durata affitto turistico

Affitti brevi: legittimo il limite di 6 mesi per le prime case La Consulta legittima la previsione regionale della Val d'Aosta di un periodo massimo di durata della locazione turistica delle prime case

Durata massima affitti brevi

“L’art. 4, comma 1, lettera f), ultimo periodo, della legge della Regione Valle d’Aosta 18 luglio 2023, n. 11 (Disciplina degli adempimenti amministrativi in materia di locazioni brevi per finalità turistiche), nella parte in cui fissa in centottanta giorni la durata massima dell’attività di locazione degli alloggi a uso turistico costituiti da ‘camere arredate ubicate in unità abitative rientranti nella categoria di destinazione d’uso ad abitazione permanente o principale’ (prima casa), non concerne la disciplina della durata dei contratti di locazione turistica breve e, quindi, non incide sulla materia dell’ordinamento civile, riservata dall’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., al legislatore statale”. E’ quanto affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 94-2024, depositata oggi.

La questione di legittimità costituzionale

La Corte ha rigettato la questione sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri, affermando che “con la disposizione impugnata il legislatore regionale – nell’esercizio della competenza primaria in materia di urbanistica a esso affidata dall’art. 2, primo comma, lettera g), dello statuto speciale – ha inteso concretizzare quanto già stabilito nella legge urbanistica regionale”.

Infatti, la Regione ha configurato come mutamento di destinazione d’uso dell’immobile, da abitazione principale (prima casa) ad abitazione temporanea (seconda casa), l’impiego di parti dello stesso (le “camere arredate”) a fini di locazione turistica breve per un tempo superiore a centottanta giorni annui, ritenendolo corrispondente a un uso “ non puramente occasionale e momentaneo”, in linea con gli artt. 73 e 74 della legge urbanistica regionale.

Nessun pregiudizio per i contratti tra privati

Il superamento di tale durata non comporta, invece, alcun “pregiudizio per la validità e l’efficacia dei contratti stipulati tra i privati” che rimangono “disciplinati dalle previsioni del codice civile a norma dell’art. 53 del d.l. n. 50 del 2017, come convertito”.

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giurista risponde

Casellario informatico ANAC e termine annuale di efficacia Allo scadere del termine annuale di efficacia, l’iscrizione nel casellario informatico ANAC può trasferirsi in diversa sezione?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

No, le iscrizioni pregiudizievoli possono avere una durata massima di un anno e, al termine dello stesso, sono intrasferibili in diversa sezione. – Cons. Stato, sez. V, 29 gennaio 2024, n. 881.

Preliminarmente per casellario ANAC si intende il casellario informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, attualmente disciplinato ai sensi dell’art. 222, comma 10, D.Lgs. 36/2023.

Nel casellario sono annotate le notizie, le informazioni e i dati relativi agli operatori economici con riferimento alle iscrizioni previste dall’art. 94, D.Lgs. 36/2023 relativamente alle false dichiarazioni o alla falsa documentazione presentata nelle procedure di gara e negli affidamenti di subappalti ovvero ai fini del rilascio dell’attestazione di qualificazione.

La vicenda sottoposta all’attenzione del Consiglio di Stato attiene alla durata delle iscrizioni pregiudizievoli nel casellario ANAC. La vicenda si è svolta nel contesto normativo previgente, l’originaria iscrizione nel casellario ANAC veniva disposta in forza del potere sanzionatorio esercitato dall’Autorità Nazionale Anticorruzione e disciplinato dalle previsioni del Regolamento unico in materia di esercizio del potere sanzionatorio. In tale regolamento si prevedeva che l’iscrizione nel casellario informatico ai fini dell’esclusione delle procedure di gara e degli affidamenti in subappalto fosse disposta per la durata massima di un anno, decorso il quale l’iscrizione perde efficacia. Nel caso in esame, al termine dell’anno di durata massima, l’iscrizione veniva spostata in altra area del casellario per un periodo di tempo indefinito.

I giudici di Palazzo Spada enunciano che la decisione dell’ANAC di non cancellare ma di spostare l’impresa in una diversa sezione del casellario informatico allo scadere del termine annuale, dopo aver accertato la falsità di una dichiarazione, deve ritenersi illegittima perché non supportata da uno specifico riferimento di legge e, in ogni caso, elusiva dei limiti di efficacia ex art. 38, comma 1, lett. h), D.Lgs. 163/2006, norma comunque prevalente su disposizioni di rango regolamentare.

