fondo patrimoniale

Fondo patrimoniale: la guida completa Fondo patrimoniale: cos’è, come e chi lo costituisce, proprietà, amministrazione, vincoli, opponibili ai creditori e scioglimento

Fondo patrimoniale: cos’è

Il fondo patrimoniale è un istituto giuridico che permette ai coniugi o a un terzo di destinare specifici beni per soddisfare i bisogni della famiglia.

Normativa di riferimento

La normativa di riferimento del fondo patrimoniale è contenuta nel Codice civile, che ne disciplina le vicende fondamentali.

  • Art. 167 – Costituzione del fondo patrimoniale
  • Art. 168 – Impiego e amministrazione del fondo
  • Art. 169 – Alienazione dei beni del fondo
  • Art. 170 – Esecuzione sui beni e sui frutti
  • Art. 171 – Cessazione del fondo

Costituzione del fondo patrimoniale

Il fondo patrimoniale può essere costituito:

  • da uno o entrambi i coniugi tramite un atto pubblico, ovvero un documento redatto da un notaio;
  • da un terzo sia con un atto tra vivi (cioè una donazione, che richiede l’accettazione dei coniugi) che per testamento. In questo caso, il fondo diventa effettivo solo con l’accettazione dei coniugi, che può avvenire in un momento successivo.

La costituzione del fondo può avvenire sia prima che durante il matrimonio e ha lo scopo principale di proteggere i beni destinati ai bisogni della famiglia da eventuali creditori personali dei coniugi.

Cosa può comprendere

I beni che possono essere inclusi nel fondo patrimoniale sono:

  • i beni immobili come case, terreni o appartamenti;
  • i beni mobili registrati, ossia veicoli, come automobili, moto o imbarcazioni, che sono iscritti in registri pubblici;
  • i titoli di credito come azioni od obbligazioni, che devono essere resi nominativi e vincolati specificamente al fondo, per garantire che non possano essere usati per scopi diversi da quelli familiari.

Proprietà e amministrazione

Salvo diversa indicazione nell’atto di costituzione, la proprietà dei beni del fondo patrimoniale è di entrambi i coniugi. Questo significa che marito e moglie ne sono comproprietari, a meno che l’atto costitutivo non preveda diversamente (per esempio, specificando che la proprietà resta al solo coniuge che ha conferito il bene).

Per quanto riguarda l’amministrazione, si applicano le stesse regole previste per la comunione legale dei beni. Questo vuol dire che la gestione ordinaria spetta a entrambi i coniugi congiuntamente, e per gli atti di straordinaria amministrazione o per la vendita dei beni è richiesto il consenso di entrambi.

Destinazione dei frutti del fondo patrimoniale

Tutto ciò che i beni del fondo producono, come ad esempio, gli affitti di un appartamento o gli interessi di un titolo, deve essere usato esclusivamente per soddisfare i bisogni della famiglia. Questo rafforza lo scopo del fondo, che è proprio quello di sostenere la vita familiare.

Vincoli del fondo patrimoniale

I beni che fanno parte del fondo patrimoniale sono vincolati. Questo significa che non possono essere venduti, ipotecati o dati in garanzia senza il consenso di entrambi i coniugi.

Se nella famiglia sono presenti figli minori, la situazione si complica: oltre al consenso dei genitori, è necessaria l’autorizzazione del giudice. Il tribunale concede il permesso solo in casi di “necessità o utilità evidente” per la famiglia. Questo significa che il bene può essere venduto, ipotecato o vincolato solo se l’operazione è chiaramente utile per i figli, per esempio per sostenere le loro spese mediche o l’istruzione.

Fondo patrimoniale e creditori

I creditori non possono pignorare i beni o i frutti del fondo patrimoniale se sanno che i debiti sono stati contratti per scopi che non hanno nulla a che vedere con i bisogni della famiglia.

Questo significa che il fondo protegge i beni da tutti i debiti che uno dei coniugi ha contratto per motivi personali (ad esempio, per un’attività lavorativa o per un hobby), a meno che il creditore non riesca a dimostrare di non essere a conoscenza della natura extra-familiare del debito.

Con l’ordinanza n. 12247/2025 la Cassazione ha chiarito che i creditori non possono contestare la creazione di un fondo patrimoniale accusando i coniugi di simulazione, poiché questo atto è considerato lecito e protetto dalla legge. Lo scopo del fondo patrimoniale è quello di destinare alcuni beni ai bisogni della famiglia, sottraendoli così alla disponibilità generale dei creditori. Per tutelare i loro diritti questi soggetti hanno la possibilità di utilizzare l’azione revocatoria ordinaria per impugnare la costituzione del fondo, ma non devono essere trascorsi 5 anni dalla sua creazione.

