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Reato di incendio e di danneggiamento seguito da incendio Come occorre impostare il giudizio sulla ricorrenza del pericolo di incendio ai fini della distinzione tra i reati di incendio e di danneggiamento seguito da incendio?

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Quesito con risposta a cura di Stella Liguori e Raffaella Lofrano

 

Il giudizio sulla ricorrenza del pericolo di incendio va formulato sulla base di una prognosi postuma, “ex ante”, rapportato al momento in cui l’autore ha posto in essere la propria azione, e non già tenendo conto di come il fatto si è concluso. Il giudizio prognostico, inoltre, deve essere a base parziale, ovvero fondato sulla valutazione delle circostanze concrete esistenti al momento dell’azione, senza che possano rilevare fattori eccezionali o sopravvenuti (Cass., sez. I, 16 novembre 2023, n. 5527).

Nel caso di specie la Suprema Corte è stata chiamata a valutare la qualifica giuridica del fatto in oggetto.

È stata applicata, a seguito di ordinanza, la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti dell’indagato, ritenendo sussistenti gravi indizi di colpevolezza in relazione al reato di cui all’art. 423 c.p., per avere egli cagionato l’incendio di un’autovettura posteggiata in un’area di parcheggio, cospargendo il veicolo di liquido accelerante ed innescando il fuoco che, avvolgendo il mezzo, lo ha distrutto, con l’aggravante di aver commesso il fatto in orario notturno e in circostanze di tempo tali da ostacolare la pubblica e privata difesa.

L’indagato, a seguito di riesame, è stato rimesso in libertà, previa riqualificazione del fatto di reato ai sensi dell’art. 424, comma 1, c.p.

Viene proposto quindi ricorso per Cassazione dal Procuratore della Repubblica, contestando la qualificazione giuridica del fatto.

La Suprema Corte, nella decisione de qua, accogliendo il ricorso, ha preliminarmente ricordato quanto stabilito da Cass. 17 maggio 2019, n. 29294, relativamente alla distinzione tra reato di incendio di cui all’art. 423 c.p. e reato di danneggiamento a seguito di incendio ex art. 424 c.p.

La differenza inerisce l’elemento soggettivo. Il primo, infatti, richiede la sussistenza del dolo generico e dunque «la volontà di cagionare l’evento con fiamme che, per le loro caratteristiche e la loro violenza, tendono a propagarsi in modo da creare un effettivo pericolo per la pubblica incolumità, mentre il secondo è caratterizzato dal dolo specifico di danneggiare la cosa altrui, senza la previsione che ne deriverà un incendio».

La Cassazione ha, inoltre, richiamato la condivisa interpretazione dell’art. 423 c.p. fornita dalla Cass. 14 dicembre 2021, n. 46402, secondo cui ai fini dell’integrazione di tale delitto occorre distinguere il concetto di fuoco da quello di incendio, poiché si determina quest’ultimo solo quando il fuoco divampi irrefrenabilmente, «così da porre in pericolo l’incolumità di un numero indeterminato di persone».

È stato chiarito che il giudizio sulla ricorrenza del pericolo di incendio vada formulato sulla base di una prognosi postuma, ex ante, relativa al momento in cui è l’autore ha compiuto la propria azione. Tale giudizio deve essere a base parziale, cioè fondato sulla valutazione delle circostanze concrete esistenti al momento dell’azione, senza che possano rilevare fattori eccezionali o sopravvenuti (così anche Cass. 22 aprile 2010, n. 35769)

Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che in sede di riesame si era verificata una omissione della valutazione ex ante.

Alcune circostanze, invece, andavano valorizzate, quali l’utilizzo di liquido accelerante con conseguente flash fire generatosi dallo sversamento di liquido accelerante e la vicinanza dell’autovettura ad alberi ad alto fusto, alla pubblica via, al palo dell’illuminazione elettrica ed un tombino contente cavi elettrici di rame.

Nell’ordinanza impugnata, inoltre, non è stato tenuto conto che, all’arrivo dei Vigili del Fuoco, il fuoco era giunto ad intaccare un albero a grande fusto posto a distanza di 3 m e che , secondo il rapporto dei Carabinieri, qualora le fiamme avessero avvolto il fusto maggiormente, si sarebbe verificato un effetto domino tra gli alberi a causa del quale le fiamme si sarebbero propagate verso gli immobili adiacenti e i veicoli parcheggiati nelle vicinanze.

L’intervento che aveva impedito la diffusione delle fiamme – l’arrivo dei Vigili del Fuoco – costituisce, dunque, fattore esterno, indipendente dalla volontà dell’agente.

Per tale motivo, la Cassazione ha accolto il ricorso e annullato l’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale del riesame, affinché proceda a nuovo giudizio, attenendosi al principio evidenziato in massima.

 

Contributo in tema di “Reato di incendio e di danneggiamento seguito da incendio”, a cura di Stella Liguori e Raffaella Lofrano, estratto da Obiettivo Magistrato n. 73 / Aprile 2024 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica