Dirigenti sanitari SSN: intramoenia illegittima La Consulta ha bocciato la legge della Regione Liguria che consentiva ai dirigenti sanitari in rapporto di lavoro esclusivo con il SSN di svolgere attività intramoenia
Intramoenia dei dirigenti sanitari Ssn
Incostituzionali le norme della regione Liguria che consentono ai dirigenti sanitari in regime di rapporto di lavoro esclusivo con il SSN di svolgere attività intramoenia presso le strutture private accreditate. Lo ha stabilito la Consulta, con la sentenza n. 153-2024, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 47, comma 1, della legge della Regione Liguria 28 dicembre 2023, n. 20, nella parte in cui consente, in via transitoria e fino al 2025, alle «strutture private accreditate, anche parzialmente, con il Servizio sanitario regionale, di avvalersi dell’operato di dirigenti sanitari dipendenti dal Servizio sanitario nazionale che abbiano optato per il regime di attività libero professionale intramuraria» (ALPI).
Contrasto con la tutela della salute
La Corte ha affermato che la citata previsione si pone in contrasto con un principio fondamentale in materia di tutela della salute, vincolante per tutte le Regioni, che vieta ai medici che abbiano optato per il rapporto di lavoro esclusivo con il SSN e ai quali è dunque consentito svolgere attività libero professionale solo intramoenia, di svolgere l’ALPI presso strutture sanitarie private accreditate.
Anche allorquando, infatti, è stata transitoriamente introdotta, in considerazione della carenza degli spazi disponibili, la possibilità di un’ALPI “allargata” e si è consentito al direttore generale di assumere le specifiche iniziative per reperire fuori dall’azienda spazi sostitutivi, includendovi anche gli studi professionali privati, è stata sempre ribadita l’espressa esclusione delle strutture sanitarie private accreditate.
Divieto mira a garantire efficienza del servizio sanitario pubblico
Con tale divieto, stabilito dall’art. 1, comma 4, della legge n. 120 del 2007 e ripetutamente affermato dal legislatore statale negli anni, il legislatore «ha inteso garantire la massima efficienza e funzionalità operativa al servizio sanitario pubblico», evitando che «potesse spiegare effetti negativi il contemporaneo esercizio da parte del medico dipendente di attività professionale presso strutture» accreditate, con il «pericolo di incrinamento della funzione ausiliaria» della rete sanitaria pubblica, che queste ultime svolgono.
Diverso esito hanno trovato, invece, le censure di incostituzionalità rivolte al comma 2 dello stesso art. 47 della legge della Regione Liguria n. 20 del 2023, là dove consente, «[i]n via transitoria» e comunque solo «fino all’anno 2025», alle aziende sanitarie, enti e istituti del SSR di acquisire dai propri sanitari prestazioni in regime di ALPI «[a]l fine di ridurre le liste di attesa» e ovviare alla carenza di organico (prestazioni aggiuntive o integrative).
La disposizione regionale impugnata è, infatti, ha concluso la Corte, in linea con la normativa statale, ad eccezione della previsione della possibilità che le prestazioni acquistate dall’azienda sanitaria dai propri dirigenti sanitari in regime di ALPI siano effettuate presso strutture sanitarie accreditate.