fornitore energia elettrica

Fornitore energia elettrica: cambio in 24 ore Bollette energia: dal 1° gennaio 2026 sarà possibile cambiare il fornitore in sole 24 ore. Cosa prevede la proposta di ARERA

Fornitore energia: dal 12° gennaio cambio in 24 ore

Dal 1° gennaio 2026 cambiare il fornitore di energia elettrica sarà più rapido. Il passaggio avverrà in un solo giorno lavorativo, rispetto agli attuali due mesi. La novità è prevista da una direttiva europea (Clean Energy Package) ed è stata recepita in Italia con il Decreto Legislativo 210/2021.

ARERA, l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente, deve approvare la delibera di attuazione entro il mese di luglio di quest’anno. Nel frattempo, ha avviato una consultazione pubblica aperta fino ad aprile 2025.

Cambio fornitore: lo switching veloce  

La proposta prevede che il cambio fornitore avvenga in sole 24 ore. Se la controparte commerciale non coinciderà con la società energetica, il tempo massimo sarà di tre giorni per completare le verifiche necessarie.

L’utente farà richiesta al proprio fornitore, che gestirà l’intera pratica attraverso il Sistema Informativo Integrato (SII). Oggi il processo richiede da uno a due mesi. Con il nuovo sistema, il passaggio invece sarà immediato, consentendo ai consumatori di approfittare velocemente di offerte più vantaggiose.

Regole per imprese e criticità del sistema

Le nuove tempistiche si applicheranno ai clienti domestici e alle piccole imprese. Le grandi aziende, invece, seguiranno ancora le regole attuali per evitare impatti eccessivi sulla gestione dei contratti e sulla programmazione degli approvvigionamenti.

Gli operatori del settore esprimono perplessità. Temono che un cambio troppo rapido possa destabilizzare il mercato e aumentare la gestione delle richieste. Alcuni propongono di limitare il numero di cambi annuali per cliente. ARERA, per ora, non intende introdurre questa restrizione, ma valuterà eventuali modifiche dopo l’entrata in vigore della riforma.

Infine, ARERA ha deciso di allineare le tempistiche di recesso e cambio fornitore a un solo giorno lavorativo. Rimangono da definire le regole per la gestione delle morosità, che saranno oggetto di futuri interventi.

 

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immigrazione irregolare

Immigrazione irregolare: le nuove misure di contrasto Immigrazione irregolare: il decreto n. 37/2025 rinforza il sistema dei rimpatri con possibilità di trasferimento in Albania in casi specifici

Immigrazione irregolare: nuove regole

Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Giorgia Meloni e dei Ministri Antonio Tajani, Matteo Piantedosi e Carlo Nordio, ha approvato il decreto-legge n. 37 del 28 marzo 2025 del 28 marzo 2025, pubblicato in Gazzetta Ufficiale e in vigore dal 29 marzo 2025, volto a rafforzare il contrasto all’immigrazione irregolare attraverso disposizioni urgenti e mirate.

Immigrazione irregolare: rimpatri rafforzati

Uno dei punti centrali del provvedimento è l’ottimizzazione dell’uso delle strutture realizzate in Albania in virtù del Protocollo Italia-Albania del 6 novembre 2023.

Il nuovo decreto prevede il potenziamento del sistema di rimpatrio, consentendo il trasferimento degli stranieri individuati in acque internazionali o soccorsi durante operazioni SAR (Search and Rescue e di coloro che attualmente si trovano nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) italiani e che sono stati raggiunti da provvedimenti di espulsione.

In particolare, il testo contempla la possibilità di trasferire presso il centro di rimpatrio situato a Gjadër gli stranieri per i quali sia stato convalidato o prorogato un provvedimento di trattenimento perché già soggetti a decisioni di rimpatrio. Tale trasferimento non modifica il titolo del trattenimento, precedentemente convalidato dall’autorità giudiziaria, e non incide neppure sulla procedura amministrativa di espulsione o respingimento in corso.

Il decreto attribuisce inoltre alla Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere il potere di assegnare gli stranieri ai CPR più vicini, con la possibilità di trasferirli in altre strutture, comprese quelle albanesi.

La convalida del trattenimento non impedisce il trasferimento in un altro centro in qualsiasi momento, senza necessità di un’ulteriore convalida giudiziaria.

Queste nuove misure intendono rendere più efficiente la gestione dell’immigrazione irregolare, garantendo al contempo un migliore coordinamento tra le autorità italiane e albanesi.

Relazione annuale Paesi Sicuri

Nella stessa giornata del 28 marzo il Governo ha approvato anche la relazione annuale sui Paesi di origine sicuri. Il documento aggiorna le “schede Paese” basandosi su fonti autorevoli come l’EUAA, l’UNHCR e il Consiglio d’Europa.

Per il 2025 conferma l’elenco dei Paesi già indicati nel decreto-legge del 23 ottobre 2024, tra cui Albania, Egitto, Marocco e Tunisia.

L’elenco consente di applicare procedure accelerate per le domande di protezione internazionale dei cittadini di questi Paesi. La relazione sarà ora trasmessa alle Commissioni parlamentari competenti per l’esame.

 

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polizze catastrofali

Polizze catastrofali: per grandi, medie, piccole e micro imprese Polizze catastrofali: cosa sono e quando entra in vigore l’obbligo della stipula per le imprese di grandi, medie, piccole e micro dimensioni

Polizze catastrofali: cosa sono

Le polizze catastrofali sono polizze assicurative che la legge di bilancio 2024 (n. 213/2023) ha reso obbligatorie per tutte le imprese che hanno la sede legale in Italia, per proteggerle da eventi catastrofici e calamità naturali (Cat Net). La normativa è conseguente ai fenomeni climatici che negli ultimi anni si sono abbattuti sul territorio italiano con ripercussioni negative anche sulle attività economiche e produttive.

Il decreto attuativo, DM n. 18 del 30 gennaio 2025 ha dettato le modalità di attuazione e di operatività degli schemi assicurativi dei rischi catastrofali.

Polizze catastrofali: il termine del 31 marzo 2025

L’articolo 1 comma 101 e successivi della legge di bilancio n. 213/2023 aveva stabilito l’obbligo di adeguamento al 31 dicembre 2024.

Il decreto Milleproroghe ha rinviato però tale obbligo al 31 marzo 2025.

Rinvio ulteriore per medie, piccole e micro imprese

Il decreto-legge n. 39 del 31 marzo 2025 approvato nel corso dell’ultimo Consiglio dei ministri e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ha previsto invece un obbligo graduale per le imprese italiane di stipulare una polizza assicurativa per la copertura dei danni derivanti da eventi catastrofali. Il decreto differenzia infatti la platea tra grandi, medie e piccole e micro imprese.

Per le grandi imprese, con più di 250 dipendenti l’obbligo resta quello di stipulare una polizza entro il 31 marzo 2025.

Il decreto introduce tuttavia, per queste imprese un periodo transitorio di 90 giorni, fino al 30 giugno, per permettere alle aziende prive di contratto di adeguarsi all’obbligo, conservando l’accesso a incentivi o contributi.

Le medie imprese con un minimo di 50 dipendenti fino a un massimo di 250,   avranno invece altri sei mesi di tempo, ossia fino al 30 settembre 2025, per stipulare i contratti assicurativi.

Per le micro e piccole imprese l’obbligo è  posticipato al 31 dicembre 2025.

La mancata stipula comporterà il mancato accesso a incentivi statali e risorse pubbliche per sviluppare l’attività.

contributo unificato omesso

Contributo unificato omesso: nessuna sospensione Il ministero della Giustizia fornisce chiarimenti sulla regola che impedisce l'iscrizione a ruolo in caso di mancato pagamento del contributo unificato

Contributo unificato omesso e iscrizione a ruolo

Contributo unificato omesso e iscrizione a ruolo della causa. La circolare del 21 marzo 2025 del Ministero della Giustizia fornisce nuove indicazioni sulla regola dell’obbligo di pagamento del contributo unificato per l’accesso alla giustizia, così come introdotto con l’ultima legge di bilancio. Il mancato pagamento del contributo unificato impedisce infatti, come precisato nella precedente circolare del 30 dicembre 2024, l’iscrizione a ruolo della causa, non la sospende in attesa di regolarizzare il pagamento, anche  perché non c’è un termine di legge per mettersi in pari.

Ambito di applicazione

Il nuovo comma 3 di cui all’articolo 4 del DPR n. 115/2002, inserito dall’ultima legge di bilancio, ostacola infatti l’iscrizione a ruolo della causa in caso di mancato pagamento del contributo unificato. Dopo l’introduzione di questa nuova regola sono stati avanzati dubbi e richieste di chiarimenti a cui la recente circolare ha fornito risposta.

Sull’accettazione degli atti il documento chiarisce che i depositi telematici degli atti introduttivi, obbligatori per i difensori, non vengono accettati automaticamente. Il cancelliere verifica manualmente ogni deposito inviato via PEC. Se il cancelliere rileva che pagamento è insufficiente o assente, può rifiutare l’iscrizione della causa, bloccandone la trattazione.

Regole particolari per il convenuto

Se la causa invece risulta già iscritta, la norma non si applica. Il convenuto deve comunque versare il contributo se modifica la domanda, propone una domanda riconvenzionale, chiama un terzo o interviene autonomamente. Se però non paga, la cancelleria deve comunque accettare il deposito e avviare la riscossione. Se il convenuto si costituisce per primo, il pagamento ricadrà su di lui.

Estensione della regola alle procedure esecutive

La regola del mancato pagamento del contributo unificato di 43 euro si applica a tutti i giudizi civili, incluse le fasi cautelari, i reclami e le procedure esecutive. Il creditore è tenuto a pagare l’importo al momento dell’iscrizione a ruolo della procedura esecutiva. In caso contrario, la causa non viene iscritta.

Ricorso collettivo per cittadinanza: 43 euro ciascuno

In caso di ricorso collettivo per il riconoscimento della cittadinanza italiana, ogni ricorrente deve versare individualmente il contributo unificato minimo di 43 euro. L’iscrizione a ruolo della causa è subordinata al pagamento di tale importo da parte di tutti i ricorrenti. Questa interpretazione è in linea con la recente Legge di Bilancio n. 207/2024, che ha stabilito l’obbligo del pagamento individuale del contributo unificato per ciascun ricorrente, anche in presenza di un unico ricorso introduttivo.

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testo unico

Testo Unico Riscossione dal 2026 Testo Unico sulla riscossione dei tributi pubblicato in Gazzetta Ufficiale e in vigore dal 1° gennaio 2026

Riscossione dei tributi: il Testo Unico

Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 26 marzo 2025 il D.Lgs. n. 36/2025, Testo Unico in materia di riscossione dei tributi. Il documento approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri il 13 marzo 2025 è frutto dell’iniziativa del Ministro Giorgetti, al fine di attuare la delega governativa per la riforma fiscale.

Questo Testo Unico, collegato al decreto riscossione n. 110/2024 insieme a quelli relativi alla giustizia tributaria, ai tributi erariali minori e alle sanzioni tributarie tende al perseguimento degli obiettivi governativi della semplificazione e razionalizzazione del sistema fiscale nel suo complesso.

Leggi a questo proposito Riforma tributaria: testi unici entro il 31 dicembre 2025

Riscossione dei tributi: struttura del Testo Unico

Il Testo Unico dedicato alla fase della riscossione, che sarà in vigore al 1° gennaio 2026, riunisce al suo interno le disposizioni vigenti sparse nei vari testi normativi in un unico contenitore. La sua struttura segue un preciso iter logico, che è quello che viene seguito in via ordinaria per l’acquisizione delle entrate. Composto da 243 articoli complessivi il testo risulta suddiviso il 3 parti, la I intitolata “Disposizioni in materia di versamenti e riscossione” comprende i seguenti titoli:

  1. Disposizioni i materia di riscossione spontanea;
  2. Riscossione imposte sul reddito;
  3. Rimborsi;
  4. Riscossione mediante ruoli;
  5. Estensione delle disposizioni sulla riscossione mediante ruolo;
  6. Riscossione coattiva;
  7. Mutua assistenza per il recupero dei crediti sorti nel territorio nazionale o in uno Stato membro UE (Direttiva 2010/24/UE);

La Parte II intitolata “Funzionamento del servizio nazione della riscossione” risulta composta invece dal seguenti titolo:

  1. Funzionamento del servizio nazione della riscossione.

La Parte III infine contiene nel titolo I

  1. Disposizioni varie, transitorie e finali.

A tutto questo si aggiungono 2 allegati:

  1. Allegato A: art. 53, comma 4 lettera a;
  2. Allegato B: art. 53, comma 4.

Favorita la riscossione spontanea

Il Testo Unico rende più efficienti le procedure di riscossione spontanea e individua nel modello F24 come lo strumento principale per procedere ai versamenti. Il Modello F23 viene conservato, ma solo per il versamento di tributi particolari.

Favorita la digitalizzazione anche grazie all’integrazione tra i dati delle banche, dell’Amministrazione finanziaria e delle piattaforme che permettono di procedere con i pagamenti. In questo modo si riducono gli errori materiali e i rimborsi in presenza di versamenti di importo superiore al dovuto.

Soglie di riscossione aggiornate

Non si procede più all’accertamento, all’iscrizione a ruolo e alla successiva riscossione se l’importo di ogni credito (comprese sanzioni e interessi) risulta inferiore a 30 euro.

