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Decreto Superbonus: tutte le novità Detrazioni spalmate in dieci anni, bonus ristrutturazioni più basso dal 2028, obblighi di segnalazione a carico delle amministrazioni locali. Le novità della legge di conversione del decreto superbonus in vigore dal 29 maggio 2024

Decreto Superbonus: in vigore la legge

L’aula di Montecitorio ha approvato in data 23 maggio 2024 in via definitiva la conversione in legge del DL 39/2024, noto come “decreto superbonus”. Il testo, dopo il sì del Senato del 16 maggio scorso col ricorso alla fiducia, ha ricevuto l’ok della Camera (con la fiducia) diventando legge dello Stato. La nuova legge-67-2024 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 28 maggio per entrare in vigore il 29 maggio 2024.

Il provvedimento introduce importanti novità su Superbonus, Sismabonus e Bonus Barriere Architettoniche, tra cui la possibilità di detrarre le spese in 10 anni, l’introduzione di controlli antifrode e il divieto di compensazione dei crediti con i contributi previdenziali.

Il Decreto Superbonus prevede in sostanza significative modifiche alle agevolazioni fiscali per l’edilizia, con un focus particolare sulla riqualificazione energetica e strutturale, i controlli e la gestione delle detrazioni. Misure destinate ad avere un impatto rilevante su contribuenti, professionisti del settore edile e amministrazioni locali.

Le principali novità del decreto Superbonus

Vediamo quali sono i principali elementi di novità del testo approvato.

L’articolo 1 del decreto limita l’utilizzo dello sconto in fattura e della cessione del credito a specifiche categorie di contribuenti e solo per interventi realizzati nei comuni colpiti da eventi sismici, con un tetto massimo di 400 milioni di euro per il 2024, di cui 70 milioni destinati agli eventi del 6 aprile 2009.

Se al 30 marzo 2024 non sono state sostenute spese documentate per lavori già effettuati, la deroga contemplata non sarà applicabile se:

  • “risulti presentata la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) se gli interventi sono agevolati e sono diversi da quelli effettuati dai condomini;
  • risulti adottata la delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori e risulti presentata la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA);
  • risulti presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo, se gli interventi sono agevolati e comportano la demolizione e la ricostruzione degli edifici.”

Istituito un fondo di 35 milioni di euro per il 2025, destinato a sostenere interventi di riqualificazione energetica e strutturale degli immobili danneggiati nei comuni colpiti da eventi sismici a partire dal 1° aprile 2009. Le risorse saranno ripartite tra i Commissari straordinari e sarà adottato un D.P.C.M. per stabilire il limite massimo del contributo e le modalità applicative.

Istituito un fondo di 100 milioni di euro per il 2025, destinato ai contributi per la riqualificazione energetica e strutturale degli immobili di ONLUS, organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale. Le richieste dovranno essere presentate all’ENEA, mentre la concessione dei contributi sarà competenza del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.

Esclusa l’applicabilità della remissione in bonis per l’adempimento dell’obbligo di comunicazione dell’opzione per la cessione dei crediti o per lo sconto in fattura. Il 4 aprile è il termine ultimo per inviare all’Agenzia delle Entrate la sostituzione delle comunicazioni relative alla cessione del credito o allo sconto in fattura.

Introdotto l’obbligo di trasmettere una serie di dati all’ENEA e al Portale nazionale delle classificazioni sismiche per monitorare la spesa relativa agli interventi agevolati. I soggetti che sostengono spese per interventi di efficientamento energetico dovranno inviare informazioni quali i dati catastali dell’immobile, l’ammontare delle spese sostenute e previste, e le percentuali delle detrazioni spettanti.

Sospesa l’utilizzabilità dei crediti d’imposta per i soggetti con debiti erariali superiori a 10.000 euro.

Dal 1° gennaio 2024, le spese sostenute per il Superbonus, il Sismabonus e il Bonus Barriere Architettoniche dovranno essere detratte in 10 anni anziché in 4. Questa misura retroattiva riguarda le spese maturate dal 1° gennaio 2024.

Per chi ha già esercitato l’opzione di cessione del credito o sconto in fattura nel 2024 relativamente al Superbonus, potrà continuare detta compensazione in 4 anni per il Superbonus e in 5 anni per il Sismabonus e il Bonus Barriere.

Il decreto prevede il divieto di scegliere la cessione del credito per le rate non ancora fruite per chi ha beneficiato del Superbonus o di altri bonus nella forma di detrazione diretta.

Le banche saranno tenute a comunicare all’Agenzia delle Entrate l’acquisto dei crediti a un prezzo pari o superiore al 75% del valore nominale. In caso contrario, il periodo di fruizione delle quote residue dei crediti sarà esteso da 4 a 6 anni dal 2025 in poi.

Le amministrazioni locali avranno il dovere di segnalare alle autorità competenti eventuali interventi fraudolenti che abbiano portato a detrazioni indebite. I comuni che effettueranno le segnalazioni potranno ottenere circa il 50% del valore delle segnalazioni.

Novità sulle condizioni per ottenere i crediti d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi e per attività di ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica, design e ideazione estetica, compresi quelli relativi all’innovazione digitale 4.0 e alla transizione ecologica.

Il Bonus Ristrutturazioni scenderà al 30% dal 2028 al 2033. Per il triennio 2025-2027, il bonus sarà al 36%, salvo ulteriori norme che ne elevino la percentuale.

elezione diretta presidente consiglio

Elezione diretta del Presidente del Consiglio Cosa prevede il ddl n. 935 di riforma costituzionale per l’elezione diretta del Presidente del Consiglio che, dopo il passaggio in Commissione, è all’esame dell’assemblea del Senato

Elezione diretta del premier: il ddl n. 935

Il disegno di legge n. 935 per l’elezione del Presidente del Consiglio, presentato dall’attuale  presidente del Consiglio Giorgia Meloni il 15 novembre 2023, dal 15 maggio è all’esame dell’assemblea del Senato dopo essere stato assegnato in sede referente alla prima Commissione Permanente Affari Costituzionali, che ha apportato alcune modifiche al testo base.

L’elezione diretta del PdC comporta la modifica degli articoli 59, 88, 92 e 94 del testo costituzionale. Questa proposta di legge costituzionale mira a rafforzare la stabilità governativa e a rendere più trasparente e diretta l’elezione del Presidente del Consiglio, mantenendo tuttavia intatti molti dei meccanismi di controllo e di bilanciamento presenti nella Costituzione italiana.

Analizziamo le principali novità in attesa della versione definitiva del testo.

Presidente del Consiglio eletto dal corpo elettorale

La modifica principale prevede che il Presidente del Consiglio sia eletto direttamente dai cittadini per un mandato di cinque anni, con la possibilità di essere rieletto per un massimo di due legislature consecutive, estendibili a tre in particolari condizioni.

Questo cambia l’articolo 92 della Costituzione. Una volta eletto, il Presidente del Consiglio riceve l’incarico di formare il Governo dal Presidente della Repubblica.

La procedura di nomina dei Ministri rimane invariata: proposta del Presidente del Consiglio eletto e nomina da parte del Presidente della Repubblica.

Da segnalare la clausola antiribaltone che prevede la sostituzione del Presidente del Consiglio solo da parte di un parlamentare della maggioranza al fine di portare avanti il programma di Governo.

Premio elettorale

La proposta introduce un sistema elettorale in cui le elezioni del Presidente del Consiglio e delle due Camere avvengono simultaneamente. Il Presidente del Consiglio eletto deve essere anche un parlamentare e deve essere eletto nella Camera in cui ha presentato la sua candidatura.

Per garantire una maggioranza parlamentare al Presidente del Consiglio, viene introdotto un premio elettorale nazionale, la cui esatta configurazione sarà definita dalla futura legge elettorale. Questa dovrà assicurare che l’elezione del Presidente del Consiglio porti anche all’elezione dei deputati collegati alla sua lista.

Rapporto fiduciario

Nonostante l’elezione diretta del Presidente del Consiglio, il Governo necessita ancora della fiducia delle Camere, come stabilito dall’articolo 94 della Costituzione. Se il Governo non ottiene la fiducia, il Presidente della Repubblica rinnova l’incarico al Presidente del Consiglio eletto. In caso di mancato ottenimento della fiducia al secondo tentativo o in caso di revoca della fiducia, il Presidente della Repubblica scioglie le Camere.

Ruolo del Presidente della Repubblica

Modifiche indirette anche al ruolo del Presidente della Repubblica. L’articolo 83 viene modificato per richiedere una maggioranza assoluta dal sesto scrutinio per l’elezione del Presidente della Repubblica. Viene eliminata inoltre la necessità della controfirma ministeriale per alcuni atti presidenziali, come la nomina dei giudici della Corte costituzionale e del Presidente del Consiglio. Lo scioglimento anticipato delle Camere e la convocazione di sessioni straordinarie non sono tuttavia inclusi tra questi atti.

Senatori a vita

La proposta prevede la soppressione dell’istituto dei senatori a vita, con una disposizione transitoria che mantiene in carica quelli attuali. Non viene toccato l’istituto dei senatori di diritto a vita, come gli ex-Presidenti della Repubblica.

Scioglimento delle Camere

Il disegno di legge prevede poi che lo scioglimento delle Camere avvenga solo congiuntamente, eliminando la possibilità di scioglimento separato, come consentito dalla revisione costituzionale del 1963. La modifica mira a garantire la stabilità delle maggioranze governative.

Norme transitorie

Le norme transitorie prevedono che la legge costituzionale entri in vigore dopo il primo scioglimento o la cessazione delle Camere successiva all’entrata in vigore delle nuove regole.

Gli attuali senatori a vita inoltre restano in carica fino alla fine del loro mandato.

deposito telematico audio video

Processo telematico: non è pronto per audio e video Il CNF chiarisce che al momento il deposito di files audio e video è ammesso solo su supporto CD/DVD in Cancelleria

No al deposito telematico di audio e video

Con il parere n. 17 del 19 aprile 2024, pubblicato il 9 maggio sul sito del Codice deontologico, il CNF precisa che, in attesa delle nuove specifiche tecniche del processo telematico, non è possibile effettuare il deposito diretto dei files in formato audio e video.

Diversi Tribunali risolvono il problema ammettendo il deposito in cancelleria di questi file su supporti CD/DVD.

Deposito file audio e video nel processo telematico: il quesito

Il C.O.A di Biella si rivolge al C.N.F per chiedere un parere sul deposito di files audio e video nel processo telematico.

La domanda è volta ad accertare se esita un sistema per produrre files audio e video nel processo telematico, che possano essere fruiti dal Giudice e, in caso di risposta negativa, se sia corretta la richiesta da parte degli Uffici Giudiziari di produrre i file audio e video su unità esterne come le USB solo in “copia forense” o se sia altrettanto valida la produzione su supporto USB di questi files, riservando la produzione della copia forense alle sole ipotesi in cui possa sorgere una contestazione.

Poiché la modalità di produzione dei files su supporto esterno è una diretta conseguenza dell’impossibilità di provvedere al deposito telematico, il COA chiede se è condivisibile applicare a questa fattispecie l’esenzione dal pagamento dei diritti di copia, in base a quanto previsto dall’articolo 40 commi 1 quater e quinques del DPR 115/2002.