Opponibilità del fondo patrimoniale

Come precisato da diverse Cassazioni, menzionate dalla recente n. 17638/2025: “il fondo patrimoniale non annotato sull’atto di matrimonio non è opponibile ai terzi (Cass. 10/07/2008, n. 18870; Cass. 08/10/2008, n. 24798), è privo di effetti nei loro confronti, con la conseguenza, che per i creditori i beni conferiti nel fondo patrimoniale non sono in realtà mai stati conferiti, e dunque sono rimasti nel patrimonio dei debitore, che il creditore può, nelle forme ordinarie, aggredire (…) la circostanza che, in difetto di annotazione a margine dell’atto di matrimonio, l’atto costitutivo non sia opponibile ai creditori non vale ad elidere il fatto che la convenzione è stata comunque posta in essere e che la stessa potrebbe divenire, in ogni momento, opponibile ai creditori tramite una successiva annotazione»; ciò in quanto «la destinazione del bene nel fondo patrimoniale, a prescindere dalla annotazione, può essere sufficiente a rendere più incerta e difficile la realizzazione del diritto.”

Scioglimento del fondo

Il fondo patrimoniale si estingue quando il matrimonio finisce. Questo si può verificare in seguito all’annullamento o al divorzio.

Tuttavia, se ci sono figli minori, il fondo non si scioglie subito. Continua a esistere fino a quando anche l’ultimo figlio non raggiunge la maggiore età. In questo periodo, il giudice può intervenire per stabilire come i beni devono essere amministrati.

Inoltre, il giudice può decidere di assegnare ai figli una parte dei beni del fondo, in modo che possano goderne o addirittura diventarne proprietari, tenendo conto delle condizioni economiche della famiglia e di altre circostanze rilevanti.

Se non ci sono figli, la gestione e lo scioglimento del fondo seguono le stesse regole previste per la comunione legale dei beni.

Leggi anche: Fondo patrimoniale: vale per la famiglia nucleare

decreto giustizia estate

Decreto giustizia estate 2025: in vigore dal 9 agosto Decreto Giustizia estate 2025: novità per magistrati, tribunali, professioni pedagogiche e indennizzo legge Pinto

Decreto giustizia estate 2025: in GU

Il Decreto Legge 8 agosto 2025 n. 117, approvato il 4 agosto 2025 dal Consiglio dei Ministri, è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 183 dell’8 agosto 2025 ed è in vigore dal giorno successivo.

Il testo si compone di 11 articoli (di cui il 10 dedicato alle disposizioni finanziarie e l’articolo 11 all’entrata in vigore) che mirano a rendere sempre più efficiente il sistema giudiziario nel rispetto dell’ampio spettro di riforme previste dal PNRR.

Novità per tribunali e magistrati

L’articolo 1 stabilisce misure straordinarie fino al 30 giugno 2026 per affrontare l’arretrato giudiziario in linea con gli obiettivi del PNRR.

In base all’articolo 2 le Corti d’Appello che non raggiungeranno gli obiettivi del PNRR entro il 30 giugno 2025 saranno considerate sedi disagiate.

L’articolo 3 invece prevede che, per accelerare la giustizia civile, il CSM possa disporre applicazioni straordinarie a distanza per un massimo di 500 magistrati, anche fuori ruolo, presso uffici di primo grado specificamente individuati.

I capi degli uffici individuati negli articoli 2 e 3 possono elaborare piani straordinari per raggiungere gli obiettivi del PNRR. L’efficacia di queste misure termina il 30 giugno 2026.

L’articolo 5 prevede per i magistrati che hanno superato il concorso del 2023 un tirocinio di 18 mesi.

Decreto giustizia estate 2025: termini differiti  

L’articolo 6 differisce diversi termini normativi, tra i quali si segnalano:

  • prorogato di un anno il termine per l’attuazione della riforma del processo civile;
  • posticipata al 31 ottobre 2026 la scadenza per la riforma della magistratura onoraria;
  • esteso il termine al 31 marzo 2026 per la presentazione delle domande di iscrizione per alcune categorie professionali pedagogiche.

30 giorni per contestare le conclusioni della CTU in sede civile

L’articolo 7 apportate modifiche all’articolo 445-bis del codice di procedura civile. La principale novità è che il conferimento dell’incarico al consulente sospende il procedimento. Le parti hanno 30 giorni dalla comunicazione del deposito della CTU per contestarne le conclusioni.

Decreto giustizia estate: più personale per la magistratura di sorveglianza

In base alle previsioni dell’articolo 8 l’organico della magistratura ordinaria viene aumentato di 58 unità per rafforzare gli uffici di sorveglianza. Il Ministero della Giustizia può bandire un concorso nel 2025 per assumere questi nuovi magistrati a partire dal 1° luglio 2026.

Modifiche indennizzi Legge Pinto

L’articolo 9 modifica la legge sull’equa riparazione per l’irragionevole durata dei processi (Legge Pinto). La domanda potrà essere presentata anche se il processo è ancora in corso, una volta superato il termine ragionevole. Nuovi termini per la dichiarazione di decadenza del creditore e per il rinnovo di tale dichiarazione da parte della pubblica amministrazione.

Leggi anche l’articolo dedicato al decreto giustizia dello scorso anno

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proroga riforma fiscale

Proroga Riforma fiscale: in vigore dal 24 agosto Proroga riforma fiscale: in vigore dal 24 agosto 2025 la legge che proroga i termini della delega al Governo

Proroga riforma fiscale: in GU

Pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 9 agosto, è in vigore dal 24 agosto la legge di proroga della riforma fiscale approvata in via definitiva dal Senato nella giornata di martedì 5 agosto 2025. La legge n. 120/2025 va a modificare la legge di delega fiscale n. 111 del 9 agosto 2023, che, si ricorda, si compone di 23 articoli suddivisi in 5 titoli.

Il provvedimento è composto da un unico articolo che proroga di dodici mesi i termini della delega, estendendo a 36 mesi il periodo per l’attuazione della riforma.

Ne consegue che il Governo avrà tempo fino al 29 agosto 2026 per l’adozione dei decreti legislativi, e fino al 29 agosto 2028 per quelli correttivi e integrativi.

Le modifiche introdotte

Il testo approvato introduce diverse novità significative.

La delega viene ampliata per includere la possibilità di pagamento parziale o rateizzato non solo per i tributi erariali, ma anche per quelli regionali e locali. Le nuove disposizioni si applicano a tutte le situazioni previste dal Codice della crisi d’impresa, includendo l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

La riforma introduce una revisione organica del settore dei giochi, con l’obiettivo di rafforzare la tutela dei soggetti vulnerabili. La precedente previsione di una riduzione automatica dei limiti di giocata e vincita viene sostituita con un approccio più flessibile. Viene inoltre introdotto un sistema sanzionatorio più ampio e uniforme, che supera la distinzione tra gioco online e offline.

Oltre alla delega, viene prorogato di un anno anche il termine per il riordino dei testi unici fiscali, ora fissato al 31 dicembre 2026. Viene inoltre uniformato lo status dei magistrati tributari a quello della magistratura ordinaria. Da segnalare le norme che riguardano lo status giuridico, i trasferimenti, le sanzioni disciplinari per condotte non conformi e le incompatibilità dei magistrati.

 

Leggi anche i diversi articoli dedicati alla Riforma Fiscale

Bonifico istantaneo: le nuove regole Il Regolamento UE 2024/886, in vigore dal 9 gennaio 2025, ha modificato la normativa sui bonifici istantanei per favorirne l’utilizzo e velocizzare le transazioni

Bonifico istantaneo: in vigore il regolamento UE

Bonifico istantaneo: da aprile 2024, l’Unione Europea ha introdotto nuove normative sui pagamenti bancari attraverso il Regolamento UE 2024/886. La normativa mira a promuovere l’uso dei bonifici istantanei e ad eliminare le barriere che ne hanno ostacolato la diffusione, anche al fine di favorire la concorrenza e adeguare il mercato dei pagamenti alle innovazioni tecnologiche.

Il bonifico istantaneo, come si evince facilmente, è la possibilità di trasferire denaro da un conto corrente all’altro in meno di dieci secondi, con disponibilità immediata da parte del beneficiario.

Il regolamento è in vigore dal 9 gennaio 2025 ed obbliga le banche italiane a trattare i bonifici istantanei come quelli ordinari, per cui non si dovranno pagare costi e tariffe aggiuntive. Oltre ai costi la nuova normativa introduce anche misure di sicurezza più rigide per evitare errori o truffe nei bonifici e proteggere le transazioni.

Scopriamo quindi quali sono le principali novità sui bonifici istantanei e cosa cambia per i consumatori e le aziende.

Costi ridotti o azzerati per i bonifici istantanei

Una delle principali novità del regolamento, come anticipato, è l’obbligo per gli istituti finanziari di equiparare i costi dei bonifici istantanei a quelli dei bonifici tradizionali. Prima dell’introduzione di questa norma, molte banche applicavano commissioni elevate per i bonifici istantanei, scoraggiandone l’uso.

Con la nuova regolamentazione, i clienti potranno beneficiare della velocità dei bonifici istantanei senza costi aggiuntivi.

Accessibilità e disponibilità 24/7

Il regolamento stabilisce che tutti i fornitori di servizi di pagamento nell’area SEPA (Single Euro Payments Area) debbano rendere disponibili i bonifici istantanei 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Questo significa che i clienti potranno effettuare pagamenti immediati in qualsiasi momento, migliorando notevolmente la gestione delle proprie finanze e il flusso di cassa per le aziende.

Bonifici istantanei: opzione di default

Gli istituti di pagamento devono offrire i bonifici istantanei come opzione standard, mettendoli sullo stesso piano dei bonifici tradizionali.

Questo cambiamento renderà i bonifici istantanei una scelta naturale per i consumatori, promuovendone ulteriormente l’adozione.

Immediata disponibilità di fondi

Un bonifico istantaneo permette di trasferire fondi in pochi secondi, a differenza dei bonifici tradizionali che possono richiedere fino a tre giorni lavorativi. Questo aspetto è particolarmente utile in situazioni di emergenza o per chi necessita di rapidità nelle transazioni finanziarie.

Limiti e sicurezza

Il regolamento prevede un limite massimo di 100.000 euro per i bonifici istantanei, sebbene ogni banca possa impostare limiti inferiori per singola operazione o per il totale giornaliero. Le banche sono inoltre tenute a garantire alti standard di sicurezza, inclusa la verifica dell’identità del beneficiario e controlli antiriciclaggio, per prevenire frodi e altri rischi.