Il Consiglio di Stato ha chiarito che la norma ha natura speciale, poiché si riferisce “non a qualsiasi violazione contrattuale o di legge commessa nell’esecuzione di un precedente appalto, bensì alle sole ipotesi di presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione, peraltro ove rese con dolo o colpa grave”. In quanto norma speciale, è destinata a prevalere – circoscrivendone l’ambito di applicazione – su eventuali disposizioni di carattere generale potenzialmente idonee a disciplinare anche i casi ad essa riconducibili, e ciò a maggior ragione nel caso in cui la previsione di carattere più generale sia di rango inferiore nella gerarchia delle fonti del diritto”.

*Contributo in tema di “Casellario informatico ANAC e termine annuale di efficacia”, a cura di Claudia Buonsante, estratto da Obiettivo Magistrato n. 73 / Aprile 2024 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica

parcheggi uso pubblico temporaneo

Parcheggi a uso pubblico e temporaneo: ci vuole la VIA La Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della legge della regione Puglia ritenendo illegittima una disciplina regionale che esclude i parcheggi a suo pubblico e temporaneo dalle procedure di valutazione ambientale e paesaggistica

Parcheggi a uso pubblico e temporaneo

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 82-2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 della legge della Regione Puglia n. 19 del 2023, che prevedeva l’esclusione dalle procedure di valutazione ambientale e paesaggistica, sino al 31 dicembre 2023, delle «aree a parcheggio a uso pubblico e temporaneo non superiore a centoventi giorni», a condizione che entro e non oltre trenta giorni dal termine del relativo utilizzo fosse garantito il ripristino dello stato dei luoghi.

La questione

La disposizione era stata impugnata dal Governo per violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.

La decisione della Corte Costituzionale

In primo luogo, la Corte ha ritenuto che il legislatore regionale abbia introdotto una deroga all’art. 146 del codice dei beni culturali e del paesaggio, che prevede la necessità dell’autorizzazione paesaggistica. In tal modo, la Regione si è sostituita al legislatore statale, cui spetta, per costante giurisprudenza costituzionale, determinare presupposti e caratteristiche di tale autorizzazione, delle eventuali esenzioni e delle semplificazioni della procedura, in ragione della diversa incidenza delle opere sul valore intangibile dell’ambiente. In secondo luogo, la Corte ha ritenuto che anche l’esclusione dalle procedure di valutazione ambientale abbia violato l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. Non prevedendo alcun limite alla capienza dei parcheggi, infatti, la disposizione regionale ne avrebbe consentito la realizzazione per più di 500 posti auto, in contrasto con il punto 7, lettera b), dell’Allegato IV alla Parte seconda del codice dell’ambiente, che assoggetta i parcheggi di tali dimensioni, a prescindere dalla loro natura temporanea o stabile, alla verifica di assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale. Sotto questo profilo, la Corte ha richiamato il proprio costante orientamento secondo cui non spetta alle regioni decidere quali siano i presupposti e le condizioni che determinano l’esclusione dalle verifiche di impatto ambientale. Simili interventi, infatti, alterano il punto di equilibrio fissato dallo Stato tra l’esigenza di semplificazione e di accelerazione del procedimento amministrativo, da un lato, e la speciale tutela che deve essere riservata al bene ambiente, d’altro lato. Punto di equilibrio che corrisponde anche a uno standard di tutela dell’ambiente, in quanto tale non derogabile da parte delle legislazioni regionali.

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leva obbligatoria

Leva obbligatoria: la proposta di legge Leva militare obbligatoria o servizio civile: cosa prevede la proposta di legge ordinaria della Lega presentata alla Camera il 15 maggio 2024

Leva militare o servizio civile: proposta di legge alla Camera

Eugenio Zoffili, deputato e membro della commissione difesa della Camera in data 14 maggio 2024 ha presentato la proposta di legge n. 1873 intitolata “Istituzione del servizio militare e civile universale territoriale e delega al Governo per la sua disciplina.” 

