pensionamento d'ufficio

Pensionamento d’ufficio Pensionamento d'ufficio: guida breve all'istituto riservato ai dipendenti pubblici

Pensionamento d’ufficio: cos’è

Il pensionamento d’ufficio rappresenta una particolare modalità con cui l’amministrazione pubblica colloca un dipendente in quiescenza. Si tratta, in sostanza, di un collocamento a riposo che si verifica al raggiungimento di determinati requisiti anagrafici e contributivi stabiliti dalla legge.Vediamo nel dettaglio come funziona questo istituto, la normativa di riferimento e le implicazioni pratiche per i lavoratori pubblici.

Come funziona il pensionamento d’ufficio

Con il termine pensionamento d’ufficio si intende il collocamento a riposo del dipendente pubblico da parte della Pubblica Amministrazione. Il provvedimento è adottato dall’amministrazione datrice di lavoro, una volta che il dipendente ha maturato determinati requisiti anagrafici e contributivi, previsti dalla normativa vigente.

Riferimenti normativi principali

Le disposizioni fondamentali che regolano questo istituto pensionistico per i dipendenti pubblici sono contenute in:

  • Decreto legge n. 101/2013, convertito in legge n. 125/2013, che contiene le “Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni;
  • Decreto legge n. 90/2014 che contiene Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari;
  • Circolari INPS e direttive della Funzione Pubblica, che forniscono istruzioni operative.

Quando scatta il pensionamento d’ufficio

Il collocamento a riposo d’ufficio può avvenire in due ipotesi:

1. Al compimento dell’età per la pensione di vecchiaia

Attualmente, secondo quanto stabilito dalla legge, il pensionamento d’ufficio può avvenire:

  • Al raggiungimento di 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi (requisiti per la pensione di vecchiaia), in base alla normativa vigente (aggiornata al 2025, con eventuali adeguamenti alla speranza di vita ISTAT).

2. Al compimento dei limiti ordinamentali di età del comparto

In alcuni comparti pubblici, come ad esempio la scuola, le forze armate o la magistratura, sono previsti limiti ordinamentali di età specifici, che possono essere anche inferiori ai 67 anni. In questi casi, il collocamento a riposo scatta automaticamente al raggiungimento del limite previsto dal proprio ordinamento di categoria.

Pensione d’ufficio: serve la domanda del dipendente?

No, il dipendente pubblico non deve presentare alcuna domanda per il pensionamento d’ufficio.

È l’amministrazione che, verificati i requisiti anagrafici e contributivi, emette un provvedimento formale di collocamento a riposo, notificandolo al lavoratore. Tuttavia, è consigliabile che il dipendente verifichi la propria posizione contributiva attraverso il portale INPS o con l’assistenza di un patronato, per evitare eventuali errori o ritardi nell’erogazione del trattamento pensionistico.

Il dipendente può opporsi al pensionamento d’ufficio?

In linea generale, non è previsto un diritto soggettivo alla prosecuzione del servizio oltre i limiti di legge, salvo eccezioni specifiche o deroghe normative. Tuttavia:

  • alcuni ordinamenti prevedono la possibilità di proroga fino a 70 anni per esigenze di servizio o per consentire il raggiungimento dei requisiti pensionistici;
  • il lavoratore può presentare istanza motivata di permanenza in servizio, ma spetta all’amministrazione decidere se accoglierla o meno, sulla base di valutazioni organizzative.

Differenza tra pensionamento d’ufficio e su domanda

Caratteristica

Pensionamento d’ufficio

Pensionamento su domanda

Iniziativa

Della Pubblica Amministrazione

Del dipendente

Requisiti

Età e contribuzione secondo legge

Requisiti previsti (es. anticipata, opzione donna)

Istanza del lavoratore

Non necessaria

Obbligatoria

Possibilità di rifiuto

No (salvo deroghe specifiche)

Il dipendente decide liberamente

Cosa deve fare il lavoratore in vista del pensionamento d’ufficio

Sebbene il pensionamento avvenga senza richiesta, il lavoratore deve:

  • monitorare la propria posizione INPS, per evitare discrepanze nei contributi;
  • verificare la comunicazione dell’amministrazione, che deve avvenire con congruo anticipo;
  • fornire eventuale documentazione integrativa, se richiesta dall’ente per la liquidazione del trattamento.

 

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malattie oncologiche

Malattie oncologiche, diritti e tutele: la guida INPS La guida INPS ai diritti e alle tutele sanitarie, assistenziali, previdenziali e fiscali dedicate ai malati oncologici

Malattie oncologiche: tutti i diritti e le tutele

Malattie oncologiche: chi affronta una patologia oncologica si trova spesso a dover gestire, oltre agli aspetti clinici, anche importanti conseguenze sociali, lavorative ed economiche. Per questo motivo, il nostro ordinamento prevede una serie di tutele e prestazioni dedicate ai malati oncologici, che si articolano su più livelli: sanitario, assistenziale, previdenziale e fiscale. L’INPS ha elaborato un’apposita guida che riepiloga i principali strumenti di tutela, assistenziale, sociale ed economica, che l’istituto offre a beneficio dei malati oncologici.