Grazie alla riduzione del numero di iscrizioni a ruolo le operazioni amministrative subiscono così un positivo snellimento.

Riscossione dei tributi: fino a 10 anni per saldare le cartelle 

Il nuovo meccanismo di dilazione di pagamento consentirà ai contribuenti di estinguere i loro debiti con più calma. I piani di pagamento potranno prevedere fino a un massimo di 120 rate a cadenza mensile, per la durata quindi di 10 anni per importi superiori ai 120.000,00 euro in presenza di difficoltà economiche dimostrate.

Discarico automatico

Il testo prevede anche il discarico automatico delle cartelle che non sono state riscosse entro il termine di 5 anni dall’affidamento. L’Ente creditore conserva però il diritto di avviare azioni di recupero o di riaffidare il credito ad ADER se emergono nuovi e significativi elementi reddituali.

notifica pec inesistente

Notifica PEC inesistente se l’indirizzo non risulta dai registri pubblici E’ inesistente e non può essere sanata la notifica effettuata da un indirizzo PEC che non risulta dai pubblici registri

Notifica PEC inesistente

Notifica PEC inesistente se eseguita da un indirizzo che non risulta dai registri pubblici. La notifica PEC degli atti tributari ha generato numerosi contenziosi, come evidenziato dalla recente sentenza n. 1828/2025 della Corte di giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio. La questione riguarda la validità delle notifiche effettuate da indirizzi PEC non registrati nei pubblici elenchi. Vediamo quali sono le ragioni per le quali la Corte è giunta a ritenere invalide le notifiche effettuate da un indirizzo di posta elettronica non risultante dai registri pubblici e a escludere ogni effetto sanante per il raggiungimento dello scopo, come previsto dall’articolo 156 c.p.c.

Mancata notifica PEC: indirizzo non risultante

Una società impugna una cartella di pagamento per IVA relativa al 2014, contestando la mancata notifica. La scoperta della cartella è avvenuta infatti solo attraverso un estratto di ruolo richiesto all’Agente della Riscossione. L’Agente della Riscossione produce in giudizio la prova dell’invio della cartella tramite PEC, sostenendo che la notifica fosse valida e che il credito fosse ormai definitivo per mancata opposizione nei termini previsti. La Commissione Tributaria Provinciale  accoglie la tesi dell’Agente, ritiene valida la notifica via PEC e dichiara inammissibile il ricorso per tardività. La società quindi presenta appello, contestando la legittimità della notifica, l’indirizzo PEC utilizzato dall’Ufficio non risultava infatti dai pubblici registri.

Notifica PEC inesistente e non sanabile

La Corte Tributaria analizza tutta la questione alla luce della normativa vigente. Secondo l’art. 16-ter del D.L. 179/2012, la notifica via PEC è valida solo se effettuata da un indirizzo certificato presente nei pubblici elenchi. Dagli atti però emerge che l’indirizzo PEC utilizzato dall’Agente della Riscossione non risultava nei registri pubblici fino al 1 settembre 2022. Questo elemento porta la Corte a ritenere la notifica inesistente dal punto di vista giuridico.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione conferma questo orientamento, ribadendo che le notifiche effettuate da indirizzi non certificati non possono produrre effetti giuridici validi (Cass. 3093/2020, Cass. 17346/2019).

Le notifiche eseguite a mezzo pec da indirizzi pec che non risultano dai registri pubblici devono  essere considerate inesistenti e deve essere escluso di conseguenza ogni effetto sanante in virtù del raggiungimento dello scopo, come previsto dall’articolo 156 c.p.c.

L’utilizzo di un indirizzo PEC non ufficiale compromette la certezza giuridica della notifica. Il contribuente deve poter verificare con sicurezza la provenienza dell’atto, evitando il rischio di ricevere comunicazioni da soggetti non autorizzati.

La Corte si pronuncia quindi per l’annullamento della cartella di pagamento per l’inesistenza della notifica pec, evidenziato inoltre che la complessità della questione e l’evoluzione della giurisprudenza giustificano la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

Considerazioni finali

La sentenza è molto significativa perché conferma l’importanza della corretta procedura di notifica via PEC. Gli enti pubblici devono garantire che le comunicazioni provengono da indirizzi ufficiali registrati, per evitare il rischio di nullità degli atti e conseguenti perdite di gettito fiscale. Occorre rispettare rigorosamente le norme sulla notifica telematica. Le amministrazioni devono adeguarsi alle disposizioni vigenti per evitare contenziosi e annullamenti di atti impositivi. Per i contribuenti, invece, è fondamentale verificare sempre la provenienza delle notifiche ricevute e, in caso di dubbi, contestarne immediatamente la validità.