Transizione e implementazione

L’attuazione completa del regolamento richiederà fino a 18 mesi. Durante questo periodo, gli istituti finanziari dovranno adeguare i loro sistemi e processi per conformarsi alle nuove regole, assicurando che i bonifici istantanei diventino una parte integrante dei servizi bancari offerti ai clienti.

Vantaggi per consumatori e aziende

La maggiore accessibilità e i costi ridotti dei bonifici istantanei offriranno numerosi vantaggi:

  • i consumatori potranno effettuare pagamenti rapidi e sicuri in qualsiasi momento, migliorando la gestione delle finanze personali.
  • le aziende beneficeranno di un miglior flusso di cassa, una riduzione dei tempi di attesa per i pagamenti e un miglioramento generale dell’efficienza operativa.

Scelta del miglior conto corrente

Con l’introduzione del Regolamento UE, diventa ancora più importante scegliere il conto corrente giusto. Utilizzare strumenti di comparazione online permette di valutare i costi fissi, le commissioni per bonifici e prelievi e altri servizi bancari per trovare la soluzione più conveniente e adatta alle proprie esigenze.

Meccanismo di verifica “VOP”

A partire dal 9 ottobre 2025, tutte le banche oltre ad offrire il servizio di bonifico istantaneo a tutti i clienti, dovranno introdurre misure di sicurezza più rigorose per evitare errori e frodi.
infatti, da quella data viene introdotto quale servizio obbligatorio un meccanismo di verifica del beneficiario, il VOP (Verification of Payee) che garantisce che IBAN e nome del beneficiario corrispondano ai dati forniti dal pagatore, evitando così i rischi di invii di fondi a destinatari o conti errati.

Come funzionerà nella pratica

Questo servizio, nello specifico, permetterà di verificare che i dati di un bonifico (IBAN e nome del beneficiario) siano corretti, prima che il bonifico venga inviato.

Il sistema invierà una richiesta alla banca del destinatario per confrontare i dati inseriti dal cliente con quelli reali. A seconda del risultato, il cliente riceverà un avviso che potrà essere di corrispondenza totale, parziale o assente. In caso di discrepanze, il sistema non bloccherà automaticamente il bonifico, ma avviserà il cliente del rischio, lasciandogli la decisione finale se procedere o meno.

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tasse locali a rate

Tasse locali a rate per le imprese  Tasse locali a rate: l'agevolazione della riforma fiscale riservata alle imprese che accedono a una delle procedure del Codice della crisi

Tasse locali a rate per le imprese

Le tasse locali, la TARI e l’IMU si potranno pagare a rate. Lo prevede la legge delega per la riforma Fiscale datata 8 agosto 2025 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 9 agosto 2025.

La legge, in vigore dal 24 agosto 2025 e che modifica la legge n. 111/2023 prevede “la possibilità di estendere anche ai tributi regionali e locali la disciplina del trattamento dei debiti tributari di cui agli articoli 23, 63, 64-bis, 88, 245 e 284-bis del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, di cui al citato decreto legislativo n. 14 del 2019, concernente il pagamento parziale o dilazionato dei tributi, e introdurre analoga disciplina per l’istituto dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.”

Tasse locali a rate e sconti per chi accede al Codice della crisi

In sostanza se un’azienda si trova in una crisi d’impresa, può ora proporre un piano di rientro del debito o una sua riduzione. Questo beneficio sarà infatti riservato esclusivamente alle imprese che attivano una delle procedure previste dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII), il quadro normativo che ha sostituito la legge fallimentare. La nuova normativa permette di integrare i tributi locali nei piani di risanamento aziendale, come la composizione negoziata della crisi o il concordato, previsti dagli articoli del CCII.

L’introduzione di questa misura non è solo una modifica tecnica. Essa rappresenta un cambiamento culturale significativo: riconosce che recuperare una parte del debito è meglio di non recuperare nulla e che sostenere un’impresa in crisi può aiutare a salvare posti di lavoro. Uniformando le regole tra tributi statali e locali, la riforma elimina una disparità che aveva causato diversi problemi interpretativi.

Termine ultimo per i decreti attuativi

Per rendere la riforma pienamente operativa, il Governo deve però emanare i decreti attuativi che definiranno criteri, limiti e modalità precise per l’accesso a questi benefici. Il termine ultimo per l’emanazione di tali decreti è il 29 agosto 2025. Fino a quel momento, continuerà a essere applicata la normativa vigente.

 

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carte e rifiuti dall'auto

Getti carte e rifiuti dall’auto? Multe, arresto e patente sospesa Getto di carte e rifiuti dall’auto: il nuovo decreto legge n. 116/2025 prevede multe fino a 18 mila euro e la reclusione fino a 7 anni

Getto di carte e rifiuti dall’auto: il decreto in vigore

Gettare carte e rifiuti dall’auto d’ora in poi sarà severamente sanzionato. Il 9 agosto 2025 infatti è entrato in vigore il D.L. n. 116/2025, contenente “Disposizioni urgenti per il contrasto alle attività illecite in materia di rifiuti, per la bonifica dell’area denominata Terra dei fuochi, nonché in materia di assistenza alla popolazione colpita da eventi calamitosi”. Il provvedimento risulta di particolare importanza per l’inasprimento delle sanzioni conseguenti all’abbandono di rifiuti da veicoli.