Quali sono le tutele garantite?

L’INPS offre diverse forme di protezione per i lavoratori affetti da neoplasie, tra cui:

  • Conservazione del posto di lavoro durante il periodo di comporto, regolata dalla contrattazione collettiva;

  • Esclusione dal computo delle assenze per malattia nei casi di terapie salvavita, come la chemioterapia;

  • Esenzione dalle fasce di reperibilità per visita fiscale, previo accordo;

  • Congedo per cure (fino a 30 giorni all’anno) per invalidi civili con riduzione della capacità lavorativa superiore al 50% (art. 7 D.lgs. n. 119/2011).

Permessi e congedi per malati oncologici

In caso di riconoscimento della disabilità grave (ai sensi della legge 104/1992), il lavoratore o il familiare che presta assistenza ha diritto a:

  • 3 giorni di permesso mensile (frazionabili);

  • 2 ore giornaliere di permesso (1 ora se il contratto è inferiore a 6 ore);

  • Congedo biennale retribuito per assistenza a familiari con disabilità grave, secondo l’ordine prioritario previsto dal D.lgs. n. 151/2001, art. 42.

Prestazioni economiche e pensionistiche

L’INPS prevede prestazioni economiche specifiche per i soggetti colpiti da tumori:

Assegno ordinario di invalidità

  • Destinato a chi ha una riduzione della capacità lavorativa inferiore a un terzo;

  • Compatibile con l’attività lavorativa (con riduzione dell’importo);

  • Rinnovabile per tre anni e convertibile in pensione di vecchiaia.

Pensione di inabilità

  • Per i lavoratori che si trovano nell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa;

  • Incompatibile con qualsiasi impiego;

  • Reversibile ai superstiti, se previsto.

Assegno mensile e pensione di inabilità civile

  • Assegno mensile per invalidi civili (74-99%) con reddito basso;

  • Pensione di inabilità civile per invalidi totali (100%) in stato di bisogno;

  • Indennità di accompagnamento per chi non può deambulare autonomamente o necessita assistenza continua.

Invalidità e handicap: l’accertamento sanitario

Per i malati oncologici è previsto un iter accelerato per il riconoscimento dell’invalidità civile (legge 80/2006). La visita medica deve avvenire entro 15 giorni dalla domanda e dà accesso immediato alle prestazioni connesse.

Dal 2025, nelle province interessate dalla riforma introdotta dal D.lgs. n. 62/2024, la procedura è semplificata: il certificato medico introduttivo vale anche come domanda e include valutazioni sanitarie, psicologiche e sociali.

Agevolazioni non economiche e fiscali

Le persone affette da tumore hanno diritto a:

  • Esenzione dal ticket sanitario;

  • Accesso alle liste speciali di collocamento (invalidità ≥45%);

  • Agevolazioni fiscali (IVA agevolata, detrazioni per spese mediche e figli a carico, bonus per barriere architettoniche, ecc.).

indennizzo commercianti

Indennizzo commercianti Indennizzo commercianti 2025: cos’è, natura e importo, a chi spetta, requisiti, come funziona, importo e casi di esclusione

Indennizzo cessazione dell’attività commerciale

L’indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale, definito sinteticamente indennizzo commercianti, è una prestazione economica erogata dall’INPS a favore di determinati lavoratori autonomi del commercio, che decidono di chiudere definitivamente la propria attività prima di raggiungere i requisiti pensionistici ordinari. Si tratta di una misura pensata per tutelare i commercianti in età avanzata, che cessano anticipatamente il proprio lavoro. Vediamo nel dettaglio che cos’è l’indennizzo commercianti, chi può richiederlo, come funziona e cosa cambia nel 2025.

Natura e importo dell’indennizzo commercianti

L’indennizzo è una prestazione mensile di natura assistenziale, introdotta inizialmente in via sperimentale con il D.lgs. n. 207/1996 e poi resa strutturale dalla Legge n. 145/2018 (Legge di Bilancio 2019). La misura è gestita dall’INPS e destinata agli iscritti al fondo commercianti che cessano definitivamente l’attività. L’importo dell’indennizzo corrisponde al trattamento minimo di pensione previsto per ciascun anno.

Normativa di riferimento

Le principali fonti normative sono:

  • D.lgs. 28 marzo 1996, n. 207 (istituzione dell’indennizzo).
  • Legge 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1, comma 283 (stabilizzazione della misura);
  • Circolare INPS n. 77/2019.