Consentito il deposito in cancelleria di file audio e video

Il CNF ricorda che la Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia di recente ha posto in consultazione la nuova versione delle specifiche tecniche che si riferiscono ai documenti informatici e che sono richiamate nell’articolo 34 del decreto del Ministro della Giustizia n. 44/2011.

Il comma 3 di questa norma dispone infatti che “Fino all’emanazione delle nuove specifiche tecniche, continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, le specifiche tecniche vigenti, già adottate dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia.” 

Al momento pertanto, nel rispetto delle regole vigenti, non è possibile depositare telematicamente files audio e video. 

Parte della giurisprudenza ammette il deposito in cancelleria di files audio e video solo se contenuti in un supporto informatico esterno come i CDROM, corredato da una nota di deposito in cui è necessario specificare la tipologia di files contenuti in detto supporto e il motivo per il quale si procede al deposito nelle forme “tradizionali”.

L’utilizzo delle chiavette USB è sconsigliato per i costi maggiori, per i problemi legati all’integrità dei files e perché la data di retention degli USB è di 10 anni mentre quella dei CDROM /DVD è di 30 anni.

In alcuni Tribunali, per prassi, è previsto il deposito telematico di files audio e video in formato ZIP o RAR, accompagnato dall’obbligo di dare atto del contestuale deposito dei file in formato CD/DVD in cancelleria.

In questo modo si evita che il giudice e le parti non abbiano il programma specifico per l’apertura di del file pdf, utilizzato come contenitore di contenuti audio e video.

La soluzione adottata scongiura in questo modo anche il problema legato al pagamento dei costi di copia.

regole accesso magistratura

Magistrati: le nuove regole su accesso, test e valutazioni Riforma ordinamento giudiziario e collocamento fuori ruolo dei magistrati: cosa prevedono i decreti attuativi pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale n. 81 del 6 aprile 2024

Riforma ordinamento giudiziario: i due decreti attuativi

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 81 del 6 aprile 2024 sono stati pubblicati i decreti legislativi n. 44/2024 e n. 45/2024, che attuano la legge delega n. 71/2022, che aveva conferito le deleghe al Governo per riformare l’ordinamento giudiziario e per riordinare la disciplina del collocamento fuori ruolo dei magistrati.

Alla luce di questi due testi attuativi analizziamo quali sono le novità più importanti destinate ad avere un maggiore impatto sull’accesso in magistratura e sulla carriera dei magistrati.

Scuola Superiore magistratura: corsi e costi

Il decreto dispone che i corsi di preparazione presso la Scuola superiore siano riservati a laureati in possesso di determinati requisiti e che stanno svolgendo o abbiano svolto il tirocinio presso l’ufficio per il processo o altre strutture. I corsi sono tenuti nelle materie oggetto della prova scritta da docenti di elevata competenza e professionalità. Nel determinare il costo per la frequentazione della Scuola a carico dell’aspirante magistrato si tiene conto delle condizioni reddituali del soggetto e del suo nucleo familiare.

Accesso in magistratura: il test psico-attitudinale

La prova scritta prevede tre elaborati in diritto, civile penale e amministrativo anche alla luce dei principi della Costituzione e dell’Unione Europea. Il diritto commerciale è sostituito dal diritto commerciale e della crisi e dell’insolvenza e il diritto comunitario è sostituito dal diritto dell’Unione Europea.

Dal 2026 i candidati dovranno sostenere un colloquio psico-attitudinale, nel corso del quale saranno sottoposti a test individuati dal CSM nel rispetto delle linee guida e degli standard internazionali di psicometria. Il colloquio sarà diretto dal presidente della seduta con il supporto di un esperto psicologo.

Fascicolo personale del magistrato

Viene istituito il fascicolo per la valutazione del magistrato, da tenere in modalità informatica. Nel fascicolo sono inseriti annualmente i provvedimenti tabellari organizzativi o quelli che individuano compiti e attività giudiziarie ed extra-giudiziarie del magistrato e i programmi annuali di gestione.

Il fascicolo contiene anche dati statistici comparati relativi al lavoro svolto dal magistrato, gli atti e i provvedimenti redatti, i verbali delle udienze a cui ha partecipato e i provvedimenti relativi all’esito degli affari trattati scelti a campione dal CSM al termine di ogni anno. Nel fascicolo sono inseriti anche i provvedimenti o gli atti prodotti dal magistrato nel numero individuato dal CSM, le relazioni di ispezione, gli atti con i quali è stata promossa l’azione disciplinare, i rapporti dei capi dell’ufficio a cui appartiene il magistrato e gli elementi ulteriori individuati dal CSM. Al fascicolo possono accedere i dirigenti dell’ufficio, il magistrato stesso e i componenti dei consigli giudiziari.

Valutazione della professionalità

Tutti i magistrati, ogni quattro anni a partire dalla nomina, sono sottoposti alla valutazione della professionalità. La valutazione della professionalità interessa la capacità, la laboriosità, la diligenza e l’impegno del magistrato ed è effettuata in base a parametri oggettivi indicati dal CSM.

La capacità riguarda la preparazione giuridica e il livello di aggiornamento.

La laboriosità si riferisce invece alla produttività, ossia al numero e alla qualità degli affari trattati.

La diligenza tiene conto dell’assiduità e della puntualità del magistrato riferita alla presenza del magistrato alle udienze nei giorni stabiliti, ma anche al rispetto dei termini per la redazione e il deposito di provvedimenti

L’impegno viene valutato in base alla disponibilità del magistrato nel sostituire colleghi assenti e frequentare corsi di aggiornamento presso la Scuola superiore della magistratura.

