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Tappi attaccati alle bottiglie: al via l’obbligo Dal 3 luglio 2024 in base alla Direttiva UE SUP i tappi "solidali" dovranno restare attaccati ai contenitori di plastica per ridurre la dispersione e favorire il riciclo

Tappi “solidali: dal 3 luglio in vigore l’obbligo della Direttiva UE

Dal 3 luglio 2024 tutte le aziende che producono bevande contenute nelle bottiglie di plastica devono rispettare l’obbligo del “tappo solidale”. Lo ha stabilito la Direttiva UE 2019/904 sulla plastica monouso finalizzata a ridurre l’incidenza dei prodotti di plastica sull’ambiente.

L’articolo 17 della Direttiva, dedicato al recepimento, prevede che gli Stati debbano applicare le disposizioni necessarie per conformarsi all’obbligo previsto dall’articolo 6, relativo ai tappi “solidali” a partire dal 3 luglio 2024.

Quest’obbligo è solo una delle tante misure adottate dalla Direttiva SUP (Single Use Plastics Direttive) per contrastare l’inquinamento delle acque da parte delle bottiglie di plastica, troppo spesso gettate ovunque, soprattutto in mare e sulla spiaggia, con conseguenze estremamente dannose sulla vegetazione e sugli animali.

Divieto plastica monouso

La Direttiva, lo ricordiamo, ha già posto il divieto di vendita dei prodotti di plastica monouso come i piatti, le posate, le cannucce e i cotton-fioc, a partire dal 2021.

Il 2024 invece è l’anno di entrata in vigore dei tappi “solidali, vediamo cosa dice la normativa europea al riguardo.

Lotta alla dispersione dei tappi di plastica

Nel considerando n. 17 la Direttiva fa presente come i tappi e i coperchi di plastica dei contenitori delle bevande siano tra gli oggetti di plastica maggiormente rinvenuti sulle spiagge dell’Unione Europea.

I contenitori delle bevande di plastica monouso dovrebbero quindi essere immessi sul mercato solo se sono in grado di soddisfare certi requisiti di progettazione in grado di ridurre significativamente la dispersione nell’ambiente dei tappi di plastica.

Nell’articolo 6 invece, dedicato ai requisiti dei prodotti in plastica, la Direttiva stabilisce specificamente che gli Stati membri devono provvedere a che i prodotti in plastica monouso indicati nella parte C dell’allegato, con i relativi tappi plastica “possano essere immessi sul mercato solo se i tappi e i coperchi restano attaccati ai contenitori per la durata delluso previsto del prodotto”. 

L’allegato C specifica infatti quali sono i prodotti di plastica monouso indicati nell’articolo 6, che devono presentare i requisiti sopra descritti, ossia i contenitori per bevande con una capacità massima di 3 litri, ossia i recipienti che contengono liquidi, come bottiglie per bevande con i relativi tappi, nonché gli imballaggi compositi di bevande con i relativi tappi e coperchi.

Tappi attaccati alle bottiglie: quali vantaggi?

L’obbligo di produrre contenitori di plastica con i tappi di chiusura progettati in modo tale da restare attaccati alle bottiglie mirano a realizzare due obiettivi fondamentali della Direttiva:

  • ridurre la dispersione dei piccoli pezzi di plastica. I tappi di plastica dei contenitori, infatti sono molto piccoli e leggeri, per cui possono essere trasportati facilmente dal vento e, aspetto ancora più pericoloso, possono essere ingeriti dagli animali;
  • facilitare la fase del riciclo: se il tappo resta ben attaccato al suo contenitore questi due componenti possono essere riciclati insieme. In questo modo la quantità di plastica riciclata aumenta e il procedimento di riciclo risulta senza dubbio più efficiente.

Le altre misure della Direttiva SUP per ridurre la plastica

Come anticipato, la misura che riguarda i tappi di plastica è solo una delle iniziative intraprese a livello europeo per ridurre la quantità di plastica immessa nell’ambiente.

La Direttiva SUP prevede infatti interventi finalizzati a ridurre il consumo dei prodotti di plastica monouso, dispone restrizioni all’immissione sul mercato di certi prodotti in plastica, stabilisce, come appena visto per i tappi, determinanti requisiti di costruzione dei prodotti in plastica, introduce precisi requisiti di marcatura dei prodotti, estende la responsabilità del produttore, impone agli Stati di adottare le misure necessarie per attuare in modo efficace la raccolta differenziata e stabilisce che gli Stati debbano adottare anche misure di sensibilizzazione per informare i consumatori e incentivare condotte più responsabili per la tutela dell’ambiante e la salute.

Allegati

contributo unificato cause

Contributo unificato: cos’è e quando si paga Cos’è il contributo unificato, quando si applica e a quali procedimenti, in che misura e cosa accade in caso di pagamento omesso o insufficiente

Contributo unificato: che cos’è

Il contributo unificato è una somma che deve essere versata allErario nel momento in cui si procede all’iscrizione a ruolo di una causa. Sono soggetti al pagamento del contributo unificato per ogni grado di giudizio il processo civile, le procedure concorsuali, i procedimenti di volontaria giurisdizione, il processo amministrativo e il processo tributario.

Riferimenti normativi

La disciplina del contributo unificato è contenuta nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, contenente il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di Giustizia.

Il decreto dedica al contributo unificato il titolo I della parte II, intitolato “Contributo unificato nel processo civile, amministrativo e tributario”. La disciplina del contributo unificato è contenuta nello specifico nell’articolo 9 e seguenti fino all’articolo 18.