Chi ha diritto all’indennizzo commercianti

L’indennizzo INPS spetta ai:

  • titolari  o coadiutori/coadiutrici di attività commerciale al minuto, anche in forma di  somministrazione di alimenti e bevande e quali che esercitano du aree pubbliche;
  • gli esercenti di attività di somministrazione al pubblico di alimenti e di bevande;
  • gli agenti e i rappresentanti di commercio iscritti alla gestione commercianti INPS.

Requisiti principali:

  • Compimento
    • di 62 anni di età per gli uomini;
    • di 57 anni per le donne.
  • Contributi:
    • almeno 5 anni di iscrizione alla gestione commercianti INPS (anche non continuativi).
  • Cessazione definitiva dell’attività:
    • con chiusura della partita IVA e con cancellazione dal registro delle imprese e dal REA;
    • il richiedente infine non deve svolgere alcuna attività lavorativa successiva, nemmeno in forma occasionale o parasubordinata. Se si riprende l’attività occorre comunicarlo all’INPS entro 30 giorni.

Come funziona l’indennizzo

L’indennizzo è richiedibile tramite portale INPS, utilizzando le credenziali SPID, CIE o CNS. La procedura online prevede:

  1. Verifica dei requisiti anagrafici e contributivi;
  2. Presentazione telematica della domanda;
  3. Controllo da parte dell’INPS sull’effettiva cessazione dell’attività.

L’indennizzo decorre dal primo giorno del mese successivo alla cessazione dell’attività ed è erogato mensilmente fino al compimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia (attualmente 67 anni sia per gli uomini che per le donne).

Importo dell’indennizzo commercianti

L’importo mensile è pari al trattamento minimo INPS, aggiornato annualmente. Nel 2025, l’importo è di 603,40 euro

L’indennizzo non è cumulabile con altri redditi da lavoro, ma non è incompatibile con trattamenti pensionistici diretti e indiretti come la pensione anticipata, la pensione di inabilitò e l’assegno di invalidità.

Casi di esclusione

L’indennizzo non spetta se:

  • il richiedente continua a lavorare in qualsiasi forma;
  • non vi è cessazione definitiva dell’attività;
  • mancano i 5 anni di iscrizione alla gestione commercianti;
  • l’età è inferiore alla soglia minima.

 

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bonus donne 2025

Bonus donne 2025: come ottenere l’esonero Bonus donne 2025: esonero contributivo del 100% per l’assunzione a tempo indeterminato di lavoratrici svantaggiate. Domanda INPS online dal 16 maggio

Bonus donne 2025 per lavoratrici svantaggiate

Con l’obiettivo di favorire l’occupazione femminile stabile, il Bonus donne 2025 introduce un esonero contributivo del 100% per le assunzioni a tempo indeterminato di lavoratrici svantaggiate, da effettuarsi entro il 31 dicembre 2025. L’incentivo è stato introdotto dal decreto-legge n. 60/2024 (decreto Coesione) e regolamentato dalla circolare INPS n. 91 del 12 maggio 2025, pubblicata in accordo con il Ministero del Lavoro.

Chi può beneficiare del bonus assunzioni donne?

L’esonero si applica a tutte le imprese private, incluse quelle del settore agricolo, che assumono a tempo indeterminato donne rientranti in una delle seguenti categorie:

  • donne disoccupate da almeno 24 mesi, indipendentemente dalla residenza;

  • donne senza impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi, se residenti in una delle regioni della Zona Economica Speciale (ZES) Unica per il Mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna);

  • donne che lavorano in settori con forte disparità occupazionale di genere.

Quali sono i vantaggi per i datori di lavoro?

Il bonus contributivo per l’assunzione di donne svantaggiate prevede:

  • esonero del 100% dei contributi previdenziali INPS a carico del datore di lavoro;

  • esclusione dei contributi INAIL dall’agevolazione;

  • durata massima dell’incentivo: 24 mesi;

  • limite massimo dell’esonero: 650 euro al mese per ogni lavoratrice assunta.

Come richiedere l’incentivo INPS

A partire dal 16 maggio 2025, i datori di lavoro potranno presentare domanda attraverso il Portale delle Agevolazioni INPS (ex DiResCo), seguendo le modalità operative illustrate nella circolare INPS n. 91/2025.

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reddito di libertà

Reddito di libertà: cos’è e come ottenerlo Reddito di libertà: cos’è, a chi spetta, da quali norme è disciplinato e come presentare la domanda dal 12 maggio 2025

Reddito di libertà: cos’è

Il reddito di libertà è stato introdotto per aiutare le donne vittime di violenza. In relazione alle domande che verranno presentato a partire dal 5 marzo 2025, la misura consisterà in un supporto economico pari a 500 euro mensili (salvo incrementi previsti da disposizioni di legge successive) per un periodo massimo di 12 mesi.  Il pagamento delle 12 mensilità avverrà in un’unica soluzione. La misura non è soggetta a IRPEF. La circolare INPS n. 54 del 5 marzo 2025 fornisce le indicazioni necessarie per presentare la domanda.