Il CSM disciplina gli elementi in base ai quali consigli giudiziari devono esprimere le valutazioni dei magistrati al fine di garantire omogeneità di giudizio. 

Il procedimento di valutazione

La valutazione della professionalità avviene alla scadenza del periodo di quattro anni. Il consiglio giudiziario acquisisce il fascicolo personale relativo alla valutazione della professionalità e ulteriori informazioni disponibili presso il CSM e il Ministero della Giustizia.

La valutazione riguarda anche la relazione del magistrato sul lavoro svolto e tutta una serie di documenti indicati specificamente dal decreto.

Sulla base di tutte le informazioni acquisite il consiglio giudiziario formula un parere motivato da trasmettere al CSM. Entro 10 giorni dalla notifica del parere il magistrato può comunicare al CSM le proprie osservazioni e chiedere di essere ascoltato personalmente. Prima di questa audizione però il magistrato deve essere informato della possibilità di prendere visione degli atti del procedimento e di estrarne copia. Il CSM procede alla valutazione della professionalità sulla base del parere espresso dal consiglio giudiziario, tenendo conto della documentazione acquisita. Qualora il CSM ritenga di recepire il parere del consiglio giudiziario contenente la valutazione positiva può limitarsi a richiamarne il contenuto senza motivare ulteriormente.

Valutazione della professionalità: esiti possibili

Il giudizio finale sulla professionalità può essere positivo, non positivo o negativo.

Il giudizio positivo può essere discreto, buono, ottimo.

Il giudizio non positivo prevede una nuova valutazione della professionalità del magistrato da parte del CSM dopo un anno e dopo aver acquisito un nuovo parere del consiglio giudiziario.

In caso di giudizio negativo il magistrato viene sottoposto a una nuova valutazione di professionalità dopo due anni. Il CSM può disporre che lo stesso partecipi a uno o più corsi di riqualificazione professionale per colmare le carenze riscontrate e può assegnarlo a una funzione diversa nella stessa sede o escluderlo, fino alla valutazione successiva, dall’accesso a incarichi direttivi semi direttivi o funzioni specifiche. La valutazione negativa comporta la perdita del diritto all’aumento periodico dello stipendio per due anni.

Collocamento fuori ruolo magistrati

Il secondo decreto attuativo n. 45/2024  riordina la normativa del collocamento fuori ruolo dei magistrati. Esso dispone che i magistrati, dopo il collocamento fuori ruolo, possano svolgere gli incarichi presso enti pubblici o pubbliche amministrazioni a condizione che questo non comprometta l’integrale svolgimento ordinario del lavoro giudiziario.  Devono essere svolti con collocamento fuori ruolo gli incarichi di direttore dell’ufficio di gabinetto e capo di segreteria di un ministero.

Il magistrato non può essere collocato fuori ruolo se:

  • sono decorsi meno di 10 anni di esercizio effettivo delle funzioni proprie della magistratura;
  • sono decorsi meno di tre anni dal rientro in ruolo dopo un incarico svolto fuori ruolo per un periodo superiore a cinque anni.

Il collocamento fuori ruolo viene autorizzato quando l’incarico da conferire al magistrato risponde a un interesse dell’amministrazione di appartenenza. Non può tuttavia essere collocato fuori ruolo il magistrato che presti servizio in una sede con un rilevante indice di scopertura dell’organico.

Il collocamento fuori ruolo può essere disposto solo dopo aver acquisito il consenso scritto del magistrato, che lo può revocare fino al momento in cui non abbia avuto inizio l’esercizio effettivo delle funzioni presso l’amministrazione o istituzione richiedente.

Il decreto stabilisce infine che dal 1 gennaio 2026 i magistrati possano essere collegati fuori ruolo nel rispetto di determinati limiti numerici:

  • 80 unità per i magistrati ordinari;
  • 25 unità per i magistrati amministrativi;
  • 25 unità per i magistrati contabili.

L’articolo 14 del dlgs n. 45/2024 precisa infine che la normativa sul collocamento fuori ruolo dei magistrati non si applica ai membri del Governo e a coloro che ricoprano cariche elettive.

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Tempo tuta: quando è pagato Per la Cassazione, il tempo tuta per indossare e togliere l’abbigliamento da lavoro non deve essere retribuito se non c’è l’obbligo di indossare indumenti specifici da lavoro

Retribuzione tempo tuta

Il tema del “tempo tuta” riguarda la retribuzione del tempo impiegato dai lavoratori per indossare e togliere l’abbigliamento da lavoro. Questo argomento è stato oggetto di numerosi dibattiti e sentenze.

La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 13639-2024 ha fornito un importante chiarimento, stabilendo come non sia prevista alcuna retribuzione per il tempo di vestizione e svestizione quando i lavoratori non sono obbligati a indossare specifici indumenti di lavoro. Stessa conclusione per i dispositivi di protezione nel caso in cui l’uso dei DPI sia facoltativo e avvenga dopo aver timbrato il cartellino. Tale tempo rientra infatti nell’orario di lavoro, per cui non è necessario il riconoscimento di una retribuzione aggiuntiva.

Retribuzione tempo di vestizione non dovuta

La vicenda giunge in Cassazione dopo che la Corte d’appello di Bologna, modificando la decisione di primo grado, ha respinto le richieste di due lavoratori che chiedevano il riconoscimento del “tempo-tuta” come orario di lavoro per venti minuti a turno dal febbraio 2014 al luglio 2019.

La Corte ha concluso che, in assenza di un obbligo imposto dal datore di lavoro riguardo al tempo, modo e luogo della vestizione e svestizione, non esiste un diritto alla retribuzione per quel tempo. I lavoratori possono indossare gli abiti da lavoro a casa o negli appositi spogliatoi aziendali, senza alcun obbligo specifico.