Si ringrazia il Dott. Comm. e Avv. Gian Luca Proietti Toppi per l’invio della sentenza

 

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Allegati

separazione carriere giudici

Separazione delle carriere: cosa prevede la riforma Il disegno di legge sulla riforma della Giustizia sulla divisione delle carriere della magistratura requirente e giudicante è in corso di esame al Senato e ha ricevuto parere positivo dalla Commissione Giustizia

Ok della Commissione Giustizia del Senato

Il disegno di legge sulla separazione delle carriere il 16 gennaio 2025 è stato approvato dalla Camera con 174 voti a favore, 92 contrari e 5 astenuti. Il testo è quello su cui aveva dato l’ok la Commissione affari costituzionali di Montecitorio che aveva concluso l’esame degli emendamenti presentati, respingendoli tutti.

Il disegno di legge costituzionale di riforma che contiene le “Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare” è quindi quello approvato dal Cdm il 29 maggio 2024.

Il testo della riforma della separazione delle carriere, rende noto il ministero della Giustizia, ha ricevuto il 26 marzo 2025 il parere non ostativo della Commissione Giustizia del Senato ed è stato trasmesso alla commissione Affari costituzionali, per il prosieguo dell’esame.

Cosa prevede la riforma

Il testo del ddl, composto da otto articoli, interviene sugli articoli 87, 102, 104, 105, 106, 107 e 110 della Costituzione disponendo la separazione delle carriere dei magistrati, introducendo un sistema di sorteggio per la componente laica del CSM e istituendo l’Alta Corte per giudicare gli errori dei magistrati.

La riforma supera quindi il primo dei passaggi parlamentari necessari per l’ok definitivo alla separazione delle carriere dei magistrati giudicanti e requirenti. Trattandosi di riforma costituzionale infatti occorreranno 4 letture conformi da parte dei due rami parlamentari e molto probabilmente, essendo richiesti nelle ultime due letture voti favorevoli pari alla maggioranza di due terzi dei componenti, si richiederà anche il referendum confermativo.

Nell’attesa che il ddl prosegue il suo iter, vediamo intanto i punti salienti della riforma.

Separazione delle carriere

Il primo punto della riforma, che la magistratura non ha accolto con favore, dispone la separazione delle carriere. La modifica prevede che i magistrati requirenti non possano passare al ruolo della magistratura giudicante e viceversa.

Indipendenza della magistratura requirente

La separazione delle carriere mira anche a garantire la piena indipendenza della magistratura requirente da qualsiasi tipo di influenza e di interferenza da parte del Governo e da parte di altri poteri, al pari della magistratura giudicante.

Due CSM

La riforma interviene anche sulla composizione del Consiglio Superiore della Magistratura. Il CSM  verrà diviso in due sezioni, una dedicata ai magistrati requirenti e una ai magistrati giudicanti, presiedute entrambe dal Presidente della Repubblica.

Nomina della componente laica del CSM

La componente laica del CMS, costituita attualmente dai membri eletti dal Parlamento, verrà nominata per sorteggio, sempre con la finalità di garantire la piena indipendenza e imparzialità del Consiglio Superiore della Magistratura.

Istituita l’Alta Corte

Per giudicare gli illeciti disciplinari dei magistrati viene istituita l’Alta Corte, che si va a sostituire in questo modo al Consiglio Superiore della Magistratura.

bonus asilo nido

Bonus asilo nido Il bonus asilo nido è un contributo per pagare le rette degli asili e avere supporto per l'assistenza di minori affetti da patologie croniche certificate

Bonus asilo nido: cos’è

Il bonus asilo nido è una misura di sostegno al reddito che si traduce nell’erogazione di un contributo da parte dell’INPS in favore dei genitori che sostengono il costo della retta dell’asilo.

Riferimenti normativi

Il bonus asilo nido è stato introdotto dalla legge di bilancio per il 2017 n. 232/2016, che ne contiene la disciplina base nel comma 355. L’INPS nel tempo ha chiarito il funzionamento della misura con divise circolari e messaggi:

Dal 2025 però questo contributo presenta delle novità in virtù della legge di bilancio che ha incrementato gli importi e diversificato la misura in base alla situazione economica delle famiglie destinatarie.

La circolare INPS n. 60/2025 del 20 marzo 2025 illustra gli aggiornamenti in vigore dal 2025.