Questa riforma è stata introdotta per contrastare una serie di problematiche critiche causate dall’abbandono dei rifiuti, tra cui i rischi per la sicurezza stradale, i danni ambientali e le emergenze sanitarie.

Getto di carte e rifiuti dall’auto: regole e sanzioni

Il nuovo decreto introduce un regime sanzionatorio molto severo per chi getta rifiuti dalla propria auto, superando la precedente necessità di cogliere il trasgressore in flagranza di reato. Ora, le telecamere di sorveglianza, pubbliche o private, possono essere utilizzate per identificare la targa del veicolo, consentendo la notifica della sanzione anche a distanza di giorni.

Sanzioni progressive

Le nuove sanzioni sono progressive, esse cioè aumentano all’aumentare della gravità dell’atto:

  • per il getto di un mozzicone di sigaretta o di un fazzoletto, si rischia una multa fino a 1.188,00 euro;
  • per chi abbandona intenzionalmente rifiuti non pericolosi come lattine o bottiglie, scatta invece un procedimento penale con multe da 1.500,00 a 18.000,00 euro;
  • l’abbandono di rifiuti in aree protette, che rischiano di mettere in pericolo l’ambiente o la salute, comporta infine la reclusione da 6 mesi a 7 anni e l’arresto, anche a distanza di 48 ore dall’accertamento.

Patente sospesa e confisca del veicolo

Il decreto prevede anche conseguenze più estreme. Nei casi di rilevanza penale, i trasgressori possono subire la sospensione della patente fino a 6 mesi. In quelli più gravi, specialmente se il veicolo è aziendale, può scattare la confisca del mezzo. La legge non colpisce però solo il conducente: se l’illecito è commesso da un dipendente con un mezzo aziendale, il datore di lavoro risponde per omessa vigilanza e rischia una pena fino a 5 anni e mezzo di carcere.

 

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bonus asilo nido

Bonus asilo nido Il bonus asilo nido è un contributo per pagare le rette degli asili e avere supporto per l'assistenza di minori affetti da patologie croniche certificate

Bonus asilo nido: cos’è

Il bonus asilo nido è una misura di sostegno al reddito che si traduce nell’erogazione di un contributo da parte dell’INPS in favore dei genitori che sostengono il costo della retta dell’asilo.

Riferimenti normativi

Il bonus asilo nido è stato introdotto dalla legge di bilancio per il 2017 n. 232/2016, che ne contiene la disciplina base nel comma 355. L’INPS nel tempo ha chiarito il funzionamento della misura con divise circolari e messaggi:

Dal 2025 però questo contributo presenta delle novità in virtù della legge di bilancio che ha incrementato gli importi e diversificato la misura in base alla situazione economica delle famiglie destinatarie.

La circolare INPS n. 60/2025 del 20 marzo 2025 illustra gli aggiornamenti in vigore dal 2025.

Vai alla scheda dedicata al Bonus asilo nido aggiornata al 2025

A chi spetta il bonus asilo nido

Il bonus silo nido spetta ai genitori di figli che non abbiano ancora compiuto i tre anni di età e che frequentano un asilo nido pubblico o privato o che siano affetti da una patologia cronica purché certificata e che necessitano quindi di cure presso la residenza.

Requisiti soggettivi per fare domanda

I genitori richiedenti devono essere in possesso dei seguenti requisiti soggettivi:

  • residenza in Italia;
  • siano cittadini italiani o di un paese UE o di un paese extracomunitario in possesso di un permesso di soggiorno UE valido per i soggiornanti di lungo periodo;
  • se titolari di permesso di soggiorno, almeno semestrale, possono accedere al contributo gli stranieri apolidi, i rifugiati politici o titolari della protezione internazionale;
  • se titolari di Carta Blu devono essere “lavoratori altamente qualificati”
  • titolari di permesso di soggiorno per lavoro autonomo, subordinato, lavoro stagionale, per assistenza minori, per protezione speciale, per casi speciali.

Per la concessione del bonus inoltre:

  • il richiedente deve il genitore che esercita la potestà genitoriale, il tutore, l’affidatario del minore in affido temporaneo o preadottivo.

Requisiti ISEE e importo del bonus

L’importo del contributo varia in base al valore dell’ISEE minorenni e alla data di nascita del minore:

Per minori nati prima del 1° gennaio 2024 valgono i seguenti requisiti economici;

  • 3.000 euro all’anno per chi presenta un ISEE minorenni fino a 25.000,99 euro (per 10 mesi l’importo mensile è di Euro 272,73, per l’undicesima mensilità è di Euro 272,70);
  • 2.500 euro all’anno per chi presenta un ISEE minorenni compreso tra i 25.001,00 e i 40.000,00 (per 10 mesi l’importo mensile è di 227,27 euro, per l’undicesima mensilità è 227,30 euro);
  • 1.500 euro all’anno per chi presenta un ISEE minorenni non presente, difforme discordante, non calcolabile o superiore a 40.000,00 euro (per 10 mensilità l’importo è di 136,37 euro, per l’undicesima è di 136,30 euro).

