maltrattamenti in famiglia

Maltrattamenti in famiglia controllare economicamente la moglie Maltrattamenti in famiglia: integra il reato di cui all'art. 572 c.p. ostacolare l'autonomia economica della moglie

Maltrattamenti in famiglia

Impedire alla moglie di essere economicamente indipendente integra il reato di maltrattamenti in famiglia. A questa conclusione è giunta la Corte di Cassazione con la sentenza n. 1268/2025. Gli Ermellini hanno infatti rigettato il ricorso di un uomo, condannato per aver maltrattato la moglie per quasi vent’anni, anche in presenza dei figli minori. Conclusione a cui è giunta più di recente sempre la Suprema Corte con la sentenza n. 12444 del 31 marzo 2025.

Violenza fisica e psicologica

Il caso di cui si sono occupati gli Ermellini riguarda un uomo, che negli anni ha perpetrato una serie di condotte illecite continuative ai danni della moglie. L’imputato ha esercitato violenza fisica, ha proferito minacce di morte, ha umiliato sessualmente e infine denigrato pubblicamente la moglie. L’uomo inoltre ha manipolato i figli per controllarla, anche dopo la separazione, ma soprattutto ha attuato un controllo psicologico ed economico opprimente.

Sfruttamento competenze lavorative

Nel corso del processo è emerso come l’imputato negli anni abbi sfruttato le competenze lavorative della moglie. L’ha costretta infatti a lavorare come contabile nella sua azienda per anni senza darle alcuna retribuzione. Le ha impedito quindi attivamente di raggiungere lindipendenza economica. Si è rifiutato inoltre di darle denaro per le sue necessità personali e le ha negato la possibilità di frequentare corsi di aggiornamento e di formazione. L’uomo ha persino molestato e perseguitato la moglie sul suo nuovo posto di lavoro. Lo stesso si è sottratto a ogni responsabilità familiare, delegando interamente le incombenze alla donna. Le azioni commesse dall’uomo e di cui è responsabile insomma sono molteplici e pervasive. Lo stesso ha addirittura installato una telecamera di sorveglianza intorno alla casa per monitorare ogni movimento della moglie e le ha imposto una serie di divieti. Il tutto accompagnato da minacce e umiliazioni.

Maltrattamenti in famiglia impedire l’autonomia

La Corte di Cassazione, dopo un’attenta analisi delle prove, concorda con le decisioni dei giudici precedenti, avallando un’interpretazione moderna (e in linea con le normative internazionali ed europee) dell’articolo 572 del codice penale. Questa interpretazione mira a proteggere efficacemente le persone che non possono sottrarsi agli abusi a causa del loro legame con l’aggressore.

La Corte di Cassazione, valutando attentamente tutti gli aspetti della violenza, ha infatti respinto il ricorso dell’uomo. Ha riconosciuto che le sue azioni miravano a limitare l’autonomia economica della moglie. Le condotte includono l’ostacolare la ricerca di un lavoro, controllare i suoi spostamenti con una telecamera, impedirle di coltivare relazioni esterne, imporle un ruolo casalingo discriminatorio, sottrarsi alle responsabilità domestiche e familiari, e non retribuire il lavoro svolto nell’azienda familiare. La componente economico-patrimoniale assume un rilievo particolare. Le decisioni economiche sono state prese unilateralmente dall’imputato, spesso attraverso manipolazioni e pressioni psicologiche. Questi comportamenti hanno inciso sull’autonomia, la dignità umana e l’integrità fisica e morale della vittima, beni giuridici tutelati dall’articolo 572 del codice penale e dalla Costituzione. Il controllo economico esercitato dal marito rientra quindi nelle forme di violenza domestica riconosciute a livello internazionale.La condanna dell’uomo per il reato di maltrattamenti è la logica conseguenza del suo totale disprezzo per i diritti e le libertà della moglie. La violenza economica del reato da tempo è riconosciuta come una forma specifica di violenza, equiparabile a quella fisica e psicologica. Non si può trascurare che questa forma di abuso, sebbene non lasci segni visibili, sia capace di prostrare le vittime e annientarne la capacità di agire.

 

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Allegati

codici ateco

Codici Ateco: classificazione 2025 Codici Ateco: aggiornata la classificazione delle attività economiche creata per motivi amministrativi ed economici

Codici Ateco aggiornati

I codici Ateco sono strumenti statistici fondamentali per classificare le attività economiche in Italia. Creati dall’ISTAT, servono a raccogliere dati economici e amministrativi. Ogni codice Ateco è una combinazione alfanumerica che identifica con precisione l’attività svolta da un’impresa. Le lettere rappresentano i macro settori, mentre i numeri indicano categorie e sotto-categorie specifiche.