La Corte ha sottolineato che i lavoratori erano liberi di indossare abiti personali e portare a casa gli indumenti da lavoro per lavarli, confermando l’assenza di un obbligo di tenere e lavare questi indumenti in azienda. Per i DPI specifici, come guanti e mascherine, conservati in armadietti aziendali e utilizzati solo dopo aver timbrato il cartellino, non si poneva il problema della retribuzione aggiuntiva, poiché erano accessibili solo durante l’orario di lavoro.

Niente retribuzione tempo di vestizione senza obbligo

I lavoratori hanno fatto ricorso alla Cassazione, contestando la violazione di diverse normative come il Decreto legislativo.  66/2003, la Direttiva Europea 2003/88 e l’articolo 2094 del Codice Civile, sostenendo che le operazioni di vestizione e svestizione dovessero essere incluse nell’orario di lavoro.

La Cassazione però ha confermato la sentenza d’appello, ribadendo che l’assenza di un obbligo di indossare abiti da lavoro forniti dall’azienda esclude la necessità di retribuire il tempo dedicato a queste operazioni.

Nella motivazione dell’ordinanza, richiamando lo storico della lite, la Cassazione riporta che “tutti i lavoratori  non avevano, e non hanno, alcun obbligo di indossare gli abiti da lavoro (il cui utilizzo resta facoltativo) non sussistendo alcun obbligo imposto da di indossare gli indumenti da lavoro forniti.” Questo conferma l’assenza di un obbligo di tenere e lavare questi indumenti in azienda.

Per quanto riguarda invece i DPI utilizzati durante l’orario di lavoro, il problema della retribuibilità non si pone, in quanto l’accesso a essi avveniva solo dopo aver timbrato il cartellino, ossia durante l’orario di lavoro. In sintesi, le sentenze della Corte di Cassazione e della Corte d’appello di Bologna confermano che l’assenza di un obbligo di vestizione imposto dal datore di lavoro esclude il diritto alla retribuzione per il tempo necessario a indossare e togliere la “tuta” da lavoro.

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linee guida pma

Procreazione medicalmente assistita (PMA): le linee guida Pubblicate in Gazzetta Ufficiale le linee guida sulle tecniche e sulle procedure di procreazione mediamente assistita

Linee guide PMA 2024

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 107/2024 sono state pubblicate le nuove linee guida sulla legge numero 40/2004 che disciplina la procreazione medicalmente assistita.

Le linee guida contenute nel decreto del Ministero della Salute del 20 marzo 2024 vanno a sostituire quelle emanate nel 2015, stante la necessità di innovare la materia e superare certi limiti, che negli anni sono stati rimossi dai numerosi interventi della Consulta. Nella premessa al decreto vengono infatti menzionate le seguenti pronunce della Corte costituzionale: n. 161 del 24 maggio 2023; n. 84 del 22 marzo 2016; n. 229 del 21 ottobre 2015; n. 96 del 14 maggio 2015; n. 162 del 9 aprile 2014; n. 151 del 1° aprile 2009.

A chi si rivolgono le linee guida

Le linee guida 2024 dettano le regole sulle procedure e sulle tecniche della procreazione medicalmente assistita e sono vincolanti per tutte le strutture autorizzate a svolgere questa pratica medica. Fanno parte integrante delle presenti linee guida anche le indicazioni su procedure e tecniche previste dalla legge numero 40/2004.

Oggetto linee guida PMA

Le linee guide si occupano di diversi aspetti della procreazione mediatamente assistita.

  • Ricorso alle tecniche di PMA solo quando sia accertata l’impossibilità di rimuovere altrimenti le cause di infertilità o sterilità.
  • Gradualità nell’uso delle tecniche per evitare interventi più invasivi, sia tecnicamente che psicologicamente.
  • Consenso informato necessario per sottoporsi alle tecniche.
  • Accertamento dei requisiti per le coppie che richiedono l’accesso alle tecniche.
  • Sperimentazione sugli embrioni aggiornate in base alle sentenze della Corte Costituzionale, inclusa la sentenza n. 229/2015.
  • Limiti all’applicazione delle tecniche sugli embrioni posti dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 151/2009.
  • Tecniche di PMA di tipo eterologo modificate dalla sentenza n. 162/2014, relative alle tecniche con donazione di gameti.
  • PMA per coppie fertili con malattie genetiche dopo la sentenza n. 96/2015.
  • Abolizione del reato di selezione degli embrioni come da sentenza n. 229/2015.
  • Preservazione della fertilità da patologie o terapie che possono compromettere la funzionalità delle gonadi.

Principi di applicazione delle tecniche

Le linee guida definiscono “infertile” la coppia che non riesce a concepire dopo un anno di rapporti sessuali non protetti, mentre “è sterile” l’individuo che presenta una condizione fisica permanente che impedisce il concepimento. Questi termini sono usati come sinonimi all’interno del documento.

Secondo l’art. 4 della legge n. 40/2004, il ricorso alle tecniche di PMA è circoscritto ai casi documentati di sterilità o infertilità inspiegate e accertate. Le tecniche devono essere applicate con gradualità per minimizzare l’invasività e devono basarsi  sul consenso informato.

Il ricorso alle tecniche di PMA è stato ampliato, ora possono accedervi anche le coppie che hanno crioconservato gameti o tessuto gonadico per preservare la fertilità, alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili e alle coppie sierodiscordanti con rischio di infezioni (HIV, HBV, HCV).