Normativa di riferimento

  • Decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modifiche dalla legge 17 luglio 2020, n. 77: ha istituito il Fondo per il reddito di libertà delle donne vittime di violenza;
  • D.P.C.M del 17 dicembre 2020: ha definito i criteri di ripartizione delle risorse per il 2020 del “Fondo per il reddito di libertà per le donne vittime di violenza”;
  • messaggi INPS 4352 del 7 dicembre 2021; n. 1053 del 7 marzo 2022; n. 2453 del 16 giugno 2022 e n. 3363 del 13 settembre 2022: hanno fornito indicazioni per l’accoglimento delle domande anche dopo il trasferimento all’INPS delle risorse statali e regionali anni 2021- 2022 e 2023, ripartite con i criteri indicati nel D.P.C.M. 1° giugno 2022.
  • Legge di bilancio 2024 n. 213/2023 (art. 1 comma 187): ha reso strutturale il Reddito di libertà incrementando il Fondo di 10 milioni di euro per ogni anno 2024, 2025 e 2025 e sei milioni per il 2027 per garantire l’indipendenza economica e l’emancipazione delle donne vittime di violenza e in condizioni di povertà.
  • Decreto 2 dicembre 2024 ha definito i criteri di ripartizione delle risorse riferite agli anni 2024, 2025 e 2026, di 30 milioni di euro (10 milioni di euro ogni anno 2024, 2025 e 2026) e ha modificato la disciplina del contributo.

A chi spetta il reddito di libertà

Il reddito di libertà spetta alle donne con o senza figli, vittime di violenza domestica seguite dai centri antiviolenza e dai servizi sociali.

Le destinatarie devono essere residenti nel territorio italiano e avere la cittadinanza italiana, comunitaria o extracomunitaria (in possesso di carta di soggiorno per familiari extracomunitari di cittadini dell’unione europea o in possesso di regolare permesso di soggiorno UE o del permesso per protezione speciale). Alle cittadine italiane sono equiparate le straniere con status di rifugiate politiche o di protezione sussidiaria.

Requisiti di accesso

Per poter accedere al reddito di libertà sono necessarie due attestazioni:

  • il centro antiviolenza, nella persona del suo rappresentante legale, deve dichiarare che ha in carico la donna e che la stessa ha intrapreso un percorso di emancipazione e di autonomia;
  • il servizio sociale invece deve attestare lo stato di bisogno transitorio della donna a causa della situazione urgente e straordinaria che la stessa sta vivendo.

Regime transitorio

Abbiamo visto che il reddito di libertà è presente da qualche anno. Per questo la circolare INPS n. 54/2025 ricorda che le domande che erano state presentate e che non erano state accolte conservano priorità purché ripresentate entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto 2 dicembre 2024 (ossia entro il 18 aprile 2025) per dimostrare la permanenza dei requisiti necessari. La mancata ripresentazione della domanda comporterà infatti la decadenza definitiva, fatta salva la possibilità di presentare una nuova domanda.

Domande 2025: presentazione e esito

La domanda per il Reddito di Libertà 2025 deve essere presentata dalle donne interessate, direttamente o tramite un rappresentante, al Comune di riferimento, utilizzando il modulo SR208, disponibile sul sito INPS. Il Comune trasmette la richiesta all’INPS, che assegna un codice univoco determinante per la graduatoria regionale, nei limiti delle risorse disponibili. La domanda può essere inoltrata online tramite SPID, CIE o CNS. È ammessa una sola richiesta per ogni donna vittima di violenza. Devono essere compilati tutti i campi del modulo, inclusa l’attestazione del bisogno e la dichiarazione del percorso di emancipazione rilasciata da un centro antiviolenza. Nella richiesta deve essere indicato anche il metodo di pagamento prescelto tra conto corrente, libretto di risparmio, carta prepagata.

Il sistema verifica la correttezza dei dati nella domanda per il Reddito di Libertà prima dell’invio e della registrazione. Dopo la trasmissione, viene eseguita un’istruttoria automatizzata per controllare il budget disponibile e la titolarità dell’IBAN. L’esito può essere: “Accolta in pagamento”, “Accolta in attesa di IBAN” o “Non accolta per insufficienza di budget”. Se l’IBAN non è valido, la domanda resta in attesa.  Gli operatori comunali devono aggiornare eventuali IBAN errati e segnalare problemi tramite PEC. L’esito è consultabile dai Comuni e comunicato all’interessata. Un manuale comunque è disponibile nel servizio online dedicato.

