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Testo Unico Riscossione 2024 Testo Unico in arrivo sulla riscossione dei tributi dopo l'approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del 17 settembre 2024

Riscossione dei tributi: in arrivo il Testo Unico in materia

In arrivo un Testo Unico in materia di riscossione dei tributi. Il testo approvato dal Consiglio dei Ministri del 17 settembre 2024 è frutto dell’iniziativa del Ministro Giorgetti, al fine di attuare la delega governativa per la riforma fiscale.

Questo Testo Unico, collegato al decreto riscossione n. 110/2024 insieme a quelli relativi alla giustizia tributaria, ai tributi erariali minori e alle sanzioni tributarie tende al perseguimento degli obiettivi governativi della semplificazione e razionalizzazione del sistema fiscale nel suo complesso.

Si ricorda che il termine per l’adozione di tutti i testi unici, fissato inizialmente per 29 agosto 2024, è slittato al 31 dicembre 2025, per garantire maggiore organicità e completezza.

Leggi a questo proposito l’articolo Riforma tributaria: testi unici entro il 31 dicembre 2025

Riscossione dei tributi: struttura del Testo Unico

Il Testo Unico dedicato alla fase della riscossione riunisce al suo interno le disposizioni vigenti sparse nei vari testi normativi in un unico contenitore.

La sua struttura segue un preciso iter logico, che è quello che viene seguito in via ordinaria per l’acquisizione delle entrate:

  • riscossione spontanea;
  • riscossione imposte sul reddito (ritenute e acconti);
  • rimborsi redditi e Iva;
  • riscossione tramite ruoli;
  • riscossione coattiva;
  • funzionamento del servizio nazionale di riscossione;
  • estensione della riscossione tramite ruolo ad alcune entrate, anche non tributarie;
  • recepimento della Direttiva 2010/24 UE sulla mutua assistenza tra Stati UE per la riscossione dei crediti erariali;
  • disposizioni transitorie e finali, che individuano le disposizioni abrogate e quelle di coordinamento.

Il Testo è corredato anche da tre allegati che riguardano:

  • le forme societarie e le imposte sui redditi dei Paesi UE;
  • i canoni pagati alle società non residenti o che hanno un’organizzazione stabile in un altro paese UE;
  • le disposizioni che contengono l’interpretazione autentica.

Favorita la riscossione spontanea

Il titolo I del Testo Unico rende più efficienti le procedure di riscossione spontanea e stabilisce limiti alle compensazioni distinguendo i maxi debiti superiori ai 100.000 euro dai debiti minori che superano i 1500 euro.

Non sono compensabili i debiti relativi a imposte erariali e accessori di importo superiore a 100.000 euro a meno che, in relazione a detti importi non siano stati disposti piani di rateizzazione non ancora decaduti.

Non si possono auto compensare debiti che risultano iscritti a ruoli definitivi se l’importo supera i 1500 euro e il termine di pagamento è giù scaduto, salvo eccezioni.

Queste regole puntano a rafforzare la riscossione e a evitare che i contribuenti ricorrano alla compensazione per commettere abusi.

Soglie di riscossione aggiornate

Non si procede più all’accertamento, all’iscrizione a ruolo e alla successiva riscossione se l’importo di ogni credito (comprese sanzioni e interessi) risulta inferiore a 30 euro, rispetto ai precedenti 16,53 euro.

Grazie alla riduzione del numero di iscrizioni a ruolo le operazioni amministrative subiscono così un positivo snellimento.

Riscossione dei tributi: fino a 10 anni per saldare le cartelle 

Il nuovo meccanismo di dilazione di pagamento che entrerà in vigore nel 2025 consentirà ai contribuenti di estinguere i loro debiti con più calma. I piani di pagamento potranno prevedere fino a un massimo di 120 rate a cadenza mensile, per la durata quindi di 10 anni.

Rateizzi elastici a garanzia della riscossione

Le rate però non avranno lo stesso importo, ma aumenteranno progressivamente in base all’entità del debito e alla documentata e temporanea situazione di difficoltà del debitore. In questo modo si evita di mettere il contribuente sotto pressione e grazie a termini di dilazione più lunghi, si limita il rischio del mancato rispetto del piano. Una novità che proietta il sistema fiscale italiano verso una concezione più moderna del fisco e del suo rapporto con il contribuente.

Riscossione coattiva in quella spontanea e tramite ruolo

La riscossione coattiva viene inserita nella sezione della riscossione spontanea e tramite ruolo. In questo modo la gestione delle varie modalità di riscossione risulta omogenea e unificata.

Questo tipo di approccio riduce il contenzioso, rende il sistema fiscale di riscossione più efficiente e trasparente e riesce a bilanciare la necessità di gestire le entrate con i diritti dei contribuenti.

Addio alle cartelle esattoriali Il Decreto Riscossione sancisce l'"addio" alle cartelle esattoriali: per riscuotere esecutivamente le somme spazio agli atti e agli avvisi di accertamento

Addio alle cartelle esattoriali: spazio ad atti e avvisi

Addio alle cartelle esattoriali: il decreto legislativo n. 110/2024 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 7 agosto 2024 ha riformato il meccanismo di recupero dei crediti tributari.

Da quanto emerge dall’articolo 14 del testo sembra che il decreto voglia “abbandonare”o quanto meno ridurre l’utilizzo le cartelle esattoriali come sistema di riscossione forzata dei crediti.

In realtà le cartelle non spariranno  completamente, ma verranno utilizzate per effettuare la liquidazione e il controllo formale delle dichiarazioni dei redditi.

Cosa sono e come funzionano ruolo e cartella

Quando il contribuente risulta a debito nei confronti di qualche ente impositore (creditore), le somme dovute dallo stesso vengono iscritte a ruolo. In questo modo si avvia la procedura di riscossione forzata.

Il ruolo

Ma che cos’è il ruolo? Il ruolo è un elenco che viene redatto dall’ente creditore e che raccoglie tutti i nominativi dei debitori e le somme che devono essere ancora saldate. Una volta che l’ente creditore lo ha formato, lo trasmette all’Agenzia delle Entrate.

La cartella

L’Agenzia, quando riceve il ruolo, prepara la cartella da notificare al debitore per riscuotere le somme.

Questo documento contiene infatti il nominativo del debitore, le somme che deve ancora versare all’ente creditore, gli interessi che decorrono dalla data di iscrizione a ruolo del debito e l’aggio, ossia l’importo forfettario da rimborsare all’agente di riscossione.

La cartella di pagamento ha una duplice natura e funzione.

  • Essa rappresenta una vera e propria intimazione di pagamento perché contiene l’ordine al debitore di pagare all’agente di riscossione l’importo indicato nel termine di 60 giorni dalla sua notifica.
  • In più costituisce un avviso di mora perché avverte il debitore che, in caso di mancato pagamento, l’agente incaricato di procedere alla riscossione, può agire esecutivamente nei suoi confronti senza l’obbligo di avvisarlo ulteriormente.

La cartella rappresenta quindi il titolo esecutivo  per eccellenza che la PA utilizza per recuperare i propri crediti.

Decreto riscossione: procedura mediante accertamento esecutivo

La procedura che prevede l’iscrizione a ruolo del debito e la notifica della cartella, a ben vedere, appare piuttosto complessa.

Per questo il legislatore ha deciso di ampliare l’ambito applicativo  della procedura mediante accertamento esecutivo. In questo modo l’attività di riscossione risulta concentrata grazie al il ricorso ad atti e avvisi immediatamente esecutivi.

In questo modo non è più necessario il doppio passaggio di iscrizione ruolo e notifica della cartella. L’articolo 14 del decreto legislativo n. 110/2014 intitolato “Adeguamento delle disposizioni in materia di concentrazione della riscossione nellaccertamento stabilisce infatti l’immediata esecutività.

Esecutività immediata: atti e avvisi

In pratica il decreto prevede la possibilità di attivare subito le procedure esecutive (pignoramento dei beni del debitore) e cautelari (iscrizione di ipoteca immobiliare, fermo dei beni mobili registrati) di una serie di atti dell’agenzia delle Entrate.

Vediamo quali:

  • Atti di recupero dei crediti non spettanti o inesistenti utilizzati, in tutto o in parte, in compensazione (…); di irrogazione delle sanzioni; di accertamento per omesso, insufficiente o tardivo versamento dei seguenti tributi e irrogazione delle relative sanzioni: tasse automobilistiche erariali; addizionale erariale della tassa automobilistica.
  • Avvisi e atti inerenti al recupero di tasse, imposte e importi non versati, compresi quelli relativi a contributi e agevolazioni fiscali indebitamente percepiti o fruiti, ovvero a cessioni di crediti di imposta in mancanza dei requisiti (…); di rettifica e liquidazione; di accertamento e liquidazione; di rettifica e liquidazione; di liquidazione dell’imposta e irrogazione delle sanzioni per i casi di omesso, insufficiente o tardivo versamento e tardiva presentazione delle relative dichiarazioni, nonché per i casi di decadenza dalle agevolazioni dei seguenti tributi: imposta di registro; imposte ipotecaria e catastale; imposta sulle successioni e donazioni; imposta sostitutiva sui finanziamenti; imposta di bollo.

 In virtù della riforma prevista dal decreto riscossione il debitore riceverà pertanto solo l’atto/avviso di accertamento. In seguito, con raccomandata, la lettera di presa in carico da parte dell’ente incaricato della riscossione.

 

Leggi anche: “Decreto riscossione: fino a 10 anni per saldare le cartelle

false mail

False mail dall’Agenzia delle Entrate: è phishing L'Agenzia delle Entrate con due avvisi informa i contribuenti che sono in corso campagne di false comunicazioni a nome del fisco

E’ in corso una campagna di false comunicazioni a nome dell’Agenzia delle Entrate. La prima si riferisce alla necessità di pagare imposte per poter recuperare fondi, mentre la seconda a modifiche alla normativa fiscale riguardante la dichiarazione precompilata 2024. Lo rende noto l’amministrazione stessa, con due avvisi, rispettivamente del 29 agosto e del 30 agosto scorso.

False richieste di pagamento imposte per recupero fondi

Con riferimento alle false comunicazioni relative alla necessità di pagare imposte per poter recuperare fondi, lo schema di truffa, avvisano dalle Entrate, sembrerebbe essere quello di indurre con l’inganno a versare fondi per fantomatici investimenti, quindi chiedere il versamento di imposte per ottenerne la parziale restituzione. In questa seconda fase della truffa, viene inviato un falso documento contenente il logo dell’Agenzia delle Entrate e una firma contraffatta a nome del Direttore di un ufficio dell’Agenzia, anche realmente esistente.

