morosità incolpevole

Morosità incolpevole: cos’è e come funziona il fondo Morosità Incolpevole: cos'è e come opera il fondo per sostenere gli inquilini in difficoltà con il canone di locazione

Morosità incolpevole: fondo 2025-2026

Con la legge di bilancio 2025, il Fondo per la Morosità Incolpevole ha ricevuto un rifinanziamento di 10 milioni di euro per il 2025 e 20 milioni per il 2026. Questo provvedimento è volto a fornire supporto agli affittuari in difficoltà economiche, ampliando anche la definizione di morosità incolpevole per ricomprendere situazioni in cui il pagamento dell’affitto risulti particolarmente oneroso. Analizziamo cosa si intende per morosità incolpevole e quali sono le caratteristiche del fondo creato per gestire questa problematica.

Definizione di morosità incolpevole

La morosità incolpevole si presenta quando un affittuario non riesce a pagare l’affitto a causa di eventi imprevisti che compromettono la sua capacità economica. È una condizione riconosciuta legalmente dal 2013, applicabile solo a situazioni sopravvenute successivamente alla stipula del contratto di locazione. Tra le cause riconosciute ci sono la perdita del lavoro, la riduzione delle ore lavorative dovuta ad accordi aziendali, la cassa integrazione, il mancato rinnovo dei contratti temporanei o atipici, la cessazione dell’attività imprenditoriale per forza maggiore, gravi patologie, incidenti o decessi familiari.

Con le nuove norme, la definizione di morosità incolpevole è stata estesa: ora include non solo l’impossibilità di pagare l’affitto ma anche i casi in cui ciò diventi estremamente complicato. Questa modifica rende il provvedimento più inclusivo, ampliando il sostegno a un maggior numero di famiglie bisognose.

Il Fondo per la morosità incolpevole

Il Fondo per la Morosità Incolpevole è stato creato nel 2013 con l’obiettivo di sostenere gli affittuari con difficoltà economiche e prevenire gli sfratti. È gestito dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che distribuisce le risorse tra le regioni secondo criteri specifici.

Il fondo può essere utilizzato per sanare i debiti, garantire un deposito cauzionale o coprire alcune mensilità d’affitto in un nuovo contratto. Per accedere al contributo, l’inquilino deve possedere determinati requisiti:

  • reddito ISEE inferiore a 26.000 euro;
  • residenza nell’immobile oggetto dello sfratto da almeno un anno;
  • notifica di uno sfratto;
  • cittadinanza italiana o regolare permesso di soggiorno;
  • assenza di altra abitazione idonea.

L’importo massimo erogabile è stabilito a 12.000 euro; tuttavia, il nuovo decreto potrebbe prevedere aggiornamenti su tale cifra e sui requisiti necessari.

Le novità della Legge di bilancio 2025

La legge rifinanzia il fondo con risorse limitate rispetto al passato, destinate a coprire solo una piccola parte degli sfratti per morosità. Nel 2023 sono stati emessi oltre 30.000 provvedimenti di sfratto per morosità; tuttavia, il fondo del 2025 potrà intervenire su circa 1.000 casi.

Oltre al rifinanziamento, è stato previsto l’aggiornamento del decreto ministeriale del 2016 riguardante i criteri e le modalità d’uso delle risorse. In particolare, sarà fissato un limite massimo alle annualità per cui l’inquilino potrà ricevere supporto e sarà possibile erogare aiuti direttamente al proprietario dell’immobile. Alcune disposizioni eccezionali adottate durante l’emergenza Covid non saranno riprese.

Supporto limitato

Nonostante il rifinanziamento e le nuove disposizioni legislative, il fondo rimane uno strumento con capacità limitata rispetto all’elevato numero annuale degli sfratti per morosità. Le risorse disponibili risultano insufficienti a fronteggiare efficacemente la crescente domanda di aiuto.

L’ampliamento della definizione della morosità incolpevole e l’aggiornamento delle modalità d’accesso rappresentano passi avanti; tuttavia, sono necessari ulteriori interventi affinché tale misura diventi più incisiva e inclusiva.

 

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shock tributario

Shock tributario: nessun risarcimento Shock tributario: non spetta il risarcimento alla professionista se non prova il nesso tra condotta del consulente e la patologia psichica

Shock tributario: niente risarcimento senza prova

Sul risarcimento del danno da shock tributario” si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 1036/2025. Gli Ermellini hanno affrontato nello specifico il caso di una professionista che ha chiesto i danni patrimoniali e non patrimoniali causati dalla negligenza del proprio consulente contabile, responsabile di inadempimenti che hanno costretto la donna a versare all’Erario più di 9000,00 euro.

