Maltrattamento animale: reato anche senza lesioni evidenti
Cani legati sull’asfalto rovente è reato anche senza lesioni. Con la sentenza n. 213/2025, il Tribunale di Pescara ha stabilito che lasciare animali domestici legati su asfalto rovente, sotto il sole, costituisce reato di detenzione incompatibile con la loro natura ai sensi dell’art. 727 c.p., anche in assenza di lesioni fisiche visibili.
Secondo il Giudice, la nozione di “sofferenza” comprende anche disagio psicofisico, stress, angoscia, dolore emotivo, nervosismo, agitazione e affaticamento. Non serve, quindi, che l’animale mostri ferite per configurare l’illecito.
Il caso concreto
Il procedimento è scaturito da segnalazioni di cittadini che avevano notato, nelle vie del centro di Pescara, un uomo senza fissa dimora accompagnato da un cane meticcio e da un coniglio, entrambi esposti al caldo estremo.
Il cane era legato alla bicicletta del proprietario, costretto a rimanere fermo sull’asfalto bollente, spesso con cappellini o occhiali da sole, utilizzati come attrattiva durante l’accattonaggio.
Il coniglio, legato per una zampa con un guinzaglio, mostrava una vistosa ferita per l’assenza di protezione e libertà di movimento.
Una testimone ha affermato che l’uomo, probabilmente affetto da dipendenza alcolica, non comprendeva la gravità del trattamento riservato agli animali.
Le sofferenze ambientali equivalgono a sevizie
Il Tribunale ha sottolineato che il benessere animale non si misura solo attraverso le condizioni fisiche, ma anche attraverso l’idoneità dell’ambiente in cui l’animale è detenuto.
Anche in assenza di lesioni, un contesto di immobilità forzata, esposizione a calore e mancanza d’acqua può generare gravi sofferenze, qualificabili come sevizie.
La norma di riferimento, l’art. 727 c.p., punisce proprio la detenzione in condizioni incompatibili con la natura dell’animale, senza richiedere la presenza del dolo specifico previsto invece per il reato di maltrattamenti (art. 544-ter c.p.).
L’intento non rileva: il reato è punibile anche a titolo di colpa
Secondo il Giudice, il fatto che l’imputato non avesse intenzione di maltrattare gli animali non esclude il reato, poiché l’articolo 727 c.p. prevede una responsabilità colposa, fondata sull’omissione di comportamenti dovuti.
Inoltre, lo status di persona senza fissa dimora non rappresenta una causa di esclusione della punibilità. Il soggetto, pur in difficoltà, è comunque tenuto a rispettare il benessere animale.
Tenuità del fatto: assoluzione per proporzionalità
Nonostante il riconoscimento della condotta illecita, il Tribunale ha valutato le circostanze concrete e ha ritenuto applicabile l’art. 131-bis c.p., per particolare tenuità del fatto.
Considerando la durata limitata della condotta, le condizioni personali dell’imputato e la mancanza di crudeltà intenzionale, il giudice ha concluso che una pena detentiva sarebbe stata eccessiva e controproducente, tanto sul piano retributivo quanto su quello preventivo.
L’imputato è stato quindi assolto, pur restando fermo il principio giuridico: detenere animali in condizioni disumane è reato, anche se non vi sono ferite visibili.
Il benessere animale va oltre le ferite
La sentenza del Tribunale di Pescara rappresenta un precedente rilevante nella tutela degli animali: afferma che la sofferenza può essere invisibile ma giuridicamente rilevante.
Anche in assenza di crudeltà manifesta, ambienti ostili e condizioni innaturali possono costituire maltrattamento.
È un richiamo chiaro alla responsabilità di ogni detentore di animali, chiamato a garantire benessere reale, non solo sopravvivenza.