Responsabilità contrattuale: cos’è
Il nostro ordinamento giuridico prevede due principali forme di responsabilità civile: quella contrattuale e quella extracontrattuale. Sebbene entrambe mirino a riparare il danno causato a un soggetto, esse si fondano su presupposti e meccanismi differenti. In questo articolo ci concentreremo sulla responsabilità contrattuale, che rappresenta un istituto fondamentale del nostro ordinamento giuridico, volto a tutelare i diritti dei creditori e a garantire l’esatto adempimento delle obbligazioni assunte. Di questo istituto è importante analizzare i fondamenti, le caratteristiche e le differenze rispetto alla responsabilità extracontrattuale.
La responsabilità contrattuale: norma di riferimento
La responsabilità contrattuale trova il suo fondamento nell’inadempimento di un’obbligazione assunta in forza di un contratto o di un altro atto o fatto idoneo a produrla. L’articolo 1218 del codice civile stabilisce che il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, a meno che non provi che l’inadempimento è dipeso da una causa a lui non imputabile.
La diligenza del debitore
Il debitore, nell’adempiere la propria obbligazione, deve usare la diligenza del buon padre di famiglia. Questo significa che deve agire con la prudenza e l’attenzione che una persona normalmente previdente adopera per i propri affari. Nel caso di attività professionali, la diligenza richiesta è quella specifica del professionista medio.
L’onere della prova
Una delle principali differenze tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale riguarda l’onere della prova. Nel caso della responsabilità contrattuale, si applica il principio della presunzione di colpa del debitore. Ciò significa che il creditore danneggiato deve provare l’esistenza del contratto, l’inadempimento del debitore e l’entità del danno subito. Spetterà poi al debitore dimostrare che l’inadempimento è dipeso da una causa a lui non imputabile, come un evento imprevedibile e inevitabile.
Il risarcimento del danno
Il danno risarcibile in caso di responsabilità contrattuale comprende sia il danno emergente, ossia la perdita effettivamente subita dal creditore, sia il lucro cessante, ovvero il mancato guadagno. Tuttavia, se l’inadempimento non è doloso, il risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi al momento in cui è sorta l’obbligazione.
La prescrizione
L’azione per il risarcimento del danno derivante da responsabilità contrattuale si prescrive in dieci anni, ai sensi dell’articolo 2946 del codice civile. Questo termine può essere ridotto in presenza di disposizioni specifiche relative a determinate tipologie di contratti.
Differenze con responsabilità extracontrattuale
La distinzione tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale è di fondamentale importanza, in quanto comporta diverse conseguenze in termini di onere della prova, risarcimento del danno e termini di prescrizione. La responsabilità contrattuale trova la sua fonte nel contratto o in un fatto idoneo a produrre obbligazioni. La distribuzione dell’onere della prova prevede che il creditore provi l’inadempimento e il danno, mentre il debitore l’impossibilità della prestazione. Il danno risarcibile comprende sia il danno emergente che il lucro cessante, ma può essere limitato al danno prevedibile se l’inadempimento non è doloso. Salvo diversa disposizione di legge il diritto al risarcimento del danno si prescrive in dieci anni.
La responsabilità contrattuale trova la sua origine in un fatto illecito (comportamento contrario a norme di legge, di costume o di contratto). La distribuzione dell’onere probatorio prevede che il danneggiato debba provare tutti gli elementi costitutivi del fatto illecito (fatto dannoso, dolo o colpa, nesso di causalità, danno ingiusto). Il soggetto danneggiato può chiedere il risarcimento di tutti i danni, prevedibili e non prevedibili. Il diritto al risarcimento si prescrive nel termine di 5 anni.
Responsabilità contrattuale: ultime della Cassazione
Vediamo come si è pronunciata di recente la Corte di Cassazione sulla responsabilità contrattuale:
Cassazione n. 28420/2024: L’articolo 1218 del codice civile esonera il creditore dell’obbligazione non adempiuta dall’onere di provare la colpa del debitore, attribuendo al debitore l’onere di dimostrare che l’inadempimento o il ritardo nell’adempimento siano stati causati da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile. Tuttavia, tale disposizione non solleva il creditore dall’obbligo di dimostrare il nesso causale tra la condotta del debitore e l’inadempimento che costituisce la fonte del danno di cui si chiede il risarcimento. L’assorbimento del nesso eziologico nell’inadempimento, infatti, non implica la sua irrilevanza né sul piano sostanziale né su quello processuale. In particolare, non elimina la necessità di valutare le ricadute sulla distribuzione dell’onere probatorio. Tale assorbimento deve essere interpretato come una forma di prova presuntiva della sua esistenza, fondata sul fatto che, nella normalità dei casi, il nesso causale è intrinsecamente legato all’inadempimento stesso. Questo perché l’inadempimento si concretizza nella violazione dell’interesse del creditore, che a sua volta rappresenta l’evento dannoso da cui discendono le conseguenze risarcitorie. In altre parole, il nesso di causalità tra l’inadempimento e il danno è generalmente implicito nella natura stessa dell’inadempimento, ma ciò non esime il creditore dal fornire adeguata dimostrazione, ove necessario, dell’esistenza di tale collegamento causale nei termini richiesti dalla fattispecie concreta. (Cassazione, Sez. 3, Ordinanza n. 12760 del 9 maggio 2024).
Cassazione n. 30439/2024: L’obbligazione di risarcimento del danno derivante da inadempimento contrattuale, analogamente a quella risarcitoria derivante da responsabilità extracontrattuale, deve essere qualificata come debito di valore e non di valuta. Essa rappresenta il surrogato dell’utilità concreta che il creditore avrebbe ottenuto se la prestazione contrattuale fosse stata adempiuta. Di conseguenza, nel calcolo del risarcimento si deve considerare l’eventuale svalutazione monetaria intervenuta nel tempo, senza che sia necessario per il creditore dimostrare o allegare il maggior danno previsto dall’art. 1224, secondo comma, del codice civile.
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