Di seguito un esempio di documento fraudolento che viene inviato:

Pertanto, l’Agenzia raccomanda “di prestare la massima attenzione e, qualora si ricevessero e-mail contenenti in allegato un documento simile all’esempio sopra riportato, di non ricontattare assolutamente il mittente e di non dare seguito alle richieste di versamenti di somme di denaro per investimenti o per imposte da essi derivanti”.

False comunicazioni modifiche precompilata 2024

Riguardo al secondo avviso, l’Agenzia informa che stanno pervenendo mail che avvisano, a nome delle Entrate, di modifiche alla normativa fiscale, alle voci della dichiarazione precompilata 2024 e alle aliquote fiscali.

La falsa comunicazione cerca di indurre a cliccare su un link che rimanda a una fantomatica “Guida alla dichiarazione” che il contribuente dovrebbe leggere affinché la sua dichiarazione resti “conforme alle ultime normative”.

Come in ogni campagna di phishing, si tenta di indurre nell’utente un senso di urgenza allo scopo di fargli cliccare “tempestivamente” il link malevolo sotto la minaccia “di sanzioni o altre conseguenze legali” .

Di seguito un esempio della comunicazione che viene inviata:

Una volta cliccato sul link malevolo, l’utente è indotto a inserire nella pagina web informazioni personali che vengono poi memorizzate presumibilmente per futuri attacchi informatici più sofisticati.

Anche in tal caso, le Entrate raccomandano di prestare la massima attenzione e, qualora si ricevessero e-mail simili a quella sopra riportata, di non cliccare sul link e in ogni caso di non trasmettere informazioni personali.

L’Agenzia, infatti, disconosce “questa tipologia di comunicazioni, rispetto alle quali si dichiara totalmente estranea”.

In caso di dubbi sulla veridicità di una comunicazione ricevuta dall’Agenzia, è sempre preferibile verificare preliminarmente consultando la pagina “Focus sul phishing”, rivolgersi ai contatti reperibili sul portale istituzionale www.agenziaentrate.gov.it o direttamente all’Ufficio territorialmente competente.

 

Leggi anche la guida Phishing: cos’è e come tutelarsi

sostituto di imposta

Sostituto di imposta: chi è e cosa fa Il sostituto di imposta è il soggetto che paga le imposte per conto di un altro contribuente e che deve assolvere precisi obblighi fiscali

Chi è il sostituto di imposta

Il sostituto di imposta può essere sia un soggetto pubblico che privato che si sostituisce al contribuente nei confronti dell’amministrazione finanziaria. In pratica questo soggetto paga imposte e tributi al posto di un altro soggetto.

Definizione normativa

Il sostituto d’imposta è infatti definito dall’articolo 64 del DPR n. 600/1973 come il soggetto che, per legge, è obbligato a pagare le imposte, anche a titolo di acconto, al posto di altri soggetti, per fatti o situazioni che si riferiscono a questi ultimi e che deve, se non è diversamente disposto dalla legge, esercitare la rivalsa.

Tipi di sostituzione

Dalla formula della norma appena vista emerge che la sostituzione può avvenire in due modi diversi.

  • A titolo di imposta: il sostituto paga tutto l’importo dovuto dal contribuente. Il soggetto obbligato quindi non ha più debiti nei confronti dello Stato delle altre amministrazioni.
  • A titolo di acconto: in questo caso il sostituto anticipa al contribuente il pagamento dei contributi. Il contribuente però resta soggetto passivo. Un esempio di sostituzione a titolo d’acconto è rappresentato dalle trattenute IRPEF che il datore effettua nei confronti dei dipendenti, che sono comunque tenuti a pagare l’imposta sul reddito delle persone fisiche in relazione ad altri redditi.

Chi può rivestire la qualifica di sostituto di imposta?

Possono rivestire la qualifica di sostituto di imposta i soggetti indicati dal comma 1 dell’articolo n. 23 del DPR 600/1973:

  • le associazioni non riconosciute;
  • le aziende dei servizi pubblici locali;
  • le società di capitali;
  • le società di persone;
  • i consorzi;
  • i condomini;
  • gli enti commerciali con sede in Italia;
  • le persone fisiche che esercitano un’attività d’impresa di natura commerciale o agricola;
  • i liberi professionisti.

Cosa fa il sostituto di imposta

Il sostituto di imposta provvede all’adempimento di una serie di obblighi.

Per prima cosa trattiene le tasse dovute all’Erario dagli importi dovuti al contribuente a titolo di compenso, come pensioni, redditi e salari.

Fatta questa operazione provvede a versare le imposte alla pubblica amministrazione o allo Stato.

In seguito deve procedere alla certificazione del versamento delle tasse e delle imposte dovute dal contribuente.

Questa operazione viene effettuata attraverso la compilazione delle certificazione fiscali.

Il mancato rispetto di questi obblighi fiscali comporta l’applicazione di sanzioni amministrative e può essere fonte di responsabilità penali del sostituto d’imposta.

Leggi anche “Rilevanza penale omesso versamento ritenute sostituto d’imposta

Il modello 770 e la Certificazione Unica

I sostituti d’imposta sono tenuti alla compilazione di due documenti principali: il modello 770 e la certificazione unica.

