altre utilità per l’

Il comma tre dispone la non punibilità dell’occupante che collabori nell’accertare i fatti e rispetti volontariamente l’ordine di rilascio dell’immobile.

Il quarto comma invece dispone la punibilità del reato previa querela della persona offesa. Qualora il reato venga commesso ai danni di una persona incapace per età o infermità di mente, il reato è perseguibile d’ufficio.

Procedura di rilascio dell’immobile

Il legislatore introduce una procedura rapida per reintegrare il titolare nel possesso dell’immobile attraverso l’introduzione del nuovo articolo 321 bis c.p.p.

Previa richiesta del pubblico ministero, il giudice competente,  con decreto motivato, ordina il rilascio dell’immobile o delle pertinenze. Se l’immobile oggetto di occupazione abusiva è l’unica abitazione del denunciante, la procedura per il rilascio coattivo può essere eseguita dalla Polizia giudiziaria, dopo che il PM l’abbia autorizzata e il giudice convalidata.

Gli ufficiali della P.G che ricevono la denuncia di occupazione abusiva, effettuano quindi i primi accertamenti per verificare l’arbitrarietà dell’occupazione. A questo fine si recano direttamente presso l’immobile e ordinano all’occupante di rilasciarlo immediatamente, reintegrando il titolare denunciante nel possesso.

Qualora l’occupante non rilasci l’immobile spontaneamente, neghi l’accesso, faccia resistenza o si rifiuti di consentire l’accesso, la P.G procede in modo coattivo dopo essere stata autorizzata dal PM.

L’attività svolta viene infatti verbalizzata e il verbale viene trasmesso entro 48 ore al PM. Se il PM non dispone la restituzione dell’immobile chiede al giudice la convalida e l’emissione di un decreto, che disponga la reintegrazione nel possesso del titolare entro 48 ore dal ricevimento del verbale.

La reintegrazione nel possesso perde efficacia se non sono rispettati i suddetti due termini di 48 ore o se il giudice non emette l’ordinanza di convalida entro 10 giorni dalla ricezione della richiesta. Copia dell’ordinanza e del decreto vanno notificati immediatamente all’occupante.

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L’amministratore di condominio si può criticare  L’amministratore di condominio può essere criticato per il suo operato, i condomini hanno diritto di conoscere come gestisce i beni comuni

Amministratore di condominio: criticabile in assemblea

Il condomino può criticare l’amministratore di condominio in assemblea anche con espressioni forti che ne contestano l’operato. Esse non realizzano una condotta ingiuriosa o diffamatoria  se non sono finalizzate a offendere l’onore della persona e a gettare discredito sulla stessa. Lo ha previsto il Tribunale Paola nella sentenza n. 516/2024. 

Amministratore di condominio: danni per diffamazione e calunnia

Un amministratore di condominio agisce in giudizio per ottenere il risarcimento del danno causato dalla condotta diffamatoria o calunniosa posta in essere nei suoi confronti da un condomino. L’attore narra di essere stato amministratore del condomino a cui appartiene il convenuto e di esservi rimasto in carica fino al 16 agosto 2018.

Durante l’assemblea condominiale tenutasi in questa data il condomino convenuto lo avrebbe diffamato e calunniato. A causa di questo episodio l’assemblea non lo ha confermato come amministratore e da quel momento racconta di aver iniziato a soffrire di turbamenti psicologici come professionista e come uomo.

L’attore chiede quindi al giudice di riconoscergli il risarcimento del danno non patrimoniale ai sensi dell’articolo 2043 c.c. e il risarcimento del danno patrimoniale per il mancato rinnovo dell’incarico di amministratore.

Frasi rivolte all’operato non alla persona

Il condomino convenuto contesta in giudizio le richieste attoree. Costui fa presente che nel corso di un’assemblea tenutasi nel luglio 2018 era stata deliberata la revoca del mandato di amministratore per il venir meno del vincolo fiduciario. Tale decisione però non è stata recepita.

Il convenuto precisa di aver esercitato il legittimo diritto di critica, di non aver rivolto le espressioni che gli sono state attribuite alla “persona” dell’amministratore, ma alla sua attività gestoria.

Ingiuria discriminata dal diritto di critica

Il Tribunale rigetta le richieste attoree e precisa come la tutela dell’onore di una persona si scontri con il diritto di manifestazione del pensiero, sotto il profilo del diritto di cronaca e di critica.