Indicazioni procedurali

Il medico ha l’obbligo di verificare  i requisiti previsti dalla legge n. 40/2004 raccogliendo l’autocertificazione dello stato di matrimonio o convivenza della coppia.

Chi richiede un trattamento di PMA deve effettuare gli esami preconcezionali previsti per donna, uomo e coppia, come stabilito dal decreto del 12 gennaio 2017.

Per lo screening delle patologie infettive in tecniche di PMA omologa o con donazione di gameti, si fa riferimento al decreto n. 131 del 23 agosto 2019.

Le coppie positive per HIV, HBV o HCV che desiderano la fecondazione in vitro devono considerare le implicazioni delle loro condizioni sui potenziali figli.

Registrazione e mantenimento dei dati

Ogni coppia deve avere una scheda clinica con i dati anagrafici, anamnestici, clinici, genetici, infettivologici, la diagnosi, il trattamento, le tecniche anestesiologiche, i nominativi degli operatori, il decorso clinico, eventuali complicanze e l’esito del trattamento.

La scheda di laboratorio invece deve contenere i dati anagrafici e le informazioni coerenti con la sezione E/2 dell’Accordo Stato-regioni 2012 e la direttiva 2006/17/CE modificata dal decreto n. 131 del 2019.

Entrambe le schede devono essere conservate dal centro. Una relazione conclusiva, clinica e biologica, destinata al medico curante e all’utente deve includere la procedura eseguita, il monitoraggio endocrino/ecografico, i dati di laboratorio, i farmaci usati durante il prelievo ovocitario, i risultati ottenuti e indicazioni terapeutiche post-procedura.  

PMA: le novità in sintesi

Tirando le fila, le linee guida 2024 hanno introdotto importanti e diversi elementi di novità rispetto a quelle del 2015. Vediamo i più importanti:

  • Le coppie dovranno sostenere il costo di un canone annuo per poter conservare gli embrioni che non vengono utilizzati.
  • Le coppie portatrici di patologie genetiche potranno decidere di non impiantare gli embrioni che presentino dei difetti genetici.
  • La donna potrà chiedere di procedere all’impianto dell’embrione anche se il rapporto con il partner è venuto meno o lo stesso è defunto.
  • Stop inoltre alla revoca del consenso alla P.M.A, presa la decisione non si torna indietro.

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leva obbligatoria

Leva obbligatoria: la proposta di legge Leva militare obbligatoria o servizio civile: cosa prevede la proposta di legge ordinaria della Lega presentata alla Camera il 15 maggio 2024

Leva militare o servizio civile: proposta di legge alla Camera

Eugenio Zoffili, deputato e membro della commissione difesa della Camera in data 14 maggio 2024 ha presentato la proposta di legge n. 1873 intitolata “Istituzione del servizio militare e civile universale territoriale e delega al Governo per la sua disciplina.” 

Come emerge dal titolo, la proposta legislativa si pone l’obiettivo di reintrodurre il servizio di leva militare della durata di sei mesi per i ragazzi e le ragazze. Matteo Salvini, nel corso del raduno degli Alpini del 12 maggio 2024, tenutosi nella provincia di Vicenza, ha dichiarato che la leva che vuole reintrodurre ha una finalità educativa. Con la leva militare o il servizio civile si vogliono preparare cittadini in grado di salvare e soccorrere tutti quei soggetti che si trovano in condizioni di difficoltà e di proteggere i boschi.

La grande novità della proposta leghista è rappresentata dal fatto che il servizio si potrà svolgere vicino casa.

Come funzioneranno la leva militare e il servizio civile

La proposta di legge, come anticipato, non prevede solo la leva militare, ma contempla anche l’opzione del servizio civile, che coinvolgeranno tutti i cittadini di età compresa tra i 18 e i 26 anni. Vediamo distintamente in che cosa consistono.

Il servizio militare universale di tipo territoriale, come annunciato dal proponente Eugenio Zoffili,  sarà svolto solo sul territorio nazionale e nella regione di residenza o domicilio. La provincia di residenza rappresenta il criterio prioritario, a meno che il soggetto non faccia richiesta espressa di essere impiegato in altri territori, previa autorizzazione dell’autorità competente al rilascio. Chi sceglierà il servizio militare potrà contare su una formazione militare per la successiva attività di impiego sul territorio nazionale.

Chi opterà per il servizio civile universale invece potrà svolgere funzioni relative alla tutela del patrimonio culturale e naturalistico e del paesaggio. Ci sarà anche la possibilità di entrare a far parte del sistema nazionale della protezione civile e del soccorso pubblico e di poter collaborare con i Vigili del fuoco.

Le critiche alla proposta di legge

Sulla proposta di legge della lega non tardano ad arrivare le perplessità del Ministro della Difesa Guida Crosetto ritiene infatti che le finalità educative della legge che reintroduce il servizio militare e il servizio civile siano errate. All’educazione dei giovani devono provvedere le famiglie e la scuola.

Contrario alla proposta di legge anche l’ex premier Conte, per il quale i giovani non hanno bisogno di una politica che li costringe a fare i militari e la guerra, quanto di una politica che tuteli i loro diritti e lotti contro la precarietà del lavoro.

Il Ministro degli Esteri Taiani solleva invece la questione della copertura economica della proposta, perché i costi da sostenere sono eccessivi, ma anche perché i militari formati in sei mesi di leva non sarebbero utilizzabili.