Il primo documento ha natura fiscale e viene utilizzato le sostituti d’imposta per trasmettere all’Agenzia delle Entrate i dati relativi alle imposte del contribuente (ritenute sui compensi, pensioni versate eccetera). Il modello 770 serve al sostituto per procedere al pagamento dei contributi al posto del contribuente.

Sul sito dell’Agenzia delle Entrate sono disponibili le istruzioni per la sua compilazione e il successivo invio, che deve avvenire entro il 31 ottobre.

La Certificazione Unica (CU) viene invece utilizzata per attestare i redditi da lavoro dipendente e assimilati, i redditi da lavoratore autonomo e i redditi derivanti da determinati tipi di contratti di locazione.

Grazie alla certificazione unica il contribuente ha a disposizione un documento che certifica il pagamento dei tributi versati da parte del sostituto d’imposta.

Il  documento, che viene rilasciato dal sostituto di imposta al contribuente entro il 30 aprile 2024, viene poi trasmesso in modalità telematica all’Agenzia delle Entrate entro il 31 marzo.

Tardiva comunicazione a Enea: non si decade dalle detrazioni La Cassazione torna a pronunciarsi sulla decadenza dai benefici fiscali causati dalla tardiva comunicazione a Enea

Tardiva comunicazione a Enea e decadenza detrazioni energetiche

La tardiva comunicazione a Enea non determina la decadenza dalle detrazioni energetiche. Lo ha stabilito la Cassazione nell’ordinanza n. 19309/2024. Con questa pronuncia la Corte si allinea alla precedente sentenza n. 7657/2024 e si oppone all’orientamento contenuto nell’ordinanza n.15178/2024, che invece ritiene causa di decadenza per la detrazione fiscale energetica l’omessa comunicazione a ENEA.

Detrazioni energetiche perse: comunicazione tardiva a ENEA

Un contribuente riceve una cartella con cui l’Agenzia delle Entrate vuole recuperare le spese sostenute per il risparmio energetico come indicate nella dichiarazione dei redditi del 2010 e sostenute nel 2008 e nel 2009.

Per l’Agenzia il contribuente ha perso le detrazioni fiscali a causa della tardiva comunicazione dell’attestato di certificazione energetica e della scheda informativa a ENEA, effettuata nel 2014.

Il difetto di comunicazione non provoca la decadenza

Il contribuente impugna la cartella, affermando che il difetto di comunicazione a ENEA non comporta la decadenza dal beneficio fiscale previsto.

La Commissione tributaria provinciale accoglie il ricorso. L’Agenzia delle Entrate però impugna la decisione e la Commissione tributaria regionale accoglie il gravame.

Il contribuente soccombente a questo punto impugna la decisione davanti alla Corte di Cassazione. Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente contesta la decisione in relazione alla spettanza della detrazione fiscale che spetterebbe anche se la comunicazione a ENEA dell’attestato di certificazione e della scheda informativa dei lavori effettuati viene effettuata in ritardo.

La comunicazione a ENEA ha finalità statistiche

La Corte di cassazione accoglie il secondo motivo di impugnazione sollevato dal ricorrente e cassa la decisione. La Cassazione ricorda di aver affermato nella sentenza n. 7657/2024 il seguente principio: in tema di benefici fiscali per spese di riqualificazione energetica degli edifici, l’inosservanza del termine di novanta giorni dalla conclusione dei lavori per l’inoltro della comunicazione all’ENEA, ai sensi dell’art. 4 del d.m. del 19/02/2007, non costituisce causa di decadenza dal godimento della detrazione, decadenza che, in assenza di un’espressa previsione normativa, non è evincibile nemmeno da uninterpretazione sistematica della disciplina primaria e secondaria, in considerazione delle finalità statistiche per le quali l’adempimento è prescritto.” 

Decadenza non prevista dalla normativa primaria o secondaria

La decadenza dal beneficio fiscale non si può ricavare dalla normativa primaria così come dalla normativa secondaria. Nessuna delle due prevede infatti la decadenza espressa dal beneficio in caso di mancata o tardiva comunicazione dei dati dei lavori a ENEA. Detta comunicazione ha solo finalità statistiche, non è un requisito necessario richiesto dalla legge per il riconoscimento dell’agevolazione.

Ai fini della detrazione fiscale l’Agenzia deve verificare che i lavori per il risparmio energetico siano stati eseguiti effettivamente e che degli stessi il contribuente fornisca piena prova.

 

Leggi anche Agevolazioni fiscali: online le guide sui bonus

Allegati

pagamenti avvisi bonari

Avvisi bonari: dal 1° settembre il fisco batte cassa Pagamenti avvisi bonari: dal 1° settembre ripartono le notifiche, il 4 settembre invece scadono i termini sospensivi

Pagamenti avvisi bonari: notifiche dal 1° settembre

Pagamenti avvisi bonari alle porte. Dal 1° settembre ripartono le notifiche delle comunicazioni delle irregolarità e dei risultati dei controlli formali.

Il Decreto legislativo n. 1/2024

Lo prevede il decreto legislativo n. 1/2024 sulla razionalizzazione e la semplificazione delle norme in materia di adempimenti tributari. Il testo, pubblicato sulla GU il 12/01/2024, però ha anche:

  • semplificato la dichiarazione dei redditi per i lavoratori dipendenti e i pensionati;
  • esteso il modello della dichiarazione dei redditi semplificato, previsto finora per le persone fisiche, a tutti coloro che non sono titolari di partita Iva;
  • eliminato la certificazione unica per i forfettari e i soggetti in regime di vantaggio;
  • modificato la scadenza per i versamenti rateali delle imposte;
  • semplificato i modelli per le dichiarazioni IVA e IRAP e le dichiarazioni annuali dei sostituti di imposta;
  • semplificato gli adempimenti tecnici relativi ai trasferimenti immobiliari.