Cosa cambia dal 2025

Dal 1° gennaio 2025 è in vigore la nuova classificazione Ateco 2025, che va a sostituire Ateco 2007 – Aggiornamento 2022.  Questa revisione è nata da un lavoro coordinato tra ISTAT, enti pubblici e associazioni imprenditoriali. L’obiettivo è ottimizzare la raccolta e gestione dei dati statistici e amministrativi.

La classificazione verrà implementata operativamente dal 1° aprile 2025. Da questa data, le Camere di Commercio aggiorneranno automaticamente i codici Ateco delle imprese iscritte, notificando l’avvenuta modifica.

Perché sono stati aggiornati i Codici Ateco

Il processo di revisione è iniziato nel 2023, con la raccolta di oltre 700 proposte di modifica dagli utenti. Diversi esperti e un comitato tecnico hanno analizzato i suggerimenti per adattare la classificazione alle nuove esigenze economiche.

La revisione ha coinvolto l’Istat, il Ministero delle Imprese, Unioncamere, l’Agenzia delle Entrate e altri enti. Il risultato è una classificazione più chiara e aggiornata.

Come le imprese devono aggiornare i codici Ateco

Le imprese che ne avessero bisogno potranno correggere o integrare i codici Ateco seguendo  procedure diversificate in base al tipo di errore riscontrato e relativo al codice, che può interessare la visura o i dati in possesso dell’Agenzia delle Entrate.

La nuova classificazione Ateco 2025 rappresenta un’evoluzione importante per migliorare la gestione delle attività economiche in Italia, rendendola più precisa e funzionale. Le imprese e i professionisti però devono adeguarsi tempestivamente per garantire la regolarità delle loro posizioni amministrative e fiscali.

Codici Ateco Agenzia delle Entrate

Anche l’Agenzia delle Entrate ha adeguato le procedure di acquisizione dei modelli anagrafici e dei modelli dichiarativi alla nuova classificazione Istat.

Dal 1° aprile 2025, si legge nella risoluzione dell’8 aprile, tutti gli operatori interessati dall’aggiornamento dei codici attività sono tenuti ad utilizzare i nuovi codici negli atti e nelle dichiarazioni da presentare all’Agenzia delle entrate.

 

 

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Referendum lavoro

Referendum lavoro e cittadinanza: cosa cambia per i lavoratori Se dovessero passare i 5 quesiti referendari del referendum lavoro e cittadinanza i lavoratori avrebbero più diritti e più tutele

Referendum lavoro e cittadinanza

Referendum lavoro e cittadinanza: più diritti e tutele garantiti ai lavoratori. Questo promettono i cinque quesiti referendari pubblicati il 31 marzo 2025, in Gazzetta Ufficiale che riguardano il diritto del lavoro e la cittadinanza. I cittadini voteranno l’8 e il 9 giugno 2025.

Vediamo cosa prevedono i quesiti: i primi quattro affrontano il tema del lavoro, il quinto invece riguarda la cittadinanza italiana.

Quesito 1 – Licenziamento illegittimo e reintegra

Il primo quesito propone di abrogare le disposizioni del Jobs Act (D. Lgs. 23/2015), che riguarda le tutele crescenti. Oggi i lavoratori impiegati nella aziende con più di 15 dipendenti che sono stati assunti dopo il 7 marzo 2015 non possono ottenere la reintegra anche se licenziati ingiustamente. Il referendum vuole eliminare questa disparità.

Quesito 2 – Tutele lavoratori piccole imprese

Il secondo quesito mira a rimuovere il tetto massimo di sei mensilità di indennizzo per i licenziamenti illegittimi nelle aziende con meno di 16 dipendenti. Attualmente, anche se un giudice riconosce l’illegittimità del licenziamento, il risarcimento resta limitato. La proposta referendaria vuole affidare al giudice la valutazione del risarcimento, caso per caso, secondo criteri di equità.

Quesito 3 – Contratti a termine e precarietà

Il terzo quesito punta a combattere la precarietà. Oggi si può stipulare un contratto a tempo determinato per 12 mesi senza causale. Il referendum vuole reintrodurre l’obbligo di indicare una motivazione per questi contratti, così da favorire l’assunzione stabile e limitare l’uso strumentale del lavoro precario.