Come emerge dal titolo, la proposta legislativa si pone l’obiettivo di reintrodurre il servizio di leva militare della durata di sei mesi per i ragazzi e le ragazze. Matteo Salvini, nel corso del raduno degli Alpini del 12 maggio 2024, tenutosi nella provincia di Vicenza, ha dichiarato che la leva che vuole reintrodurre ha una finalità educativa. Con la leva militare o il servizio civile si vogliono preparare cittadini in grado di salvare e soccorrere tutti quei soggetti che si trovano in condizioni di difficoltà e di proteggere i boschi.

La grande novità della proposta leghista è rappresentata dal fatto che il servizio si potrà svolgere vicino casa.

Come funzioneranno la leva militare e il servizio civile

La proposta di legge, come anticipato, non prevede solo la leva militare, ma contempla anche l’opzione del servizio civile, che coinvolgeranno tutti i cittadini di età compresa tra i 18 e i 26 anni. Vediamo distintamente in che cosa consistono.

Il servizio militare universale di tipo territoriale, come annunciato dal proponente Eugenio Zoffili,  sarà svolto solo sul territorio nazionale e nella regione di residenza o domicilio. La provincia di residenza rappresenta il criterio prioritario, a meno che il soggetto non faccia richiesta espressa di essere impiegato in altri territori, previa autorizzazione dell’autorità competente al rilascio. Chi sceglierà il servizio militare potrà contare su una formazione militare per la successiva attività di impiego sul territorio nazionale.

Chi opterà per il servizio civile universale invece potrà svolgere funzioni relative alla tutela del patrimonio culturale e naturalistico e del paesaggio. Ci sarà anche la possibilità di entrare a far parte del sistema nazionale della protezione civile e del soccorso pubblico e di poter collaborare con i Vigili del fuoco.

Le critiche alla proposta di legge

Sulla proposta di legge della lega non tardano ad arrivare le perplessità del Ministro della Difesa Guida Crosetto ritiene infatti che le finalità educative della legge che reintroduce il servizio militare e il servizio civile siano errate. All’educazione dei giovani devono provvedere le famiglie e la scuola.

Contrario alla proposta di legge anche l’ex premier Conte, per il quale i giovani non hanno bisogno di una politica che li costringe a fare i militari e la guerra, quanto di una politica che tuteli i loro diritti e lotti contro la precarietà del lavoro.

Il Ministro degli Esteri Taiani solleva invece la questione della copertura economica della proposta, perché i costi da sostenere sono eccessivi, ma anche perché i militari formati in sei mesi di leva non sarebbero utilizzabili.

Concessioni balneari: il Consiglio di Stato dice no alle proroghe Con tre sentenze, il giudice amministrativo ribadisce l'illegittimità del rinnovo generalizzato delle concessioni balneari: contrastano con la direttiva Bolkestein e con il TFUE

Illegittime le proroghe generalizzate delle concessioni balneari

Con le sentenze n. 4479, 4480 e 4481/2024 il Consiglio di Stato conferma il principio ribadito in diverse occasioni che sancisce l’illegittimità delle proroghe balneari generalizzate (previste dal decreto legge n. 198/2022, convertito nella legge n. 14/2023) perché le stesse violano la libertà di stabilimento sancita dall’art. 49 del TFUE e l’articolo 12 della Direttiva Bolkestein (Direttiva UE 2006/123/CE).

Nelle sentenze gemelle il Consiglio di Stato richiama la normativa e la giurisprudenza più rilevanti in materia di concessioni balneari per ribadire che:“tutte le proroghe delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative – anche quelle in favore di concessionari che avessero ottenuto il titolo in ragione di una precedente procedura selettiva laddove il rapporto abbia esaurito la propria efficacia per la scadenza del relativo termine di durata prima del 31 dicembre 2023 (Cons. St. sez. VII, 19 marzo 2024, n. 2679) – sono illegittime e devono essere disapplicate dalle amministrazioni a ogni livello, anche comunale, imponendosi, anche in tal caso, lindizione di una trasparente, imparziale e non discriminatoria procedura selettiva.”