Reddito di libertà: domande online dal 12 maggio 2025

L’INPS, con il messaggio 7 maggio 2025, n. 1429 informa che dal 12 maggio 2025 è attivo il servizio per la presentazione online delle nuove domande per il reddito di libertà.

Le donne in possesso dei requisiti, comprese quelle che non hanno ripresentato la domanda entro il 18 aprile 2025, possono presentare la domanda utilizzando il modulo SR208, tramite i comuni di riferimento.

Le domande sono accolte sulla base delle risorse disponibili a livello regionale tenendo conto della data e dell’ora di invio delle stesse. Quelle presentate nel 2025, comprese quelle ripresentate entro il 18 aprile 2025, restano valide fino al 31 dicembre 2025.

 

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Allegati

pagamento pensioni

Pagamento pensioni all’estero: attestazioni entro il 18 luglio L'INPS comunica che ai fini del pagamento delle pensioni all'estero l'invio delle attestazioni di esistenza in vita va effettuato entro il 18 luglio 2025

Pagamento pensioni INPS all’estero

Pagamento pensioni: l’INPS ha comunicato, con il messaggio n. 1419 del 5 maggio 2025, che i pensionati italiani residenti all’estero coinvolti nella campagna di accertamento dell’esistenza in vita per il biennio 2025-2026 dovranno far pervenire la relativa attestazione entro e non oltre il 18 luglio 2025, al fine di garantire la continuità dei pagamenti pensionistici.

Più tempo dunque per la prima fase di verifica che interessa i pensionati residenti in America, Asia, Estremo Oriente, Paesi scandinavi, Stati dell’Europa dell’Est e aree limitrofe. Le attestazioni dovranno essere inviate a Citibank N.A., secondo le modalità indicate nel modulo trasmesso ai destinatari da parte dell’Istituto previdenziale.

L’obiettivo della procedura è duplice: da un lato evitare l’erogazione indebita a soggetti deceduti, dall’altro assicurare la regolarità amministrativa dei flussi pensionistici. Il mancato invio dell’attestazione nei termini previsti può comportare la sospensione dell’erogazione della pensione.

Seconda fase accertamento esistenza in vita

La successiva fase di verifica sarà avviata a partire dal 17 settembre 2025 e proseguirà fino al 15 gennaio 2026, coinvolgendo i pensionati residenti in Europa (esclusi i Paesi della prima fase), Africa e Oceania. Anche in questo caso, gli interessati riceveranno apposita comunicazione e saranno tenuti a trasmettere l’attestazione di esistenza in vita entro la data indicata.

isopensione

Assegno di esodo (isopensione) Isopensione o assegno di esodo: cos'è, normativa di riferimento, come funziona, vantaggi e svantaggi, come fare domanda

Cos’è l’isopensione

L’assegno di esodo, noto anche come isopensione, è uno strumento di flessibilità in uscita introdotto dall’art. 4, commi da 1 a 7-ter della legge 28 giugno 2012, n. 92 (cd. Riforma Fornero), destinato ai lavoratori del settore privato prossimi alla pensione, per agevolare la transizione verso il trattamento pensionistico. L’isopensione è quindi una forma di accompagnamento alla pensione anticipata attraverso un accordo aziendale.L’istituto consente, a fronte della sottoscrizione di un’intesa tra azienda e sindacati, il collocamento anticipato del lavoratore rispetto alla maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia o anticipata, mediante l’erogazione di un assegno pari alla pensione maturata al momento dell’uscita.

Normativa di riferimento

La disciplina è contenuta nell’articolo 4 della legge n. 92/2012, come successivamente modificata. L’istituto è stato prorogato fino al 2026, con la possibilità di utilizzo dell’isopensione alle aziende con più di 15 dipendenti.

Requisiti per accedere all’isopensione

Per poter usufruire dell’assegno di esodo, è necessario che:

  • l’impresa abbia più di 15 dipendenti;
  • venga sottoscritto un accordo aziendale con le rappresentanze sindacali sull’esodo incentivato;
  • il lavoratore maturi il diritto alla pensione entro 7 anni dalla cessazione del rapporto di lavoro (dal 2018 al 2026);
  • l’impresa garantisca la copertura economica dell’assegno mensile e della contribuzione figurativa fino al pensionamento del lavoratore.

Come funziona l’isopensione

  1. Accordo sindacale: l’azienda stipula un accordo collettivo sull’esodo con le organizzazioni sindacali.
  2. Comunicazione all’INPS: l’accordo e le informazioni sui lavoratori coinvolti vengono trasmesse all’INPS.
  3. Accettazione individuale: ogni lavoratore aderisce su base volontaria.
  4. Erogazione dell’assegno: una volta cessato il rapporto di lavoro, l’azienda versa all’INPS i fondi necessari per corrispondere al lavoratore l’assegno mensile (di importo pari alla pensione calcolata al momento dell’esodo) fino alla maturazione del diritto alla pensione.
  5. Contribuzione figurativa: l’INPS accredita i contributi figurativi, necessari per garantire la maturazione del diritto alla pensione.