Quesito 4 – Sicurezza negli appalti

Il quarto quesito interviene sulla responsabilità in caso di incidenti sul lavoro. Attualmente, il committente risponde solo per rischi generici. Il referendum vuole estendere la responsabilità anche ai rischi specifici, rafforzando la tutela per i lavoratori e le famiglie, e promuovendo maggiore attenzione alla sicurezza.

Quesito 5 – Cittadinanza

Il quinto quesito propone di ridurre da 10 a 5 anni il periodo di residenza richiesto per ottenere la cittadinanza italiana da parte di cittadini stranieri maggiorenni.

 

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Decreto Accise: cosa prevede In vigore dal 5 aprile 2025 il decreto legislativo che revisiona le disposizioni sulle accise. Tante le novità su gas, elettricità e alcolici

Decreto Accise: le novità

Decreto accise: il Consiglio dei Ministri, il 13 marzo 2025 ha approvato in via definitiva il decreto legislativo contenente la revisione delle disposizioni in materia di accise.

Il testo del decreto n. 43/2025 è approdato in Gazzetta Ufficiale il 4 aprile per entrare in vigore il 5 aprile 2025.

Riforma TUA

Il testo, a partire da gennaio 2026, andrà a riformare il Testo Unico delle Accise (TUA) introducendo diverse novità. Uno dei principali obiettivi del decreto consiste nel riallineare le aliquote delle accise del gasolio e della benzina entro i prossimi 5 anni. Al momento il gasolio è gravato da accise inferiori rispetto alla benzina (61,7 centesimi contro 72,8 centesimi) anche se i motori diesel producono maggiori sostanze dannose per la salute. Per questo è volontà del Governo, attraverso l’intervento sulle accise, disincentivare il consumo del gasolio. La riforma è finalizzata anche alla riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi, nel rispetto degli obiettivi del PNRR.

Sistema qualificazione soggetti obbligati accreditati

Il decreto introduce un sistema di qualificazione degli operatori per instaurare un rapporto di fiducia tra soggetto obbligato e amministrazione finanziaria. Tale sistema denominato SOAC permette al soggetto qualificato di accedere a importanti benefici. Tra cui l’esonero dall’obbligo di prestare cauzione e la riduzione di specifici oneri amministrativi.
La qualifica di SOAC ha validità per 4 anni, è rinnovabile e, avendo una connotazione reputazionale, rende tali soggetti distinguibili nella platea degli operatori del settore. Il sistema sostituirà ogni altra procedura per ottenere l’esonero cauzionale. Previsti 3 livelli di qualificazione – base, medio e avanzato – a cui corrispondono gradi diversi di fruizione dei predetti benefici.

Riforma accisa sul gas naturale

Al fine di razionalizzare il sistema di tassazione e ridurre il contenzioso, l’attuale distinzione tra usi “civili” e usi “industriali” del gas naturale viene sostituita da quella tra “usi domestici” e “usi non domestici”. Questa modifica definisce con precisione l’applicazione dell’aliquota di accisa per usi domestici. Ovvero l’impiego del gas naturale per combustione in unità immobiliari ad uso abitativo. La nuova classificazione non cambia gli utilizzatori rispetto alla precedente distinzione ma facilita l’individuazione degli ambiti applicativi e delle aliquote, riducendo le dispute tra l’amministrazione finanziaria e i contribuenti.

Semplificazioni in materia di alcolici

Confermata la semplificazione per gli esercizi di vendita al minuto di alcolici (per esempio, i bar) per i quali la denuncia all’Agenzia delle dogane e dei monopoli (ADM) sarà assorbita dalla (già prevista) comunicazione di avvio delle attività di vendita di prodotti alcolici assoggettati al SUAP.

Riforma accisa energia elettrica

Il sistema di acconto “storico”, basato sui consumi dell’anno precedente viene sostituito da un meccanismo di pagamento mensile basato sui quantitativi effettivi di  energia elettrica ceduti. Le dichiarazioni necessarie per la liquidazione dell’imposta diventano semestrali anziché annuali, rendendo gli adempimenti più proporzionali ai consumi reali e migliorando la prevenzione delle frodi.

Oli lubrificanti e affini

Le disposizioni del decreto sono finalizzate a riorganizzare, aggiornare e rendere più chiara la disciplina di settore e l’applicazione delle relative imposte.