Proroghe tecniche compatibili con il diritto UE

L’unica proroga compatibile con il diritto dell’Unione Europea è quella “tecnica” ossia quella che è funzionale allo svolgimento della gara. L’articolo 3 della legge n. 118/2022 al comma 3 prevede infatti che in presenza di ragioni oggettive che siano di ostacolo alla conclusione della procedura di selezione entro il 31.12.2024, l’autorità competente, con atto motivato, può differire la scadenza delle concessioni per il tempo necessario alla conclusione della procedura, nel rispetto del termine massimo del 31.12.2025.

Per il Consiglio di Stato l’articolo 12 della Dir. 2006/123/CE ha una applicazione piena, diretta, e incondizionata. Tale applicabilità non può essere subordinata dal nostro legislatore alla mappatura, nazionale dellascarsità della risorsa o a qualsiasi riordino, pur atteso, dellintera materia, pena il frontale contrasto di questa subordinazione con il diritto dellUnione e la conseguente disapplicazione delle norme che ciò prevedano …”. 

Nessuna aspettativa al rinnovo della concessione

Per giurisprudenza costante dello stesso, il Consiglio di Stato ribadisce inoltre che il concessionario di un bene demaniale non possa vantare una aspettativa al rinnovo della concessione. Il diniego del rinnovo non ha bisogno di motivazioni ulteriori rispetto all’applicazione dei principi della ragionevolezza e della logica a cui si deve uniformare l’agire della pubblica amministrazione. In sede di rinnovo il concessionario precedente riveste quindi la stessa posizione degli altri richiedenti.

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Passaporto: come si richiede Il passaporto deve essere richiesto seguendo una procedura online, da marzo 2024 è possibile fare domanda anche presso gli uffici postali

Come ottenere il passaporto elettronico

Per ottenere il passaporto elettronico nel 2024 è necessario rispettare alcuni step fondamentali.

Si ricorda infatti che dal 2006 il passaporto ordinario è un libretto di 48 pagine, dotato di un microprocessore in grado di contenere i dati identificativi del titolare e di meccanismi avanzati per impedirne l’alterazione e la contraffazione. I dati contenuti nel documento sono inoltre protetti da una firma digitale, che ne impedisce la modifica. Il passaporto inoltre è dotato di sistemi di lettura ottica per facilitare i controlli nelle zone di confine.

Vediamo qual è la procedura per richiedere il passaporto, precisando che in genere il rilascio avviene nel termine di 20 giorni dalla domanda.

Appuntamento online

Il primo passaggio per la richiesta del passaporto consiste nel prendere un appuntamento dalla pagina dedicata del sito della Polizia di Stato https://passaportonline.poliziadistato.it/ a cui si accede tramite Spid o Cie.

Un volta effettuato l’accesso cliccando sull’opzione “Cittadini”, ci si deve registrare e poi cliccare su “nuova richiesta” e poi su “passaporto elettronico”.

A fondo pagina è presente l’opzione “dove si vuole richiedere il documento” che permette di scegliere la provincia di residenza o di domicilio” del soggetto richiedente.

Cliccando sulla dicitura “continua”,  apparire una schermata in cui è presente il primo appuntamento libero presso la sede che è stata scelta per il rilascio del documento. Si procede cliccando sulla data e sull’orario preferiti e confermando queste opzioni. A questo punto si deve indicare anche la modalità prescelta per il ritiro del passaporto.

La conferma dell’orario e del giorno scelti per l’appuntamento vengono confermati via email o tramite sms. E’ sempre opportuno conservare questa ricevuta di conferma, perché di solito viene richiesta quando ci si reca presso l’ufficio addetto al rilascio del passaporto.

Documenti per la richiesta del passaporto

Quando si presenta la domanda per il passaporto è necessario essere in possesso di specifici documenti, che servono per il riconoscimento dell’identità del soggetto richiedente:

  • il modulo per la richiesta del passaporto scaricabile dal sito della Polizia di Stato;
  • la stampa della pagina da cui risulta la registrazione al sito della Polizia Agenda Passaporto;
  • due foto-tessere con sfondo bianco in possesso dei requisiti ICAO.

Se la richiesta viene fatta per soggetti minorenni può essere necessario presentare il certificato di nascita o altre documentazione in grado di attestare il rapporto di parentela e quindi anche i documenti di identità dei genitori o di chi ne esercita la tutela.