Contributo unificato controversie lavoro, previdenza e assistenza

Nei processi relativi alle controversie di previdenza e assistenza obbligatoria, alle cause individuali di lavoro o relative ai rapporti di pubblico impiego, le parti che risultino titolari dall’ultima dichiarazione di un reddito imponibile ai fini Irpef superiore a tre volte l’importo previsto per beneficiare del gratuito patrocinio (pari ad oggi a Euro 12.838,01) sono soggette rispettivamente  al contributo unificato di iscrizione a ruolo nella misura prevista:

  • dall’articolo 13 comma 1 lettera a) ossia di Euro 43,00;
  • e dal comma 3 dell’art. 13, ossia ridotto alla 1/2, fatta eccezione per i processi che si tengono davanti alla Corte di Cassazione, per i quali il contributo deve essere corrisposto nella misura indicata dall’articolo 13 comma 1 ossia nella misura ordinaria.

Esenzioni dal pagamento del contributo unificato

Ai sensi dell’articolo 10 del d.p.r. 115/2002 non è soggetto al  pagamento del contributo unificato il processo che ne sia già esente in base a una specifica previsione di legge, il processo di rettificazione dello stato civile, il processo in materia tavolare, il processo in materia di integrazione scolastica in relazione ai ricorsi amministrativi per il sostegno degli alunni con handicap fisici e sensoriali e il processo per l’equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo.

Il contributo unificato non è dovuto neppure per il processo anche esecutivo, di opposizione, e cautelare, in materia di assegni per il mantenimento della prole e riguardante la stessa. Non sono soggetti al pagamento del contributo unificato neppure determinati processi in materia di diritto di famiglia.

I motivi dell’esenzione devono essere dichiarati dalla parte nelle conclusioni dell’atto che introduce la causa.

Contributo unificato nel processo penale

Il contributo unificato, in base alla previsione dell’articolo 12 del DPR n. 115/2010, non è dovuto neppure quando viene esercitata lazione civile nel processo penale nel caso in cui venga richiesta la condanna generica del responsabile. Se invece è richiesta, anche in via provvisionale, la condanna al pagamento di una somma a titolo di risarcimento e la domanda venga accolta, il contributo unificato deve essere corrisposto in base al valore dell’importo liquidato e nel rispetto degli scaglioni di valore previsti dall’articolo 13.

Importi del contributo unificato

L’indicazione degli importi dovuti a titolo di contributo unificato sono specificati all’interno dell’articolo 13.

Al comma 1 il contributo unificato viene calcolato in base agli scaglioni di valore della causa.

Il comma 1bis prevede invece che il contributo dovuto per i giudizi di impugnazione sia aumentato della metà rispetto ai valori indicati nel comma 1 ed è raddoppiato se il processo si svolge davanti alla Corte di Cassazione.

Per i processi in materia di proprietà industriale e intellettuale il valore del contributo unificato contemplato dal comma 1 è raddoppiato.

Se l’impugnazione, anche incidentale, viene respinta integralmente o viene dichiarata inammissibile  o improcedibile, la parte che l’ha proposta deve versare un importo aggiuntivo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione principale o incidentale. Questa regola non vale quando il ricorso per cassazione viene dichiarato estinto in base a quanto previsto dall’articolo 380 bis, comma 2, ultimo periodo c.p.c.

Le esecuzioni immobiliari sono soggette al contributo di 278,00 euro, mentre per gli altri processi esecutivi l’importo è ridotto alla metà. Se si tratta di processi esecutivi mobiliari di valore inferiore ai 2500,00 euro allora il contributo è dovuto nell’importo di 43,00 euro. Per i processi di opposizione agli atti esecutivi l’importo dovuto è di 168,00 euro.

Tutti i procedimenti sommari disciplinati dal titolo I del libro IV del codice di procedura civile sono soggetti al contributo unificato ridotto alla metà rispetto agli importi del comma 1, compreso il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, alla sentenza dichiarativa di fallimento e le controversie individuali di lavoro o di pubblico impiego salvo quanto disposto dall’art. 9 comma 1.

Per la procedura fallimentare il contributo è di euro 851.

Il comma 6 bis dell’articolo 13 elenca poi gli importi dei contributi unificati per i ricorsi amministrativi proposti da vanti ai Tar e al consiglio di Stato.

Il comma 6 quater invece si occupa degli importi del contributo unificato per i ricorsi proposti in via principale e incidentale davanti all’organismi di giustizia tributaria.

Il comma 6 quinquies infine stabilisce gli importi del contributo unificato previsti per le procedure relative all’ordinanza europea di sequestro conservativo su conti correnti bancari.

Quando sorge l’obbligo di pagamento

L’obbligo di pagamento è a carico della parte che si costituisce per prima in giudizio, che deposita il ricorso introduttivo e che, nei processi di esecuzione forzata, presenta l’istanza per l’assegnazione o la vendita dei beni oggetto di pignoramento.

Il pagamento del contributo unificato deve avvenire contestualmente alla presentazione dell’istanza per la ricerca telematica dei beni da pignorare.

Se la parte che che si è costituita per prima o che ha depositato per prima il ricorso introduttivo procede alla modifica della domanda o propone una domanda riconvenzionale deve dichiararlo espressamente e procedere al pagamento del contributo integrativo dovuto.

Lo stesso obbligo viene posto a carico delle parti che modificano o propongono domanda riconvenzionale o svolgono un intervento autonomo.

Controllo sul valore della causa e sul contributo unificato

Il contributo unificato deve essere corrisposto in base al valore della causa che viene dichiarato dalla parte. Il funzionario che provvede a iscrivere la causa deve effettuare la verifica della dichiarazione di valore e sincerarsi che la ricevuta riportante l’importo corrisposto a titolo di contributo unificato corrisponda a quello dovuto per lo scaglione di valore della causa. Questo controllo però non si svolge solo al momento dell’iscrizione, ma viene effettuato anche quando nel corso di causa viene proposta una domanda, che va modificare il valore della controversia.

Pagamento omesso o insufficiente: conseguenze

L’omesso o insufficiente pagamento del contributo unificato comporta l’obbligo di corresponsione degli interessi legali dal deposito dell’atto per cui è previsto il pagamento o l’integrazione del contribuito dovuto.