Disposizioni in materia di prodotti da fumo

Il testo prevede, infine, l’estensione, da 2 a 4 anni, della durata delle autorizzazioni per la vendita dei prodotti liquidi da inalazione. Semplificato il rapporto tra i rivenditori di tabacchi autorizzati e l’Amministrazione, con riduzione significativa dei costi amministrativi per la gestione delle autorizzazioni. Il potere di revoca dell’autorizzazione rimane invariato qualora i requisiti necessari per ottenerla vengano meno.

isee 2025

ISEE 2025: cosa prevede il DPCM ISEE 2025: le novità del Dpcm che esclude dall’Indicatore della situazione economica equivalente i titoli di Stato fino a 50.000 euro

ISEE 2025: le novità del Dpcm

Il DPCM n. 13 del 14 gennaio 2025 sul calcolo dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) ha concluso il suo iter ed è stato pubblicato sulla GU n. 40 del 18 febbraio 2025. Il provvedimento, in vigore dal 5 marzo 2025, cambia le regole per determinare l’ISEE e mira a garantire maggiore equità e certezza per le famiglie italiane.

DSU, locazioni, università e assegno di maternità

Il provvedimento va a modificare diversi articoli del DPCM n. 159/2013 contenente il “Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE).”

All’articolo 1, che contiene le definizioni tecniche utilizzate nel testo, viene inserita anche la DSU precompilata, ossia la dichiarazione sostitutiva unica resa disponibile al dichiarante ai sensi dell’articolo 10 del dlgs n. 147/2017 e finalizzata al rilascio dell’ISEE.

Cambiano poi i riferimenti alle norme del codice di procedura civile quando l’ISEE viene richiesto da coniugi separati consensualmente (art. 473 bis.51) o quando si è in presenza di provvedimenti temporanei e urgenti (art. 473-bis22) che giustificano residenze diverse e che impattano quindi sulla definizione di nucleo familiare ai fini del rilascio dell’ISEE.

Il DPCM prevede anche che dal reddito del nucleo familiare si possa sottrarre, fino a un massimo di 7.000 euro (aumentato di 500 euro per ogni figlio convivente oltre il secondo), il canone annuo di locazione, se l’abitazione è in affitto. Questa detrazione non è cumulabile con quella prevista per chi vive in una casa di proprietà.

Per quanto riguarda l’ISEE richiesto per il diritto allo studio il dpcm  prevede ora  che lo studente con genitori non conviventi faccia parte del loro nucleo familiare, a meno che: a) risieda da almeno due anni in un’abitazione non di proprietà della famiglia; b) abbia un reddito adeguato secondo i criteri stabiliti per legge.

Completamente riscritto l’articolo 9 contenente la disciplina dell’ISEE corrente.

La DSU, ai sensi dell’ultimo periodo dell’articolo 10, ha validità fino al successivo 31 dicembre. La presentazione della stessa da parte del cittadino, in base al nuovo comma 6 bis dell’art. 10 avviene prioritariamente in modalità precompilata, ferma restando la possibilità di presentare la DSU in forma ordinaria.

Il nuovo comma 3 dell’articolo 13 prevede inoltre che l’assegno di maternità (art. 74 del dlgs. n. 151/2000) dal 1 gennaio 2024 possa essere concesso alle donne con ISEE inferiore a Euro 20.221,13.

ISEE 2025: famiglie con disabili

Il decreto introduce anche misure specifiche per nuclei familiari con persone disabili o non autosufficienti.

Dal calcolo dell’ISEE vengono esclusi “i trattamenti percepiti in ragione della condizione di disabilità, laddove non rientranti nel reddito complessivo ai fini dell’IRPEF, ai sensi dell’articolo 2-sexies, comma 1, lettera a) del decreto-legge 29 marzo 2016, n. 42 convertito con modificazioni dalla legge 26 maggio 2016, n. 89.”

In pratica i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, compresi i pagamenti tramite carte di debito percepiti in ragione della disabilità, saranno esclusi dal reddito dei componenti interessati.

Inoltre, il parametro della scala di equivalenza sarà maggiorato di 0,5 per ogni membro con disabilità media, grave o non autosufficienza.

Queste modifiche mirano a rendere il sistema più equo e inclusivo, garantendo un maggior supporto alle famiglie più vulnerabili.