Domanda passaporto alle Poste

La richiesta del passaporto elettronico da martedì 11 marzo 2024 si può fare anche in Posta. Lo prevede il progetto Polis per rendere più semplice il rilascio del passaporto. Nella fase iniziale del progetto potranno rilasciare il passaporto gli uffici postali dei Comuni con meno di 15.000 abitanti. Dal mese di luglio 2024 questo servizio postale sarà disponibile in tutti i comuni italiani.

La domanda per il passaporto che si effettua presso uno sportello postale richiede la consegna all’operatore dei seguenti documenti:

  • due foto tessere specifiche per il passaporto;
  • un documento di identità in corso di validità;
  • il codice fiscale;
  • modulo in cui si attesta il domicilio
  • il passaporto scaduto se si procede al rinnovo, la copia della denuncia se il passaporto è stato smarrito o rubato.

Al momento della richiesta il cittadino richiedente deve pagare 42,50 euro con bollettino postale e una marca da bollo da 73,50 euro.

L’addetto allo sportello procede  quindi alla raccolta dei dati biometrici (impronte digitali e foto) del richiedente e invia tutta la documentazione all’Ufficio di Polizia. Al richiedente viene rilasciata una ricevuta che contiene l’indicazione dell’Ufficio di Polizia competente e il codice di protocollo della pratica.

Quando il passaporto è pronto si può chiedere che venga consegnato a casa a mezzo posta.

procedimento amministrativo

Il procedimento amministrativo Il procedimento amministrativo e le sue fasi. I principi introdotti dalla legge n. 241 del 1990 che regolano l’attività amministrativa

La legge n. 241/90 sul procedimento amministrativo

Il procedimento amministrativo è il mezzo attraverso il quale la pubblica amministrazione addiviene alle proprie decisioni, contenute nel provvedimento amministrativo che conclude il procedimento.

La materia è regolata principalmente dalla legge n. 241 del 1990, una vera e propria pietra miliare normativa, che ha introdotto alcune importanti novità nella disciplina dell’azione amministrativa ed ha, soprattutto, avuto il merito di favorire la trasparenza dell’agire pubblico e il dialogo con il cittadino.

I principi del procedimento amministrativo

Il procedimento amministrativo deve, innanzitutto, riportarsi ai principi sacralizzati dall’art. 1 della citata legge, secondo cui l’attività amministrativa risponde a criteri di economicità ed efficacia: ciò impone agli enti pubblici di ottimizzare i tempi e le risorse utilizzate.

Altri importanti principi individuati da tale norma sono quello dell’imparzialità, che mira a garantire l’obiettività della p.a. nella valutazione e nel confronto dei vari interessi coinvolti in un procedimento.

Infine, l’attività amministrativa deve essere caratterizzata anche da pubblicità e trasparenza, in modo da poter essere costantemente conoscibile dai cittadini.

Come vedremo, i suddetti principi si riflettono nei vari istituti previsti dalla legge 241/90, che andiamo subito ad analizzare.

La motivazione del provvedimento

Il procedimento amministrativo può cominciare su istanza di parte o d’ufficio e deve, di regola, concludersi con un provvedimento espresso (art. 2) ed entro un determinato termine, che, in mancanza di diversa previsione, è pari a 30 giorni dal ricevimento dell’istanza.

Il provvedimento, inoltre, deve essere adeguatamente motivato (art. 3) e nella motivazione devono essere riportati i presupposti di fatto e di diritto che hanno indotto l’amministrazione ad adottare la propria decisione.

L’art. 20 della legge in oggetto prevede anche il particolare meccanismo del silenzio-assenso, in base al quale, nei procedimenti avviati su istanza di parte, il silenzio della p.a. equivale all’accoglimento dell’istanza.

Le fasi del procedimento amministrativo e il dialogo con i cittadini

La fase dell’iniziativa prende avvio con il ricevimento dell’istanza e comprende alcune importanti attività da parte dell’amministrazione, come l’individuazione del responsabile del procedimento (art. 5) e la comunicazione dell’avvio del procedimento a tutti quei soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti e a quelli che devono intervenirvi (art. 7).

