Decreto Priolo: l’intervento della Consulta
Con la sentenza n. 38 del 2025, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma contenuta nel decreto-legge n. 2/2023, noto come Decreto Priolo, nella parte in cui attribuisce in via esclusiva al Tribunale di Roma la competenza a decidere sui reclami proposti contro i provvedimenti che negano l’autorizzazione alla prosecuzione dell’attività in impianti strategici sottoposti a sequestro.
Il contesto normativo
La norma contestata si inseriva in un più ampio quadro normativo introdotto nel gennaio 2023, che disciplina i sequestri relativi a stabilimenti e impianti di interesse strategico nazionale. Su tale disciplina, la Corte si era già pronunciata con la sentenza n. 105 del 2024, ritenendo legittima la possibilità per il Governo di autorizzare, in via eccezionale, la prosecuzione dell’attività per un massimo di 36 mesi.
La questione di legittimità e i profili di costituzionalità
Il giudice naturale e la generalità della norma
La Corte ha preliminarmente escluso la violazione dell’articolo 25, primo comma, della Costituzione, osservando che la norma impugnata:
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ha carattere generale e non riferito a singoli procedimenti;
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risponde all’esigenza di uniformare l’interpretazione giurisprudenziale in una materia delicata;
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è fondata su criteri oggettivi fissati dalla legge.
Violazione del principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.)
Nonostante ciò, la Consulta ha dichiarato la norma manifestamente irragionevole per due principali incongruenze:
1. Asimmetria nella competenza in base all’esito del provvedimento
La norma attribuisce la competenza al Tribunale di Roma solo nel caso di rigetto dell’autorizzazione a proseguire l’attività produttiva, lasciando al tribunale ordinario la competenza nel caso opposto (cioè se l’attività è autorizzata). Ne deriva una frammentazione processuale che fa dipendere il foro competente dal contenuto della decisione impugnata.
2. Rischio di procedimenti paralleli e contrasti decisionali
Lo spostamento selettivo della competenza favorisce la coesistenza di più procedimenti d’appello pendenti davanti a giudici diversi, connessi al medesimo impianto sequestrato. Tale situazione compromette non solo l’uniformità interpretativa auspicata dal legislatore, ma anche la coerenza delle decisioni nell’ambito dello stesso procedimento cautelare.
La decisione
La Corte costituzionale ha ritenuto che la norma contenuta nel “Decreto Priolo”, pur animata da finalità legittime, si ponga in violazione dell’articolo 3 della Costituzione, risultando irragionevole nella sua concreta attuazione. Per tale motivo, ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, evidenziando l’incompatibilità con i principi di coerenza e parità di trattamento processuale.