Durata massima 

La durata dell’isopensione può estendersi fino a sette anni (in origine erano quattro), purché il lavoratore maturi il diritto a uno dei trattamenti pensionistici entro tale termine. La decorrenza dell’assegno si interrompe con l’accesso effettivo alla pensione.

Vantaggi e svantaggi

Vantaggi:

  • per il lavoratore: la possibilità di uscita anticipata e tutela del reddito e della contribuzione;
  • per l’azienda: la gestione agevolata del turn-over e riduzione controllata del personale.

Svantaggi:

  • per l’impresa: gli elevati costi finanziari legati alla garanzia dell’erogazione dell’assegno e dei contributi;
  • per il lavoratore:  assenza di rivalutazione automatica dell’assegno, non reversibilità ai superstiti e perdita di alcuni trattamenti familiari.

Come fare domanda

La domanda di accesso all’isopensione non è individuale ma è promossa dall’azienda, che deve:

  1. sottoscrivere un accordo aziendale con le rappresentanze sindacali;
  2. trasmettere l’accordo all’INPS per la verifica della sostenibilità dell’intervento;
  3. richiedere l’autorizzazione al trattamento di isopensione;
  4. garantire i fondi com fideiussione bancaria;
  5. raccogliere le adesioni volontarie dei lavoratori interessati;
  6. presentare la domanda definitiva all’INPS.

Il lavoratore, a sua volta, non deve inoltrare alcuna domanda diretta all’INPS ma solo sottoscrivere la propria adesione al piano.

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previdenza complementare

La previdenza complementare Previdenza complementare: cos’è, a cosa serve, normativa, come e perché aderire, vantaggi, svantaggi e adesione tacita

Cos’è la previdenza complementare

La previdenza complementare è un sistema di risparmio a lungo termine finalizzato a integrare la pensione pubblica obbligatoria erogata dall’INPS. Si tratta di una forma di previdenza volontaria, disciplinata da un complesso quadro normativo che mira a garantire maggiore sicurezza economica al termine della vita lavorativa, soprattutto in considerazione del progressivo abbassamento dei livelli pensionistici.

Detta anche secondo pilastro previdenziale, la previdenza complementare è un sistema pensionistico integrativo rispetto alla pensione pubblica, basato sull’adesione volontaria a forme pensionistiche collettive o individuali. L’obiettivo è quello di costituire una rendita integrativa che si aggiunge a quella derivante dal sistema pensionistico obbligatorio, garantendo un tenore di vita più stabile e adeguato dopo il pensionamento.

Normativa di riferimento

Il principale riferimento normativo in materia è il decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, che disciplina:

  • le forme pensionistiche complementari;
  • le modalità di adesione;
  • il trattamento fiscale;
  • la vigilanza e tutela degli aderenti.

L’ente preposto alla vigilanza del settore è la COVIP (Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione), mentre l’INPS svolge funzioni informative e di raccordo con il primo pilastro.

Come aderire alla previdenza complementare

Vediamo ora come aderire alla previdenza complementare e per quali ragioni.

Modalità di adesione

L’adesione può avvenire in due modalità:

  • collettiva, tramite contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) o accordi aziendali, con destinazione del TFR (trattamento di fine rapporto) a un fondo pensione di categoria;
  • individuale, su iniziativa del singolo lavoratore, scegliendo un fondo aperto o un PIP (piano individuale pensionistico).

È possibile aderire:

  • al momento dell’assunzione, nel caso dei lavoratori dipendenti;
  • in qualsiasi momento della carriera lavorativa, per autonomi, parasubordinati o liberi professionisti.

Perché aderire

Le ragioni principali che spingono a scegliere la previdenza complementare sono:

  • il progressivo ridimensionamento delle pensioni pubbliche (sistema contributivo);
  • la necessità di pianificare un futuro finanziario più sicuro;
  • i vantaggi fiscali;
  • la possibilità di richiedere anticipazioni per spese sanitarie, acquisto prima casa, ecc00

I vantaggi della previdenza complementare

  1. Vantaggi fiscali:
    • Le somme versate sono deducibili dal reddito imponibile fino a un massimo di 5.164,57 euro annui.
    • Tassazione agevolata della rendita o del capitale al momento della prestazione (dal 15% al 9% in base agli anni di permanenza nel fondo).
  1. Gestione professionale del risparmio:
    • I fondi sono gestiti da società autorizzate e vigilate, con profili di rischio diversificati.
  1. Flessibilità e anticipazioni:
    • È possibile richiedere anticipazioni fino al 75% della posizione maturata per esigenze personali, acquisto prima casa, spese sanitarie o altre necessità.
  1. Portabilità e continuità:
    • In caso di cambio lavoro o interruzione, è possibile trasferire la posizione previdenziale.
  1. Complementarità con il TFR:
    • La previdenza complementare consente un impiego produttivo del TFR, che altrimenti resterebbe presso il datore di lavoro.