In caso di omesso pagamento o di pagamento parziale si applica la sanzione di cui all’art. 71 del DPR n. 131/1986, ma non la detrazione.

stop obbligo vaccinale minori

Stop all’obbligo vaccinale Un emendamento al decreto liste d'attesa elimina l'obbligo vaccinale per i minori d'età fino a 16 anni per determinate malattie

Decreto liste d’attesa: l’emendamento sull’obbligo vaccinale

Durante la fase di conversione del decreto legge del 7 giugno 2024 n. 73, finalizzato a ridurre la durata delle liste di attesa, dall’ordine del giorno del 3 luglio 2024 della decima Commissione permanente che si occupa anche della materia sanitaria, a pag. 58, emerge un emendamento sulla abolizione dell’obbligo vaccinale presentato dal senatore legista Claudio Borghi.

Leggi anche Liste d’attesa: il piano del governo

L’obbligo vaccinale viola l’art. 32 della Costituzione

Con l’emendamento 3.0.7 il senatore modifica l’articolo 1 e sopprime il comma 3 dell’articolo 3 e il comma 5 dell’articolo 3 bis del decreto legge n. 73 del 7 giugno 2017, convertito con modifiche dalla legge n. 119/2017.

La proposta di modifica tiene conto della situazione attuale degli obblighi vaccinali come regolamentata nel nostro paese rispetto al panorama normativo nazionale e internazionale.

L’obbligo vaccinale contemplato dal nostro ordinamento si porrebbe in contrasto con l’articolo 32 della Costituzione per quanto riguarda il tema dei trattamenti sanitari obbligatori.

L’emendamento proposto vuole bilanciare i vari interessi in gioco e meritevoli di tutela che emergono dalla legge sui vaccini come il diritto allo studio, all’inclusione sociale, alla salute e all’uguaglianza.

Come cambia il decreto n. 73/2017 sulla prevenzione vaccinale

In base alla proposta di emendamento il nuovo comma 1 bis dell’articolo 1del decreto legge n. 73/2017, che al primo comma elenca gli obblighi vaccinali obbligatori e gratuiti previsti in base agli obblighi assunti in sede europea e internazionale potrebbe assumere il seguente tenore letterale:

“Agli stessi fini di cui al comma 1, per i minori di età compresa tra zero e sedici anni e per tutti i minori stranieri non accompagnati sono altresì  gratuite e raccomandate (e non più obbligatorie), in base alle specifiche indicazioni del Calendario vaccinale nazionale relativo a ciascuna coorte di nascita, le vaccinazioni di seguito indicate:

  1. anti-morbillo;
  2. anti-rosolia;
  3. anti-parotite;
  4. anti-varicella.”

Il secondo periodo del comma 2 invece potrebbe prevedere che:“Conseguentemente il soggetto immunizzato adempie all’obbligo vaccinale di cui al presente articolo, (soppressa la frase: “di norma e comunque nei limiti delle disponibilità del Servizio sanitario nazionale”), con vaccini in formulazione monocomponente o combinata in cui sia assente l’antigene per la malattia infettiva per la quale sussiste immunizzazione.” 

Al comma 3 al termine “pediatra di libera scelta” verrebbe aggiunto il termine “o dal medico specialista”: “Salvo quanto disposto dal comma 2, le vaccinazioni di cui al comma 1 (e al comma 1-bis) possono essere omesse o differite solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta o dal medico specialista.

Gli obblighi soppressi

Sarebbero infine soppressi:

  • il comma 3 dall’articolo 3 che così recita: “Per i servizi educativi per l’infanzia e le scuole dell’infanzia, ivi incluse quelle private non paritarie, la presentazione della documentazione di cui al comma 1 costituisce requisito di accesso. Per gli altri gradi di istruzione (e per i centri di formazione professionale regionale), la presentazione della documentazione di cui al comma 1 non costituisce requisito di accesso alla scuola o ( al centro ovvero agli esami);
  • Il comma 5 dall’articolo 3 bis che dispone: Per i servizi educativi per l’infanzia e le scuole dell’infanzia, ivi incluse quelle private non paritarie, la mancata presentazione della documentazione di cui al comma 3 nei termini previsti comporta la decadenza dall’iscrizione. Per gli altri gradi di istruzione e per i centri di formazione professionale regionale, la mancata presentazione della documentazione dì cui al comma 3 nei termini previsti non determina la decadenza dall’iscrizione né impedisce la partecipazione agli esami.”

In pratica la mancata presentazione della documentazione comprovante l’adempimento degli obblighi vaccinali:

  • non sarebbe più requisito di accesso alle scuole ai servizi e alle scuole dell’infanzia;
  • non comporterebbe più la decadenza dall’iscrizione per i servizi educativi per l’infanzia e le scuole dell’infanzia, incluse quelle private non paritarie.
decreto coesione legge

Decreto coesione: in vigore dal 7 luglio In vigore dal 7 luglio, la legge di conversione del decreto coesione approvato in via definitiva dalla Camera che prevede una serie di misure per rimettere in moto il Sud Italia

Decreto coesione: cosa prevede

Nella giornata di martedì 2 luglio 2024 la Camera ha approvato definitivamente il testo di conversione del decreto coesione (decreto legge n. 60/2004), che contiene disposizioni urgenti sulle politiche di coesione europea.

Il testo della nuova legge (n. 95/2024), recante “ulteriori disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione” è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 6 luglio per entrare in vigore il giorno successivo.

La legge è composta da 50 articoli e al Titolo I contiene le misure di riforma della politica di coesione in materia di utilizzo delle risorse, di semplificazione amministrativa e contabile, di rafforzamento della capacità amministrativa, di sviluppo e coesione territoriale, di lavoro, di istruzione, università e ricerca, di investimenti, di cultura e di sicurezza.

