dl sicurezza

Dl Sicurezza: le misure In vigore il dl sicurezza che rafforza tra le altre cose la tutela legale per le forze dell’ordine e introduce il reato di rivolta nelle carceri

Dl sicurezza: approvazione d’urgenza

Il Consiglio dei ministri nella giornata di venerdì 4 aprile 2025 ha approvato il dl Sicurezza. Il nuovo decreto contiene 39 articoli e presenta modifiche sostanziali rispetto al testo originario (ddl sicurezza), che sarebbe confluito in questo testo dopo i correttivi richiesti dal Colle.

Il decreto legge n. 48/2025 recante “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza pubblica, di tutela personale in servizio, nonchè di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario” è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale l’11 aprile per entrare in vigore il 12 aprile 2025.

Le misure del nuovo provvedimento 

Una delle misure di maggiore interesse riguarda la tutela legale delle Forze di Polizia, dei Vigili del fuoco e delle Forze armate, che verranno sopportati economicamente con importi sino a 10.000 euro per ogni fase del procedimento.

Specificate le condotte che configurano il reato di “rivolta” nelle carceri e nei Centri per il rimpatrio, limitandolo a violazioni di ordini legati alla sicurezza.

Per i migranti viene meno l’obbligo di mostrare il permesso di soggiorno per ottenere una SIM: sarà sufficiente il documento d’identità.

Nei reati contro pubblici ufficiali, si dovranno considerare anche le attenuanti, superando l’automatismo a favore delle aggravanti previsto nel ddl.

Sul tema delle detenute incinte, il testo prevede che il giudice potrà valutare le esigenze del minore, anche in caso di gravi condotte della madre, superando l’obbligo rigido di custodia attenuata previsto nel disegno originario.

Prevista la procedibilità d’ufficio per il reato di occupazione abusiva di immobili se la condotta è perpetrata nei confronti di soggetto incapace per età o infermità.

Le forze di polizia potranno essere di bodycam per registrare lo svolgimento dell’attività di conservazione dell’ordine pubblico e del controllo del territorio. Possibilità estesa al personale addetto alla sicurezza a bordo dei treni.

Pene più severe per chi imbratta e deturpa gli immobili destinati all’esercizio delle funzioni pubbliche.

Le vittime di usura potranno avvalersi di un tutor nella gestione del mutuo loro concesso, per un reinserimento ottimale nel contesto economico legale.

 

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mancato deposito telematico

Mancato deposito telematico è sempre imputabile all’avvocato Mancato deposito telematico: imputabile all'avvocato se non sussistono problemi tecnici che lo impediscono

Mancato deposito telematico

Il mancato deposito telematico ricade sempre sulla responsabilità dell’avvocato. La Corte di Cassazione nella sentenza n. 9269/2025 ha enunciato questo principio, dichiarando improcedibile un ricorso contro un avviso di accertamento IMU perché lo stesso è avvenuto oltre i termini e in forma cartacea, senza giustificazioni valide.

Richiesta di autorizzazione al deposito cartaceo

La vicenda che porta la Cassazione a enunciare il principio esposto in materia di deposito, nasce da un contenzioso tra una contribuente e il Comune. Quest’ultimo aveva richiesto il pagamento dell’IMU per l’anno 2015. Dopo due gradi di giudizio sfavorevoli alla contribuente, il suo avvocato ha presentato ricorso in Cassazione. Il deposito però non è avvenuto nei tempi previsti (20 giorni dalla notifica), ed è stato fatto in formato cartaceo. La difesa ha tentato di giustificare il deposito cartaceo invocando difficoltà tecniche nel sistema telematico. L’avvocato ha ammesso la propria “mancata perizia” nell’uso della piattaforma informatica. Ha anche chiesto l’autorizzazione per il deposito in formato cartaceo, che la Prima Presidente ha concesso in via d’urgenza. Tuttavia, ha precisato che ogni valutazione definitiva spettava al Collegio.

Mancato deposito telematico, responsabile l’avvocato

La Corte per decidere al meglio chiede al Centro Elettronico di Documentazione (CED) di verificare eventuali disfunzioni informatiche. La risposta però è stata chiara: il sistema era pienamente funzionante nei giorni indicati. Nessun problema tecnico impediva il deposito telematico. Non sussistevano pertanto le condizioni di urgenza previste dalla normativa per autorizzare il deposito cartaceo.