Come si vede, si tratta di norme che attuano il principio di trasparenza dell’azione amministrativa e garantiscono il dialogo e la partecipazione dei cittadini.

La fase istruttoria del procedimento amministrativo è quella, invece, evidentemente più complessa, nella quale si verifica l’acquisizione delle informazioni necessarie all’esame dell’istanza e in cui vengono effettuate le valutazioni e le comparazioni degli interessi coinvolti.

Istituti peculiari di tale fase sono l’intervento nel procedimento (art. 9, secondo cui qualunque soggetto a cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento può intervenirvi), e le conferenze di servizi (art. 14).

Queste ultime possono essere indette dall’amministrazione procedente quando sia opportuno effettuare un esame contestuale degli interessi pubblici coinvolti (conferenza di servizi istruttoria, art. 14 comma 1) e devono essere indette quando per la conclusione positiva del procedimento sia necessario acquisire pareri e nulla osta da altre amministrazioni (conferenza di servizi decisoria, art. 14 comma 2).

Il procedimento amministrativo si chiude, poi, con la fase decisoria, che corrisponde all’adozione del provvedimento conclusivo, e con l’eventuale fase integrativa dell’efficacia (ad esempio, quando sia necessaria la pubblicazione di tale provvedimento).

ricorso copia incolla

Inammissibile il ricorso “copia incolla” Il Consiglio di Stato "boccia" la tecnica del copia incolla nella redazione del ricorso straordinario e ne dichiara l'inammissibilità

Ricorso copia incolla inammissibile

“E’ inammissibile – per violazione degli artt. 40, commi 1, lett. d), e 2, e 44, comma 1, lettera b), c.p.a. – il ricorso che, per la sua tecnica di redazione, come quella del copia incolla, non sia fondato su motivi specifici”. Lo ha affermato il Consiglio di Stato nel parere n. 592-2024, dichiarando inammissibile un ricorso straordinario al presidente della Repubblica redatto con la tecnica del copia incolla di provvedimenti amministrativi, alternati a spazi bianchi e argomentazioni confuse riprodotte con caratteri a tratti illeggibili.

Eccezione di inammissibilità

La vicenda ha ad oggetto un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza sospensiva, proposto da un militare contro il ministero della difesa per l’annullamento della determinazione ministeriale di rigetto dell’istanza di transito all’impiego civile presso l’ente di appartenenza.

Il dicastero riferente chiedeva il parere del Cds sull’affare consultivo.

Nel corso del procedimento, il ministero trasmetteva il ricorso straordinario unitamente alla relazione con cui eccepiva l’assoluta genericità delle esposizioni in fatto e dei motivi, peraltro realizzata con la tecnica del “copia e incolla” di parte di provvedimenti amministrativi e con caratteri grafici a tratti illeggibili, tale da non consentire l’esatta individuazione della causa petendi e del petitum. 

Il ricorrente non replicava alla sollevata eccezione di inammissibilità e il CDS all’adunanza del 24 aprile 2024 decideva l’affare accogliendo la tesi ministeriale e ritenendo il ricorso inammissibile in quanto “le censure prospettate sono state articolate senza sviluppo critico, in termini di mera prospettazione, anche sotto il profilo puramente grafico, delle ragioni di illegittimità e delle norme asseritamente violate”.

I motivi specifici del ricorso

In particolare, richiamando un proprio recente parere (n. 221/2024), il giudice amministrativo ribadiva che “l’articolo 40 c.p.a., relativamente al ‘contenuto del ricorso’ introduttivo della lite dinanzi al giudice amministrativo (con disposizione che deve ritenersi senz’altro estesa anche al rimedio del ricorso straordinario, avuto riguardo alla sua attitudine di rimedio alternativo a quello giurisdizionale e con esso concorrente), impone che l’atto contenga, a pena di inammissibilità, i ‘motivi specifici’ su cui lo stesso si fonda (art. 40, comma 2, in relazione al comma 1, lettera d), per i quali è prescritta altresì – ad evitare, per ragioni di chiarezza, di univocità e di precisione, l’inclusione delle puntuali ragioni di doglianza in una parte dell’atto non dedicata alla individuazione delle ragioni giuridiche (c.d. motivi intrusi) – l’evidenziazione ‘distinta’ (art. 40, comma 1)”.  Invero, ricorda ancora il Cds, “i motivi di ricorso sono preordinati a rappresentare – in un sistema di diritto amministrativo fondato sul principio di legalità dell’azione amministrativa – le deviazioni o difformità del provvedimento impugnato rispetto al paradigma legale di riferimento, di tal che, insieme ai pertinenti elementi di fatto, strutturano la causa petendi del ricorso”. 