Il Titolo II invece contiene disposizioni ulteriori relative al piano nazionale di ripresa e resilienza.

Vediamo le misure più importanti e significative della nuova legge.

Gli interventi per il lavoro

Il Parlamento ha autorizzato il MIT (Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti) ad assumere personale con contratto a tempo indeterminato:

  • 100 unità andranno ad arricchire l’aria elevata professionalità;
  • 300 unità saranno destinate all’area funzionari;
  • 150 unità invece all’area assistenti.

Autorizzata anche la procedura concorsuale per assumere 245 segretari comunali e provinciali.

Iscro

Per accedere all’ISCRO non sarà più necessario partecipare ai vari percorsi di aggiornamento professionale. I beneficiari dell’ISCRO inoltre potranno autorizzare l’INPS a trasmettere i propri dati di contatto alle piattaforme che attivano misure di inclusione sociale e di politica attiva come il SIISL (sistema informativo unitario delle politiche del lavoro) al fine sottoscrivere il patto di attivazione digitale necessario per il successivo patto lavoro e per l’assegno di inclusione sociale.

Scadenze e sgravi

Cambiano le scadenze delle convenzioni per l’utilizzo dei lavoratori socialmente utili, che vengono prorogate al 31 dicembre 2024.

Incrementato di 9 mesi il termine per l’operatività delle agenzie che somministrano il lavoro in porto.

Incrementato il fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e aeroportuale.

Previsti sgravi ed esoneri contributivi transitori per  i datori di lavoro che assumeranno stabilmente lavoratori nei settori strategici e che assumeranno donne in difficoltà per favorire le pari opportunità.

Le misure per gli enti

Istituita la zona logistica semplificata anche nelle aree portuali delle regioni (Marche Umbria e Abruzzo) non comprese nella ZES Unica.

Premi per le Regioni e le Province autonome che porteranno a compimento rapidamente gli interventi nei settori strategici della coesione.

Dal 2024 al 2028 sono previsti contributi annuali di 5 milioni di euro per la fusione dei comuni.

Nuovi stanziamenti per il Ministero dell’Università e della ricerca e per il Ministero dell’interno.

Nuove risorse verranno destinate anche alla perequazione infrastrutturale del Mezzogiorno e in particolare in favore delle seguenti Regioni: Abruzzo, Basilicata, Campania, Calabria, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna. Gli interventi riguarderanno strade, autostrade, ferrovie, porti, aeroporti, risorse idriche, strutture sanitarie, assistenziali, scolastiche e deputate alla cura dell’infanzia.

Fonti rinnovabili e bonus

Il provvedimento vuole recuperare importanti siti industriali. A tal fine definisce le procedure per individuare i criteri di selezione degli investimenti da attuare nelle regioni del sud Italia e in particolare in Basilicata, Calabria,  Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia per produrre energia, anche termica da fonti rinnovabili da destinare all’autoconsumo delle imprese, ma anche per incrementare la capacità della rete distributiva, accogliere quote sempre più elevate di energia derivante da fonti rinnovabili e sviluppare i sistemi di stoccaggio sempre più efficienti.

Sicurezza

La nuova legge vuole rafforzare la legalità nelle regioni meno sviluppate. Si autorizza inoltre il Ministero dell’Interno a mettere in atto piani di intervento per completare il servizio di telecomunicazione sull’intero territorio nazionale dando priorità di copertura ai territori che saranno protagonisti dei giochi olimpici invernali del 2026.

Nello stato di previsione del Ministero della difesa inoltre è istituito un fondo per potenziare la cybersicurezza e le tecnologie satellitari.

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infortunio itinere inail

Infortunio in itinere: cos’è e come viene ristorato Cos’è l’infortunio in itinere, quando viene indennizzato dall’INAIL e come si calcola il danno differenziale in presenza anche di una responsabilità civile

Infortunio in itinere: la normativa

L’infortunio in itinere è una tipologia particolare di infortunio sul lavoro, che viene coperto e indennizzato dall’INAIL, l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro in base a quanto previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124/1965, contenente il “Testo Unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali”.

Infortunio in itinere: cos’è e quando è coperto

Ai sensi del comma 3 dell’art. 2 di detto Testo Unico, fatti salvi i casi di interruzione o deviazioni indipendenti dal lavoro o non necessitate, l’assicurazione comprende anche:

  • “gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro;
  • durante il normale percorso che collega due luoghi di lavoro se il lavoratore ha più rapporti di lavoro;
  • e qualora non sia presente un servizio di mensa aziendale durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti.” 

L’interruzione e la deviazione devono intendersi intendono necessitate quando sono determinate da cause di forza maggiore, da esigenze essenziali e improrogabili o dall’adempimento di obblighi penalmente rilevanti. L’assicurazione opera e quindi copre i danni riportati anche nel caso in cui il lavoratore utilizzi un mezzo di trasporto privato, purché necessitato. L’uso del velocipede invece, per i positivi riflessi ambientali collegati al suo utilizzo, deve intendersi sempre necessitato.

Infortunio in itinere: quando non è coperto

Non sono coperti dall’assicurazione gli infortuni cagionati direttamente dall’abuso di alcol o di psicofarmaci o dall’uso di sostanze stupefacenti e allucinogeni per motivi non terapeutici.

L’assicurazione non copre inoltre l’infortunio del lavoratore conducente sprovvisto dell’abilitazione alla guida.

Alla luce delle eccezioni sopra analizzate non è coperto dall’assicurazione INAIL l’infortunio in itinere che si verifica:

  • in presenza di una deviazione o interruzione del percorso che non sono necessitate e che non dipendono dal lavoro;
  • quando il lavoratore, pur in assenza di una necessità, utilizzi il mezzo di trasporto privato;
  • quando la deviazione o l’interruzione del percorso non dipende da una causa di forza maggiore, da esigenze essenziali e improrogabili o dall’obbligo di adempiere un dovere di rilievo penale.