Concessioni balneari: il Consiglio di Stato dice no alle proroghe Con tre sentenze, il giudice amministrativo ribadisce l'illegittimità del rinnovo generalizzato delle concessioni balneari: contrastano con la direttiva Bolkestein e con il TFUE

Illegittime le proroghe generalizzate delle concessioni balneari

Con le sentenze n. 4479, 4480 e 4481/2024 il Consiglio di Stato conferma il principio ribadito in diverse occasioni che sancisce l’illegittimità delle proroghe balneari generalizzate (previste dal decreto legge n. 198/2022, convertito nella legge n. 14/2023) perché le stesse violano la libertà di stabilimento sancita dall’art. 49 del TFUE e l’articolo 12 della Direttiva Bolkestein (Direttiva UE 2006/123/CE).

Nelle sentenze gemelle il Consiglio di Stato richiama la normativa e la giurisprudenza più rilevanti in materia di concessioni balneari per ribadire che:“tutte le proroghe delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative – anche quelle in favore di concessionari che avessero ottenuto il titolo in ragione di una precedente procedura selettiva laddove il rapporto abbia esaurito la propria efficacia per la scadenza del relativo termine di durata prima del 31 dicembre 2023 (Cons. St. sez. VII, 19 marzo 2024, n. 2679) – sono illegittime e devono essere disapplicate dalle amministrazioni a ogni livello, anche comunale, imponendosi, anche in tal caso, lindizione di una trasparente, imparziale e non discriminatoria procedura selettiva.”

Proroghe tecniche compatibili con il diritto UE

L’unica proroga compatibile con il diritto dell’Unione Europea è quella “tecnica” ossia quella che è funzionale allo svolgimento della gara. L’articolo 3 della legge n. 118/2022 al comma 3 prevede infatti che in presenza di ragioni oggettive che siano di ostacolo alla conclusione della procedura di selezione entro il 31.12.2024, l’autorità competente, con atto motivato, può differire la scadenza delle concessioni per il tempo necessario alla conclusione della procedura, nel rispetto del termine massimo del 31.12.2025.

Per il Consiglio di Stato l’articolo 12 della Dir. 2006/123/CE ha una applicazione piena, diretta, e incondizionata. Tale applicabilità non può essere subordinata dal nostro legislatore alla mappatura, nazionale dellascarsità della risorsa o a qualsiasi riordino, pur atteso, dellintera materia, pena il frontale contrasto di questa subordinazione con il diritto dellUnione e la conseguente disapplicazione delle norme che ciò prevedano …”. 

Nessuna aspettativa al rinnovo della concessione

Per giurisprudenza costante dello stesso, il Consiglio di Stato ribadisce inoltre che il concessionario di un bene demaniale non possa vantare una aspettativa al rinnovo della concessione. Il diniego del rinnovo non ha bisogno di motivazioni ulteriori rispetto all’applicazione dei principi della ragionevolezza e della logica a cui si deve uniformare l’agire della pubblica amministrazione. In sede di rinnovo il concessionario precedente riveste quindi la stessa posizione degli altri richiedenti.

Allegati

ANF: guida agli assegni per il nucleo familiare Cos’è l'assegno per il nucleo familiare (ANF), a chi spetta e quali sono i livelli reddituali in vigore da luglio 2024 a giugno 2025

Cos’è l’assegno per il nucleo familiare

L’assegno per il nucleo familiare (ANF) è un contributo economico, che viene riconosciuto ai lavoratori dipendenti del settore privato. L’assegno spetta in base al numero dei soggetti che compongono il nucleo familiare e al reddito del nucleo stesso. Questa la ragione per la quale, una volta ottenuto l’assegno, è necessario comunicare al soggetto obbligato a corrisponderlo qualsiasi variazione nel termine di 30 giorni dal loro verificarsi.

A chi spetta l’assegno per il nucleo familiare

L’assegno per il nucleo familiare è riconosciuto ai lavoratori dipendenti che presentino regolare e specifica domanda. Dal 2005 la domanda per l’ANF può essere presentata al datore di lavoro anche dal coniuge del dipendente al fine di ottenere il pagamento diretto degli importi.

I soggetti che possono fare domanda per l’assegno del nucleo familiare sono:

  • i lavoratori del settore privato;
  • i dipendenti del settore agricolo, esclusi i coltivatori diretti, i coloni, i mezzadri e i piccoli coltivatori diretti;
  • i dipendenti di ditte che hanno cessato l’attività o sono fallite;
  • i soggetti che percepiscono prestazioni economiche previdenziali ricollegabili al lavoro dipendente;
  • i lavoratori in aspettativa sindacale, i marittimi che hanno subito un infortunio e sono stati sbarcati e i dipendenti che si trovano in una condizione di pagamento diretto.

Domanda ANF: come fare

La domanda per l’assegno per il nucleo familiare deve essere presentata annualmente in ragione della variazione del presupposto reddituale.

L’istanza deve essere presentate all’INPS in modalità telematica mediante il servizio dedicato. Non è necessario presentare una nuova domanda se il dipendente che ne ha diritto viene assunto presso un altro datore di lavoro durante il periodo di validità dell’assegno.

La domanda da presentare al datore di lavoro invece richiede l’impiego del modello cartaceo ANF/DIP (SR16). Nei casi previsti dalla legge è necessario allegare il provvedimento di autorizzazione della domanda modello ANF43.

Se la domanda per l’ANF viene presentata da parte di lavoratori di attività cessate o fallite, la stessa va presentata all’INPS in modalità online mediante il servizio dedicato nel rispetto del termine di prescrizione di 5 anni.

La domanda può essere presentata anche con le seguenti modalità:

  • Contact center INPS (803 164 gratuito per le chiamate da rete fissa) 06164164 (a pagamento per le reti mobile);
  • Servizi telematici messi a disposizione dai patronati.

Livelli reddituali ANF 2024 – 2025

Come anticipato, l’importo dell’assegno per il nucleo familiare varia anche in base al reddito del nucleo.