ISEE 2025: titoli di Stato esclusi fino a 50.000 euro

Una delle novità più rilevanti del DPCM però riguarda l’esclusione dal calcolo dellISEE, fino a un massimo di 50.000 euro, del valore di titoli di Stato e prodotti finanziari garantiti. Tra questi rientrano Buoni del Tesoro Poliennali (BTp), Certificati di Credito del Tesoro (CcT), buoni fruttiferi postali e libretti di risparmio postale. Questa misura, già prevista dalla Legge di Bilancio 2024, diventa operativa grazie al nuovo decreto.

L’obiettivo è quello di favorire il risparmio delle famiglie e incentivare l’investimento in strumenti sicuri e garantiti dallo Stato. Secondo le stime tecniche, l’esclusione di questi valori comporterà una riduzione dell’ISEE per molti nuclei familiari, consentendo l’accesso a maggiori agevolazioni sociali.

ISEE 2025: impatto economico delle novità

L’esclusione dei titoli di Stato dall’ISEE comporta un aumento della spesa pubblica per le prestazioni agevolate. Si stima un costo aggiuntivo di circa 44 milioni di euro annui, già coperti dalla Legge di Bilancio 2024. L’effetto maggiore potrebbe riguardare l’Assegno unico, grazie alla sua universalità e alla differenziazione degli importi basati sull’ISEE. Minore sarà invece l’impatto su altri incentivi, come i bonus sociali gas e luce.

Disciplina transitoria e nuove attestazioni

Le DSU in corso di validità sono considerate valide per accedere alle prestazioni agevolate fino alla loro scadenza naturale.

Resta ferma comunque la possibilità di chiedere una nuova attestazione ISEE nel rispetto dei nuovi criteri di calcolo.

Nuovo modello DSU

Dal 3 aprile 2025 il nuovo modello DSU (completo di istruzioni per la compilazione) approvato con il decreto n. 75 del 2 aprile 2025 di concerto dal Ministero del Lavoro e dal Ministero dell’Economia sostituirà i precedenti.

L’INPS ha emanato apposita circolare 3 aprile 2025, n. 73 riepilogando anche le modifiche apportate alla modulistica e alle istruzioni per compilare la DSU.

 

 

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cittadinanza italiana

Cittadinanza italiana: cosa prevede il decreto Cittadinanza italiana: in GU il decreto che valorizza il principio del legame affettivo e limita l’acquisto automatico per due generazioni

Cittadinanza italiana: nuovo decreto in Gazzetta

Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Giorgia Meloni, del Ministro Antonio Tajani e del Ministro Matteo Piantedosi, ha approvato il decreto-legge n. 36 del 28 marzo 2025.  Il testo, già pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, introduce alcune modifiche urgenti in materia di cittadinanza.

Il provvedimento, immediatamente operativo, anticipa alcune delle disposizioni contenute in un disegno di legge sulla cittadinanza, che è stato approvato contestualmente dallo stesso Consiglio.

Rafforzato il principio del legame affettivo

L’obiettivo principale è la regolamentazione della trasmissione automatica della cittadinanza iure sanguinis, rafforzando il principio di un legame effettivo con l’Italia per i discendenti di cittadini italiani nati all’estero. Tale misura mira ad allineare la normativa italiana con quella di altri Paesi europei. Essa inoltre vuole garantire che la libera circolazione nell’Unione Europea sia riservata a chi mantiene un effettivo rapporto con la nazione di origine.

Le nuove norme stabiliscono che la cittadinanza italiana sarà acquisita automaticamente solo per due generazioni. Saranno infatti cittadini dalla nascita coloro che hanno almeno un genitore o un nonno nato in Italia.

I figli di cittadini italiani inoltre otterranno la cittadinanza se nati in Italia o se almeno uno dei loro genitori ha risieduto continuativamente in Italia per almeno due anni prima della nascita.

Queste limitazioni si applicano esclusivamente a coloro che possiedono un’altra cittadinanza, evitando situazioni di apolidia. Inoltre, riguardano tutti gli individui indipendentemente dalla data di nascita.

Tuttavia, chi è già stato riconosciuto cittadino italiano conserverà il proprio status. Le domande di cittadinanza documentate e presentate entro il 27 marzo 2025 saranno valutate secondo le regole precedenti.

Controversie in matteria di cittadinanza e apolidi

Il decreto introduce infine nuove disposizioni per la gestione delle controversie sulla cittadinanza e lo stato di apolidia. Viene escluso il giuramento e la testimonianza come mezzi di prova.  Il testo stabilisce inoltre che spetta al richiedente dimostrare l’assenza di cause ostative all’acquisizione o alla conservazione della cittadinanza italiana.