La Corte richiama i principi espressi in precedenti sentenze e alla luce di questi ricorda che solo eventi eccezionali ed estranei alla volontà dell’avvocato, possono giustificare il mancato deposito telematico. Le difficoltà soggettive o la scarsa dimestichezza con gli strumenti digitali non bastano. La procedura online, oggi obbligatoria, richiede preparazione e attenzione. L’errore dell’avvocato non può essere coperto da deroghe. Nel caso di specie comunque il legale non ha neppure avviato la procedura telematica. Non ha tentato cioè l’invio online del ricorso. Ha semplicemente scelto la via cartacea, ma così facendo, ha violato le norme sul deposito in Cassazione, rendendo improcedibile l’intero ricorso.

Avvocati: obbligatori strumenti previsti dalla legge

In conclusione, in assenza di reali impedimenti tecnici, come avvenuto nel caso di specie, l’omesso deposito telematico è frutto di negligenza. Nessuna deroga può coprire l’inadempienza. Il difensore ha l’obbligo di utilizzare correttamente gli strumenti previsti dalla legge. La decisione contiene un chiaro monito per la categoria forense. L’avvocato non può più permettersi incertezze sul piano tecnico. Il rispetto delle regole del processo telematico non è una facoltà, ma un dovere preciso, che se non viene rispettato presenta conseguenze inevitabili.

 

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intercettazioni telefoniche

Intercettazioni telefoniche: per legge fino a 45 giorni Intercettazioni telefoniche: è legge il ddl che ha fissato a 45 giorni il termine di durata massimo, salvo eccezioni

Intercettazioni telefoniche: durata

In vigore dal 24 aprile 2025, la legge n. 47/2025 che impone il limite massimo di 45 giorni per le intercettazioni telefoniche. Il testo era stato approvato in via definitiva dalla Camera dei deputati nella giornata di mercoledì 19 marzo 2025 con 147 voti favorevoli, 67 contrari e un astenuto.

Durata limitata con eccezioni

La nuova norma stabilisce che le intercettazioni non possano superare il tetto di 45 giorni. Tuttavia, se emergono elementi concreti e specifici che ne rendano indispensabile la prosecuzione, il limite può essere esteso con un’esplicita motivazione. Questa regola si applica a tutte le operazioni di ascolto, salvo specifiche eccezioni previste dalla legge.

Il provvedimento prevede deroghe infatti per i reati di criminalità organizzata  e minacce telefoniche.

Modifiche al codice di procedura penale

Il provvedimento modifica l’articolo 267 del codice di procedura penale, introducendo il limite temporale alle intercettazioni. Inoltre, l’articolo 13 del decreto-legge n. 152 del 1991 viene aggiornato per escludere dall’applicazione del nuovo limite a reati gravi.

Cosa cambia nelle intercettazioni telefoniche

La nuova legge rappresenta un cambiamento significativo nella disciplina delle intercettazioni. Se da un lato introduce un controllo più stringente sulle operazioni investigative, dall’altro solleva dubbi sulla sua efficacia nel contrastare i reati più gravi. Il dibattito resta aperto tra chi la considera una misura di garanzia e chi, invece, teme un indebolimento delle indagini giudiziarie.

 

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genitore sulla cie

La Cassazione ripristina la parola “genitore” sulla CIE La parola “genitore” sulla CIE è maggiormente rappresentativa della realtà sociale attuale delle famiglie con due padri o con due madri

Cassazione: “genitore” sulla CIE

C’è la possibilità di indicare il termine “genitore” sulla CIE al posto delle tradizionali diciture “padre” e “madre”? Su questo tema si è espressa la Corte di Cassazione (sentenza n. 9216/2025) sul ricorso del Ministero dell’Interno avverso le sentenze di primo e secondo grado, entrambe favorevoli a una coppia omogenitoriale.

“Genitore”: rappresentazione più aderente alla realtà

La vicenda portata all’attenzione degli Ermellini prende origine dal Tribunale di Roma, che ordina al Ministero dell’Interno di modificare la modalità di compilazione della CIE per un minore con due madri – una biologica, l’altra adottiva.