Per i bambini nati dopo il 1° gennaio 2024 i requisiti reddituali sono i seguenti:

  • 3.600 euro all’anno nell’ipotesi di ISEE minorenni in corso di validità minore o uguale a 40.000 euro (10 rate da 327,27 euro e una da 327,30 euro);
  • 1.500 euro all’anno nell’ipotesi di con ISEE minorenni non presente, difforme, discordante, non calcolabile o superiore alla soglia di 40.000 euro (dieci rate da 136,37 euro e una da 136,30 euro).

La legge di bilancio 2025 prevede che nella determinazione dell’ISEE minorenni non si debba tenere conto delle somme erogate a titolo di assegno unico e universale (decreto legislativo n. 230/2021).

Forme di supporto presso l’abitazione

Per i nuclei familiari che hanno bambini affetti da una patologia cronica certificata attestante l’impossibilità di frequentare un asilo nido, la circolare n. 60/2025 precisa che completata la richiesta il servizio attribuisce un codice identificativo.

Occorre inoltre, per prenotare le risorse, che il pediatra del minore attesti che il minore, per l’intero anno, si trovi nell’impossibilità di frequentare gli asilo nido a causa della grave patologia.  Per il pagamento di questo contributo il servizio è integrato con il “Sistema Unico di gestione IBAN”.

Quando e come presentare domanda

La domanda per il contributo deve essere presentata da quando il servizio di presentazione è aperto. La data viene comunicata ogni anno dall’INSP con messaggio apposito e termina il 31 dicembre dell’anno solare di riferimento. La richiesta va inoltrata attraverso il servizio dedicato presente sul sito INPS o rivolgendosi ai patronati che offrono i loro servizi telematici ai cittadini.

La domanda deve contenere tutta una serie di requisiti:

  • la precisazione del tipo di domanda: “Contributo asilo nido per il pagamento di rette di frequenza di asili nido pubblici e privati autorizzati o “Contributo per introduzione di forme di supporto presso la propria abitazione, per il pagamento delle forme assistenza domiciliare per i bambini di età inferiore a tre anni affetti da gravi patologie croniche”;
  • l’indicazione dell’asilo nido frequentato dal figlio, specificando se è pubblico o privato e indicando la denominazione, il codice fiscale, gli estremi del provvedimento di autorizzazione se si tratta di una struttura privata;
  • le mensilità dei periodi di frequenza per le quali si chiede il beneficio (fino a 11 mensilità);
  • l’avvenuta iscrizione del bambino o l’inserimento nella graduatoria se il nido è pubblico;
  • la ricevuta di pagamento di almeno una retta relativa a uno dei mesi di frequenza per i quali si richiede il contributo.

Per accedere al contributo è necessario presentare i documenti di spesa relativi al contributo entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento della domanda. Per il 2025 ad esempio la documentazione va trasmessa entro il 30 aprile 2026.  Le spese rimborsabili sono esclusivamente quelle che si riferiscono alla retta mensile, alla quota che si riferisce ai pasti, all’imposta di bollo e all’IVA.

Pagamento del bonus asilo nido

La somma del contributo asilo nido viene determinata in relazione all’ISEE minorenni in corso di validità, nel mese precedente a quello a cui fa riferimento la mensilità e nei limiti del contributo massimo erogabile, fatti salvi eventuali conguagli.

Per il contributo relativo al supporto presso l’abitazione la somma viene erogata in una soluzione unica e tiene conto dell’ISEE minorenni che risulta valido alla data di protocollo della richiesta.

Novità in arrivo dal 2026

Il Decreto Legge Economia n. 95/2025, convertito nella legge 118/2025 apporta importanti novità alla misura.

  • Dal 1° gennaio 2026 non sarà più necessario presentare la domanda ogni anno corredata dai documenti comprovanti i requisiti necessari. Sarà sufficiente presentare una sola domanda e questa sarà considerata valida per tutti gli anni di durata del nido. Resta solo l’obbligo di confermare la permanenza del possesso dei requisiti necessari.
  • Il bonus sarà esteso a tutte le strutture educative per l’infanzia indicate dal decreto legislativo n. 65/2017 e munite di titolo abilitativo come: nidi, micronidi, sezioni primavera per bambini dai 24 ai 36 mesi, spazi gioco per 5 ore al giorno con attività educative, nidi in famiglia gestiti a livello locale.
  • Previsto infine il riesame delle domande inoltrate nel 2024 e nel 2025 dalle famiglie che avevano iscritto i figli a strutture educative ora ammesse come spazi gioco, nidi familiari e sezioni primavera. Grazie a questa importante novità con efficacia retroattiva, le famiglie potranno recuperare il rimborso rigettato in precedenza.
bonus giorgetti

Bonus Giorgetti: l’incentivo per chi continua a lavorare Bonus Giorgetti: contributi in busta paga per i lavoratori che possono andare in pensione anticipata ma decidono di restare al lavoro

Bonus Giorgetti: cos’è

Attivo da giugno 2025 e in partenza dal 1° settembre 2025 il Bonus Giorgetti previsto dalla legge di bilancio 2025. L’incentivo è dedicato a quei lavoratori che decidono di restare al lavoro anche se maturano i requisiti necessari per Quota 103 e per la pensione anticipata (per gli uomini con 42 anni e 10 mesi di contributi e per le donne con 41 anni e 10 mesi).