 

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collegato lavoro

Collegato lavoro: le indicazioni del Ministero Il collegato lavoro ha introdotto diverse novità, il Ministero con la circolare n. 6/2025 chiarisce alcuni punti fondamentali

Collegato lavoro: circolare n. 6 del 27 marzo 2025

Con la circolare n. 6 del 27 marzo 2025 il Ministero del lavoro interviene per illustrare gli interventi principali del collegato lavoro.

La circolare fornisce importanti dettagli sui seguenti articoli della legge n. 203/2024:

  • articolo 10 che va a modificare la disciplina della somministrazione contenuta nel decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81;
  • articolo 11 che contiene la norma di interpretazione autentica dell’articolo 21 comma 2 del decreto legislativo n. 81/2015 in materia di lavoro stagionale;
  • articolo 13 che integra l’art. 7 comma 2 del decreto legislativo n. 104/2022;
  • articolo 14 modifica l’articolo 23 della legge n. 81/2017 che si occupa della comunicazione di avvio e di conclusione dello smart working;
  • articolo 19, che modifica l’articolo 26 del decreto legislativo n. 151/2015 che contiene le norme in materia di risoluzione del contratto di lavoro con particolare riferimento alle dimissioni volontarie del lavoratore e alla risoluzione consensuale.

Vediamo brevemente le principali indicazioni della circolare sul collegato lavoro, suddivise per argomenti.

Contratto di somministrazione

Per i contratti di somministrazione stipulati dopo il 12 gennaio 2025, il limite di 24 mesi per il lavoro tramite agenzia si calcola solo considerando i periodi di missione a tempo determinato iniziati dopo quella data. Non si contano i periodi di missione svolti prima del 12 gennaio 2025.

Le agenzie di somministrazione inoltre possono inviare a tempo determinato senza specificare la causale i seguenti soggetti:

  • disoccupati che percepiscono da almeno 6 mesi indennità di disoccupazione non agricola o ammortizzatori sociali;
  • lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati definiti dalla normativa europea e da un decreto del Ministero del Lavoro.

Lavoro stagionale

Si deve considerare come lavoro stagionale l’attività a tempo determinato, svolta in specifici periodi dell’anno senza continuità, con alcune semplificazioni rispetto alla disciplina generale del lavoro a termine. Le attività stagionali includono quelle previste dal DPR n. 1525/1963 e quelle definite dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali sottoscritti dalle organizzazioni sindacali più rappresentative.

Periodo di prova

Per i contratti di lavoro iniziati dal 12 gennaio 2025, salvo condizioni più favorevoli previste dai contratti collettivi, il periodo di prova dura un giorno effettivo di lavoro ogni quindici giorni di calendario dall’inizio del rapporto. La durata minima è di due giorni, la massima è di quindici giorni per contratti fino a sei mesi e di trenta giorni per contratti tra sei e dodici mesi. I limiti massimo sono inderogabili anche da parte della contrattazione collettiva.

Comunicazioni smart working

Previsto il termine di cinque giorni per comunicare l’inizio, la fine e le modifichealla durata originario dello smart working.  Il nuovo termine è operativo per le comunicazioni obbligatorie del lavoro agile a partire dal 12 gennaio 2025 per i datori di lavoro privati.

Dimissioni e risoluzione consensuale

Il rapporto di lavoro si può concludere per dimissioni per fatti concludenti, in caso di assenza ingiustificata del lavoratore per un certo periodo di tempo. L’effetto si produce se il datore prende atto della presunta volontà del lavoratore e decide di concludere il rapporto. La durata dell’assenza che giustifica la conclusione del rapporto deve essere superiore ai 15 giorni se il CCNL non ne dispone una diversa.

 

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dazi americani

Dazi americani: cosa comportano Dazi americani: come funzionano, da quando verranno applicati i dazi alle importazioni e gli errori di calcolo di Trump

Cosa sono i dazi americani

Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato i dazi americani che verranno applicati nei confronti di tutti i Paesi del mondo.

Nell’annunciare le gabelle ha mostrato una tabella, in cui sono elencati tutti gli Stati che verranno colpiti dai dazi e a lato di ciascun Paese le tariffe che verranno applicate, in misura percentuale.

Vedi la “Tabella pazza” pubblicata dall’ANSA

Le tariffe entreranno in vigore dal 5 al 9 di aprile, a scaglioni.