Consulente inadempiente: sanzioni per più di 9000 euro

Una professionista subisce un accertamento fiscale in relazione all’anno 2009, conclusosi con il pagamento di oltre 9.000 euro in sanzioni. La donna attribuisce il problema alle omissioni del consulente contabile. A causa dello stress provocato dalla vicenda, la ricorrente ritiene di aver sviluppato una grave patologia psichiatrica, diagnosticata come disturbo delladattamento” con perdita significativa della capacità lavorativa. Nel 2015, la ricorrente chiude infatti la propria attività professionale, lamentando una riduzione del reddito di circa il 40%. Chiede quindi il risarcimento di oltre 500.000 euro per i danni patrimoniali e morali subiti.

Danno da “shock tributario”: manca la prova

Il Tribunale di Parma accoglie parzialmente accolto la domanda, riconoscendo però solo un risarcimento di 743,64 euro per il danno patrimoniale legato alle omissioni fiscali. Non ha invece ritenuto provati il danno alla salute e il lucro cessante.Il giudice esclude il nesso di causalità tra la condotta del consulente e la grave patologia psichica, considerando il danno non prevedibile secondo il criterio dell’art. 1225 c.c. L’autorità giudiziaria inoltre respinge la richiesta di una consulenza tecnica medico-legale. In appello, la Corte di Bologna conferma la decisione, dichiarando inammissibile il ricorso per mancanza di elementi nuovi e condividendo la valutazione del Tribunale.

Shock tributario: danno prevedibile?

La ricorrente a questo punto impugnato la sentenza della Corte d’Appello davanti alla Corte di Cassazione. Tra i motivi del ricorso la ricorrente:

  • lamenta l’errata applicazione dell’ 1225 c.c in quanto il danno psichico era prevedibile, data la gravità delle omissioni del consulente;
  • contesta la non ammissione della CTU medico-legale perché ha impedito una corretta valutazione della patologia e del suo nesso causale con l’inadempimento;
  • considera del tutto errata valutazione delle prove perché la documentazione prodotta dimostra un chiaro legame tra l’accertamento fiscale e il danno subito.

Danno psichico non giustificato

La Cassazione respinge il ricorso, sottolineando che la prevedibilità del danno, secondo l’art. 1225 c.c., deve essere valutata in modo astratto. Il danno deve rientrare cioè nella normale alea del contratto, secondo criteri di ragionevolezza e proporzionalità. Il giudice di merito, secondo la Cassazione, ha motivato adeguatamente la decisione. L’assenza di risvolti penali nella vicenda fiscale e l’entità modesta delle sanzioni non giustificano un danno psichico così grave.

La Corte conferma anche la discrezionalità del giudice nell’ammettere o rigettare le richieste di consulenze tecniche. Nel caso in esame, il Tribunale ha ritenuto che la documentazione medica prodotta fosse insufficiente a dimostrare il nesso causale. Lo stesso inoltre ha valutato che la patologia denunciata fosse sproporzionata rispetto alla condotta del consulente.

 

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Allegati

decreto giustizia

Decreto giustizia: tutte le novità Decreto giustizia n. 178/2024: legge di conversione in vigore. Tutte le novità sul sistema giudiziario e sulla tutela delle vittime

Decreto giustizia: in vigore la legge

Il ddl di conversione del Decreto giustizia n. 178/2024, contenente “Misure urgenti in materia di giustizia”, approvato definitivamente dalla Camera  (C. 2196) il 21 gennaio 2025 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 gennaio per entrare in vigore il 25 gennaio 2025.

Vedi il dossier sul ddl di conversione del Decreto giustizia

La legge (4/2025), composta da 11 articoli, introduce diverse disposizioni per rafforzare il sistema giudiziario. Il testo dedica anche particolare attenzione alla tutela delle vittime di violenza di genere, alla gestione delle misure cautelari e all’organizzazione interna della magistratura.

Vai al testo coordinato del decreto legge 178/2024 con la legge di conversione n. 4/2025 

Vittime di violenza: novità sul braccialetto elettronico

Il decreto giustizia potenzia gli strumenti a disposizione dell’autorità giudiziaria per proteggere le vittime di violenza di genere e atti persecutori. In particolare, vengono perfezionate le norme sulle modalità di utilizzo del braccialetto elettronico. La polizia giudiziaria, prima che il giudice decida la misura cautelare, deve verificare la fattibilità tecnica e operativa dello strumento e non più solo la sua disponibilità materiale.

Questo controllo tiene conto dei seguenti aspetti:

  • caratteristiche dei luoghi coinvolti;
  • distanze e copertura della rete;
  • qualità del collegamento e tempi di invio dei segnali;
  • capacità gestionale dello strumento.

Un rapporto dettagliato su queste verifiche deve essere trasmesso all’autorità giudiziaria, senza ritardo e comunque entro 48 ore. Se il braccialetto non è tecnicamente od operativamente idoneo, il giudice può adottare misure più severe, anche in combinazione con quelle già in atto.

In caso di violazioni gravi o reiterate delle prescrizioni imposte, il giudice ha la facoltà di revocare gli arresti domiciliari e optare per la custodia cautelare in carcere, ad eccezione di quei casi in cui il fatto sia di lieve entità.