Indennizzo INAIL: danno e modalità di erogazione

Quando il lavoratore è vittima di un infortunio in itinere l’INAIL corrisponde l’indennizzo nelle seguenti modalità:

  • se la menomazione permanente riportata dal lavoratore è inferiore al 6% l’INAIL non corrisponde alcun indennizzo per la presenza di una franchigia;
  • se la menomazione permanente presenta un’entità compresa tra il 6% e il 15% l’indennizzo viene corrisposto in un’unica soluzione in capitale;
  • se la menomazione permanente riportata è compresa tra il 16% e il 100% l’indennizzo viene erogato tramite una rendita periodica.

Assicurazione e responsabilità civile

L’articolo 10 del D.P.R n. 1124/1965 prevede che l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro esoneri il datore di lavoro da un eventuale responsabilità civile. L’assicurazione permane   in presenza di una responsabilità civile di chi abbia riportato una condanna penale per il fatto  che ha causato l’infortunio e anche quando il datore debba rispondere civilmente nel caso in cui il fatto sia imputabile a coloro che egli abbia incaricato della direzione o della sorveglianza e questi soggetti siano condannati penalmente.

Il danno differenziale

Qualora un lavoratore riporti dei danni derivanti da un infortunio in itinere e venga accertata anche una responsabilità civile, il risarcimento civile, ai sensi dell’articolo 10 comma 7 del DPR n. 1124/1965 è dovuto solo per la parte che eccede le indennità liquidate dall’INAIL.

 Per danno differenziale si intende pertanto la misura del danno che si ottiene dalla differenza di quanto ottenuto dal lavoratore a titolo di indennizzo dall’INAIL e quanto dovuto dal responsabile civile. Questo meccanismo è previsto per evitare speculazioni ossia duplicazioni risarcitorie.

Il lavoratore infatti, per ottenere il risarcimento del danno differenziale, dimostrare di avere subito un danno ulteriore rispetto a quello per il quale riceve l’indennizzo INAIL.

L’istituto del danno differenziale si fonda sulla diversità strutturale dell’indennizzo INAIL e del risarcimento civilistico.

L’indennizzo INAIL infatti soddisfa l’esigenza sociale si assicurare al lavoratore infortunato i mezzi adeguati, il risarcimento del danno civilistico invece svolge la funzione di ristorare integralmente il danno subito.

Danno differenziale: voci di danno risarcibili

Le voci di danno che rientrano nel danno differenziale e che possono essere richieste in sede civile sono le seguenti:

  • danno biologico (inferiore al 6%): per la tutela della integrità psico fisica del lavoratore infortunato;
  • danno patrimoniale: comprensivo del danno emergente (spese vive sostenute, ad esempio per le visite mediche, i farmaci, ecc) e del lucro cessante, ossia il mancato guadagno causato dall’infortunio e derivante dall’impossibilità di lavorare;
  • danno morale: qualsiasi patimento o turbamento dell’animo umano conseguente al sinistro;
  • danno esistenziale: è quello che si concretizza nel cambiamento peggiorativo delle abitudini di vita e delle relazioni sociali.

Cassazione: comparazione tra poste omogenee

A chiarire nel dettaglio il criterio di liquidazione del danno differenziale è intervenuta la Cassazione con l’ordinanza n. 3694/2023.

Gli Ermellini ricordano che il danno differenziale è il frutto della  diversità strutturale e funzionale tra l’indennizzo INAIL e il risarcimento del danno civilistico.

Tale diversità non consente di ritenere l’indennità INAIL in grado di soddisfare integralmente il pregiudizio subito dal lavoratore infortunato.

Il giudice di merito pertanto, dopo aver liquidato il danno civilistico, deve compararlo con l’indennizzo INAIL nel rispetto del criterio delle poste omogenee, tenendo presente che l’indennizzo è in grado di ristorare solamente il danno biologico permanente e non i pregiudizi che compongono il danno non patrimoniale.

A tal fine occorre distinguere il danno non patrimoniale da quello patrimoniale comparando questo alla quota INAIL che viene rapportata alla retribuzione del lavoratore e alla capacità lavorativa specifica dello stesso.

In seguito, in relazione al danno non patrimoniale, dall’importo liquidato a titolo di danno civilistico vanno sottratte le voci escluse dalla copertura assicurativa ossia danno morale e danno biologico temporaneo per sottrarre poi dall’importo ricavato il valore capitale della quota della rendita INAIL che copre il solo danno biologico permanente.

In conclusione dall’importo complessivo del danno biologico va sottratto il valore capitale della rendita INAIL, ma solo il valore capitale della quota che ristora il danno biologico con esclusione di quella relativa alla retribuzione e alla capacità lavorativa specifica che indennizza il danno patrimoniale.

reato maternità surrogata

Reato di maternità surrogata Cosa prevede il disegno di legge che introduce il reato di maternità surrogata commesso all’estero da un cittadino italiano approvato dalla Commissione Giustizia del Senato

Maternità surrogata: reato universale

Nella giornata di mercoledì 3 luglio 2024 è arrivato il sì della Commissione Giustizia del Senato al disegno di legge proposto da Fratelli d’Italia, che vuole rendere la maternità surrogata un reato universale.

Modifica della legge 40/2004

Il testo del disegno di legge 824 va a modificare l’articolo 12 della legge n. 40 del 19 febbraio del 2004, che punisce la realizzazione, la commercializzazione, l’organizzazione o pubblicizza il commercio dei gameti e degli embrioni o la surrogazione di maternità.

Al comma 6 dell’articolo 12 di detta legge il ddl aggiunge il seguente periodo: se i fatti di cui al periodo precedente, con riferimento alla surrogazione di maternità, sono commessi allestero, il cittadino italiano è punito secondo la legge italiana”. 