I dazi del 10% entreranno in vigore alle ore 6.00 di sabato 5 aprile, mercoledì 9 aprile alla stessa ora invece entreranno in vigore quelli con una percentuale superiore al 10%. I dazi superiori al 10% colpiranno molti Stati, tra i quali figurano la Cina e l’Unione Europea.   

Come funzionano i dazi americani

Il criterio che viene adottato dall’amministrazione del Presidente Trump si basa su un calcolo molto semplice. In pratica gli Stati Uniti applicheranno dazi pari alla metà di quello che essi subiscono dai vari Stati.

Tanto per fare un esempio, la Cina applicherebbe agli Stati Uniti dazi doganali nella misura del 67%, mentre l’Europa, Italia compresa, applicherebbe la misura percentuale del 39%. Ebbene nei confronti di Cina ed Europa, tanto per fare un esempio, Trump applicherà dazi doganali pari alla metà ossia 39% alla Cina e il 20% all’Europa.

Gli errori di calcolo di Trump  

Il Presidente Trump applica però, nei confronti dei vari Stati, Europa compresa, stime meramente teoriche. Il suo unico obiettivo consiste in pratica nell’azzerare le perdite che gli Stati Uniti subiscono a causa dei dazi che verrebbero imposti dagli altri Paesi agli Stati Uniti. I calcoli corretti però sono ben più complessi. Quelli di Trump infatti non tengono conto di diverse variabili, come stanno evidenziando importanti economisti italiani.

Il Presidente Trump tiene conto solo del disavanzo commerciale degli Stati Uniti rispetto agli altri Paesi. Dato che risulta dal mero confronto del valore delle importazioni dei beni, senza considerare i servizi.

C’ poi la questione dell’Iva, che Trump considera erroneamente un dazio e che quindi, a suo dire, contribuirebbe anch’essa al disavanzo degli Stati Uniti.

Sul punto però occorre fare chiarezza. Un dazio infatti è un’imposta diretta che colpisce solo i beni importati in un Paese per scoraggiarne il consumo attraverso l’aumento del costo rispetto ai beni prodotti internamente al Paese stesso. In questo modo il dazio protegge l’economia interna rendendo meno appetibili i prodotti stranieri.

L’Iva, invece, è un’imposta che colpisce tutti i beni che vengono consumati all’interno di un Paese. Essa non si applica in modo diverso in base alla provenienza del bene. L’Iva infatti non persegue il fine di limitare le importazioni, non ha quindi una finalità protezionistica.

Se non si imponesse l’Iva sui prodotti americani, applicandola solo ai prodotti interni, quelli americani verrebbero privilegiati perché meno costosi. A tutto danno della nostra economia.

 

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riforma della professione

Riforma della professione forense: cosa prevede Riforma della professione forense: pronta la bozza elaborata da CNF, OCF e altre associazioni per porre rimedio alle difficoltà degli avvocati

Avvocati: in arrivo la riforma della professione

L’avvocatura italiana è in fase di trasformazione, pronta la bozza di riforma_della professione forense. I dati evidenziano del resto un calo degli iscritti alla Cassa Forense. Salgono invece l’età media e i redditi, ma non per tutti. Significative poi le disparità di genere e territoriali.

Nel frattempo, il Consiglio Nazionale Forense (CNF), in collaborazione con l’Organismo Congressuale Forense (OCF) e altre associazioni, ha completato una proposta di riforma dell’ordinamento professionale. Come annunciato nel corso dell’illustrazione del Rapporto del Censis sull’avvocatura 2025, in questi giorni, l’obiettivo è di portarla in Parlamento entro quindici giorni per l’approvazione.

Dati allarmanti: meno avvocati e più pensionati

Secondo il Rapporto Cassa Forense-Censis, presentato a Roma, gli avvocati iscritti nel 2024 sono   in calo dell’1,6% rispetto all’anno precedente. Dal 2020 la riduzione è di quasi 12.000 unità. Parallelamente, il numero di pensionati è aumentato di circa 5.000 unità, mentre gli iscritti attivi sono diminuiti di 15.000. L’età media degli avvocati ha raggiunto i 49 anni, confermando un progressivo invecchiamento della categoria.

Preoccupante anche il dato relativo alla professione: il 33% degli avvocati intervistati ha dichiarato di valutare l’idea di abbandonare l’attività, principalmente per difficoltà economiche e problemi di conciliazione tra vita professionale e familiare, soprattutto per le donne.