Proroga elezioni giudiziarie e misure magistratura

Un’altra importante disposizione della nuova legge 4/2025 riguarda la proroga delle elezioni per i Consigli giudiziari e il Consiglio direttivo della Corte di Cassazione, che il decreto, ora differisce ad aprile 2025. Questa decisione permette di riallineare le date elettorali alle recenti modifiche normative e assicurare una gestione più fluida delle procedure di rinnovo.

Il decreto giustizia modifica inoltre i criteri per il conferimento degli incarichi direttivi giudicanti e requirenti (anche superiori) di legittimità, riservandoli ai magistrati che garantiscono almeno due anni di servizio prima del collocamento a riposo, anziché quattro.

In vista della piena operatività del nuovo Tribunale per le persone, i minorenni e la famiglia, si introduce una deroga temporanea ai limiti di permanenza nell’incarico per i magistrati già assegnati a procedimenti familiari. La deroga vale fino alla decorrenza del termine di tre anni dalla pubblicazione sulla GU del decreto legislativo n. 149/2022, che ha attuato la Riforma Cartabia. La misura intende incentivare l’integrazione dei magistrati esperti nella nuova struttura.

Formazione e impiego dei giudici onorari

La legge di conversione del decreto giustizia inoltre prevede per i magistrati che abbiano già ottenuto il conferimento o che si siano visti confermare incarichi direttivi di primo o secondo grado l’obbligo di frequentare, entro sei mesi dal conferimento dello stesso, corsi di formazione. La modifica, che posticipa l’obbligo formativo rispetto al conferimento, riduce i tempi burocratici, agevolando una più rapida assegnazione delle responsabilità.

Il periodo di assegnazione dei giudici onorari di pace all’ufficio del processo è ridotto da due anni a 6 mesi (termine questo ridotto ulteriormente in Commissione, rispetto al precedente termine annuale). Questa decisione punta a rendere più efficiente l’impiego delle risorse selezionate, velocizzando il loro contributo concreto all’attività giudiziaria.

Emergenza carceraria ed edilizia penitenziaria

Modificata anche la disciplina che riguarda il Commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria, il cui incarico viene esteso fino al 31 dicembre 2026, rispetto al termine del 31.12.2025 previsto. L’obiettivo è di affrontare con maggiore efficienza la crisi del sistema carcerario, migliorando le strutture e ottimizzando l’allocazione delle risorse.

Il Commissario riceverà un compenso, che sarà stabilito “in ragione della complessità dell’incarico” e ogni anno, entro il 30 giugno, dovrà inviare una relazione sullo stato di attuazione del programma al Ministero della Giustizia, a quello delle Infrastrutture e dei Trasporti e a quello dell’Economia e delle Finanze.

Insolvenza, INAIL e lavori di pubblica utilità

Il provvedimento all’articolo 8 chiarisce alcune disposizioni transitorie relative al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, stabilendo la vigenza di alcune disposizioni in relazione a determinati procedimenti e la validità, senza necessità di rinnovo, di alcuni atti procedimentali.

Si introducono anche misure specifiche per estendere la copertura INAIL ai soggetti impegnati in lavori di pubblica utilità, pena sostituiva per reati che vengono puniti con la pena detentiva non superiore a tre anni. Questa previsione amplia le tutele per i lavoratori, garantendo un maggiore riconoscimento della loro attività.

 

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bonus sociale bollette

Bonus sociale bollette 2025 Bonus sociale bollette 2025: confermato il bonus per le famiglie in difficoltà ma con nuovi importi e nuovi requisiti ISEE

Bonus sociale bollette 2025: nuovi importi e requisiti

Il bonus sociale bollette è stato confermato anche per il 2025. Questo aiuto economico sostiene le famiglie in difficoltà, riducendo i costi di elettricità, gas e acqua.

Chi può accedere al bonus

L’accesso al bonus richiede il rispetto di requisiti economici misurati tramite l’ISEE. I limiti aggiornati per il 2025 sono i seguenti:

  • ISEE fino a 9.530 euro per nuclei con meno di quattro figli;
  • ISEE fino a 20.000 euro per famiglie con quattro o più figli;
  • ISEE tra 9.530 e 15.000 euro: diritto a un bonus dell’80% dell’importo totale.

Anche i residenti in condomini possono beneficiare del bonus, se rispettano i requisiti ISEE.

Bonus automatico in bolletta

I bonus, validi per 12 mesi, vengono applicati automaticamente in bolletta. Le agevolazioni variano in base alla composizione familiare e ai consumi.

Bonus sociale 2025 bollette: energia elettrica

Gli importi del bonus per l’energia elettrica sono differenziati in base alla composizione del nucleo familiare beneficiario:

  • 113,46 euro all’anno per nuclei con 1-2 componenti.
  • 146,40 euro per famiglie con 3 componenti.
  • 161,04 euro per nuclei con 4 o più componenti.