“Il canone di specificità e distinzione esclude – dunque – che il ricorso possa essere strutturato come generica critica del provvedimento impugnato, con conseguente traslazione sull’organo giurisdizionale dell’attività di ricerca e individuazione dei puntuali (o più puntuali) tratti e profili di illegittimità”.

D’altra parte, ricorda ancora il Consiglio, si tratta di una regola che “obbedisce anche ad una esigenza di effettività del contraddittorio processuale, posto che la vaghezza dell’apparato censorio potrebbe inibire una congrua ed appropriata difesa delle altre parti processuali. Inoltre, il requisito trae alimento dal principio della domanda, che regge complessivamente il sistema di diritto processuale amministrativo, e, con esso, del suo corollario del canone di corrispondenza tra il chiesto e il pronunziato, il quale impone che la domanda di annullamento sia formulata in termini idonei ed adeguati ad una puntuale rappresentazione degli elementi, di fatto e di diritto, sui quali si ritengono fondati i prospettati vizi di legittimità (cfr. Cons. Stato, n. 3809/2017; sn. 475/2012)”.

Il parere del Consiglio di Stato

In definitiva, il ricorso è dichiarato inammissibile e ad ogni modo, nel merito, alla luce della documentazione in atti, l’appello, per il CdS risulta manifestamente infondato, essendo assodata la tardività della richiesta di transito nei ruoli civili.

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test Invalsi

Invalsi nel cv dello studente: interviene il Garante Il Garante Privacy ha inviato una richiesta di informazioni all'Istituto in merito alla possibile integrazione dei testi nel curriculum digitale degli studenti

Garante Privacy e test Invalsi nel cv dello studente

In base a numerose notizie stampa, i risultati delle prove Invalsi entreranno a far parte del curriculum dello studente allegato al diploma di scuola superiore e contenuto nell’E-Portfolio presente sulla piattaforma ministeriale Unica. Sulla scorta di questi rumors, il Garante Privacy ha deciso di intervenire inviando una richiesta di informazioni all’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (Invalsi) in merito a tale possibile integrazione nei curricula dei ragazzi.

Vulnerabilità dei dati dei minori

Nella richiesta di informazioni, l’Authority evidenzia innanzitutto come la normativa sulla privacy, in considerazione della loro particolare “vulnerabilità”, assicuri “ai dati personali dei minori una specifica protezione, anche quando i trattamenti riguardano la valutazione del rendimento scolastico”.

Per cui entro 20 giorni, Invalsi dovrà fornire riscontro al Garante, ci sono i presupposti normativi per inserire i risultati dei test delle prove (che peraltro saranno effettuate nei prossimi giorni negli istituti scolastici di tutta Italia) nei curricula degli studenti e quali tipologie di prove, oltre alle finalità e alla logica del trattamento.

Quanto all’eventuale effettuazione di trattamenti automatizzati ai fini di “profilazione e classificazione” degli studenti, l’Autorità ha chiesto, infine, “di conoscere le misure adottate per assicurare la qualità dei dati e l’intervento umano nel processo decisionale”.

superamento prezzo medicinali

Medicinali e superamento prezzo medio europeo L'intervento della Corte Costituzionale sul regime di sorveglianza sul superamento del prezzo medio europeo

Regime sorveglianza prezzi medicinali

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 77-2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dei commi 1 e 2 dell’art. 36 della legge n. 449 del 1997, asseritamente tesi a fornire l’interpretazione autentica del comma 12 dell’art. 8 della legge n. 537 del 1993 (che ha introdotto un regime di sorveglianza dei prezzi dei medicinali) e volti a incidere su giudizi di cui era parte la pubblica amministrazione anche con riferimento ai collegati profili risarcitori.