Nello specifico “La critica rappresenta espressione del pensiero sotto forma di giudizio e di razionalità e si concretizza nella presa di posizione motiva e argomentata su accadimenti, fatti o circostanze dei più vari settori della vita sociale. Il riconoscimento dell’esimente del diritto di critica presuppone la verità del fatto, l’interesse sociale (pertinenza) e la correttezza formale del linguaggio (continenza). Proprio perché la critica esprime una maggior valenza valutativa, si deve tollerare in tale contesto anche un uso del linguaggio vivace, ironico, polemico, aspro e pungente.”

Verità, continenza e interesse a conoscere l’operato del gestore

Nel caso di specie la condotta del convenuto è senza dubbio ingiuriosa. Le espressioni utilizzate tuttavia sono rivolte all’operato dell’amministratore per aver tenuto condotte prevaricatorie nei confronti dei condomini e di terzi. Essa risulta quindi scriminata dal diritto di critica esercitato in un contesto caratterizzato da tensione e animosità. Dalle prove è emerso inoltre che le frasi rivolte dal convenuto all’amministratore e al suo operato sono “vere” e rispettose del requisito della continenza. I condomini inoltre hanno tutto l’interesse e diritto di conoscere l’operato di chi gestisce i beni comuni.

“L’avere dunque additato la persona dell’amministratore come “sgradevole” e l’aver qualificato le sue condotte alla stregua di “minacce” o come “estorsione” rientra nel novero del diritto del diritto critica, perché costituiscono chiara espressione di una valutazione (necessariamente soggettiva) di grave disapprovazione circa i comportamenti denunciati e le modalità di gestione dell’incarico di amministratore condominiale, e non dissimulano in alcun modo un intento di gettare discredito sulla personalità morale del soggetto preso di mira.”

 

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unioni civili

Unioni civili: niente assegno alla ex se non c’è disparità economica Unioni civili: niente assegno di mantenimento per la ex se entrambe si trovano in una situazione economica precaria

Unioni civili e assegno di mantenimento

Sulle unioni civili e assegno di mantenimento torna a pronunciarsi la Cassazione. Nell’ordinanza n. 24930/2024 gli Ermellini precisano che per il riconoscimento dell’assegno di mantenimento richiesto nell’ambito di un’unione civile sono necessari gli stessi presupposti dell’assegno di divorzio. Nel caso di specie, dalle prove fornite, emerge però che tali presupposti non sussistono e che entrambe le donne si trovano in condizioni economiche precarie. Non rileva il precedente matrimonio eterosessuale della richiedente, le tre figlie e l’invalidità, visto che l’inabilità al lavoro non è stata dimostrata.

Unione civile: scioglimento

Il Tribunale competente pronuncia lo scioglimento di un’unione civile.  La sentenza pone a carico di una delle parti l’obbligo di corrispondere un contributo mensile alla ex di 100,00 euro, oltre adeguamento ISTAT.

Revocato l’assegno di mantenimento alla ex

La beneficiaria impugna la sentenza chiedendo l’incremento dell’assegno di mantenimento. La Corte d’appello però lo respinge e accoglie, al contrario, l’appello incidentale. La parte obbligata ha richiesto nello specifico la revoca del mantenimento che il Tribunale aveva riconosciuto alla ex compagna.

Per la Corte d’appello non rileva la circostanza che la richiedente prima della relazione, abbia contratto matrimonio eterosessuale da cui ha avuto tre figlie. Per il giudice dell’impugnazione non rileva neppure l’investimento affettivo dell’appellante nella nuova relazione di coppia.

La Corte d’appello rileva che il Tribunale ha tenuto conto della patologia depressiva della richiedente, perché non contestato dalla controparte, anche se non documentata. L’autorità giudiziaria tuttavia rimarca che non è stata dimostrata l’inabilità al lavoro. La richiedente durante l’unione civile ha svolto tra l’altro attività lavorativa che ha poi deciso di lasciare spontaneamente per non perdere la pensione di invalidità.

Per la Corte di merito l’appello incidentale merita quindi accoglimento perché l’obbligata è rimasta senza redditi al momento della decisione del giudice di primo grado. La stessa ha svolto in precedenza attività lavorativa, ma è risultata gravata da debiti contratti proprio durante l’unione civile. La quasi totale assenza di redditi delle due parti non consente quindi di porre a carico di una delle due l’obbligo di sostenere economicamente l’altra.