Per l’anno 2024, con la Circolare n. 65-del 15.05.2024 l’INPS ha comunicato l’aggiornamento dei livelli di reddito, rivalutati in base alla variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati e degli importi degli assegni.

A partire dal 1 marzo 2022, in virtù della istituzione dell’assegno unico e universale per i nuclei familiari con figli e orfani, i livelli di reddito che vengono presi in considerazione per il riconoscimento dell’ANF sono solo quelli dei nuclei familiari di cui non fanno parte i figli e che sono quindi formati da coniugi, fratelli, sorelle e nipoti.

La rivalutazione riguarda infatti le seguenti tabelle, contenute nell’Allegato 1 della Circolare-n. 65/2024:

  • 19     nuclei familiari composti esclusivamente da soggetti maggiorenni inabili e diversi dai figli;
  • 20A nuclei familiari con entrambi i coniugi e senza figli;
  • 20B nuclei monoparentali senza figli in cui sia presente almeno un fratello, una sorella o un nipote inabile;
  • 21A nuclei familiari senza figli in cui non siano presenti soggetti inabili;
  • 21B nuclei monoparentali senza figli con almeno un fratello, una sorella o un nipote e in cui non siano presenti componenti inabili;
  • 21C nuclei familiari senza figli che includano almeno un coniuge inabile e nessun altro componente inabile;
  • 21D nuclei monoparentali senza figli, che comprendano almeno un fratello, una sorella, un nipote e in cui il solo soggetto richiedente sia inabile.

Passaporto: come si richiede Il passaporto deve essere richiesto seguendo una procedura online, da marzo 2024 è possibile fare domanda anche presso gli uffici postali

Come ottenere il passaporto elettronico

Per ottenere il passaporto elettronico nel 2024 è necessario rispettare alcuni step fondamentali.

Si ricorda infatti che dal 2006 il passaporto ordinario è un libretto di 48 pagine, dotato di un microprocessore in grado di contenere i dati identificativi del titolare e di meccanismi avanzati per impedirne l’alterazione e la contraffazione. I dati contenuti nel documento sono inoltre protetti da una firma digitale, che ne impedisce la modifica. Il passaporto inoltre è dotato di sistemi di lettura ottica per facilitare i controlli nelle zone di confine.

Vediamo qual è la procedura per richiedere il passaporto, precisando che in genere il rilascio avviene nel termine di 20 giorni dalla domanda.

Appuntamento online

Il primo passaggio per la richiesta del passaporto consiste nel prendere un appuntamento dalla pagina dedicata del sito della Polizia di Stato https://passaportonline.poliziadistato.it/ a cui si accede tramite Spid o Cie.

Un volta effettuato l’accesso cliccando sull’opzione “Cittadini”, ci si deve registrare e poi cliccare su “nuova richiesta” e poi su “passaporto elettronico”.

A fondo pagina è presente l’opzione “dove si vuole richiedere il documento” che permette di scegliere la provincia di residenza o di domicilio” del soggetto richiedente.

Cliccando sulla dicitura “continua”,  apparire una schermata in cui è presente il primo appuntamento libero presso la sede che è stata scelta per il rilascio del documento. Si procede cliccando sulla data e sull’orario preferiti e confermando queste opzioni. A questo punto si deve indicare anche la modalità prescelta per il ritiro del passaporto.

La conferma dell’orario e del giorno scelti per l’appuntamento vengono confermati via email o tramite sms. E’ sempre opportuno conservare questa ricevuta di conferma, perché di solito viene richiesta quando ci si reca presso l’ufficio addetto al rilascio del passaporto.

Documenti per la richiesta del passaporto

Quando si presenta la domanda per il passaporto è necessario essere in possesso di specifici documenti, che servono per il riconoscimento dell’identità del soggetto richiedente:

  • il modulo per la richiesta del passaporto scaricabile dal sito della Polizia di Stato;
  • la stampa della pagina da cui risulta la registrazione al sito della Polizia Agenda Passaporto;
  • due foto-tessere con sfondo bianco in possesso dei requisiti ICAO.

Se la richiesta viene fatta per soggetti minorenni può essere necessario presentare il certificato di nascita o altre documentazione in grado di attestare il rapporto di parentela e quindi anche i documenti di identità dei genitori o di chi ne esercita la tutela.

Domanda passaporto alle Poste

La richiesta del passaporto elettronico da martedì 11 marzo 2024 si può fare anche in Posta. Lo prevede il progetto Polis per rendere più semplice il rilascio del passaporto. Nella fase iniziale del progetto potranno rilasciare il passaporto gli uffici postali dei Comuni con meno di 15.000 abitanti. Dal mese di luglio 2024 questo servizio postale sarà disponibile in tutti i comuni italiani.

La domanda per il passaporto che si effettua presso uno sportello postale richiede la consegna all’operatore dei seguenti documenti:

  • due foto tessere specifiche per il passaporto;
  • un documento di identità in corso di validità;
  • il codice fiscale;
  • modulo in cui si attesta il domicilio
  • il passaporto scaduto se si procede al rinnovo, la copia della denuncia se il passaporto è stato smarrito o rubato.

Al momento della richiesta il cittadino richiedente deve pagare 42,50 euro con bollettino postale e una marca da bollo da 73,50 euro.

L’addetto allo sportello procede  quindi alla raccolta dei dati biometrici (impronte digitali e foto) del richiedente e invia tutta la documentazione all’Ufficio di Polizia. Al richiedente viene rilasciata una ricevuta che contiene l’indicazione dell’Ufficio di Polizia competente e il codice di protocollo della pratica.

Quando il passaporto è pronto si può chiedere che venga consegnato a casa a mezzo posta.