Pagamento avvisi bonari: sospensione degli invii

L’articolo 10 del dlgs n. 1/2024 prevede che, fatti salvi i casi di indifferibilità e urgenza, la sospensione dellinvio dal primo al 31 agosto e dal primo al 31 dicembre di determinati atti elaborati o emessi dall’Agenzia delle Entrate. Si tratta nello specifico:

  • delle comunicazioni degli esiti dei controlli automatizzati (art. 36 bis DPR n. 600/1973 e art 54 bis DPR n. 633/1972);
  • delle comunicazioni degli esiti dei controlli formali (8 art. 36 ter DPR n. 600/1973);
  • delle comunicazioni degli esiti della liquidazione delle imposte dovute sui redditi soggetti a tassazione separata (art. 1 co. 412 della legge n. 311/2004);
  • inviti all’adempimento (art. 1 commi 634-636 legge n. 190/2014).

Casi di indifferibilità e urgenza

La norma contempla un’eccezione alla sospensione delle notifiche degli atti indicati nei casi di indifferibilità e urgenza. Sulla questione è intervenuta la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 9/E/2024. Nel documento l’Agenzia ha chiarito che costituiscono casi di indifferibilità e urgenza quelli che richiedono una deroga al regime ordinario sulla sospensione. Nello specifico la sospensione non si applica nelle seguenti ipotesi:

  • quando sussiste un pericolo per la riscossione (mancata spedizione della comunicazione o notifica dell’atto che pregiudichi il rispetto dei termini di prescrizione o decadenza in materia di riscossione con il rischio di pregiudicare il recupero delle somme);
  • quando l’invio riguarda la comunicazione di atti che prevedono l’inoltro di una notizia di reato (art. 311 c.p.p);
  • quando l’invio riguarda la comunicazione di atti destinati a soggetti sottoposti a procedure concorsuali, per la tempestiva insinuazione al passivo.

Leggi anche Stop comunicazioni del fisco ad agosto e dicembre

Sospensione: effetti negativi scongiurati

Per scongiurare gli effetti negativi che sarebbero potuti derivare dalla sospensione estiva delle notifiche l’Agenzia delle Entrate a giugno e luglio ha condensato l’invio degli atti. Il tutto a discapito degli studi professionali proprio nel periodo di ulteriori e importanti scadenze fiscali.

Pagamento avvisi bonari dal 5 settembre

Se dal 1° settembre ripartono le notifiche dal 5 settembre ripartono i pagamenti degli avvisi bonari. Lo prevede il co. 17 dell’art. 7 quater del dl. n. 193/2016, che prevede la sospensione dal 1° agosto al 4 settembre dei termini di 30 giorni per il pagamento delle somme che il contribuente deve versare, perché risultanti dai controlli automatici, formali e dalle liquidazioni delle imposte dei redditi soggetti a tassazione separata.

servizi catastali online

Servizi catastali online: la guida delle Entrate E' online "Il Sistema Catastale" 2024, la guida dell'Agenzia delle Entrate aggiornata ad agosto sui servizi a favore di cittadini e operatori

“Il Sistema Catastale” 2024

Servizi catastali online: è stato pubblicato, sul sito dell’Agenzia delle entrate, “Il Sistema Catastale”, volume dedicato al sistema informativo catastale e cartografico aggiornato ad agosto 2024.

Lo strumento contiene anche un riepilogo dei servizi catastali online a disposizione di cittadini e professionisti. 

L’obiettivo

La pubblicazione ha l’obiettivo di mettere a conoscenza dei lettori l’evoluzione del sistema informativo catastale e lo sviluppo dei servizi geotopocartografici di supporto alle tematiche fiscali nel campo immobiliare e ai più ampi ambiti del diritto civile e del governo e la tutela del territorio per l’intero Paese.

“I contenuti del volume evidenziano le attività introdotte per la digitalizzazione dei servizi e delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e cartografici, fortemente orientati alla semplificazione, telematizzazione e all’integrazione dei processi, per garantire piena efficacia ed efficienza a tutto il sistema informativo immobiliare” si legge su FiscoOggi, la rivista online dell’Agenzia delle Entrate.

Il SIT

Da circa tre anni, l’Amministrazione del catasto si è dotata della nuova piattaforma web del Sistema integrato del Territorio – Sit, che consente l’avvio di attività innovative per l’integrazione delle informazioni immobiliari, la qualità e coerenza dei dati catastali, la corretta integrazione con le titolarità catastali (i soggetti) dei registri immobiliari, per compiere al meglio il mandato istituzionale richiesto dal legislatore per la costituzione dell’Anagrafe immobiliare integrata.

I contenuti del Sistema Catastale

Il volume, oltre a dare indicazioni sulle attività realizzate e quelle in cantiere per lo sviluppo innovativo dei servizi, informa sulle caratteristiche degli archivi digitali e cartacei. Sono descritte “le principali procedure informatiche per l’aggiornamento degli archivi censuari, planimetrici e cartografici del catasto terreni e dei fabbricati”. Il volume descrive inoltre “i servizi offerti per la consultazione delle informazioni catastali e cartografiche, sia ad accesso libero sia in area riservata, sulle piattaforme online dell’Agenzia, disponibili per tutte le categorie di utenti, privati cittadini, professionisti ed enti della Pubblica amministrazione”.