Ignorati il pregresso matrimonio eterosessuale, le tre figlie e l’invalidità

Parte soccombente ricorre in Cassazione lamentando con il primo motivo, come la Corte d’appello, ai fini del decidere, abbia ignorato il suo pregresso matrimonio, la presenza di tre figlie e la decisione di trasferirsi dall’ex compagna, regolando la relazione con l’unione civile. La ricorrente lamenta inoltre la mancata considerazione della sua condizione di invalidità civile e della conseguente inabilità al lavoro. Con il secondo motivo  contesta invece la decisione della Corte d’appello nel punto in cui ritiene che non vi sia prova che la controparte sia più forte economicamente. L’assegno di mantenimento trova la sua ratio nel dovere di assistenza che la legge pone a carico del soggetto economicamente più forte. Da valutare inoltre la durata dell’unione civile, ma anche la pregressa convivenza. La resistente ha un lavoro ed è proprietaria di un immobile mentre la ricorrente ha solo una pensione di invalidità, non ha beni immobili e neppure un’automobile.

Unioni civili: niente assegno se non c’è disparità reddituale

Per la Cassazione entrambi i motivi del ricorso sono inammissibili. Il primo motivo tende a ottenere una diversa valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito. Come noto però la revisione dell’apprezzamento di merito è inammissibile in sede di Cassazione.

Unioni civili: stessi presupposti regole dell’assegno divorzile

Il secondo motivo è parimenti inammissibile perché alle unioni civili, per quanto riguarda il riconoscimento dell’assegno di mantenimento in favore dell’ex partner, valgono gli stessi parametri e presupposti dell’assegno divorzile art. 5 comma 6 legge n. 898/1970.

La misura ha infatti funzione assistenziale, compensativa e perequativa e richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi del partner richiedente e dell’impossibilità oggettiva di procurarseli in autonomia.

La decisione relativa all’eventuale riconoscimento presuppone una valutazione delle condizioni economiche e patrimoniali di entrambe le parti, del contributo fornito dalla richiedente alla vita familiare, alla formazione del patrimonio comune, nonché del patrimonio personale di ciascuno alla luce della durata del matrimonio e dell’età dell’istante.

Dalla documentazione versata in atti emerge che i presupposti per il riconoscimento dell’assegno di mantenimento non sussistono. Entrambe le donne sono prive di redditi e parte ricorrente non ha prodotto in giudizio elementi tali da poter contrastare le conclusioni a cui è giunta la Corte di merito.

 

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patente nautica

Patente nautica a 16 anni Patente nautica a 16 anni: questa una delle tante novità introdotte dal decreto n. 133/2024 che si occupa anche di sicurezza e velocità 

Patente nautica anche per i sedicenni

Patente nautica di categoria D, tipo D1 a 16 anni. Questa una delle tante novità previste dal decreto del Ministero delle infrastrutture e trasporti del 17 settembre 2024 n. 133. Il provvedimento, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 222 del 21.09.2024, contiene il regolamento di modifica del decreto n. 146/2008, che concerne il regolamento di attuazione dell’art. 65 del dlgs n. 171/2005 che contiene il “Codice della nautica da diporto”.

Il decreto si compone di 101 articoli e di XII allegati, alcuni dei quali in formato grafico. Le novità di maggiore rilievo, che modernizzano le norme nautiche italiane, si occupano di bussola elettronica, limiti di velocità, abilitazione diurna per i sedicenni e i Superyacht.

Vediamo più in dettaglio.

Patente nautica D per chi ha compie 16 anni

L’articolo 28 del decreto prevede che le patenti nautiche di categoria D, che sono abilitazioni speciali, possano essere rilasciate ai soggetti in possesso dei requisiti fisici e psichici indicati nell’allegato I che abbiano compiuto i 16 anni di età. Questa abilitazione consente la sola navigazione diurna e per natanti o imbarcazioni da diporto con scafi di lunghezza massima di 12 metri. Un limite ulteriore è rappresentato dalla distanza, nel senso che i sedicenni potranno guidare solo all’interno delle acque marittime entro sei miglia di distanza dalla costa. La guida delle moto d’acqua invece è consentita entro un miglio di distanza dalla costa.

Percorso di formazione ed esame

Per conseguire la patente i sedicenni devono seguire uno specifico percorso formativo composto da prove teoriche e pratiche e superare un test teorico e una prova pratica.

Sicurezza: bussola elettronica e dotazioni

In materia di sicurezza il decreto introduce la bussola elettronica e definisce i requisiti delle dotazioni di sicurezza come torce, parabordi, salvagenti e zattere, razzi, imbracature e zattere di salvataggio.

Limiti di velocità

Cambiano i limiti di velocità. Il limite è di 8 nodi entro i 500 metri dalla costa. Nelle acque interne il limite è ridotto a 200 metri. Il limite è invece di 3 nodi all’interno dei porti e delle aree con imbarcazioni ancorate.