Superamento media europea prezzi medicinali

Il predetto comma 12 prevedeva un intervento da parte dell’autorità preposta in caso di superamento della cosiddetta «media europea» dei prezzi dei medicinali, assumendo come parametro di riferimento il concetto del «prezzo medio europeo», la cui determinazione era rimessa al CIPE. Quest’ultimo, con la deliberazione del 25 febbraio 1994 disponeva che il prezzo medio europeo venisse determinato prendendo a riferimento i prezzi praticati da soli 4 paesi europei e che la media fosse calcolata utilizzando i tassi di conversione basati sulla parità del potere di acquisto delle varie monete, come determinati annualmente dallo stesso CIPE.

La suddetta deliberazione veniva successivamente annullata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 118 del 1997, ritenendo illegittimo il criterio di determinazione del prezzo sulla base dei prezzi praticati in soli quattro paesi e con riferimento a un tasso di conversione diverso dal tasso di cambio ufficiale. Prima del passaggio in giudicato di tale decisione, con l’art. 36 della legge n. 449 del 1997 veniva introdotta una nuova disciplina del prezzo dei medicinali, che prendeva in considerazione, ai fini del calcolo del prezzo medio degli stessi, i prezzi praticati in tutti i paesi dell’Unione europea, con applicazione dei tassi di cambio ufficiali, rimettendo al CIPE di provvedere alla definizione di nuovi criteri per il calcolo del prezzo medio europeo.

Con i primi due commi dello stesso articolo veniva, inoltre, disciplinato in via transitoria – nelle more dell’adozione della nuova deliberazione da parte del CIPE – il regime dei prezzi dei medicinali, disponendo una sanatoria della precedente disciplina prevista dal citato comma 12.

Efficacia retroattiva

La Consulta ha affermato che i suddetti primi due commi dell’art. 36 della legge n. 449 del 1997, asseritamente tesi a fornire l’interpretazione autentica del comma 12 dell’art. 8 della legge n. 537 del 1993, erano invece volti a incidere su giudizi di cui era parte la pubblica amministrazione, al fine di condizionarne l’esito, anche con riferimento ai collegati profili risarcitori.

Nell’accogliere le questioni sollevate, il giudice delle leggi ha richiamato la propria precedente giurisprudenza sulla centralità del principio di non retroattività della legge, inteso quale fondamentale valore di civiltà giuridica, con la conseguente necessità che una norma avente comunque efficacia retroattiva sia sottoposta ad uno scrutinio particolarmente rigoroso; e ciò tanto più se l’intervento legislativo retroattivo incide su giudizi ancora in corso, in cui per giunta sia coinvolta un’amministrazione pubblica.

Nel caso esaminato dalla Corte, l’uso improprio della funzione legislativa – tale perché esercitata allo scopo di influire sul contenzioso in corso, vanificandone, nelle intenzioni, gli effetti sfavorevoli – “è affermato sulla base di due significative circostanze, l’una attinente alla complessiva vicenda processuale, l’altra concernente la stessa portata normativa dell’intervento. Sul piano della vicenda processuale, è stata ritenuta significativa la tempistica dell’intervento legislativo, collocato a ben quattro anni di distanza dalla disposizione oggetto della presunta interpretazione, quando era già in corso un nutrito contenzioso, alimentato da trentanove aziende farmaceutiche, che aveva dato luogo all’annullamento, con sentenza n. 118 del 1997 del Consiglio di Stato, della deliberazione CIPE del 25 febbraio 1994”.

Il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. proposto dall’Avvocatura generale dello Stato aveva impedito il passaggio in giudicato della predetta sentenza posta dalla parte privata a fondamento della pretesa risarcitoria nel giudizio a quo e dai lavori preparatori non era possibile evincere ragioni giustificatrici dell’intervento legislativo retroattivo diverse dall’esigenza di “sterilizzare” gli effetti della predetta sentenza del Consiglio di Stato allo scopo di evitare future azioni di risarcimento dei danni. Sul piano sostanziale, infine, è stato sottolineato che il legislatore, nel disciplinare pro futuro la determinazione dei prezzi dei farmaci, con il comma 3 del medesimo art. 36 della legge n. 449 del 1997 ha delineato un sistema esattamente conforme a quanto deciso con la sentenza n. 118 del 1997.

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