Nella nuova edizione ci sono anche le più recenti novità di carattere normativo-giuridico e dei documenti di prassi, le informazioni quantitative con i principali dati segnaletici di consistenza degli archivi di catasto terreni e dei fabbricati, il rilascio dei nuovi servizi sulla piattaforma telematica Sister, nonchè una sezione dedicata al sistema catastale tavolare del “Libro fondiario” vigente in alcuni territori della Penisola.

domicilio fiscale

Domicilio fiscale: nuova definizione dal 1° gennaio 2024 La Cassazione chiarisce che la novella apportata dal Dlgs n. 209/2023 sulla determinazione della residenza e del domicilio non è retroattiva

Domicilio fiscale

In materia di soggetti passivi dell’imposta, ai fini dell’accertamento della residenza delle persone fisiche nel territorio dello Stato, la determinazione della residenza e del domicilio secondo i criteri di cui all’art. 2 comma 2 del Dpr n. 917/1986 (TUIR), come novellato dall’art. 1 del Dlgs n. 209/2023, si applica alle fattispecie concrete verificatesi a partire dal 1° gennaio 2024. E’ quanto ha chiarito la sezione tributaria della Cassazione, con sentenza n. 19843/2024, decidendo una vertenza tra un contribuente residente nel principato di Monaco e l’Agenzia delle Entrate.

Il nuovo comma 2 dell’art. 2 TUIR

Il nuovo comma 2 dell’art. 2 d.P.R. n. 917 del 1986, statuisce ora che « Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno la residenza ai sensi del codice civile o il domicilio nel territorio dello Stato ovvero sono ivi presenti. Ai fini dell’applicazione della presente disposizione, per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona. Salvo prova contraria, si
presumono altresì residenti le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente».
Infatti, l’art. 7, comma 1, d.lgs. n. 209 del 2023, stabilisce che le disposizioni di cui all’articolo 1 si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2024. Pertanto, non disciplina la fattispecie concreta controversa in esame innanzi alla Cassazione.

Norma non retroattiva

“In assenza di indici relativi alla qualità di norma di interpretazione autentica della relativa disposizione (qualità del resto non compatibile con la specifica disposizione intertemporale dettata dal legislatore) e considerata la natura sostanziale della novella – che incide sulle condizioni fattuali che determinano
la soggettività passiva rispetto all’imposizione e sull’onere della relativa prova – tale ultima norma, proseguono gli Ermellini, deve essere interpretata nel senso che la nuova disciplina si applica pertanto a fattispecie sostanziali che si siano verificate dal 1° gennaio 2024, e non anche a quelle formatesi precedentemente, neanche ove queste ultime siano accertate dall’Ufficio o trattate in giudizio successivamente a tale data”.

La precedente definizione

Tanto vale in particolare, nel caso di specie, per quanto riguarda il concetto di «domicilio», atteso che prima della modifica apportata dall’art. 1 d.lgs. 27 dicembre 2023, n. 209, l’art. 2, comma 2, d.P.R. n. 917 del 1986 mutuava espressamente i concetti di “residenza” e “domicilio” dal codice civile (« […] hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile.»), mentre ora limita tale rinvio alla sola “residenza”, fornendo nel contempo un’autonoma definizione del “domicilio”.
Tanto premesso, chiarisce ancora la Corte, “è orientamento consolidato ( maturato prima della recente novella del comma 2 dell’art. 2 d.P.R. n. 917 del 1986), al quale si intende dare in questa sede ulteriore continuità, quello secondo cui, ai fini dell’individuazione della residenza fiscale o meno in Italia del contribuente, per l’accertamento del domicilio deve farsi riferimento al centro degli affari e degli interessi vitali dello stesso, dando prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi è esercitata abitualmente in modo riconoscibile dai terzi, non rivestendo ruolo prioritario, invece, le relazioni affettive e familiari, le quali rilevano solo unitamente ad altri criteri attestanti univocamente il luogo col quale il soggetto ha li più stretto collegamento” ( ex plurimis Cass. 07/11/2001; Cass. 15/06/2010, n. 14434).

Ne consegue che il “domicilio deve, non solo, essere il luogo di gestione dei propri interessi, riconoscibile dai terzi, ma anche che tale riconoscibilità deve essere agganciata a indici tali da individuare in Italia prioritariamente gli interessi del contribuente di carattere economico e patrimoniale”. Fermo restando, comunque, conclude la S.C., “che l’accertamento della fissazione in Italia del domicilio debba coprire, ai sensi dello stesso art. 2, comma 2, ‘la maggior parte del periodo di imposta’, essendo evidente l’intento del legislatore di non legare l’accertamento ad eventi occasionali, ma di ancorarlo alla verifica di una sufficiente permanenza temporale del criterio di collegamento”.

Allegati

pignoramento pensioni

Pignoramento pensioni Pignoramento pensioni 2024: la procedura, i limiti di pignorabilità a tutela del minimo vitale e l’opposizione all’esecuzione per difendersi

Pignoramento pensioni 2024: come funziona

In relazione al pignoramento pensioni 2024 vediamo in che cosa consiste e come funziona il metodo forzoso che i creditori possono utilizzare per recuperare gli importi loro spettanti.