Condotte in paese straniero

Il disegno di legge prevede in pratica l’applicazione della legge italiana anche quando le condotte punite dal comma 6 relative alla maternità surrogata vengono commesse in un paese straniero.

In questo modo si potranno perseguire penalmente anche le condotte, già punite dalla legge n. 40/2004, anche se poste in essere in un paese estero e anche qualora questo paese estero non le consideri un illecito penale.

Pene previste per reato di maternità surrogata

Il testo del disegno di legge è lo stesso che era già stato approvato dalla Camera durante la prima lettura avvenuta nel luglio del 2023.

Durante l’iter la Lega aveva proposto un inasprimento ulteriore delle sanzioni derivanti dal reato portando la reclusione a 10 anni e la multa fino a 2 milioni di euro, ma la proposta è stata respinta.

Al reato di surrogazione d maternità si applicheranno di conseguenza le pene previste dallo stesso comma 6 ossia la reclusione da tre mesi a due anni e la multa da 600.000 euro fino a 1 milione di euro.

Iter del ddl

Il provvedimento ora è pronto per l’approvazione in aula, dove si preannuncia uno scontro, poichè tutte le opposizioni si dicono contrarie al ddl e pronte a dare filo da torcere.

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disdetta contratto locazione

Disdetta contratto di locazione La disdetta consente di non rinnovare il contratto di locazione alla scadenza concordata tra le parti, vediamo come funziona nei principali tipi di contratto

Disdetta del contratto di locazione: cos’è

La disdetta del contratto di locazione è un istituto giuridico che consente di non rinnovare il contratto stipulato alla scadenza contrattuale concordata. La disdetta non deve essere confusa con il recesso, che consente di porre fine al contratto in anticipo in presenza di gravi motivi.

La disdetta, con cui si comunica il desiderio di non rinnovare il contratto, è un diritto che la legge disciplina dettagliatamente quando spetta al locatore, al fine di tutelare il conduttore, che è la parte debole del contratto. Vediamo in quali casi e come si deve procedere per dare la disdetta di un contratto di locazione in modo corretto.

Locazioni di immobili: durata e rinnovo

Per comprendere il perché della disdetta è necessario precisare che nel nostro ordinamento i principali contratti di locazione immobiliari ad uso abitativo sono disciplinati dalla legge n. 431/1998 e che gli stessi hanno durate diverse:

  • contratti di locazione di durata non inferiore a quattro anni rinnovabili per altri quattro anni (4+4);
  • contratti di locazione a canone concordato della durata minima di tre anni rinnovabile di altri due (3+2).

Regole e termini particolari per la disdetta e il recesso sono previsti per i contratti di locazione ad uso transitorio e per gli studenti universitari.

Disdetta nelle locazioni 4+4

Per i contratti di locazione di durata non inferiore a 4 anni rinnovabili per un periodo di altri 4 la legge prevede che il secondo rinnovo possa venire meno se il locatore manifesti l’intenzione di adibire l’immobile ad usi particolari, di effettuare sullo stesso delle opere o di venderlo in modi e a condizioni particolari.

Alla seconda scadenza del contratto sia il locatore che il conduttore possono infatti decidere di rinnovarlo a nuove condizioni oppure di rinunciare, comunicando la propria intenzione all’altra parte con lettera raccomandata da inviare almeno sei mesi prima della scadenza. Chi riceve la lettera deve  rispondere a sua volta con lettera raccomandata nel termine di 60 giorni dal ricevimento.

Disdetta nelle locazioni a canone concordato 3+2

I contratti di locazione a canone concordato invece non possono avere una durata inferiore ai 3 anni. Alla prima scadenza del contratto, se le parti non si accordano sul rinnovo, il contratto è prorogato di diritto per altri 2 anni a meno che il locatore non intenda dare disdetta per adibire l’immobile a determinati usi, effettuare sullo stesso delle opere o venderlo a determinate condizioni e nel rispetto di determinate modalità. Quando scade il periodo di proroga biennale del contratto sia il locatore che il conduttore possono decidere di rinnovarlo a nuove condizioni o rinunciare a rinnovo dell’accordo comunicando la propria intenzione all’altra parte con lettera raccomandata da inviare almeno sei mesi prima della scadenza.

Disdetta del locatore: condizioni e modalità

Nei contratti di locazione 4+4 e 3+2 il locatore alla prima scadenza del contratto può quindi negare il rinnovo previa comunicazione al conduttore almeno sei mesi prima per i seguenti motivi:

  • volontà di destinare l’immobile ad uso abitativo commerciale, artigianale, professionale proprio o del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado;
  • volontà del locatore persona giuridica società o ente pubblico di destinare l’immobile all’esercizio di attività con finalità pubbliche, sociali mutualistiche, cooperative, assistenziali, culturali o di culto purché contestualmente offra al conduttore un altro immobile;
  • il conduttore ha la piena disponibilità di un altro immobile libero nello stesso comune;
  • l’immobile locato fa parte di un edificio gravemente danneggiato, che necessita di essere ricostruito o di cui deve essere assicurata alla stabilità e la presenza del conduttore impedisce i lavori;
  • l’immobile è compreso all’interno di un fabbricato che necessita di essere integralmente ristrutturato, demolito o trasformato o sopraelevato (se collocato all’ultimo piano) e per ragioni tecniche è necessario che l’appartamento venga sgomberato;
  • il conduttore non occupa continuativamente l’immobile senza un giustificato motivo e senza una successione legittima nel contratto;
  • il locatore vuole vendere l’immobile a terzi e non ha la proprietà di altri immobili a parte quello già adibito ad abitazione. In questo caso però la legge prevede in favore del conduttore un diritto di prelazione all’acquisto.