Bonus sociale 2025 gas

Il bonus gas tiene conto anche della stagione e della zona climatica. Nei mesi invernali, l’importo è superiore:

  • Per nuclei fino a 4 componenti: il bonus può arrivare a 64,64 euro nelle zone più fredde (zona F) per riscaldamento e acqua sanitaria/ cottura dei cibi.
  • Per nuclei con oltre 4 componenti invece il bonus può raggiungere l’importo di 61,64 euro nelle aree con inverni rigidi per coprire i consumi di riscaldamento, acqua sanitaria e cottura dei cibi.

Bonus sociale 2025 per l’acqua

Il bonus idrico copre 18,25 metri cubi di acqua annui per ogni componente familiare. Questo corrisponde a 50 litri al giorno per persona. Include le spese per acquedotto, fognatura e depurazione.

Come richiedere il bonus sociale 2025

Per ottenere il bonus, è necessario presentare la Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) per certificare l’ISEE necessario alla domanda. Questi aiuti garantiscono un supporto concreto alle famiglie in difficoltà, alleggerendo le spese essenziali.

 

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Codice contratti pubblici: non si applica agli ordini degli avvocati Codice dei contratti pubblici: il COA di Milano delibera l'inapplicabilità agli ordini degli avvocati e invita il legislatore a chiarire

Codice contratti pubblici e Ordini Forensi

Il tema dell’applicazione del Codice dei contratti pubblici agli Ordini professionali è oggetto di un dibattito acceso e ancora irrisolto. L’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) e il TAR del Lazio, con la sentenza n. 7455 del 16 aprile 2024, hanno espresso la posizione secondo cui tale Codice dovrebbe essere applicabile anche agli Ordini professionali. Tuttavia, l’Ordine degli Avvocati di Milano, in linea con il Consiglio Nazionale Forense (CNF), ha assunto una posizione opposta.

Con una delibera adottata il 16 gennaio 2025, l’Ordine milanese ha affermato che gli Ordini non rientrano nell’ambito di applicazione del Codice dei contratti pubblici.

Codice dei contratti pubblici: ragioni dell’inapplicabilità

Le ragioni di questa posizione sono molteplici e radicate nella natura degli Ordini professionali. Questi, ai sensi dell’articolo 24 dell’Ordinamento Forense sono enti pubblici non economici di carattere associativo dotati di autonomia patrimoniale e finanziaria e non dipendono quindi dalla finanza pubblica. La loro struttura e funzione li distinguono dagli enti pubblici economici e dalle amministrazioni pubbliche in senso stretto. Il Codice dei contratti pubblici, pensato per garantire trasparenza e concorrenza negli appalti pubblici, non risulta coerente con il ruolo e le attività svolte dagli Ordini professionali, come gli Ordini degli Avvocati.

 

Un altro punto critico è rappresentato dagli oneri burocratici che deriverebbero dall’applicazione del Codice. Gli Ordini sarebbero costretti a gestire processi complessi e onerosi, senza che ciò comporti un reale beneficio. L’obbligo di rispettare procedure rigide rischierebbe di compromettere l’efficienza operativa degli Ordini, che già agiscono in un ambito fortemente regolamentato.

Inoltre, recenti interventi normativi hanno già escluso espressamente l’applicazione di molte disposizioni del diritto amministrativo agli Ordini professionali, riconoscendo la loro natura associativa e la specificità delle loro funzioni. Questo rafforza la convinzione che l’applicazione del Codice dei contratti pubblici agli Ordini sia non solo ingiustificata, ma anche incoerente con il quadro normativo vigente.

Consiglio dell’Ordine di Milano: richieste

Alla luce di ciò, la delibera dell’Ordine degli Avvocati di Milano chiede il riconoscimento ufficiale dell’inapplicabilità del Codice dei contratti pubblici agli Ordini professionali. Propone inoltre una modifica legislativa che chiarisca definitivamente la questione. Secondo l’Ordine, è necessario evitare che interpretazioni divergenti possano creare incertezze o difficoltà operative.

La delibera invita anche tutti gli Ordini professionali a collaborare per adottare una posizione condivisa. Si sollecita un intervento normativo che confermi in modo inequivocabile l’esclusione degli Ordini dall’ambito di applicazione del Codice. Solo attraverso un’azione comune e mirata è possibile ottenere un chiarimento normativo che tuteli l’autonomia degli Ordini e ne garantisca l’efficacia operativa.

 

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codici ateco

Codici Ateco: classificazione 2025 Codici Ateco: aggiornata la classificazione delle attività economiche creata per motivi amministrativi ed economici

Codici Ateco aggiornati

I codici Ateco sono strumenti statistici fondamentali per classificare le attività economiche in Italia. Creati dall’ISTAT, servono a raccogliere dati economici e amministrativi. Ogni codice Ateco è una combinazione alfanumerica che identifica con precisione l’attività svolta da un’impresa. Le lettere rappresentano i macro settori, mentre i numeri indicano categorie e sotto-categorie specifiche.