I dettagli della misura sono contenuti nella circolare INPS n. 102 del 16 giugno 2025.

Bonus Giorgetti: come funziona

In pratica i lavoratori dipendenti iscritti all’AGO o a forme sostitutive/esclusive della medesima, che perfezionano i requisiti per l’accesso alla pensione anticipata flessibile o alla pensione anticipata entro il 31 dicembre 2025, hanno la facoltà di optare per la rinuncia allaccredito contributivo della quota a loro carico dei contributi IVS (o equivalenti in forme sostitutive/esclusive), qualora decidano di proseguire l’attività lavorativa dipendente.

Se il lavoratore sceglie di restare al lavoro:

  • il datore non è tenuto a versare la quota IVS a carico del lavoratore, fermo restando l’obbligo di versamento della quota a suo carico;
  • gli importi dei contributi IVS a carico del lavoratore (9,19% dello stipendio lordo dei lavoratori iscritti al Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti) vengono erogati direttamente in busta paga.

Come richiedere il bonus Giorgetti

Il lavoratore che vuole beneficiare del bonus Giorgetti deve darne comunicazione all’INPS:

  • accedendo al servizio dedicato “Incentivo al posticipo del pensionamento: verifica delle condizioni di accesso” ;
  • chiamando il Contact center;
  • rivolgendosi a un patronato.

L’istituto verifica la sussistenza dei presupposti necessari per riconoscere l’incentivo e comunica l’esito della verifica al lavoratore e al datore di lavoro entro 30 giorni.

A questo punto il datore, ricevuta la comunicazione INPS, potrà non effettuare il versamento dei contributi a carico del lavoratore.

Decorrenza dell’incentivo

La misura decorre dalla prima data utile prevista per la pensione anticipata, solo se la domanda è stata presentata nel rispetto dei tempi richiesti dalla normativa. In caso contrario, la misura decorre dal primo giorno del mese successivo a quello in cui è stata presentata la domanda.

Da settembre 2025 i lavoratori del settore privato potranno beneficiare dell’aumento in busta paga previsto, mentre i dipendenti del settore pubblico dovranno attendere il mese di novembre 2025.

Cessazione dell’incentivo

L’incentivo viene meno nei seguenti casi:

  • revoca della facoltà di rinuncia esercitata in precedenza dal lavoratore;
  • raggiungimento del requisito anagrafico necessario per la pensione di vecchiaia (contributi versati in più gestioni previdenziali) o in quello inferiore previsto da norme più favorevoli se i contributi sono stati versati una gestione unica;
  • conseguimento di una pensione diretta (fatta eccezione per quella di invalidità a carico di determinate gestioni).

 

 

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errore di fatto

Errore di fatto nel diritto penale Errore di fatto nel diritto penale: cos'è, art. 47 c.p, conseguenze, differenze dall’errore di diritto, errore di fatto nel processo

Errore di fatto nel diritto penale: definizione 

L’errore di fatto o sul fatto è una figura giuridica rilevante nel diritto penale italiano, in grado di incidere sulla responsabilità penale dell’agente. Disciplinato dall’art. 47 del Codice Penale, l’errore sul fatto può escludere l’elemento soggettivo del reato, rendendo il comportamento penalmente irrilevante nei casi previsti dalla legge.

Cos’è l’errore di fatto secondo il codice penale

L’art. 47 c.p. stabilisce che l’errore sul fatto esclude la punibilità quando ricade su un elemento essenziale del fatto di reato. Più precisamente, il primo comma della norma prevede che:

“L’errore sul fatto che costituisce reato esclude la punibilità dell’agente.”

In altre parole, se l’agente, per un errore, ignora o fraintende un elemento essenziale della fattispecie criminosa (ad esempio: crede che l’oggetto che prende sia suo e non altrui), l’elemento soggettivo del reato non si perfeziona e l’illecito penale non sussiste.

Esempio pratico

Un soggetto prende un ombrello convinto che sia il proprio. In realtà, appartiene a un’altra persona. Se si dimostra che l’errore è effettivo e scusabile, il soggetto non potrà essere punito per furto, poiché manca l’elemento soggettivo del reato.

Differenza tra errore di fatto ed errore di diritto

Nel diritto penale si distinguono categorie di errore, che producono effetti giuridici differenti:

1. Errore di fatto

È l’errore che ricade su una circostanza oggettiva della condotta o della situazione: ad esempio, l’identità di una persona, la proprietà di un bene, la presenza di un elemento del reato. Ha rilievo solo se incide sull’elemento soggettivo del reato (art. 47, comma 1, c.p.).

2. Errore di diritto

È l’errore che ricade su una norma giuridica, ossia sulla convinzione errata circa la liceità o illiceità della propria condotta. È regolato dall’art. 5 c.p., che afferma:

“Nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale.”

Tuttavia, come previsto dal comma 3 dell’art 47 “L’errore su una legge diversa dalla legge penale esclude la punibilità, quando ha cagionato un errore sul fatto che costituisce il reato.”