Gli strumenti di rilevazione della velocità devono essere costruiti per conseguire lo scopo, fissando la velocità dell’unità in un momento determinato, in modo chiaro e accertabile, nel rispetto della riservatezza dell’utente.

Superyacht: registro e sicurezza

L’iscrizione dei Superyacht nel Registro internazionale italiano può essere richiesta anche da chi utilizza l’imbarcazione in virtù di un contratto di leasing. Per la registrazione basta il titolo di proprietà o l’estratto del registro navi in costruzione o l’attestazione di avvio della cancellazione da un altro registro UE, con il certificato di stazza, anche se provvisorio.

Per quanto riguarda invece la sicurezza, il decreto prevede la modifica del regolamento con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei Trasporti.

patente a crediti

Patente a crediti: cosa cambia dal 1° ottobre 2024 Patente a crediti: pubblicato sulla Gazzetta ufficiale e in vigore dal 1° ottobre il decreto contenente il regolamento

Patente a crediti: regolamento in GU

La patente a crediti per la sicurezza sul lavoro compie un ulteriore passo in avanti. Sulla Gazzetta ufficiale n. 221 del 20 settembre 2024 è stato pubblicato infatti il Decreto n. 132 del 18 settembre 2024 contenente il regolamento che individua le modalità di presentazione della domanda per permettere a imprese e lavoratori autonomi operanti in cantieri mobili e temporanei di ottenere la patente. Il regolamento, che sarà in vigore dal 1° ottobre 2024, si compone di 10 articoli e ricalca in sostanza il contenuto della bozza.

Leggi a questo proposito: “Patente a crediti pronto il decreto attuativo

Contenuto della patente a crediti

Ogni patente contiene determinate informazioni:

  • dati identificativi del titolare della patente;
  • dati anagrafici del richiedente;
  • data del rilascio e numero della patente;
  • punteggio riconosciuto nel momento del rilascio;
  • punteggio aggiornato alla data di interrogazione del portale;
  • esiti di eventuali sospensioni della patente.

Le modalità di ostensione delle informazioni suddette sono stabilite con provvedimento dell’INL previo parere del Garante Privacy. Dette informazioni sono conservate per tutto il tempo di vigenza della patente, per un periodo che non supera in ogni caso i 5 anni dall’iscrizione sul portale.

Patente: come fare domanda

I soggetti legittimati al chiedere la patente a crediti devono fare domanda tramite il portale dell’Ispettorato Nazionale del lavoro, se in possesso di determinati requisiti:

  • iscrizione alla Camera di Commercio, Industria, artigianato e agricoltura;
  • adempimento degli obblighi formativi;
  • DURC in regola;
  • possesso del documento di valutazione del rischio;
  • possesso della certificazione di regolarità fiscale;
  • designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione.

La presentazione della domanda regolare è seguita dal rilascio della patente in formato digitale.

I lavoratori e le imprese stabiliti in uno stato membro UE devono presentare un’autocertificazione in grado di dimostrare il possesso dei requisiti sopra indicati.

Se i soggetti abilitati non hanno sede in un paese UE stopper ottenere la patente devono presentare l’autocertificazione che dimostri il riconoscimento, secondo la legge italiana, del documento equivalente rilasciato dalla autorità competente del paese di origine.

La domanda per ottenere la patente a punti può essere presentata anche dopo che sono decorsi 12 mesi dalla sua revoca.

Crediti: attribuzione, incremento e recupero

La patente possiede 30 punti al momento del rilascio.

Il punteggio può aumentare fino a raggiungere il punteggio massimo di 100 crediti. Regole particolari relative al punteggio sono previste dall’articolo 8 in caso di fusione, anche per incorporazione dell’impresa.

La patente può subire l’incremento di un credito per ogni biennio successivo al rilascio in assenza di provvedimenti di decurtazione, fino all’incremento massimo di 20 crediti.

Sono previsti però ulteriori aumenti di crediti fino a 40, di cui 30 se si effettuano investimenti in formazione o se si possiede una certificazione attestate la partecipazione a un addestramento o formazione pratica, 10 invece per attività investimenti o formazioni in casi particolari.

L’incremento può essere sospeso se al titolare della patente vengono contestate più violazioni di cui all’allegato del dlgs. n. 81/2008.

Il recupero fino a 15 punti è soggetto alla valutazione di una Commissione territoriale composta da rappresentanti dell’INL e dell’INAIL.