Cosa cambia dal 2025

Dal 1° gennaio 2025 è in vigore la nuova classificazione Ateco 2025, che va a sostituire Ateco 2007 – Aggiornamento 2022.  Questa revisione è nata da un lavoro coordinato tra ISTAT, enti pubblici e associazioni imprenditoriali. L’obiettivo è ottimizzare la raccolta e gestione dei dati statistici e amministrativi.

La classificazione verrà implementata operativamente dal 1° aprile 2025. Da questa data, le Camere di Commercio aggiorneranno automaticamente i codici Ateco delle imprese iscritte, notificando l’avvenuta modifica.

Perché sono stati aggiornati i Codici Ateco

Il processo di revisione è iniziato nel 2023, con la raccolta di oltre 700 proposte di modifica dagli utenti. Diversi esperti e un comitato tecnico hanno analizzato i suggerimenti per adattare la classificazione alle nuove esigenze economiche.

La revisione ha coinvolto l’Istat, il Ministero delle Imprese, Unioncamere, l’Agenzia delle Entrate e altri enti. Il risultato è una classificazione più chiara e aggiornata.

Come le imprese devono aggiornare i codici Ateco

Le imprese che ne avessero bisogno potranno correggere o integrare i codici Ateco seguendo  procedure diversificate in base al tipo di errore riscontrato e relativo al codice, che può interessare la visura o i dati in possesso dell’Agenzia delle Entrate.

La nuova classificazione Ateco 2025 rappresenta un’evoluzione importante per migliorare la gestione delle attività economiche in Italia, rendendola più precisa e funzionale. Le imprese e i professionisti però devono adeguarsi tempestivamente per garantire la regolarità delle loro posizioni amministrative e fiscali.

 

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mediazione civile

Mediazione civile: correttivo in vigore dal 25 gennaio Mediazione civile: il correttivo al DLgs 149/2022 approdato in Gazzetta e in vigore dal 25 gennaio 2025 interviene anche sulla mediazione telematica

Mediazione civile: le novità del correttivo

Il correttivo al D.Lgs. 149/2022, adottato dal Consiglio dei Ministri, in materia di mediazione civile e commerciale e negoziazione assistita è approdato in Gazzetta Ufficiale (n. 7/2025) ed è in vigore dal 25 gennaio 2025.

Le principali innovazioni del D.Lgs. n. 216/2024 puntano alla digitalizzazione degli atti, alla possibilità di incontri da remoto e alla durata della mediazione estesa da tre a sei mesi, con eventuali proroghe di tre mesi, come termine massimo.

Mediazione obbligatoria e procedibilità

Il decreto, composto da cinque articoli, chiarisce l’obbligatorietà della mediazione per alcune materie specifiche. Queste includono le controversie su condominio, diritti reali, divisioni e successioni ereditarie, confermando in sostanza che la mediazione rappresenta la condizione necessaria per procedere con la domanda  “introduttiva del giudizio.”

Il giudice potrà disporre la mediazione fino alla remissione della causa in decisione, superando il precedente limite che fissava il termine alla precisazione delle conclusioni.

Regole per le cause improcedibili

Quando una causa risulta improcedibile per mancata mediazione obbligatoria o viene disposta dal giudice, la procedura avrà una durata di sei mesi. È possibile una proroga unica di tre mesi, previo accordo scritto tra le parti, da includere o allegare al verbale. La durata della mediazione non si interrompe durante il periodo feriale.

Delega per partecipare alla mediazione civile

Per porre fine alle numerose controversie giurisprudenziali, il correttivo, all’articolo 8, dopo il comma 4 introduce il seguente comma 4 bis: “La delega per la partecipazione all’incontro ai sensi del comma quattro è conferita con atto sottoscritto con firma non autenticata e contiene gli estremi del documento identità del delegante.”  

Innovazioni nella mediazione civile telematica

Lo schema modifica anche l’articolo 8 bis, regolando la mediazione telematica. Il mediatore forma gli atti digitali e li sottoscrive seguendo le norme del Codice dell’amministrazione digitale. Una volta conclusa la procedura, redige un documento informatico contenente il verbale e l’eventuale accordo. Dopo aver verificato firme, validità e integrità, il mediatore deposita il documento presso l’organismo di mediazione. La segreteria lo invia poi alle parti e agli avvocati coinvolti.

Partecipazione agli incontri da remoto

Il nuovo articolo 8-ter introduce la possibilità di partecipare agli incontri di mediazione tramite collegamento audiovisivo da remoto. Tale sistema deve garantire la reciproca udibilità e visibilità delle parti. Se non tutte le parti sono assistite da avvocati, l’accordo allegato al verbale necessita dell’omologazione del presidente del tribunale competente.

Spese di trasferta per gli avvocati

Una novità importante riguarda gli avvocati iscritti in un distretto di corte d’appello diverso da quello dell’organismo di mediazione. Il nuovo comma 3 bis dell’articolo 15 quinques chiarisce che a questi avvocati non spettano le spese e le indennità di trasferta previste dai parametri forensi.