Vai alla scheda dedicata al Bonus asilo nido aggiornata al 2025

A chi spetta il bonus asilo nido

Il bonus silo nido spetta ai genitori di figli che non abbiano ancora compiuto i tre anni di età e che frequentano un asilo nido pubblico o privato o che siano affetti da una patologia cronica purché certificata e che necessitano quindi di cure presso la residenza.

Requisiti soggettivi per fare domanda

I genitori richiedenti devono essere in possesso dei seguenti requisiti soggettivi:

  • residenza in Italia;
  • siano cittadini italiani o di un paese UE o di un paese extracomunitario in possesso di un permesso di soggiorno UE valido per i soggiornanti di lungo periodo;
  • se titolari di permesso di soggiorno, almeno semestrale, possono accedere al contributo gli stranieri apolidi, i rifugiati politici o titolari della protezione internazionale;
  • se titolari di Carta Blu devono essere “lavoratori altamente qualificati”
  • titolari di permesso di soggiorno per lavoro autonomo, subordinato, lavoro stagionale, per assistenza minori, per protezione speciale, per casi speciali.

Per la concessione del bonus inoltre:

  • il richiedente deve il genitore che esercita la potestà genitoriale, il tutore, l’affidatario del minore in affido temporaneo o preadottivo.

Requisiti ISEE e importo del bonus

L’importo del contributo varia in base al valore dell’ISEE minorenni e alla data di nascita del minore:

Per minori nati prima del 1° gennaio 2024 valgono i seguenti requisiti economici;

  • 3.000 euro all’anno per chi presenta un ISEE minorenni fino a 25.000,99 euro (per 10 mesi l’importo mensile è di Euro 272,73, per l’undicesima mensilità è di Euro 272,70);
  • 2.500 euro all’anno per chi presenta un ISEE minorenni compreso tra i 25.001,00 e i 40.000,00 (per 10 mesi l’importo mensile è di 227,27 euro, per l’undicesima mensilità è 227,30 euro);
  • 1.500 euro all’anno per chi presenta un ISEE minorenni non presente, difforme discordante, non calcolabile o superiore a 40.000,00 euro (per 10 mensilità l’importo è di 136,37 euro, per l’undicesima è di 136,30 euro).

Per i bambini nati dopo il 1° gennaio 2024 i requisiti reddituali sono i seguenti:

  • 3.600 euro all’anno nell’ipotesi di ISEE minorenni in corso di validità minore o uguale a 40.000 euro (10 rate da 327,27 euro e una da 327,30 euro);
  • 1.500 euro all’anno nell’ipotesi di con ISEE minorenni non presente, difforme, discordante, non calcolabile o superiore alla soglia di 40.000 euro (dieci rate da 136,37 euro e una da 136,30 euro).

La legge di bilancio 2025 prevede che nella determinazione dell’ISEE minorenni non si debba tenere conto delle somme erogate a titolo di assegno unico e universale (decreto legislativo n. 230/2021).

Forme di supporto presso l’abitazione

Per i nuclei familiari che hanno bambini affetti da una patologia cronica certificata attestante l’impossibilità di frequentare un asilo nido, la circolare n. 60/2025 precisa che completata la richiesta il servizio attribuisce un codice identificativo.

Occorre inoltre, per prenotare le risorse, che il pediatra del minore attesti che il minore, per l’intero anno, si trovi nell’impossibilità di frequentare gli asilo nido a causa della grave patologia.  Per il pagamento di questo contributo il servizio è integrato con il “Sistema Unico di gestione IBAN”.

Quando e come presentare domanda

La domanda per il contributo deve essere presentata da quando il servizio di presentazione è aperto. La data viene comunicata ogni anno dall’INSP con messaggio apposito e termina il 31 dicembre dell’anno solare di riferimento. La richiesta va inoltrata attraverso il servizio dedicato presente sul sito INPS o rivolgendosi ai patronati che offrono i loro servizi telematici ai cittadini.

La domanda deve contenere tutta una serie di requisiti:

  • la precisazione del tipo di domanda: “Contributo asilo nido per il pagamento di rette di frequenza di asili nido pubblici e privati autorizzati o “Contributo per introduzione di forme di supporto presso la propria abitazione, per il pagamento delle forme assistenza domiciliare per i bambini di età inferiore a tre anni affetti da gravi patologie croniche”;
  • l’indicazione dell’asilo nido frequentato dal figlio, specificando se è pubblico o privato e indicando la denominazione, il codice fiscale, gli estremi del provvedimento di autorizzazione se si tratta di una struttura privata;
  • le mensilità dei periodi di frequenza per le quali si chiede il beneficio (fino a 11 mensilità);
  • l’avvenuta iscrizione del bambino o l’inserimento nella graduatoria se il nido è pubblico;
  • la ricevuta di pagamento di almeno una retta relativa a uno dei mesi di frequenza per i quali si richiede il contributo.

