Amministrazione di sostegno: cos’è
L’amministrazione di sostegno è un istituto previsto dal Codice Civile italiano per proteggere le persone fragili. Questo strumento consente di assistere chi, a causa di malattia o disabilità, non riesce a gestire in tutto o in parte i propri interessi. Si tratta di una misura flessibile e meno invasiva rispetto all’interdizione e all’inabilitazione, un istituto efficace per proteggere le persone fragili mantenendo, per quanto possibile, la loro autonomia. L’intervento del giudice tutelare garantisce infatti equilibrio tra tutela e rispetto della dignità del beneficiario. L’amministrazione di sostegno è senza dubbio un esempio di diritto moderno e inclusivo, che si adatta alle diverse esigenze delle persone vulnerabili.
Amministrazione di sostegno: definizione normativa
L’articolo 404 del Codice Civile definisce l’amministrazione di sostegno come uno strumento a favore di chi non può provvedere ai propri interessi. Questa impossibilità può essere totale o parziale, temporanea o permanente, e derivare da infermità o menomazione fisica o psichica. Il giudice tutelare nomina un amministratore di sostegno per aiutare la persona nel compimento degli atti quotidiani o straordinari.
Il procedimento può iniziare su richiesta del beneficiario stesso, anche se minore, interdetto o inabilitato, dei suoi familiari (coniuge, convivente, ascendenti, discendenti o parenti) e dei responsabili dei servizi sanitari o sociali, che segnalano i casi al giudice tutelare.
Nomina dell’amministratore: come avviene
L’articolo 405 stabilisce che il giudice tutelare provvede alla nomina dell’amministratore di sostegno entro 60 giorni dalla presentazione del ricorso. Il decreto è motivato e immediatamente esecutivo. In casi urgenti, il giudice può nominare un amministratore provvisorio. La decisione include dettagli precisi come la generalità del beneficiario e dell’amministratore, la durata dell’incarico, che può essere a tempo determinato o indeterminato, i poteri attribuiti all’amministratore, ossia atti che può compiere per conto del beneficiario, i limiti delle spese e le modalità di gestione del patrimonio e l’obbligo di rendicontazione periodica al giudice.
Tutti i provvedimenti devono essere annotati nei registri ufficiali e comunicati all’ufficiale di stato civile.
Come si svolge il procedimento
L’articolo 407 disciplina il procedimento. Il ricorso deve contenere le generalità del beneficiario, la sua dimora abituale e ragioni a base della richiesta e i nomi del coniuge, dei familiari conviventi e degli altri parenti.
Il giudice deve ascoltare direttamente il beneficiario, preferibilmente recandosi dove questi si trova. Deve considerare i bisogni e le richieste della persona, bilanciando protezione e autonomia. Il pubblico ministero interviene nel procedimento e vigila sulla tutela.
Il giudice può acquisire documenti medici o altre prove per decidere in modo appropriato. Inoltre, può modificare le decisioni prese in qualsiasi momento.
Amministratore di sostegno: criteri di scelta
L’articolo 408 stabilisce i criteri per scegliere l’amministratore. Il giudice tiene conto prioritariamente degli interessi del beneficiario. La persona interessata può designare anticipatamente il proprio amministratore tramite atto pubblico o scrittura privata autenticata. In mancanza di designazione, il giudice preferisce, ove possibile il coniuge non separato legalmente, il convivente stabile, i parenti stretti, come genitori, figli o fratelli.
Non possono ricoprire l’incarico coloro che hanno in cura il beneficiario come operatori di servizi pubblici o privati. Il giudice può comunque nominare una persona idonea in casi particolari.
Effetti dell’amministrazione di sostegno
Secondo l’articolo 409, il beneficiario mantiene la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono l’intervento dell’amministratore. Può compiere autonomamente gli atti di vita quotidiana. L’amministratore infatti si limita ad assistere il beneficiario nel compimento degli atti più complessi o straordinari.
Doveri dell’amministratore di sostegno
L’amministratore di sostegno ha l’obbligo di rispettare i bisogni e le aspirazioni del beneficiario. Deve informare tempestivamente il beneficiario sugli atti da compiere e consultare il giudice in caso di disaccordo. Se l’amministratore agisce in modo dannoso o negligente, il giudice può intervenire su segnalazione del beneficiario o del pubblico ministero. L’incarico dura al massimo 10 anni, salvo eccezioni per il coniuge, il convivente o i parenti stretti.
Amministrazione di sostegno: atti annullabili
Gli articoli 412 e 413 prevedono la possibilità di annullare gli atti compiuti dall’amministratore oltre i poteri concessi quelli compiuti dal beneficiario in violazione del decreto.
Le azioni per l’annullamento devono essere esercitate entro 5 anni dalla fine dell’amministrazione.
Revoca dell’amministratore di sostegno
La revoca può essere richiesta dal beneficiario, dall’amministratore, dal pubblico ministero o dai familiari indicati nell’articolo 406.
Il giudice decide con decreto motivato, dopo aver svolto le necessarie verifiche. L’amministrazione di sostegno cessa se non tutela più adeguatamente il beneficiario. In questo caso, il giudice può promuovere l’interdizione o l’inabilitazione.
Disciplina procedurale
La Riforma Cartabia ha spostato la disciplina dell’amministrazione di sostegno nella sezione III del Capo III del libro II del Codice di procedura civile dedicato ai “procedimenti di interdizione, inabilitazione e di nomina dell’amministratore di sostegno” disciplinati dall’art. 474.52 fino al 473.57. L’art. 473 bis.58 sancisce che ai procedimenti in materia di amministrazione di sostegno si applicano, purché compatibili, le disposizioni della sezione dedicata anche agli altri istituti dell’inabilitazione e dell’interdizione. La norma stabilisce inoltre che mentre i decreti del giudice tutelare sono reclamabili al tribunale quelli del tribunale in composizione collegiale sono ricopribili in Cassazione.
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