Modifiche alla negoziazione assistita

L’articolo 2, comma 5, del Decreto Legge 132/2014 introduce una regola fondamentale: l’accordo di negoziazione deve concludersi con l’assistenza di almeno un avvocato per parte. Anche la negoziazione assistita può avvenire in modalità telematica, previa richiesta di una delle parti. Gli atti del procedimento e l’accordo devono rispettare le regole del Codice dell’amministrazione digitale.

Dichiarazioni di terzi escluse nella modalità telematica

Non è consentito acquisire dichiarazioni di terzi attraverso collegamenti audiovisivi o in modalità telematica. Questo garantisce un maggiore controllo sulla genuinità delle dichiarazioni rese.

Verso la semplificazione e la modernizzazione

Le nuove regole puntano a modernizzare e semplificare il sistema della mediazione civile e della negoziazione assistita. Digitalizzazione, flessibilità nelle modalità di svolgimento e una durata meglio definita delle procedure rappresentano passi importanti per rendere più efficiente l’accesso alla giustizia alternativa. L’obiettivo è bilanciare la velocità delle procedure con le garanzie necessarie per tutte le parti coinvolte.

 

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Allegati

processo esecutivo

Processo esecutivo: i cambiamenti alla luce del correttivo Cartabia Le principali modifiche al processo esecutivo apportate dal decreto legislativo n. 164/2024 (cd. Correttivo Cartabia)

Le novità del correttivo Cartabia sul processo esecutivo

Processo esecutivo: sulla Gazzetta Ufficiale n. 264 datata 11.11.2024 è stato pubblicato il decreto legislativo n. 164/2024 che contiene il correttivo al decreto legislativo n. 149/2022 che ha attuato la legge n. 206/2021 per la revisione del processo civile, compreso quello di esecuzione. Le novità sono in vigore dal 26 novembre 2024 e quelle più significative del processo esecutivo sono finalizzate a una maggiore digitalizzazione del processo, con lo scopo di renderlo più rapido ed efficiente.

Titolo esecutivo: duplicato informatico vale come l’originale

In base al nuovo primo comma dell’articolo 475 c.p.c il titolo esecutivo può essere rilasciato sia in copia attestata conforme all’originale che come duplicato informatico.

Il Codice dell’Amministrazione Digitale stabilisce infatti che il duplicato informatico è il documento informatico che si ottiene con la memorizzazione della stessa sequenza di valori binari del documento originario e che, se prodotto nel rispetto delle linee guida stabilite dall’Agenzia per l’Italia digitale ha lo stesso valore giuridico del documento informatico da cui è ricavato. Questo documento quindi è identico all’originale, per cui una volta che il creditore ne è in possesso non è necessaria la richiesta di copia conforme.

La modifica dell’art. 475 ha comportato intervento anche sull’art. 479 c.p.c, il quale prevede ora che ai fini della notifica del titolo esecutivo è sufficiente la consegna del duplicato informatico o, in alternativa, la copia attestata conforme all’originale.

La modifica dell’art. 475 c.p.c ha richiesto anche l’innovazione del comma 2 dell’art. 488 c.p.c. La disposizione ora prevede che il creditore  debba presentare al giudice, su richiesta di questo, l’originale del titolo esecutivo, il duplicato informatico o la copia attestata conforme all’originale.

Precetto: dichiarazione di residenza o pec

Il nuovo art. 480 c.p.c prevede ora che nell’atto di precetto, contenente l’indicazione del giudice competente, se sottoscritto dalla parte personalmente, si possa indicare, la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio o un indirizzo di posta elettronica certificata o lelezione di un domicilio digitale speciale. In assenza di queste indicazioni le notificazioni all’istante verranno effettuate presso la cancelleria, a meno che il destinatario non sia obbligato per legge a possedere una pec o un domicilio digitale.

Stop al deposito in cancelleria di domande e istanze

Le domande e le istanze rivolte al giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 486 c.p.c non devono  essere più depositate in cancelleria, ma presentate al giudice dell’esecuzione in forma orale in udienza, con ricorso se proposte fuori udienza, sempre che la legge non disponga diversamente.

Comunicazioni e notificazioni al procuratore costituito

Il nuovo art. 489 c.p.c prevede che le notificazioni e le comunicazioni di cancelleria ai creditori pignoranti e a quelli intervenuti si facciano presso il procuratore dopo la costituzione in giudizio, in base a quanto previsto  articolo 170 c.p.c. Poiché il creditore è rappresentato da un avvocato è infatti superfluo che dichiari la residenza o elegga il domicilio nell’atto di precetto.

Cambia il contenuto dell’atto di pignoramento

Il base al nuovo articolo 492 c.p.c l’atto di pignoramento deve contenere l’invito al debitore, in aggiunta alla dichiarazione di residenza o all’elezione di domicilio, di indicare anche un indirizzo di posta elettronica certificata o un domicilio digitale speciale ai quali ricevere notificazioni e comunicazioni.