Le conseguenze dell’errore di fatto

Le principali conseguenze dell’errore di fatto nel diritto penale sono:

  • esclusione della punibilità: se l’errore riguarda un elemento essenziale del fatto, il reato non è punibile (art. 47 c.p.).
  • non esclusione della punibilità se l’errore è determinato da colpa: l’errore di fatto determinato da colpa non esclude la punibilità se il reato è perseguibile dalla legge come delitto colposo (art. 47, comma 1, c.p.).

L’errore di fatto nel processo: il ricorso straordinario in Cassazione

L’errore di fatto ha rilevanza anche in sede processuale, in particolare nel ricorso straordinario per Cassazione ai sensi dell’art. 625-bis c.p.p. Il condannato può infatti chiedere la correzione:

  • dell’errore di fatto commesso dalla Cassazione nei provvedimenti pronunciati dalla stessa, che può essere rilevabile anche d’ufficio entro 90 giorni dalla deliberazione;
  • dell’errore materiale  commesso dalla Corte nei provvedimenti pronunciati dalla stessa, che può essere rilevato anche d’ufficio dalla stessa Cassazione in ogni momento e senza il rispetto di formalità particolari.

Di recente la Cassazione nella sentenza n. 3755/2024 ha chiarito che: l’errore di fatto di cui all’art. 625 bis c.p.p è un errore percettivo che si verifica quando, durante la lettura degli atti processuali, la Corte commette una svista o un equivoco. Questo errore deve influenzare il processo decisionale, portando a una sentenza diversa da quella che sarebbe stata emessa se i fatti fossero stati percepiti correttamente. In pratica, è come se la Corte “vedesse male” ciò che è scritto negli atti, e questo “errore di visione” alteri il risultato finale. Ne consegue che il ricorso straordinario per errore di fatto non è ammissibile se l’errore della  Cassazione è di tipo valutativo. Questo significa che se la Corte ha correttamente compreso i fatti, ma ha formulato un giudizio o una valutazione diversa da quella sperata dalla parte, non si può parlare di un errore percettivo. Il ricorso in conclusione è possibile solo quando l’errore riguarda la percezione oggettiva dei fatti, non la loro interpretazione o valutazione.

 

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scontrino elettronico obbligatorio

Scontrino elettronico obbligatorio  Scontrino elettronico obbligatorio: prevista l'introduzione graduale dello scontrino digitale per pagamenti elettronici

Dallo scontrino cartaceo allo scontrino elettronico obbligatorio

In arrivo lo scontrino elettronico obbligatorio. Nella Risoluzione 7-00286 la VI Commissione della Camera ha affrontato infatti il tema delle modalità di emissione dello scontrino fiscale in relazione alle transazioni elettroniche, proponendo la transizione verso la dematerializzazione. Le ragioni sono di natura ambientale e pratica.

Scontrino cartaceo: documento commerciale

Con l’introduzione della trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri all’Agenzia delle Entrate (Decreto Legislativo n. 127/2015), lo “scontrino fiscale” ha acquisito la natura di documento commerciale. La memorizzazione e l’invio telematico dei dati sostituiscono infatti gli obblighi di registrazione e di certificazione fiscale tradizionali.

Vero che il decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 7.12.2016 ha previsto l’emissione di documenti commerciali per mezzo di strumenti tecnologici sicuri, tuttavia l’emissione su supporto cartaceo resta la norma. Il formato elettronico è infatti possibile solo previo accordo con il destinatario. Questa pratica comporta l’emissione di innumerevoli scontrini cartacei, che però non sono riciclabili come la carta comune. Questo genera un significativo impatto ambientale nella fase di produzione e in quella di smaltimento.

Verso la digitalizzazione: lo scontrino elettronico obbligatorio

Un altro passo verso la digitalizzazione è stato compiuto grazie all’art. 1, co. 74, della Legge di Bilancio 2025 (Legge n. 207/2024).  Questa norma, dal 1° gennaio 2026 introduce infatti l’obbligo di collegamento tra gli strumenti di pagamento elettronici (POS) e il registratore di cassa telematico per la registrazione, memorizzazione e trasmissione dei dati dei pagamenti elettronici.

Scontrino elettronico obbligatorio: le tappe

Alla luce di queste innovazioni la risoluzione stabilisce che a partire dal 2027 gli strumenti per i corrispettivi dovranno inviare lo scontrino digitalmente (SMS, email, app) al cliente, a sua scelta.

Questa infrastruttura sarà interoperabile con l’Agenzia delle Entrate, migliorando tracciabilità e trasparenza fiscale e rafforzando la lotta all’evasione. È un passo chiave verso un sistema fiscale più efficiente e sostenibile, integrando l’attuale trasmissione telematica e riducendo l’impatto ambientale della carta.

Queste le tappe per l’introduzione graduale dell’obbligo dello scontrino digitale per i pagamenti elettronici:

  • dal 1° gennaio 2027: imprese della grande distribuzione;
  • dal 1° gennaio 2028: altri soggetti con un volume d’affari superiore a una certa soglia;
  • dal 1° gennaio 2029: tutti i restanti esercenti.

Gli acquirenti potranno richiedere comunque la stampa del documento commerciale, che potrebbe servire per la garanzia o il reso del prodotto.

 

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