Svantaggi e criticità

Come ogni forma di investimento, la previdenza complementare presenta anche alcuni aspetti critici da valutare attentamente:

  • vincoli temporali: i fondi sono pensati per il lungo periodo, quindi i capitali sono generalmente non disponibili fino al pensionamento;
  • rendimento incerto: essendo strumenti finanziari, i rendimenti possono variare in base all’andamento dei mercati;
  • costi di gestione: alcuni fondi possono avere oneri amministrativi elevati, che riducono il rendimento netto;
  • limitata accessibilità in caso di emergenza: le somme non sono liquidabili liberamente, salvo nei casi previsti dalla legge.

La previdenza complementare è obbligatoria?

La previdenza complementare non è obbligatoria. Tuttavia, vi sono alcune situazioni in cui il silenzio del lavoratore può produrre effetti:

  • in caso di mancata scelta esplicita sulla destinazione del TFR entro sei mesi dall’assunzione, esso viene conferito automaticamente al fondo pensione previsto dal contratto collettivo applicato.

Pertanto, anche se formalmente volontaria, l’adesione può avvenire in forma tacita.

 

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EcoCert INPS EcoCert INPS: cos'è, a cosa serve, come richiederlo, tempi di rilascio, valore giuridico e differenze con l'EcoMar

Cos’è l’EcoCert INPS

L’EcoCert, acronimo di Estratto Conto Certificativo, è un documento rilasciato dall’INPS che attesta, in maniera ufficiale, la posizione assicurativa e contributiva del lavoratore. Si tratta di uno strumento essenziale per chi intende pianificare il proprio accesso alla pensione, in quanto consente di verificare con certezza i contributi previdenziali accreditati e il diritto alla prestazione pensionistica.

A cosa serve l’EcoCert INPS?

L’EcoCert è diverso dal semplice estratto conto contributivo visualizzabile nel portale MyINPS: mentre quest’ultimo ha un valore meramente informativo, l’EcoCert ha valore certificativo. In altre parole, si tratta di un documento ufficiale, firmato digitalmente dall’INPS, che riconosce formalmente i periodi contributivi validi ai fini pensionistici. Viene utilizzato:

  • per controllare l’esattezza dei contributi versati;
  • per pianificare con precisione l’età e la decorrenza della pensione;
  • per procedere con eventuali ricongiunzioni, riscatti o totalizzazioni;
  • in sede di consulenza con patronati o consulenti del lavoro.

È valido sia per i lavoratori privati sia per i dipendenti pubblici.

Chi può richiederlo

Può richiedere l’EcoCert qualsiasi soggetto iscritto ad almeno una gestione previdenziale dell’INPS, sia in qualità di lavoratore dipendente che autonomo. La richiesta può essere presentata:

  • dal diretto interessato;
  • da un soggetto delegato;
  • tramite patronati accreditati.

Non è necessario aver raggiunto l’età pensionabile: la richiesta può essere avanzata in qualunque momento della carriera lavorativa, soprattutto se si intende verificare la correttezza della propria posizione assicurativa o programmare interventi correttivi.

Come ottenere l’EcoCert INPS

La procedura per richiedere l’EcoCert è semplice e si svolge in modalità telematica. Ecco i passaggi principali:

  1. Accesso al sito INPS – collegarsi al portale www.inps.it con le proprie credenziali SPID, CIE o CNS;
  2. Ricerca del servizio – nella barra di ricerca, digitare “Estratto Conto Certificativo”;
  3. Selezionare la voce “Estratto conto certificativo (EcoCert ed EcoMar)”;
  4. Cliccare su “Utilizza servizio”;
  5. Nella pagina successiva scegliere “Estratto conto per i cittadini” (l’altra opzione è per i patronati);
  6. Cliccare su “Utilizza servizio”:
  7. Presentazione della domanda – seguire le istruzioni guidate per inoltrare la richiesta online.
  8. Ricezione dell’EcoCert – Il documento viene inviato al cittadino tramite PEC o reso disponibile nell’area personale MyINPS, firmato digitalmente.

È possibile anche presentare la richiesta tramite un patronato che seguirà la pratica in nome e per conto del lavoratore.

Quanto tempo ci vuole per avere l’EcoCert?