In mancanza di queste indicazioni le notificazioni e le comunicazioni successive verranno effettuate presso la cancelleria, fatto salvo quanto previsto dall’art. 149 bis c.p.c.

Il correttivo ha poi sanato un difetto di coordinamento con l’art. 495 c.p.c, attraverso la  modifica del comma 3 dell’art. 492 c.p.c Ora entrambe le norme, ai fini della conversione del pignoramento, prevedono che la somma da depositare sia pari a 1/6 del credito.

Gli articoli  492-bis, 499, 518, 521-bis, 524, 543, 557 e 582 vengono modificati solo per ragioni di coordinamento con le altre norme.

Cambia l’art 587 c.p.c. per contrastare il riciclaggio

Il nuovo comma 1 dell’articolo 587 c.p.c  prevede la decadenza dell’aggiudicatario, l’incameramento della cauzione e un nuovo incanto anche quando, nel termine stabilito, questo soggetto non rende le informazioni necessarie e aggiornate per  dare modo ai soggetti obbligati di adempiere agli obblighi di adeguata verifica antiriciclaggio o non provvede al deposito del prezzo.

Opposizioni esecutive più rapide

Le modifiche apportate infine agli articoli 616 e 618 c.p.c vogliono garantire la rapida trattazione delle opposizioni esecutive. Il legislatore ha infatti previsto che, quando il giudizio di merito sull’opposizione viene introdotto nelle forme del rito ordinario di cognizione, siano dimezzati i termini previsti dagli articoli 165, 166, 171-bis e 171-ter, per la costituzione dell’attore,  del convenuto, per le verifiche preliminari da parte e per il deposito delle memorie integrative.

 

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pensioni 2025

Pensioni 2025: tutte le opzioni   Pensioni 2025: tutte le formule di accesso alla pensione nel 2025, regole e requisiti particolari per i dipendenti pubblici

Pensioni 2025: le novità

Il 2025 introduce nuove regole per accedere alla pensione: le opzioni per le pensioni 2025 includono requisiti ordinari, flessibilità in uscita e agevolazioni specifiche.

Pensione 2025 di vecchiaia

La pensione di vecchiaia richiede 67 anni di età e 20 anni di contributi.

Pensione 2025 anticipata

Per la pensione anticipata Fornero:

Uomini: 42 anni e 10 mesi di contributi.

Donne: 41 anni e 10 mesi di contributi.

Dipendenti Pubblica Amministrazione: pensione 2025

Come per il privato, dal 1 gennaio 2025 il limite è stato portato a 67 anni. Possibilità di trattenimento in servizio fino a 70 anni nel limite del 10% delle nuove assunzioni.

Personale scolastico: il limite dei 65 resta valido per il 2025, per cessazioni e prosecuzioni decorrenti dal 1° settembre 2025 si attendono le circolari del Ministero competente.

Dipendenti ex INPDAP: la legge di bilancio 2024 ha modificato le regole per la pensione anticipata.

Regole particolari sono previste per il personale sanitario.

Per i dipendenti pubblici la finestra mobile è di 6 mesi per la pensione anticipata, di 9 mesi invece per la Quota 103.

Uscite flessibili 2025

Queste le regole per le uscite flessibili 2025.

Quota 103

  • 62 anni di età, 41 anni di contributi.
  • Tetto assegno: 5 volte il minimo INPS.
  • Valida solo per il 2025, con una finestra di 7 mesi (privati) e 9 mesi (pubblici).

Opzione Donna

  • Età minima: 61 anni (ridotta per madri con uno o due o più figli a 60 e 59 ).
  • Contributi: 35 anni.
  • Riservata a lavoratrici con invalidità o dipendenti ddi datori in crisi.
  • Calcolo interamente contributivo.

APE Sociale

  • Età minima: 63 anni.
  • Contributi: 30-36 anni, secondo la categoria.
  • Riservata a disoccupati, caregiver, invalidi superiori al 74% e lavoratori di attività gravose.

RITA

  • Anticipo tramite fondi pensione.
  • Età: 57 anni (disoccupati da un minimo di 24 mesi) o 62 anni.
  • Contributi minimi: 20 anni.

Lavoratori precoci (Quota 41)

  • 41 anni di contributi per chi ha versato 12 mesi di contributi effettivi prima del 19° anno di età. L’accesso è riservato ai disoccupati involontari, a chi cura familiari disabili. A chi ha un’invalidità superiore al 74% e a chi svolge attività gravose o usuranti.
  • Nel 2025 la finestra mobile per il settore privato è di 3 mesi decorrenti dalla maturazione dei requisiti, mentre per il settore pubblico la finestra mobile è di 6 mesi.

Pensione disabili

Chi ha un’invalidità pari o superiore all’ accede alla pensione se ha 61 anni (uomini) e 56 anni (donne) con contributi minimi di 20 anni. I titolari di questo trattamento possono cullare la pensione con i redditi da lavoro autonomo occasionale fino a 5000,00 euro.

Isopensione

Prepensionamento fino a 7 anni prima, a carico del datore di lavoro.