Il giudice stabilisce che, disapplicando il decreto ministeriale del 31 gennaio 2019, occorre riportare sulla carta la dicitura “genitore” o, in alternativa, formule inclusive come “padre/genitore” e “madre/genitore”.

La decisione viene confermata anche dalla Corte d’Appello di Roma. Il modello ministeriale impone in effetti una rappresentazione familiare non più aderente alla realtà giuridica, come dimostrato dalla presenza, sempre più frequente, di famiglie con due genitori dello stesso sesso. In particolare, l’adozione in casi particolari – disciplinata dalla legge 184/1983 – è idonea a creare un legame di piena parentela, e quindi a legittimare la richiesta di un’identificazione coerente del genitore adottivo anche nei documenti d’identità del minore.

“Padre e madre” sulla CIE: discriminatorio

Il Ministero dell’Interno di fronte alla Cassazione solleva però tre motivi di doglianza nei confronti della sentenza della Corte d’Appello.

Il primo denuncia un vizio di motivazione della sentenza della Corte d’Appello, perché carente e generica. La Cassazione però ritiene infondata la critica. La Corte territoriale ha infatti esaminato tutte le doglianze, rigettandole in modo esplicito e motivato, sottolineando come la scelta del Ministero generi discriminazione e irragionevolezza, precludendo al minore la possibilità di ottenere una CIE valida per l’espatrio.

Il secondo motivo contesta la disapplicazione del decreto ministeriale, perché lesiva del principio di bigenitorialità e contraria al quadro normativo vigente. Anche in questo caso però la Cassazione dimostra di pensarla diversamente. Gli Ermellini ricordano che il decreto in questione ha carattere meramente tecnico e non normativo. Lo stesso inoltre si pone in contrasto con l’art. 3, comma 5, del T.U.L.P.S., che consente l’indicazione del termine “genitori” nella CIE. Il termine neutro è più adeguato per rappresentare la realtà giuridica di famiglie con due madri o due padri. In questo modo si tutela il diritto del minore all’identità e alla verità affettiva e giuridica della propria famiglia.

Il terzo motivo infine sostiene che l’indicazione dei termini “padre” e “madre” è obbligatoria in virtù della disciplina dello stato civile, la quale prevede solo tali qualificazioni. La Cassazione però esclude la fondatezza anche di questo motivo. Il caso di specie infatti non riguarda una modifica degli atti di stato civile, ma unicamente le modalità di compilazione della CIE. L’adozione in casi particolari in ogni caso produce effetti pieni, inclusa la nascita di relazioni parentali con i familiari dell’adottante, come affermato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 79/2022.

Corretto indicare “genitore” sulla CIE

La decisione finale della Cassazione conferma quindi le sentenze dei giudici di merito, ritenendo corretta la disapplicazione del decreto ministeriale e legittima la scelta di indicare sulla CIE la parola “genitore“. In questo modo sì riafferma il principio per il quale la pubblica amministrazione è tenuta a rappresentare fedelmente, anche nei documenti ufficiali, le diverse forme familiari oggi riconosciute dalla legge.

In conclusione la dicitura “padre/madre” non più essere considerata universalmente rappresentativa. La società cambia, e con essa anche il diritto: a ogni famiglia deve essere garantita dignità e visibilità giuridica, senza discriminazioni.

 

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Magistratura onoraria: la riforma La riforma della magistratura onoraria riceve il via libera definitivo del Senato: cambiano le regole su orari di lavoro, compensi e contributi

Magistratura onoraria: sì definitivo del Senato

La riforma della magistratura onoraria, collegata alla manovra finanziaria pubblica, è legge. Il provvedimento ha ricevuto il via libera definitivo dal Senato, nel testo della Camera, che lo aveva approvato con 145 voti a favore, nessun voto contrario, e 86 astenuti.

Il testo del ddl n. 1322 approvato dal Senato va a modificare alcune disposizioni del Decreto legislativo n. 116/2017.

Vedi il Dossier del Senato sulla Riforma

Orario di lavoro e disciplina

Al Presidente del tribunale o al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale è riconosciuto il compito di definire il programma di lavoro dei magistrati onorari, in conformità alle indicazioni del CSM, fissando comunque un limite alla durata di lavoro settimanale. Detto programma deve essere elaborato nel rispetto delle indicazioni fornite dal Consiglio superiore della magistratura.