L’INPS, a seguito della richiesta, impiega in media 30-60 giorni lavorativi per elaborare e rilasciare l’EcoCert, ma i tempi possono variare in base alla complessità della posizione contributiva del soggetto richiedente e alla mole di richieste in carico agli uffici. In alcuni casi, se sono necessarie verifiche su più gestioni o periodi particolarmente risalenti, i tempi possono allungarsi ulteriormente.

Valore giuridico del documento

L’EcoCert ha valore certificativo e, pertanto, costituisce un documento ufficiale dell’INPS che fotografa in modo fedele e verificato la situazione contributiva del lavoratore. Non è un atto definitivo ma rappresenta la base su cui l’Istituto calcolerà l’accesso alla pensione. Eventuali errori o omissioni possono essere corretti, ma è essenziale segnalarli tempestivamente.

L’INPS è obbligato per legge a rilasciare l’estratto conto certificativo su richiesta dell’interessato. L’ente infatti deve fornire, in modo trasparente, l’elenco dettagliato dei periodi assicurativi, delle retribuzioni e della contribuzione versata o accreditata.

Differenza tra EcoCert ed EcoMar

Oltre all’EcoCert, esiste anche l’EcoMar (Estratto Conto Certificativo Marittimi), rivolto specificamente ai lavoratori del settore marittimo. Entrambi hanno la medesima funzione certificativa, ma si differenziano per la gestione previdenziale di riferimento.

 

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tredicesima

Tredicesima: cos’è e a chi spetta Tredicesima: cos'è, a chi spetta, come si calcola e come viene tassata, quando viene pagate e differenze con la quattordicesima

Cos’è la tredicesima

La tredicesima mensilità, detta anche “gratifica natalizia”, è una retribuzione aggiuntiva riconosciuta ai lavoratori dipendenti pubblici e privati, nonché ad alcuni pensionati, generalmente corrisposta nel mese di dicembre. La sua funzione è di supportare le spese legate al periodo natalizio, ma costituisce a tutti gli effetti un compenso spettante in base alla prestazione lavorativa svolta durante lanno.

A chi spetta la tredicesima

La tredicesima spetta:

  • ai lavoratori subordinati con contratto a tempo determinato o indeterminato, sia a tempo pieno che part-time;
  • ai dipendenti pubblici;
  • ai lavoratori domestici (colf, badanti, baby sitter);
  • ai pensionati hai titolari dell’assegno sociale per i quali è corrisposta direttamente dallINPS o da altri enti previdenziali;
  • ai lavoratori stagionali e agli apprendisti;
  • in generale, è riconosciuta a tutti i titolari di un rapporto di lavoro dipendente, fatta eccezione per i collaboratori coordinati e continuativi (co.co.co) e i lavoratori autonomi, che non ne hanno diritto.

Come si calcola  

La tredicesima si calcola in base alle mensilità effettivamente lavorate durante lanno solare. La formula standard di calcolo prevede:

Retribuzione lorda mensile x numero di mesi lavorati/12

Ogni mese lavorato dà diritto a 1/12 della tredicesima. In presenza di mesi parziali, possono applicarsi criteri di proporzionalità. Nella retribuzione utile al calcolo rientrano in genere:

  • la paga base
  • le indennità contingenza,
  • eventuali scatti di anzianità;
  • elementi fissi e continuativi della retribuzione nazionali o provinciali.

Nel calcolo possono essere inclusi anche altri elementi che compongono la tredicesima, se erogati con continuità.

Quando viene pagata

Per i lavoratori del settore privato, il pagamento della tredicesima avviene entro il 24 dicembre, ma può essere anticipato a discrezione del datore di lavoro. Per i dipendenti pubblici e i pensionati, è lamministrazione o lente previdenziale a stabilire la data esatta, generalmente nei primi 20 giorni di dicembre.

Come viene tassata la tredicesima

La tredicesima è soggetta a contribuzione INPS e IRPEF, ma non beneficia di detrazioni. Questo comporta che, in molti casi, la somma netta erogata risulti inferiore rispetto alla normale retribuzione mensile. È quindi soggetta a tassazione ordinaria e non separata.

Differenze tra tredicesima e quattordicesima

La tredicesima è prevista per tutti i lavoratori dipendenti e pensionati, ed è obbligatoria per legge o per contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL).

Al contrario, la quattordicesima:

  • non è sempre prevista;
  • è riconosciuta solo in presenza di specifiche clausole contrattuali (es. CCNL commercio o turismo);
  • viene generalmente erogata nel mese di giugno o luglio;
  • ha lo scopo di sostenere le spese legate al periodo estivo o alle vacanze;
  • viene calcolata in base alla retribuzione media annuale.

In ambito pensionistico, la quattordicesima è riconosciuta solo ad alcune categorie di pensionati con redditi bassi, secondo criteri stabiliti annualmente dallINPS.

 

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