Cos’è il ticket di licenziamento
Il ticket di licenziamento è un contributo che il datore di lavoro deve versare all’INPS in caso di cessazione involontaria del rapporto di lavoro a tempo indeterminato. L’importo di questo contributo varia in base all’anzianità del lavoratore e alla retribuzione imponibile ai fini previdenziali.
Introdotto con la riforma Fornero (Legge n. 92/2012), il ticket di licenziamento ha la finalità di finanziare la NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego), garantendo un sostegno economico ai lavoratori che perdono il posto di lavoro involontariamente.
Normativa di riferimento
Le principali disposizioni normative relative al ticket di licenziamento sono:
- Legge n. 92/2012 (riforma Fornero);
- Lgs. n. 22/2015, che disciplina la NASpI;
- Circolari INPS n. 40/2020 e n. 137/2021, che aggiornano le modalità di calcolo e versamento del contributo.
Nel 2025, il ticket di licenziamento rimane obbligatorio per tutti i datori di lavoro che interrompono un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ad eccezione di alcuni casi specifici.
Quando non si paga il ticket di licenziamento
Esistono alcune eccezioni in cui il ticket di licenziamento non è dovuto, tra cui:
- dimissioni volontarie del lavoratore, salvo il caso di dimissioni per giusta causa;
- risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, all’interno di aziende con meno di 15 dipendenti e in presenza di un tentativo di conciliazione ali sensi dell’art. 410 c.p.c;
- interruzione del rapporto di lavoro nelle società sottoposte a procedura fallimentare o in amministrazione straordinaria se ha beneficiato della cassa integrazione straordinaria negli anni 2019 e 2020;
- licenziamenti causati da cambi di appalto a cui operò sono seguite assunzione da parte di altri datori di lavoro applicando le clausole che garantiscono continuità lavorativa;
- interruzioni contratti di apprendistato di primo livello (qualifica e diploma professionale, diploma di istruzione secondaria superiore e certificato di specializzazione tecnica superiore).
Quanto costa il ticket di licenziamento nel 2025
L’importo del ticket di licenziamento è calcolato sulla base della retribuzione media mensile imponibile ai fini previdenziali del lavoratore negli ultimi 12 mesi e della durata del rapporto di lavoro. Per il 2025, l’INPS con la circolare n. 25 del 29.1.2025 ha aggiornato i valori relativi a questo trattamento.
- Il contributo è calcolato nella percentuale del 41% sulla prima fascia della retribuzione mensile convenzionale (per il 2025 pari a Euro 1.436,61);
- L’importo massimo mensile della Naspi per il 2025 è di Euro 1.562,82 euro (aggiornato al tasso di inflazione dello 0,8%);
- L’importo massimo del contributo è quindi pari a 922,28 euro per ogni anno di anzianità aziendale del lavoratore, fino a un massimo di tre anni. L’importo si ottiene moltiplicando il 41% di Euro 1.562,82 (valore Naspi 2025) ovvero 640,67 euro per tre.
Il valore del ticket licenziamento quindi dipende anche dal valore della Naspi.
Novità 2025 sul ticket di licenziamento
Con il 2025, sono state introdotte alcune novità normative:
- L’importo massimo del ticket è stato aggiornato a 1.922,28 con un incremento rispetto all’anno precedente per via dell’adeguamento all’inflazione;
- Sono in fase di discussione nuove modalità di esonero per aziende in crisi o che attuano piani di ristrutturazione con accordi sindacali;
- L’INPS ha intensificato i controlli sui versamenti per evitare omissioni contributive.
Giurisprudenza rilevante
Alcune sentenze recenti hanno chiarito aspetti controversi del ticket di licenziamento:
Tribunale di Cremona n. 333/2024: Anche nei casi in cui il recesso venga irrogato a un dipendente che si è assentato volontariamente dal posto di lavoro, il ticket di licenziamento rimane un obbligo a carico del datore di lavoro. Il ticket di licenziamento resta quindi a carico del datore di lavoro, anche nei casi in cui il licenziamento derivi da una condotta disciplinarmente rilevante del dipendente. Il datore di lavoro non può trasferire tale onere economico al lavoratore, poiché la normativa stabilisce chiaramente che il contributo è dovuto in caso di cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, salvo le eccezioni espressamente previste. Inoltre, in assenza di prova che il lavoratore abbia rassegnato le dimissioni, sia in forma esplicita che tacita, il licenziamento viene considerato un atto unilaterale del datore di lavoro. Di conseguenza, il contributo deve essere versato dallo stesso, come stabilito dalla legge.
Cassazione n. 22905/2024: L’esonero dall’obbligo contributivo a carico del datore di lavoro, previsto per i casi di cessazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato che teoricamente potrebbe dar diritto all’indennità, indipendentemente dalla sua effettiva fruizione, si applica nel settore edile esclusivamente nelle ipotesi di completamento dei lavori e chiusura del cantiere. Tale esonero, disciplinato dall’art. 2, comma 34, lett. b), si riferisce unicamente alla conclusione del ciclo produttivo in senso tecnico, ovvero alla “fine lavori” effettiva del cantiere.
Tribunale di Udine 160/2020: Il datore di lavoro ha diritto al rimborso del cosiddetto ticket di licenziamento nel caso in cui il lavoratore, con piena consapevolezza, abbia volontariamente determinato il proprio licenziamento per giusta causa, con l’intento di ottenere l’accesso alla misura di sostegno al reddito NASpI.
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