La durata dell’orario di lavoro:

  • non deve superare le 36 ore per ogni settimanaper i magistrati che hanno optato per il regime di esclusività;
  • non deve superare le 16 ore per ogni settimana per i magistrati che non hanno optato per il regime di esclusivitàper assicurare la compatibilità con lo svolgimento di altre attività lavorative o professionali.

Compenso

Il compenso annuo spettante ai magistrati onorari confermati che svolgono le loro funzioni in via esclusiva, è di 58.840 euro, a cui si aggiunge un trattamento di fine rapporto.

Ai magistrati onorari che esercitano le funzioni in via non esclusiva, è corrisposto invece il compenso annuo di 25.000 euro (più elevato quindi rispetto agli iniziali 20.000 euro) oltre un trattamento di fine rapporto.

A questi magistrati onorari spettano anche i buoni pasto nella misura spettante al personale dell’amministrazione giudiziaria, qualora venga superata la soglia delle sei ore di presenza all’interno dell’ufficio giudiziario.

Le giornate dedicate alla formazione sono considerate combattività giurisdizionali a tutti gli effetti, anche di tipo economico.

Contributi e previdenza

Il provvedimento prevede specifiche disposizioni relative al regime contributivo e previdenziale.

  • I magistrati onorari confermati che svolgono l’attività in via esclusiva sono assicurati all’INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, sono iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti dell’assicurazione generale obbligatoria dell’INPS e sono iscritti a specifiche forme di previdenza e assistenza sociale.
  • I magistrati onorari confermati che non esercitano in via esclusiva, invece, sono iscritti alla Gestione separata INPS e assicurati all’INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Essi hanno anche titolo per l’iscrizione alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense e mantengono l’iscrizione alla Cassa medesima. Se svolgono invece attività lavorative aggiuntive, diverse da quella forense, conservano  il corrispondente regime contributivo in relazione ai compensi o alle retribuzioni percepiti per quelle attività.

Incompatibilità

La causa di incompatibilità relativa all’esercizio della professione forense per conto di imprese assicurative, bancarie o di intermediazione finanziaria operanti nel circondario del giudice di pace viene modificata. Essa opera qualora, nei cinque anni antecedenti alla presentazione della domanda per diventare giudice di pace, l’interessato abbia esercitato in maniera abituale e prevalente l’attività di avvocato per tali enti.

I magistrati onorari che hanno optato per il regime di cui all’art. 29 del dlgs n.116/2017 non possono esercitare le loro funzioni in uffici giudiziari situati nel circondario del tribunale in cui il loro coniuge, convivente, parenti fino al secondo grado o affini entro il primo grado esercitano la professione forense.

Inoltre, magistrati onorari legati da tali vincoli familiari o di convivenza non possono essere assegnati al medesimo ufficio giudiziario. Queste disposizioni si estendono anche alle parti di un’unione civile.

Rimessione nei termini e conferma

Prevista infine una procedura di rimessione nei termini per la richiesta di conferma nella magistratura onoraria, riservata ai magistrati onorari che non l’avevano ancora presentata.

Tale procedura è applicabile quando, all’esito delle procedure di conferma già concluse, residuano risorse disponibili e il CSM bandisce, con delibera, una nuova procedura di valutazione per un numero di posti corrispondente alle risorse disponibili.

I magistrati onorari non confermati per la mancata partecipazione alle prove valutative concluse o per aver rinunciato a sostenere il colloquio orale, anche in presenza di domanda di conferma, possono fare domanda per partecipare alle nuove procedure valutative sino al compimento del settantesimo anno di età.

Per quanto riguarda l’opzione per l’esclusività, si prevede che i magistrati confermati possano chiedere di esercitare l’opzione entro il 31 luglio di ogni anno successivo a quello di immissione nel ruolo.

Genitori responsabili dei profili social dei figli Genitori responsabili dei profili social dei figli: spetta a loro vigilare sulle attività, facendo attenzione anche ai software di manipolazione

Profili social dei figli

Genitori responsabili di quanto fanno i figli sui social. Essi hanno l’obbligo di controllare i profili social dei figli, anche se falsi, soprattutto se la prole è fragile o immatura. Il controllo serve a prevenire comportamenti illeciti o pericolosi. Non basta chiedere le password o dire di aver fatto il possibile. I genitori devono sorvegliare in modo attivo e costante. Il Tribunale di Brescia, con la recente sentenza n. 879/2025, ribadisce questo principio e condanna i genitori di una ragazza con un lieve ritardo intellettivo a risarcire 15mila euro alla vittima del comportamento della figlia.

