Cos’è la custodia cautelare?
La custodia cautelare è una misura cautelare personale prevista dal codice di procedura penale (art. 285- art. 286 bis c.p.p). Si applica a un imputato quando sussistono gravi indizi di colpevolezza e specifiche esigenze cautelari, al fine di garantire il corretto svolgimento del processo.
Normativa di riferimento
Le disposizioni relative alla custodia cautelare sono contenute nel Titolo I, Capo II del Libro IV del Codice di procedura penale. Le principali norme di riferimento includono:
- Art. 272 c.p.p.: sancisce che le libertà della persona possa essere limitata solo con misure cautelari nel rispetto delle disposizioni di legge dedicate presenti nel codice di procedura penale.
- Art. 273 c.p.p.: le misure cautelari possono essere disposte solo in presenza di gravi indizi di colpevolezza.
- Art. 274 c.p.p.: le principali esigenze cautelari sono rappresentate dal pericolo di fuga, da quello di reiterazione del reato, dal possibile inquinamento delle prove.
- Art. 285 c.p.p.: contiene la disciplina della custodia cautelare in carcere.
- Art. 286 c.p.p.: prevede la custodia cautelare in un luogo di cura.
- Art 286 bis c.p.p: prevede in quali casi è previsto il divieto della custodia cautelare.
Requisiti per l’applicazione
La custodia cautelare è disposta dal giudice quando ricorrono tre presupposti fondamentali:
- Gravi indizi di colpevolezza (art. 273 c.p.p.).
- Esigenze cautelari concrete e attuali (art. 274 c.p.p.):
- Pericolo di fuga;
- Pericolo di reiterazione del reato;
- Pericolo di inquinamento delle prove.
- Adeguatezza della misura: il giudice deve valutare se misure meno afflittive (es. arresti domiciliari, obbligo di firma) siano insufficienti. Il comma 2 dell’articolo 275 c.p.p sancisce infatti che “ogni misura deve essere proporzionata all’entità del fatto e alla sanzione che sia stata o che si ritiene possa essere irrogata.”
Durata della custodia cautelare
La custodia cautelare ha una durata massima stabilita dagli artt. 303 e 304 c.p.p., che varia in base alla gravità del reato e alla fase del processo:
- Indagini preliminari: 3 mesi per delitti che prevedono la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni, 6 mesi per reati puniti con la reclusione per un periodo non superiore a sei anni salvo quanto sancito dal punto 3), comma 1, art. 2303 c.p.p, 1 anno per reati puniti con l’ergastolo o con una pena non inferiore nel massimo a 20 anni;
- Giudizio di primo grado: sei mesi per reati puniti con la reclusione non superiore nel massimo a sei anni; 1 anno per reati puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a 20 anni; 1 anno e sei mesi se la pena prevista è l’ergastolo o la pena della reclusione superiore, nel massimo, a 20 anni.
- Appello e Cassazione: i tempi sono ulteriormente ridotti.
Reati per cui si applica la custodia cautelare
La custodia cautelare può essere applicata per reati di particolare gravità, tra cui:
- Mafia e associazione per delinquere (art. 416-bis c.p.).
- Omicidio volontario (art. 575 c.p.).
- Violenza sessuale aggravata (art. 609-bis c.p.).
- Traffico di droga (art. 73 D.P.R. 309/90).
- Rapina aggravata (art. 628 c.p.).
Giurisprudenza rilevante
La Corte di Cassazione intervenuta spesso in materia di custodia cautelare per precisare le caratteristiche peculiari dell’istituto e la sua applicazione.
Cassazione n. 10925/2025
La misura della custodia cautelare in carcere va confermata nei confronti di un imputato accusato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, evidenziando che il semplice decorso del tempo non è, di per sé, sufficiente a escludere l’attualità delle esigenze cautelari. La decisione si basa sulla persistenza di elementi concreti e attuali che attestano la pericolosità del soggetto, come condotte recenti indicative di una propensione a reiterare reati della stessa natura. In questo contesto, la valutazione dell’autorità giudiziaria deve considerare non solo il tempo trascorso, ma anche eventuali comportamenti che confermino il mantenimento del legame con l’ambiente criminale o la possibilità di nuovi reati.
Cassazione SU n. 44060/2024
Nel caso in cui l’imputato, nei confronti del quale sia stata emessa ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere, divenuta inefficace per il proscioglimento pronunciato all’esito del giudizio di primo grado, venga successivamente sottoposto, ai sensi dell’art. 300, comma 5, cod. proc. pen., a nuova applicazione della custodia in carcere, il rimedio che egli può esperire per impugnare la relativa ordinanza è quello dell’istanza di riesame ex art. 309 cod. proc. pen.
Cassazione n. 32593/2021
In materia di misure cautelari personali, il limite di tre anni di pena detentiva necessario per l’applicazione della custodia in carcere, previsto dall’art. 275 c.p.p., comma 2-bis, opera non solo nella fase di applicazione, ma anche nel corso dell’esecuzione della misura, sicché la misura non può essere mantenuta qualora sopravvenga una sentenza di condanna, quantunque non definitiva, a pena inferiore al suddetto limite; in motivazione, la Corte ha precisato che i principi di proporzionalità ed adeguatezza devono essere costantemente verificati, al fine di attuare la minor compressione possibile della libertà personale, non potendo prevalere le valutazioni compiute in fase cautelar rispetto alla pronuncia adottata in fase di merito.”
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