Redditi in crescita ma con forti disparità

Il reddito medio degli avvocati nel 2023 è stato di 47.678 euro, ma le differenze sono evidenti. Gli uomini hanno dichiarato in media 62.456 euro, mentre le donne si sono fermate a 31.115 euro. Le disparità emergono anche su base territoriale: in Lombardia il reddito medio è di 81.115 euro, mentre in Calabria scende a 24.203 euro.

Il nuovo Statuto dell’Avvocatura

A tredici anni dalla legge professionale del 2012, il nuovo Statuto dell’Avvocatura è pronto. Tra le misure proposte, spicca l’obbligo per la Pubblica Amministrazione e le autorità giudiziarie di rispettare la parità di genere nell’assegnazione degli incarichi.

Arricchita la disciplina del segreto professionale che si estende ai nuovi supporti informatici, audio e video.

Nuove regole per chi decide di associarsi e disciplina dell’esercizio della professione tramite la partecipazione a contratti di rete tra avvocati o multidisciplinari. Apertura nei confronti delle collaborazioni continuative e coordinate per gli avvocati.

Cambia anche il percorso di formazione per esercitare la professione forense e la disciplina degli albi, degli elenchi e dei registri. Prevista anche una delega al Governo per riformare le difese d’ufficio.

Novità importanti e numerose in ambito disciplinare. Prevista la sospensione del procedimento disciplinare per i medesimi fatti per i quali viene aperta l’azione penale o vengono avviate le indagini penali.

Le comunicazioni, i provvedimenti e le notifiche del CDD avverranno a mezzo PEC, solo in mancanza si continueranno a effettuare a mezzo raccomandata A/R o ufficiale giudiziario. Cambia inoltre la disciplina della riabilitazione dell’avvocato che abbia commesso illeciti disciplinari, la quale verrà annotata nel fascicolo personale dell’iscritto.

La riforma è attesa con grande interesse dalla categoria, con la speranza che possa fornire strumenti concreti per garantire una professione più equa, sostenibile e attrattiva per le nuove generazioni.

 

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abrogazione norme pre-repubblicane

Legge abrogazione norme pre-repubblicane Abrogazione norme pre-repubblicane: è legge il ddl che ha disposto l’eliminazione di più di 30.000 norme obsolete, semplificando il sistema

Legge abrogazione norme pre-repubblicane

Abrogazione norme pre-repubblicane. Il Senato ha approvato in via definitiva il disegno di legge n. 1314, che ha eliminato più di 30.000 norme risalenti all’epoca pre-repubblicana, compresa nello specifico tra il 1861 e il 1946.

Un grande passo verso la semplificazione

La legge abroga numerosi atti normativi ormai superati. Tra questi, figurano regi decreti, leggi formali, decreti legislativi luogotenenziali e decreti del Capo del Governo. Il testo si compone di due articoli e dodici allegati, che elencano dettagliatamente le norme eliminate.

Abrogate più di 30.000 norme

L’abrogazione di queste norme risponde alla necessità di semplificare il sistema legislativo. Dal 1861 al 2023, l’ordinamento italiano ha visto l’adozione di oltre 204.000 atti normativi. Di questi, 94.000 erano già stati eliminati. L’attuale intervento elimina altre 30.000 disposizioni, riducendo il numero complessivo delle norme obsolete ancora in vigore.

Quali norme sono state eliminate?

Il provvedimento riguarda atti ormai privi di utilità pratica. Tra questi:

  • norme che regolavano enti e società non più esistenti,
  • regi decreti che istituivano imposte comunali ormai abolite;
  • disposizioni che autorizzavano la ratifica di trattati internazionali non più in vigore;
  • atti che disciplinavano la denominazione di comuni oggi scomparsi o rinominati;
  • norme relative alla regolamentazione delle camere di commercio e del settore creditizio.

L’intervento non crea vuoti normativi. Le disposizioni prive di valore giuridico e che risultano cancellate non compromettono infatti in alcun modo il sistema attuale.

Ordinamento più chiaro ed efficiente

Negli ultimi decenni, diversi governi hanno lavorato per snellire il quadro normativo. L’eliminazione di leggi obsolete aiuta a rendere più chiaro il sistema legislativo, facilitando il lavoro di giuristi, pubbliche amministrazioni e cittadini.

Questa riforma rappresenta un passo importante per la modernizzazione del diritto italiano. L’eliminazione delle norme pre-repubblicane contribuisce a un ordinamento più razionale ed efficace.

 

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