Diffamazione aggravata e altri reati

Una ragazza crea più profili fake e con questi insulta una compagna e pubblica immagini pornografiche ottenute con un software di manipolazione delle immagini. Le indagini penali per diffamazione aggravata, atti persecutori e detenzione di materiale pedopornografico portano alla giovane.

I genitori della vittima decidono quindi di agire in giudizio e chiedono il risarcimento dei danni subiti dalla figlia. La giovane racconta infatti di aver ricevuto insulti continui su Instagram. A causa di questi episodi inoltre ha iniziato ad avere paura a uscire di casa da sola e ha temuto in diverse occasioni di essere  perseguitata da malintenzionati.

Genitori responsabili: attenzione massima ai social

Il Tribunale nel decidere sulle responsabilità e sul risarcimento richiesto, chiarisce quali sono i doveri dei genitori nella sorveglianza dei dispositivi digitali dei figli. Nel caso di specie la ragazza frequentava le superiori, aveva un’insegnante di sostegno e un’educatrice. Quest’ultima in particolare aveva avviato un percorso educativo sull’uso dei social, avvisando anche i genitori sui rischi di questi strumenti. Tutto questo però evidentemente non è bastato. La ragazza infatti ha creato molti profili falsi e sconosciuti alla famiglia e tramite questi ha commesso gli illeciti di rilievo penale che le sono stati contestati in sede penale.

I genitori si difendono dalle accuse loro rivolte, affermando di aver fatto il possibile. Il giudice però ritiene che quanto affermato non sia sufficiente. Per evitare la responsabilità genitoriale (art. 2047 c.c.) serve infatti dimostrare di non aver creato o tollerato situazioni pericolose. Il compito dei genitori è di prevenire i rischi, non di reagire solo quando è troppo tardi.

Massima attenzione anche alle immagini manipolabili

Il Tribunale si sofferma inoltre sull’impiego dei contenuti manipolati con software. I ragazzi oggi possono accedere facilmente a strumenti di intelligenza artificiale per modificare immagini o video. Per questo motivo i genitori devono aumentare ancora di più il controllo sui figli in relazione a questi strumenti. Lasciare i figli soli davanti allo schermo può avere infatti gravi conseguenze legali.

La giurisprudenza recente è concorde nel rafforzare l’obbligo di vigilanza dei genitori sull’utilizzo dei social da parte dei figli. I genitori sono chiamati a limitare sia il tempo sia le modalità di accesso ai social da parte dei figli. L’educazione digitale deve essere concreta e continua. Non basta dire ai figli cosa è giusto: è necessario verificare che lo mettano in pratica.

La precoce autonomia digitale dei minori non solleva i genitori dalle loro responsabilità. Al contrario, li obbliga a educare in modo ancora più attento e moderno. Serve un impegno reale nell’insegnare e verificare l’uso corretto delle tecnologie, inclusa l’intelligenza artificiale.

 

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maltrattamenti in famiglia

Maltrattamenti in famiglia controllare economicamente la moglie Maltrattamenti in famiglia: integra il reato di cui all'art. 572 c.p. ostacolare l'autonomia economica della moglie

Maltrattamenti in famiglia

Impedire alla moglie di essere economicamente indipendente integra il reato di maltrattamenti in famiglia. A questa conclusione è giunta la Corte di Cassazione con la sentenza n. 1268/2025. Gli Ermellini hanno infatti rigettato il ricorso di un uomo, condannato per aver maltrattato la moglie per quasi vent’anni, anche in presenza dei figli minori. Conclusione a cui è giunta più di recente sempre la Suprema Corte con la sentenza n. 12444 del 31 marzo 2025.

Violenza fisica e psicologica

Il caso di cui si sono occupati gli Ermellini riguarda un uomo, che negli anni ha perpetrato una serie di condotte illecite continuative ai danni della moglie. L’imputato ha esercitato violenza fisica, ha proferito minacce di morte, ha umiliato sessualmente e infine denigrato pubblicamente la moglie. L’uomo inoltre ha manipolato i figli per controllarla, anche dopo la separazione, ma soprattutto ha attuato un controllo psicologico ed economico opprimente.