Per accedere al contributo è necessario presentare i documenti di spesa relativi al contributo entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento della domanda. Per il 2025 ad esempio la documentazione va trasmessa entro il 30 aprile 2026.  Le spese rimborsabili sono esclusivamente quelle che si riferiscono alla retta mensile, alla quota che si riferisce ai pasti, all’imposta di bollo e all’IVA.

Pagamento del bonus asilo nido

La somma del contributo asilo nido viene determinata in relazione all’ISEE minorenni in corso di validità, nel mese precedente a quello a cui fa riferimento la mensilità e nei limiti del contributo massimo erogabile, fatti salvi eventuali conguagli.

Per il contributo relativo al supporto presso l’abitazione la somma viene erogata in una soluzione unica e tiene conto dell’ISEE minorenni che risulta valido alla data di protocollo della richiesta.

ddl intelligenza artificiale

Intelligenza artificiale: cosa prevede la nuova legge Il 20 marzo 2025 il Senato ha approvato in via definitiva il ddl in materia di intelligenza artificiale, tra le novità il pacchetto giustizia e le disposizioni penali

Intelligenza artificiale: è legge

Il Senato ha approvato il 20 marzo 2025, in via definitiva, il ddl di iniziativa del Governo in materia di Intelligenza Artificiale, prevedendo un giro di vite e introducendo fattispecie di reato, oltre all’obbligo dei professionisti di informare i clienti sull’utilizzo dei sistemi di IA.

Cinque gli ambiti in cui il ddl, recante “Disposizioni e deleghe al governo in materia di intelligenza artificiale”, mira ad intervenire. Nel testo è compresa una delega al governo per l’adeguamento al Regolamento UE sull’alfabetizzazione dei cittadini sull’IA e la formazione degli ordini professionali per professionisti e operatori, oltre all’adeguamento, sul fronte penale, di reati e sanzioni per l’uso illecito dell’IA.

I cinque ambiti di intervento

Il testo individua criteri regolatori capaci di riequilibrare il rapporto tra le opportunità che offrono le nuove tecnologie e i rischi legati al loro uso improprio, al loro sottoutilizzo o al loro impiego dannoso. Inoltre, introduce norme di principio e disposizioni di settore che, da un lato, promuovano l’utilizzo delle nuove tecnologie per il miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini e della coesione sociale e, dall’altro, forniscano soluzioni per la gestione del rischio fondate su una visione antropocentrica.

Il testo contiene disposizioni di principio e di settore, si occupa della strategia nazionale per l’intelligenza artificiale, delinea le funzioni delle Autorità nazionali per l’IA e dedica la parte conclusiva alle disposizioni penali introducendo reati e sanzioni.

Strategia nazionale

Si introduce la Strategia nazionale per l’intelligenza artificiale, il documento che garantisce la collaborazione tra pubblico e privato, coordinando le azioni della PA in materia e le misure e gli incentivi economici rivolti allo sviluppo imprenditoriale ed industriale.

I risultati del monitoraggio vengono trasmessi annualmente alle Camere.

Autorità nazionali per l’intelligenza artificiale

Si istituiscono le Autorità nazionali per l’intelligenza artificiale, disponendo l’affidamento all’Agenzia per l’Italia digitale (AgID) e all’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (ACN) del compito di garantire l’applicazione e l’attuazione della normativa nazionale e UE in materia di AI.
AgID e ACN, ciascuna per quanto di rispettiva competenza, assicurano l’istituzione e la gestione congiunta di spazi di sperimentazione finalizzati alla realizzazione di sistemi di intelligenza artificiale conformi alla normativa nazionale e UE.

Misure di sostegno ai giovani sull’IA

Tra i requisiti per beneficiare del regime agevolativo a favore dei lavoratori rimpatriati rientrerà l’aver svolto un’attività di ricerca nell’ambito delle tecnologie di intelligenza artificiale.
Nel piano didattico personalizzato (PDP) delle scuole superiori per le studentesse e gli studenti ad alto potenziale cognitivo potranno essere inserite attività volte all’acquisizione di ulteriori competenze attraverso esperienze di apprendimento presso le istituzioni della formazione superiore.