L’art. 543 c.p.c.

Poiché la pensione viene erogata dall’INPS o da altre casse previdenziali la procedura prende il nome di pignoramento presso terzi. Il terzo in questo caso è rappresentato dall’Istituto pensionistico o dalla Cassa che eroga il trattamento.

La norma a cui fare riferimento per il pignoramento presso terzi è l’articolo 543 c.p.c.

Questa norma riconosce infatti al creditore il diritto di pignorare i crediti che il debitore vanta nei confronti di terzi soggetti o le cose del debitore che si trovano nel possesso di terzi.

Questi soggetti terzi sono definiti dalla legge terzi pignorati.  

Pignoramento pensioni 2024: limiti

Il pignoramento della pensione però è soggetto a dei limiti.

Limiti di importo

Il primo limite ha a che fare con l’importo pignorabile. Il creditore infatti non può pignorare l’intero importo della pensione del debitore, ma solo una parte. Il nostro ordinamento impone di salvaguardare il minimo vitale. C’è un importo in sostanza, necessario alla sopravvivenza del debitore, che non può essere aggredito dai creditori.  Con questo termine si intende infatti l’importo necessario a garantire al pensionato una vita dignitosa.

Limite della natura del trattamento

Il secondo limite che l’ordinamento pone al pignoramento della pensione riguarda la natura della prestazione. Non è possibile infatti pignorare gli importi che hanno natura di trattamento assistenziale. Ne sono un esempio la pensione di invalidità civile, l’indennità di accompagnamento e l’assegno sociale.

Pignoramento pensioni 2024: importo pignorabile

Il limite dell’importo pignorabile serve, come anticipato, a garantire al debitore un minimo vitale per garantirgli una vita dignitosa.

Detto questo, qual’è l’importo pignorabile a un pensionato?

Il decreto Aiuti bis n.115/2022, modificando la disciplina contenuta nell’articolo 545 c.p.c comma 7, ha stabilito che non sono pignorabili fino all’importo pari al doppio della misura massima dell’assegno sociale, con il tetto dei 1000 euro, le somme che vengono corrisposte a titolo di pensione, di indennità sostitutive della pensione o di assegni di quiescenza.

La parte che eccede detto importo può essere pignorabile nei limiti indicati dai commi 3, 4 e 5 dell’articolo 545 c.p.c e da speciali disposizioni di legge.

Calcolo dell’importo non pignorabile 2024

Quest’anno, come indicato nella Tabella allegata alla circolare INPS n. 1 del 02.01.2024, l’importo dell’assegno sociale è di Euro 534,41. L’importo che non può essere pignorato, come visto sopra, è pari al doppio del valore della pensione sociale, per cui non è possibile procedere al pignoramento dell’importo della pensione fino a 1.068,82.

Importo pensione pignorabile 2024

Precisato che fino all’importo di Euro 1.068,82 la pensione non può essere pignorata, la parte eccedente può essere oggetto di pignoramento nel limite di 1/5 se il creditore che agisce è solo uno. Qualora infatti i creditori siano due o più la parte della pensione che eccede l’importo non pignorabile potrà essere aggredita nella misura dei 2/5.

Limiti in caso di accredito della pensione su c/c

I limiti visti finora relativi al pignoramento della pensione cambiano quando l’emolumento viene accreditato sul conto corrente del debitore. In questo caso, in base alle regole previste per il 2024, la parte pignorabile della pensione, sempre nella misura di 1/5 è quella che eccede l’importo pari a 3 volte l’assegno sociale ossia Euro 1.603,23.

Pignoramento pensioni: Agenzia delle Entrate

Tra i soggetti pubblici che possono aggredire la pensione c’è anche l’Agenzia delle Entrate. In questo caso l’importo che può essere aggredito con il pignoramento varia in base all’importo della pensione.

L’Agenzia infatti può pignorare:

  • 1/10 dell’importo per pensioni fino a 2.500,00 euro;
  • 1/7 dell’importo per pensioni che vanno da un minimo di 2.500,00 euro fino a 5.000,00 euro;
  • 1/5 dell’importo per pensioni al di sopra dei 5.000,00 euro.

Pignoramento della pensione: come difendersi

Per difendersi dal pignoramento delle pensioni è consigliabile rivolgersi a un avvocato esperto in questioni previdenziali.

In genere, in presenza dei presupposti necessari, ovvero di pignoramenti ingiustificati, è possibile avviare un’opposizione all’esecuzione, per contestare

  • il diritto vantato dal creditore nel procedere all’esecuzione;
  • la modificazione o l’inesistenza del credito contenuto nel titolo esecutivo;
  • l’ammissibilità della pretesa sotto il profilo giuridico.

Vedi gli altri articoli in materia di pensioni

Decreto riscossione: fino a 10 anni per saldare le cartelle Il decreto riscossione n. 110/2024 pubblicato in Gazzetta il 7 agosto 2024 prevede il discarico automatico, il riaffidamento e nuove forme di dilazione

Decreto riscossione: cosa prevede

Decreto riscossione n. 110-2024 pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 184 del 07 agosto 2024. Il provvedimento, che interviene sul riordino del sistema nazionale della riscossione, si è reso necessario a causa dei 1.200 miliardi di euro di debiti fiscali ancora da riscuotere.

