Penale

Colloqui intimi in carcere: diritto non mera aspettativa Colloqui intimi in carcere: non aspettativa, ma diritto previsto da Costituzione e CEDU come sancito dalla Consulta nella sentenza n. 10/2024

colloqui intimi in carcere

Colloqui intimi in carcere: l’intervento della Cassazione

La possibilità per i detenuti di svolgere colloqui intimi con il proprio coniuge o convivente non è una semplice aspettativa. Si tratta di un diritto, come ribadito dalla Corte di Cassazione, che ne ha sottolineato il valore costituzionale. La decisione segue la storica sentenza della Corte Costituzionale n. 10/2024, che ha dichiarato illegittima la normativa penitenziaria nella parte in cui negava tali colloqui senza giustificazioni specifiche.

Con la sentenza n. 8/2025, la Prima Sezione Penale della Cassazione ha annullato un provvedimento del Tribunale di sorveglianza di Torino. Quest’ultimo aveva giudicato inammissibile il ricorso di un detenuto contro il diniego opposto dall’istituto penitenziario di Asti. La motivazione del rifiuto si basava sull’assenza di spazi adeguati nella struttura. Secondo il tribunale, la richiesta del detenuto non configurava un diritto tutelabile, ma una semplice aspettativa. La Cassazione ha smentito questa interpretazione, evidenziando che la libertà di vivere relazioni affettive rientra tra i diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione.

Intimità in carcere: la sentenza della Consulta

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 10/2024, aveva già chiarito che il diritto all’affettività dei detenuti non può essere cancellato, ma solo regolamentato. La libertà di esprimere normali relazioni affettive non può essere soppressa da norme generali e astratte. Eventuali limitazioni devono essere giustificate da esigenze specifiche, come la sicurezza, l’ordine interno o il comportamento del detenuto. Negare indiscriminatamente tale diritto viola la dignità della persona e i principi costituzionali sanciti dagli articoli 27 e 117 della Costituzione, oltre che dall’articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).

Il problema dell’applicazione pratica

Nonostante il riconoscimento del diritto, la sua effettiva applicazione rimane un nodo irrisolto. La mancanza di spazi adeguati nelle carceri italiane rappresenta il principale ostacolo. Nel marzo 2024, il Ministro della Giustizia Carlo Nordio aveva annunciato la costituzione di un gruppo di lavoro per affrontare il problema, ma al momento non si registrano progressi concreti. Dal coordinamento dei magistrati di sorveglianza di fine ottobre emerge che nessun istituto penitenziario ha ancora provveduto a risolvere in concreto il problema.

Colloqui intimi in carcere: un diritto da tutelare

La Cassazione ha ricordato che il diritto dei detenuti a coltivare relazioni affettive merita tutela giurisdizionale. I magistrati di sorveglianza, pertanto, devono intervenire per garantire il rispetto di questo diritto. Se le strutture penitenziarie non sono adeguate, spetta all’amministrazione penitenziaria predisporre soluzioni idonee. L’inerzia dell’amministrazione, infatti, si traduce in una lesione grave e attuale di un diritto fondamentale.

Il riconoscimento dei colloqui intimi come diritto rappresenta un passo importante verso il rispetto della dignità e dell’umanità dei detenuti. Tuttavia, senza interventi concreti e tempestivi per adeguare le strutture, tale diritto rischia di rimanere solo sulla carta. È necessario che le istituzioni, a partire dal Ministero della Giustizia, garantiscano le condizioni per l’effettiva fruizione di questo diritto, in linea con i principi costituzionali e gli obblighi internazionali.

 

Leggi anche: Censura corrispondenza al 41-bis: quali limiti

Allegati