Sfruttamento competenze lavorative

Nel corso del processo è emerso come l’imputato negli anni abbi sfruttato le competenze lavorative della moglie. L’ha costretta infatti a lavorare come contabile nella sua azienda per anni senza darle alcuna retribuzione. Le ha impedito quindi attivamente di raggiungere lindipendenza economica. Si è rifiutato inoltre di darle denaro per le sue necessità personali e le ha negato la possibilità di frequentare corsi di aggiornamento e di formazione. L’uomo ha persino molestato e perseguitato la moglie sul suo nuovo posto di lavoro. Lo stesso si è sottratto a ogni responsabilità familiare, delegando interamente le incombenze alla donna. Le azioni commesse dall’uomo e di cui è responsabile insomma sono molteplici e pervasive. Lo stesso ha addirittura installato una telecamera di sorveglianza intorno alla casa per monitorare ogni movimento della moglie e le ha imposto una serie di divieti. Il tutto accompagnato da minacce e umiliazioni.

Maltrattamenti in famiglia impedire l’autonomia

La Corte di Cassazione, dopo un’attenta analisi delle prove, concorda con le decisioni dei giudici precedenti, avallando un’interpretazione moderna (e in linea con le normative internazionali ed europee) dell’articolo 572 del codice penale. Questa interpretazione mira a proteggere efficacemente le persone che non possono sottrarsi agli abusi a causa del loro legame con l’aggressore.

La Corte di Cassazione, valutando attentamente tutti gli aspetti della violenza, ha infatti respinto il ricorso dell’uomo. Ha riconosciuto che le sue azioni miravano a limitare l’autonomia economica della moglie. Le condotte includono l’ostacolare la ricerca di un lavoro, controllare i suoi spostamenti con una telecamera, impedirle di coltivare relazioni esterne, imporle un ruolo casalingo discriminatorio, sottrarsi alle responsabilità domestiche e familiari, e non retribuire il lavoro svolto nell’azienda familiare. La componente economico-patrimoniale assume un rilievo particolare. Le decisioni economiche sono state prese unilateralmente dall’imputato, spesso attraverso manipolazioni e pressioni psicologiche. Questi comportamenti hanno inciso sull’autonomia, la dignità umana e l’integrità fisica e morale della vittima, beni giuridici tutelati dall’articolo 572 del codice penale e dalla Costituzione. Il controllo economico esercitato dal marito rientra quindi nelle forme di violenza domestica riconosciute a livello internazionale.La condanna dell’uomo per il reato di maltrattamenti è la logica conseguenza del suo totale disprezzo per i diritti e le libertà della moglie. La violenza economica del reato da tempo è riconosciuta come una forma specifica di violenza, equiparabile a quella fisica e psicologica. Non si può trascurare che questa forma di abuso, sebbene non lasci segni visibili, sia capace di prostrare le vittime e annientarne la capacità di agire.

 

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codici ateco

Codici Ateco: classificazione 2025 Codici Ateco: aggiornata la classificazione delle attività economiche creata per motivi amministrativi ed economici

Codici Ateco aggiornati

I codici Ateco sono strumenti statistici fondamentali per classificare le attività economiche in Italia. Creati dall’ISTAT, servono a raccogliere dati economici e amministrativi. Ogni codice Ateco è una combinazione alfanumerica che identifica con precisione l’attività svolta da un’impresa. Le lettere rappresentano i macro settori, mentre i numeri indicano categorie e sotto-categorie specifiche.

Cosa cambia dal 2025

Dal 1° gennaio 2025 è in vigore la nuova classificazione Ateco 2025, che va a sostituire Ateco 2007 – Aggiornamento 2022.  Questa revisione è nata da un lavoro coordinato tra ISTAT, enti pubblici e associazioni imprenditoriali. L’obiettivo è ottimizzare la raccolta e gestione dei dati statistici e amministrativi.

La classificazione verrà implementata operativamente dal 1° aprile 2025. Da questa data, le Camere di Commercio aggiorneranno automaticamente i codici Ateco delle imprese iscritte, notificando l’avvenuta modifica.