Il decreto in vigore dall’8 agosto 2024, composto da 19 articoli, tocca diversi aspetti dell’attività di riscossione, dalla pianificazione agli adempimenti, dal discarico automatico al riaffidamento degli incarichi.

Tra gli interventi più importanti quelli sulle dilazioni di pagamento. Di sicuro interesse anche quelli sulla riscossione nei confronti dei soggetti che sono coobbligati solidali, sull’adeguamento delle disposizioni relative alla concentrazione della riscossione nell’accertamento e quelli sulla compensazione tra rimborsi e importi iscritti a ruolo.

Vediamo le misure principali del decreto destinate a incidere maggiormente sui contribuenti.

Attività di riscossione: pianificazione annuale

L’attività di riscossione, anche in base a logiche di raggruppamento dei crediti per codice fiscale, dovrà essere pianificata annualmente. Da questa previsione però non dovranno derivare nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica.

Dal 1° gennaio 2025 gli adempimenti a carico dell’agente di riscossione prevedono il tempestivo tentativo di notifica della cartella e degli altri interruttivi della prescrizione. Nell’attuare detti adempimenti l’agente deve conformare la sua attività al piano annuale ed entro la fine di ogni mese deve trasmettere all’ente creditore le informazioni relative allo stato delle procedure di riscossione del mese precedente.

Discarico automatico e differimento

Le quote affidate all’Agenzia a partire dal 1° gennaio 2025 e non riscosse verranno discaricate in modo automatico al 31 dicembre del 5° anno successivo rispetto all’affidamento.

L’Agenzia però può comunicare il discarico anticipato all’ente creditore:

  • se le quote sono relative a fallimenti o liquidazioni giudiziali chiusi;
  • se previa verifica telematica, il debitore non ha beni su cui rivalersi;
  • se non ci sono nuovi beni rispetto ai quali, le attività finalizzate al recupero, si sono esaurite con esito totalmente o parzialmente infruttuoso.

Il decreto prevede l’esclusione provvisoria dal discarico automatico delle quote affidate dal 1° gennaio 2025 in due diversi casi.

  1. Se al 31 dicembre del quinto anno successivo rispetto a quello di affidamento la riscossione è sospesa o pendono ancora procedure esecutive o concorsuali.
  2. Se nel periodo compreso tra la data di affidamento e il 31 dicembre del quinto anno successivo sono stati presi accordi nel rispetto di quanto stabilito dal codice della crisi o sono intervenute dilazioni, agevolazioni o si sono verificati l’inadempimento, la revoca o la decadenza dal beneficio o se, tra data di affidamento il 31 dicembre e il quinto anno successivo, la riscossione è stata sospesa per 18 mesi. Queste quote, al 31 dicembre del quinto anno successivo rispetto all’affidamento, sono discaricate automaticamente.

Carichi riaffidati

Il credito è valido fino allo scadere del termine di prescrizione che decorre dall’ultimo atto di interruzione notificato in data anteriore al discarico automatico.

L’ente creditore può  quindi decidere di:

  • gestirlo autonomamente;
  • affidarlo in concessione a soggetti privati;
  • riaffidarlo per la durata di due anni all’agente della riscossione nazionale. Il riaffidamento, in questo caso, avviene solo se il debitore presenta nuovi e significativi elementi di natura reddituale o patrimoniale.

Commissione per il magazzino dell’Agenzia

Si vuole istituire una Commissione che si occupi di analizzare il magazzino dell’Agenzia delle Entrate per formulare soluzioni relative al discarico parziale o totale dello stesso.

Estratto di ruolo non impugnabile

L’estratto di ruolo non è impugnabile. L’estratto di ruolo e la cartella di pagamento se non sono stati notificati validamente possono essere impugnati  se il debitore riesce a dimostrare in giudizio che l’iscrizione a ruolo può arrecargli un pregiudizio in tutta una serie di casi sottoelencati:

  • Per effetto di quanto stabilito dal Codice dei contratti pubblici (dlgs n. 36/2023).
  • Per la riscossione di somme di cui è creditore nei confronti di enti pubblici.
  • Per la perdita di benefici nel rapporto con la PA.
  • Nell’ambito delle procedure contemplate dal Codice della Crisi.
  • Per operazioni di finanziamento da soggetti autorizzati.
  • Nell’ambito della cessione di azienda.

Nuove regole per le dilazioni di pagamento

L’agente della riscossione, se il debito è inferiore o pari a 120.000 euro, può concedere diverse dilazioni di pagamento:

  • Fino a 84 rate mensili se la richiesta del contribuente viene presentata nel 2025 e nel 2026.
  • Fino a 96 rate se le richiesta viene presentata nel 2027 e nel 2028.
  • Fino a 108 rate se la richiesta di dilazione è inoltrata a partire dal 1° gennaio 2029.

In presenza di una temporanea, obiettiva e documentata situazione di difficoltà (malattia propria o dei familiari, cessazione della attività) la dilazione segue due regole diverse in base all’importo:

  • Se il debito supera i 120.000 euro la dilazione massima prevede 120 rate e non rileva la data di presentazione dell’
  • Se il debito è inferiore o pari a 120.000 euro allora le rate vanno da un minimo di 85 a un massimo di 120 se l’istanza viene presentata nel 2025 e nel 2026; da 97 a 120 rate per le domande presentate nel 2027 e 2028; da 109 a 120 se le richieste vengono state presentate dal 1° gennaio 2029.

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