Contratto di espansione

Pensione anticipata con 62 anni e 20 anni di contributi.

64 anni con la pensione complementare

Dal 2025 può andare in pensione anticipata chi compie almeno 64 anni entro il 31.12.2025, ha versato 20 anni di contributi nel regime obbligatorio. In caso di mancato raggiungimento della soglia per la pensione pubblica si può sommare la rendita periodica vitalizia o temporanea del fondo pensione complementare.

 

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capacità di stare in giudizio

Capacità di stare in giudizio: salute mentale e psicofisica equiparabili Capacità di stare in giudizio: l’autodeterminazione può essere pregiudicata da problemi psicofisici, la compromissione va provata

Capacità di stare in giudizio: il pregiudizio fisico rileva?

Sulla capacità  di stare in giudizio rileva anche il pregiudizio fisico se compromette la percezione e la coscienza. Queste alterazioni  però devono essere debitamente provate. Questo in breve il principio espresso dalla Cassazione n. 47299/2024.

Compromissione della capacità di stare in giudizio

La Corte d’appello ha confermato la condanna emessa dal Tribunale e ha ritenuto l’imputato responsabile di molteplici reati fiscali ai sensi del d.lgs. n. 74/2000. Tra questi figurano l’occultamento di scritture contabili e la dichiarazione fraudolenta mediante fatture per operazioni inesistenti. La pena inflitta è stata di cinque anni e quattro mesi di reclusione.

Un aspetto rilevante del procedimento è la questione della capacità di stare in giudizio, sollevata dalla difesa dell’imputato. Questo tema, connesso all’autodeterminazione dell’imputato durante il processo, ha suscitato particolare interesse alla luce di una recente pronuncia della Corte costituzionale.

La difesa dell’imputato ha infatti presentato ricorso per cassazione sollevando dubbi sulla capacità del suo assistito di agire consapevolmente nel processo.

La difesa ha contestato il mancato esperimento di una perizia volta a verificare se l’imputato, successivamente al 19 gennaio 2011, fosse in grado di comprendere e valutare le proprie azioni. Tale data coincide con un grave evento traumatico subito dall’imputato. Lo stesso ha anche sostenuto che le condizioni psicofisiche dell’imputato abbiano compromesso la sua capacità di autodeterminarsi e partecipare consapevolmente al procedimento. La Corte d’appello però aveva ritenuto irrilevanti i certificati medici prodotti dalla difesa.

Condizioni psicofisiche pregiudicano le facoltà cognitive

Per la difesa è necessario considerare che la Corte costituzionale, con sentenza n. 65/2023, ha ampliato il concetto di incapacità di stare in giudizio. La stessa ha infatti dichiarato illegittimi gli articoli del codice di procedura penale che limitano tale incapacità al solo stato mentale, escludendo altre condizioni psicofisiche. La Corte ha sottolineato che anche situazioni di disabilità fisica possono compromettere facoltà essenziali quali coscienza, pensiero, percezione ed espressione, analogamente alle disabilità mentali.

I certificati medici prodotti dalla difesa però non hanno dimostrato una compromissione significativa delle facoltà cognitive o decisionali dell’imputato. Questo per due motivi. I certificati attestavano una “lesione ischemica acuta ed epilessia secondaria”, ma non indicavano problemi specifici relativi alla coscienza o alla percezione. L’imputato inoltre, seppur colpito da problemi di salute, aveva continuato a operare, anche con l’aiuto della moglie.

Capacità di stare in giudizio: l’alterazione va dimostrata

La Corte di Cassazione ha dichiarato quindi manifestamente infondati i motivi relativi alla capacità di intendere e di volere e alla capacità di stare in giudizio. Secondo la giurisprudenza consolidata, la richiesta di perizia è ammissibile solo se supportata da concreti elementi di dubbio sull’imputabilità. Nel caso specifico, tali elementi non sono emersi. La documentazione prodotta attestava patologie fisiche, ma non dimostrava che queste avessero compromesso la capacità dell’imputato di partecipare consapevolmente al processo. Inoltre, i problemi di salute citati si erano manifestati ben oltre la data della sentenza di secondo grado e non erano riconducibili al periodo rilevante per il giudizio.

La capacità di stare in giudizio rappresenta un principio fondamentale nel diritto processuale penale. La partecipazione consapevole dell’imputato garantisce il rispetto del diritto di difesa e la legittimità del processo. La sentenza della Corte costituzionale ha introdotto una visione più inclusiva, riconoscendo l’incidenza delle condizioni psicofisiche. Tuttavia, resta fondamentale che tali condizioni siano adeguatamente documentate e rilevanti per il periodo processuale in esame. Sebbene la difesa abbia tentato di dimostrare l’incapacità dell’imputato, le evidenze fornite nel caso di specie non sono state ritenute sufficienti. Dalla sentenza emerge quindi l’importanza di un quadro probatorio solido e puntuale per sollevare dubbi concreti sull’idoneità dell’imputato a partecipare al processo.

 

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