Perché sono stati aggiornati i Codici Ateco

Il processo di revisione è iniziato nel 2023, con la raccolta di oltre 700 proposte di modifica dagli utenti. Diversi esperti e un comitato tecnico hanno analizzato i suggerimenti per adattare la classificazione alle nuove esigenze economiche.

La revisione ha coinvolto l’Istat, il Ministero delle Imprese, Unioncamere, l’Agenzia delle Entrate e altri enti. Il risultato è una classificazione più chiara e aggiornata.

Come le imprese devono aggiornare i codici Ateco

Le imprese che ne avessero bisogno potranno correggere o integrare i codici Ateco seguendo  procedure diversificate in base al tipo di errore riscontrato e relativo al codice, che può interessare la visura o i dati in possesso dell’Agenzia delle Entrate.

La nuova classificazione Ateco 2025 rappresenta un’evoluzione importante per migliorare la gestione delle attività economiche in Italia, rendendola più precisa e funzionale. Le imprese e i professionisti però devono adeguarsi tempestivamente per garantire la regolarità delle loro posizioni amministrative e fiscali.

Codici Ateco Agenzia delle Entrate

Anche l’Agenzia delle Entrate ha adeguato le procedure di acquisizione dei modelli anagrafici e dei modelli dichiarativi alla nuova classificazione Istat.

Dal 1° aprile 2025, si legge nella risoluzione dell’8 aprile, tutti gli operatori interessati dall’aggiornamento dei codici attività sono tenuti ad utilizzare i nuovi codici negli atti e nelle dichiarazioni da presentare all’Agenzia delle entrate.

 

 

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Referendum lavoro

Referendum lavoro e cittadinanza: cosa cambia per i lavoratori Se dovessero passare i 5 quesiti referendari del referendum lavoro e cittadinanza i lavoratori avrebbero più diritti e più tutele

Referendum lavoro e cittadinanza

Referendum lavoro e cittadinanza: più diritti e tutele garantiti ai lavoratori. Questo promettono i cinque quesiti referendari pubblicati il 31 marzo 2025, in Gazzetta Ufficiale che riguardano il diritto del lavoro e la cittadinanza. I cittadini voteranno l’8 e il 9 giugno 2025.

Vediamo cosa prevedono i quesiti: i primi quattro affrontano il tema del lavoro, il quinto invece riguarda la cittadinanza italiana.

Quesito 1 – Licenziamento illegittimo e reintegra

Il primo quesito propone di abrogare le disposizioni del Jobs Act (D. Lgs. 23/2015), che riguarda le tutele crescenti. Oggi i lavoratori impiegati nella aziende con più di 15 dipendenti che sono stati assunti dopo il 7 marzo 2015 non possono ottenere la reintegra anche se licenziati ingiustamente. Il referendum vuole eliminare questa disparità.

Quesito 2 – Tutele lavoratori piccole imprese

Il secondo quesito mira a rimuovere il tetto massimo di sei mensilità di indennizzo per i licenziamenti illegittimi nelle aziende con meno di 16 dipendenti. Attualmente, anche se un giudice riconosce l’illegittimità del licenziamento, il risarcimento resta limitato. La proposta referendaria vuole affidare al giudice la valutazione del risarcimento, caso per caso, secondo criteri di equità.

Quesito 3 – Contratti a termine e precarietà

Il terzo quesito punta a combattere la precarietà. Oggi si può stipulare un contratto a tempo determinato per 12 mesi senza causale. Il referendum vuole reintrodurre l’obbligo di indicare una motivazione per questi contratti, così da favorire l’assunzione stabile e limitare l’uso strumentale del lavoro precario.

Quesito 4 – Sicurezza negli appalti

Il quarto quesito interviene sulla responsabilità in caso di incidenti sul lavoro. Attualmente, il committente risponde solo per rischi generici. Il referendum vuole estendere la responsabilità anche ai rischi specifici, rafforzando la tutela per i lavoratori e le famiglie, e promuovendo maggiore attenzione alla sicurezza.

Quesito 5 – Cittadinanza

Il quinto quesito propone di ridurre da 10 a 5 anni il periodo di residenza richiesto per ottenere la cittadinanza italiana da parte di cittadini stranieri maggiorenni.