Il recesso del conduttore

In relazione ai due principali tipi di locazione immobiliare ad uso abitativo analizzati ovvero il 4+4 e il 3+2, anche il conduttore può decidere di porre fine al contratto anzi tempo. La legge però, in questo caso, non richiede motivazioni particolari, come per il locatore. Il conduttore infatti, in base a quanto previsto dal comma 6 dall’articolo 3 della legge n. 431/1998, può recedere in qualsiasi momento dall’accordo in presenza di gravi motivi, dando un  preavviso di 6 mesi al locatore.

La norma non precisa quali siano i gravi motivi che giustifichino il recesso del conduttore. Per fortuna la giurisprudenza nel tempo ha colmato questo vuoto. La Cassazione ad esempio ha identificato il grave motivo con l’incendio che colpisce l’immobile e che lo rende inservibile alle esigenze del conduttore. Un altro grave motivo è rappresentato dall’inadempimento del locatore nel procedere alle necessarie riparazioni dell’immobile locato. Altri gravi motivi sono stati identificati con la perdita del lavoro da parte del conduttore, con la presenza di problemi familiari gravi e tali da richiedere il trasferimento del conduttore, con il disinteresse manifestato dal locatore in relazione a gravi problemi strutturali dell’edificio, che non lo rendono sicuro per le esigenze abitative del conduttore.

La lettera di disdetta

Per manifestare adeguatamente la volontà di non rinnovare il contratto di locazione la legge richiede l’invio formale di una lettera raccomandata con ricevuta di ritorno (o pec) da inviare almeno sei mesi rispetto alla scadenza.

Nella lettera di disdetta non possono mancare i seguenti dati essenziali:

  • i motivi per i quali si intende dare la disdetta;
  • i dati identificativi del contratto di locazione;
  • la data di decorrenza della disdetta.
convocazione assemblea condominio

Convocazione assemblea condominiale: modi e tempi Come avviene la convocazione dell’assemblea condominiale: modalità e tempi da rispettare per non incorrere nell’annullabilità della delibera

Convocazione assemblea:  art. 66 disp. att. c.c.

La convocazione dell’assemblea condominiale è disciplinata dettagliatamente dall’art. 66 delle disposizioni per l’attuazione del codice civile.

La norma regolamenta le convocazioni ordinarie e straordinarie, i tempi e le modalità con cui deve essere effettuata la comunicazione e i limiti che la legge pone a questo istituto.

Assemblea condominiale: tipologie e poteri di iniziativa

L’assemblea condominiale può essere convocata con cadenza annuale in via ordinaria per deliberare sulle questioni indicate dall’art. 1135 c.c.:

  • conferma dell’amministratore e del suo compenso;
  • approvazione del preventivo di spesa annuale e ripartizione degli importi tra i condomini;
  • approvazione del rendiconto e impiego dell’eventuale residuo attivo dell’attività di gestione;
  • decisione sulla necessità di realizzare opere di manutenzione straordinaria o innovazioni da apportate all’edificio condominiale.

L’assemblea straordinaria

L’assemblea straordinaria può essere convocata dall’amministratore quando è necessario o quando ne facciano richiesta due condomini che rappresentino un sesto del valore del fabbricato condominiale.

Se trascorrono inutilmente 10 giorni dalla richiesta della convocazione i condomini richiedenti possono provvedere in autonomia alla convocazione.

Qualora manchi l’amministratore sia l’assemblea condominiale ordinaria che quella straordinaria, può essere convocata su iniziativa di ogni condomino.

Avviso di convocazione: contenuto e comunicazione

L’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale deve contenere l’indicazione specifica e dettagliata degli argomenti che verranno discussi nell’ordine del giorno oltre all’indicazione del luogo e dell’ora in cui si terrà la riunione.

Per quanto riguarda i tempi l’avviso di convocazione deve essere comunicato almeno 5 giorni prima rispetto alla data che è stata fissata per l’assemblea in prima convocazione.

Le modalità consentite per la comunicazione dell’avviso di convocazione sono diverse. La convocazione può essere effettuata infatti a mezzo posta raccomandata, con posta elettronica certificata, mezzo fax o tramite consegna a mano.

E’ facoltà dell’amministratore di condominio fissare più riunioni a distanza ravvicinata per fare in modo che l’assemblea si svolga in tempi brevi, comunicandolo con un unico avviso, nel quale dovrà indicare specificamente tutte le date e gli orari dell’assemblee.

Assemblee di seconda convocazione: i termini da rispettare

L’articolo 66 disp. att. c.c prevede un limite per quanto riguarda le assemblee di seconda convocazione, le quali non si possono tenere nello stesso giorno stabilito per l’assemblea di prima convocazione.

Ai sensi dell’articolo 1136 c.c, qualora l’assemblea in prima convocazione non possa deliberare per mancanza del numero legale richiesto dalla legge, quella in seconda convocazione delibera deve tenersi il giorno successivo a quello di prima convocazione e comunque entro e non oltre il decimo giorno successivo all’assemblea di prima convocazione.

Assemblea in modalità video-conferenza

Qualora lo svolgimento dell’assemblea dovesse avvenire in modalità video conferenza l’avviso di convocazione deve indicare la piattaforma elettronica su cui si svolgerà la riunione e l’orario di inizio della stessa. Questa modalità di svolgimento, così come la partecipazione all’assemblea, sono consentite anche quando il regolamento condominiale non le preveda espressamente. In questo caso il verbale, una volta che è stato redatto dal segretario e trascritto dal Presidente, viene trasmesso sia all’amministratore che a tutti i condomini, nelle stesse modalità viste per la convocazione, ovvero mediante raccomandata, a mezzo pec, via fax o consegna a mano.