Professioni intellettuali, giustizia e diritto d’autore

L’uso di sistemi di intelligenza artificiale è consentito nelle professioni per attività strumentali e di supporto, con prevalenza del lavoro intellettuale. E’ obbligatoria la comunicazione chiara e completa al cliente sull’uso di tali sistemi, per tutelare il rapporto fiduciario.

L’uso dell’IA nel settore giustizia deve essere limitato all’organizzazione del lavoro giudiziario e alla ricerca giurisprudenziale e dottrinale. Ai magistrati è riservata l’interpretazione della legge, la valutazione di fatti e prove, e l’adozione di provvedimenti.

Le opere create con l’intelligenza artificiale sono protette dal diritto d’autore, a patto che la loro creazione derivi dal lavoro intellettuale.

Disciplina penale

Il testo prevede un aumento della pena per i reati commessi mediante l’impiego di sistemi di intelligenza artificiale, quando gli stessi, per natura o modalità di utilizzo, “abbiano costituito mezzo insidioso, o quando il loro impiego abbia comunque ostacolato la pubblica o la privata difesa o aggravato le conseguenze del reato”.

Si punisce l’illecita diffusione di contenuti generati o manipolati con sistemi di IA, atti a indurre in inganno sulla loro genuinità, con la pena da uno a cinque anni di reclusione se dal fatto deriva un danno ingiusto.
Si introducono circostanze aggravanti speciali per alcuni reati nei quali l’utilizzo di sistemi di IA abbia una straordinaria capacità di propagazione dell’offesa.

 

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Test medicina 2025: cosa cambia con la riforma Test medicina 2025: la riforma elimina il test di ingresso alla facoltà di medicina per incoraggiare la formazione di nuovi medici

Riforma test medicina: è legge

Il Parlamento italiano ha approvato definitivamente la riforma del Test di Medicina 2025, con 149 voti favorevoli e 63 contrari. La nuova legge n. 26/2025, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 18 marzo 2025, per entrare in vigore il 2 aprile 2025, delega il Governo a rivedere, entro dodici mesi, le modalità di accesso ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia, odontoiatria e protesi dentaria, e medicina veterinaria.

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Addio al test d’ingresso: arriva il semestre-filtro

La riforma abolisce il tradizionale test di accesso, sostituendolo con un semestre-filtro. Gli studenti potranno iscriversi liberamente al primo semestre, durante il quale dovranno sostenere esami caratterizzanti. Solo chi supererà con successo questi esami e otterrà i crediti formativi richiesti potrà proseguire al secondo semestre.

Obiettivi della riforma test medicina 2025

L’obiettivo principale della riforma è potenziare il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) formando 30.000 medici in più nei prossimi sette anni. La riforma mira a garantire una selezione basata sul merito e non sulle capacità economiche, eliminando la necessità di costosi corsi di preparazione e riducendo l’emigrazione degli studenti all’estero.

I principi chiave della riforma

La riforma si fonda sui seguenti principi ispiratori:

  • iscrizione libera al primo semestre: gli studenti potranno accedere liberamente ai corsi di laurea in medicina e discipline affini;
  • esami caratterizzanti: Il superamento di esami specifici durante il primo semestre determinerà l’ammissione al secondo semestre;
  • uniformità dei programmi: saranno stabiliti programmi formativi standardizzati a livello nazionale;
  • monitoraggio delle esigenze del SSN: un sistema di controllo valuterà il fabbisogno di medici e garantirà l’allineamento tra formazione universitaria e necessità del sistema sanitario;
  • tutoraggio pratico: gli studenti potranno svolgere attività pratiche sotto la guida di medici esperti nelle strutture ospedaliere.

Vantaggi per gli studenti

La riforma del test d’ingresso apporta tutta una serie di vantaggi importantissimi per gli studenti che aspirano alla carriera medica. Vediamo i più importanti

Maggiore accessibilità: l’eliminazione del test elimina la discriminazione economica legata ai corsi di preparazione privati.

Formazione di qualità: il semestre-filtro consente di valutare le reali competenze degli studenti.

Opportunità alternative: i crediti ottenuti nel primo semestre saranno validi per altri percorsi formativi in ambito biomedico, sanitario e farmaceutico.

Tempistiche e attuazione

Il Governo ha dodici mesi per emanare uno o più decreti legislativi che daranno attuazione alla riforma. La legge prevede, inoltre, un sistema di monitoraggio continuo per garantire l’efficacia delle nuove modalità di accesso.

Con questa riforma, l’Italia compie un passo significativo per rispondere alla carenza di personale medico e migliorare l’accesso alle facoltà sanitarie, ponendo al centro il merito e la qualità della formazione.

 

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