Sospensione della patente

La patente può essere sospesa con un provvedimento cautelare dell’Ispettorato nazionale del lavoro.

La sospensione è obbligatoria se in un cantiere si verifica un infortunio a cui segue il decesso di uno o più lavoratori per responsabilità imputabile al datore, a un suo delegato, a un dirigente almeno a titolo di colpa grave, a meno che l’ispettorato non valuti diversamente  e fornisca adeguata motivazione.

La durata della sospensione, che varia in base alla gravità della violazione, non può avere una durata superiore a 12 mesi.

La sospensione comporta la verifica del ripristino delle condizioni necessarie per la sicurezza dei lavoratori all’interno del cantiere.

Leggi anche “Patente a crediti: il parere del Consiglio di Stato

notifiche pec

Notifiche pec dal 30 settembre si cambia  Le notifiche pec sono regolate dalle specifiche tecniche del 7 agosto 2024, in vigore dal 30 settembre 2024

Notifiche pec e altre novità nel processo telematico

Le notifiche pec rappresentano uno degli argomenti di cui si sono occupati le specifiche tecniche del 7 agosto 2024 e che saranno in vigore dal 30 settembre 2024.

Vediamo gli aspetti più interessanti di questo argomento.

Notifiche pec: comunicazione dell’indirizzo

Le notifiche a mezzo pec, nel processo civile telematico che nel processo penale telematico, presuppongono la presenza di gestori di questa forma di comunicazione, ma non solo.

L’articolo 10 delle specifiche tecniche dispone che la Pubblica Amministrazione o l’ente privato debbano comunicare i propri indirizzi di posta elettronica certificata per poter ricevere le comunicazioni e le notificazioni. L’obbligo di comunicazione dell’indirizzo pec riguarda anche gli organi, le articolazioni territoriali e le aree organizzative omogenee come previsto dall’articolo 11 delle specifiche.

Deposito telematico e formato dei documenti informatici

Gli atti del procedimento civile o penale informatico devono essere depositati in modalità telematica presso l’ufficio giudiziario devono essere in formato PDF o PDF/A e possedere tutta una serie di requisiti necessari soprattutto per individuare la provenienza.

Ai sensi dell’articolo 16 i documenti informatici allegati agli atti, devono essere privi di macro e campi variabili. Essi possono essere anche in formato posta elettronica certificata, purché contengano i file nei formati PDF, rich text format, MPEG2 e MPEG4, particolari formati audio come MP3 (.mp3), FLAC (.flac), formato text e ipertesto.

Trasmissione a mezzo pec di atti del procedimento civile

Nel procedimento civile, l’atto in forma di documento informatico e gli allegati devono essere trasmessi dai soggetti abilitati esterni a mezzo pec. L’atto, così come i suoi allegati, devono essere contenuti nella busta telematica, che è un file in formati MIME.

La busta non può avere una dimensione superiore ai 60 Megabyte. Essa viene trasmessa all’ufficio giudiziario destinatario in allegato a un messaggio pec, che rispetta determinate specifiche per quanto riguarda il mittente, il destinatario, l’oggetto, il corpo e gli allegati. L’elaborazione della busta può restituire diverse anomalie codificate con i termini warn, error e fatal.

Notifiche pec: l’art. 21

La norma dedicata nello specifico alle notificazioni a mezzo pec è l’articolo 21 e si riferisce a quelle che vengono effettuate dagli uffici giudiziari ai soggetti abilitati esterni e agli utenti privati. La notifica viene effettuata recuperando l’indirizzo dai pubblici elenchi e la comunicazione o notificazione è riportata nel corpo del messaggio e nel file allegato. Il gestore dei servizi recupera poi ile ricevute della pec e gli avvisi di mancata consegna dal gestore pec del Ministero e lli conserva all’interno del fagiolo informatico. La ricevuta è breve per le comunicazioni. È invece completa per le notificazioni.

La comunicazione o la notificazione che contiene particolari categorie di dati personali è effettuata invece per estratto ai sensi dell’art. 22. Il destinatario effettua il prelievo dell’atto integrale accedendo all’URL contenuto nel messaggio di avviso PEC.

Notificazioni pec avvocati

L’art. 26 è dedicato nello specifico alle “Notificazioni per via telematica eseguite dagli avvocati”. Esso sancisce che, quando l’atto da notificare è un documento informatico, esso deve essere in formato PDF o PDF/A e allegato al messaggio pec. Si procede nello stesso modo quando l’atto da notificare è l’atto del processo da trasmettere all’ufficio giudiziario.