Delibera annullabile per problemi legati alla convocazione

Le regole dettate dal codice civile sulla convocazione, qualora non rispettate, rendono annullabile la delibera. Il comma 3 dell’articolo 66 disp. att. c.c stabilisce infatti che, in caso di  mancata convocazione, convocazione tardiva rispetto ai termini previsti o incompleta, la delibera è annullabile su richiesta dei dissenzienti o degli assenti che non sono stati convocati nel rispetto delle regole previste.

tribunale famiglia cartabia

Tribunale per le famiglie: rinviato a ottobre 2025 Rinviata di un anno l'entrata in vigore del tribunale per le famiglie. La norma contenuta nel decreto carcere sicuro ne fa slittare l'operatività ad ottobre 2025

Slitta di un anno il tribunale per le famiglie

Il decreto “carcere sicuro” approvato il 3 luglio 2024 dal Consiglio dei ministri, su proposta del guardasigilli Carlo Nordio e del presidente del consiglio Giorgia Meloni, oltre alla serie di misure dedicate al personale penitenziario e ai detenuti, contiene anche una norma che rinvia di un anno l’entrata in vigore del Tribunale delle persone e della famiglia previsto dalla Riforma Cartabia.

La decisione è stata presa dopo aver ascoltato le doglianze della magistratura e dell’avvocatura che hanno rilevato, tra i vari problemi attuativi della riforma, l’assenza di fondi sufficienti.

Proroga per carenza di fondi e personale

Si ritiene che la proroga ad ottobre del 2025 consentirà di porre rimedio agli aspetti più critici della riforma messe in luce anche dai magistrati dei minori.

Alla carenza dei fondi necessari si accompagna infatti la carenza di personale necessaria per fronteggiare i cambiamenti introdotti, sia in relazione ai provvedimenti ordinari che a quelli urgenti.

Incremento magistrati specializzati

L’ex ministro Cartabia aveva infatti previsto la necessità di incrementare di 292 unità i magistrati, di 2130 le unità di personale amministrativo e di 47le  unità addette ai ruoli dirigenziali.

Un altro problema segnalato dagli addetti ai lavori è rappresentato dalla mancata specializzazione dei magistrati in materia e dalla abolizione di decisioni collettive sulla responsabilità genitoriale.

limitatori velocità auto

Limitatori di velocità obbligatori Dal 7 luglio 2024 scatta l’obbligo per le case automobilistiche di installare sulle autovetture di nuova immatricolazione i limitatori di velocità

Limitatori velocità: dal 7 luglio scatta l’obbligo di installazione

Dal 7 luglio 2024 tutte le case autonomistiche avranno l’obbligo di installare sulle automobili di nuova immatricolazione specifiche apparecchiature finalizzate al controllo della velocità come previsto dal Regolamento Europeo 2019/2144.

Adattatori intelligenti

L’Intelligent Speed Assistance (adattamento intelligente della velocità) è un sistema che aiuta il conducente a mantenere la velocità più adeguata all’ambiente stradale, fornendo un segnale apposito.Tali adattatori o limitatori di velocità, così come gli altri strumenti per la sicurezza stradale previsti dallo stesso regolamento, perseguono lo scopo di ridurre gli incidenti stradali mortali dovuti al superamento dei limiti di velocità.

Limitatori di velocità: come funzionano

I limitatori di velocità sono capaci di rilevare il superamento del limite di velocità previsto sullo specifico tratto stradale di percorrenza, incrociando i dati del GPS con quelli registrati dalle telecamere presenti sulla vettura e in grado di leggere la segnalazione stradale, compresa quella, ovviamente, che stabilisce i limiti di velocità.

I limitatore di velocità non sarà in grado di rallentare automaticamente il veicolo. Questo strumento è piuttosto un allarme, che può essere emanato attraverso segnali sonori, vibrazioni o altre forme di stimolazione sensoriale, per consentire al conducente di tenere sempre le mani sul volante, senza inutili distrazioni.

Possibilità di disattivazione e requisiti minimi

I limitatori di velocità potranno comunque essere disattivati anche se, installati di default sul veicolo e attivati dall’accensione dello stesso, in base a quanto sancito dal considerando numero 11 del regolamento, il quale prevede che Dovrebbe essere possibile disattivare ladattamento intelligente della velocità, per esempio, quando il conducente riceve falsi avvisi o risposte inadeguate a causa di condizioni metereologiche inclementi, segnaletica orizzontale temporanea contraddittoria in zone di lavori o segnali stradali fuorvianti, difettosi o mancanti. Tale possibilità di disattivazione dovrebbe essere sotto il controllo del conducente. Dovrebbe consentire che ladattamento intelligente della velocità sia disattivato per il tempo necessario e che sia riattivato con facilità dal conducente. Quando il sistema disattivato, possono essere forniti informazioni su limite di velocità. Il sistema dovrebbe essere sempre attiva al momento dellaccensione del veicolo del conducente dovrebbe sempre sapere se il sistema è attivato o disattivato.” 

A questa caratteristica si sommano i requisiti minimi degli adattatori di velocità richiesti dall’articolo 6 del Regolamento:

  • deve essere possibile informare il conducente tramite il comando dell’acceleratore o altro segnale che limite di velocità è stato superato;
  • il segnale dedicato si basa su informazioni relative a limiti di velocità tramite l’osservazione della segnaletica stradale, dei segnali provenienti dall’infrastruttura stradale o dai dati di cartografia digitale o entrambi, disponibili sul veicolo;
  • i sistemi non devono pregiudicare la possibilità per i conducenti di superare la velocità del veicolo suggerita al sistema;
  • gli obiettivi in termini di prestazione devono essere stabiliti al fine di evitare o minimizzare il tasso di errore, conformemente alle condizioni reali di guida.

Obblighi di omologazione

Il Regolamento impone ai costruttori di omologare i veicoli ma anche i sistemi di sicurezza in modo conforme a quanto previsto dallo stesso e dagli atti delegati di esecuzione.

I costruttori inoltre devono garantire che i veicoli e i sistemi di sicurezza siano conformi a quanto stabilito dall’allegato 2 del regolamento e alle procedure di prova stabilite dagli atti delegati così come alle procedure uniformi e alle specifiche tecniche sancite negli atti di esecuzione del Regolamento.

Allegati