 

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Decreto Accise: cosa prevede In vigore dal 5 aprile 2025 il decreto legislativo che revisiona le disposizioni sulle accise. Tante le novità su gas, elettricità e alcolici

Decreto Accise: le novità

Decreto accise: il Consiglio dei Ministri, il 13 marzo 2025 ha approvato in via definitiva il decreto legislativo contenente la revisione delle disposizioni in materia di accise.

Il testo del decreto n. 43/2025 è approdato in Gazzetta Ufficiale il 4 aprile per entrare in vigore il 5 aprile 2025.

Riforma TUA

Il testo, a partire da gennaio 2026, andrà a riformare il Testo Unico delle Accise (TUA) introducendo diverse novità. Uno dei principali obiettivi del decreto consiste nel riallineare le aliquote delle accise del gasolio e della benzina entro i prossimi 5 anni. Al momento il gasolio è gravato da accise inferiori rispetto alla benzina (61,7 centesimi contro 72,8 centesimi) anche se i motori diesel producono maggiori sostanze dannose per la salute. Per questo è volontà del Governo, attraverso l’intervento sulle accise, disincentivare il consumo del gasolio. La riforma è finalizzata anche alla riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi, nel rispetto degli obiettivi del PNRR.

Sistema qualificazione soggetti obbligati accreditati

Il decreto introduce un sistema di qualificazione degli operatori per instaurare un rapporto di fiducia tra soggetto obbligato e amministrazione finanziaria. Tale sistema denominato SOAC permette al soggetto qualificato di accedere a importanti benefici. Tra cui l’esonero dall’obbligo di prestare cauzione e la riduzione di specifici oneri amministrativi.
La qualifica di SOAC ha validità per 4 anni, è rinnovabile e, avendo una connotazione reputazionale, rende tali soggetti distinguibili nella platea degli operatori del settore. Il sistema sostituirà ogni altra procedura per ottenere l’esonero cauzionale. Previsti 3 livelli di qualificazione – base, medio e avanzato – a cui corrispondono gradi diversi di fruizione dei predetti benefici.

Riforma accisa sul gas naturale

Al fine di razionalizzare il sistema di tassazione e ridurre il contenzioso, l’attuale distinzione tra usi “civili” e usi “industriali” del gas naturale viene sostituita da quella tra “usi domestici” e “usi non domestici”. Questa modifica definisce con precisione l’applicazione dell’aliquota di accisa per usi domestici. Ovvero l’impiego del gas naturale per combustione in unità immobiliari ad uso abitativo. La nuova classificazione non cambia gli utilizzatori rispetto alla precedente distinzione ma facilita l’individuazione degli ambiti applicativi e delle aliquote, riducendo le dispute tra l’amministrazione finanziaria e i contribuenti.

Semplificazioni in materia di alcolici

Confermata la semplificazione per gli esercizi di vendita al minuto di alcolici (per esempio, i bar) per i quali la denuncia all’Agenzia delle dogane e dei monopoli (ADM) sarà assorbita dalla (già prevista) comunicazione di avvio delle attività di vendita di prodotti alcolici assoggettati al SUAP.

Riforma accisa energia elettrica

Il sistema di acconto “storico”, basato sui consumi dell’anno precedente viene sostituito da un meccanismo di pagamento mensile basato sui quantitativi effettivi di  energia elettrica ceduti. Le dichiarazioni necessarie per la liquidazione dell’imposta diventano semestrali anziché annuali, rendendo gli adempimenti più proporzionali ai consumi reali e migliorando la prevenzione delle frodi.

Oli lubrificanti e affini

Le disposizioni del decreto sono finalizzate a riorganizzare, aggiornare e rendere più chiara la disciplina di settore e l’applicazione delle relative imposte.

Disposizioni in materia di prodotti da fumo

Il testo prevede, infine, l’estensione, da 2 a 4 anni, della durata delle autorizzazioni per la vendita dei prodotti liquidi da inalazione. Semplificato il rapporto tra i rivenditori di tabacchi autorizzati e l’Amministrazione, con riduzione significativa dei costi amministrativi per la gestione delle autorizzazioni. Il potere di revoca dell’autorizzazione rimane invariato qualora i requisiti necessari per ottenerla vengano meno.