Omicidio realizzato in occasione della commissione di reati sessuali Si fa riferimento all'ipotesi aggravata del delitto di omicidio disciplinata dall'art. 576 n. 5 c.p.
Omicidio realizzato in occasione di reati sessuali: evoluzione normativa
La norma a cui si fa riferimento costituisce ipotesi aggravata del delitto di omicidio, nello specifico disciplinata dall’art.576, n. 5. Nell’attuale formulazione, la norma sanziona penalmente, con la pena dell’ergastolo, l’omicidio realizzato in occasione della commissione di taluno dei delitti previsti dagli artt. 572, 583quinquies, 600bis, 600ter, 609bis, 609quater e 609octies. L’aggravante in esame è stata oggetto di correttivi dapprima ad opera del D.L. 23-2- 2009, n. 11, conv. in L. 23-4-2009, n. 38, e successivamente della L. 1-10-2012, n. 172.
Nella sua formulazione originaria, infatti, la norma faceva riferimento agli artt. 519, 520 e 521 c.p. Per comprendere il fondamento del primo dei segnalati correttivi, deve evidenziarsi che le figure delittuose richiamate nel testo previgente sono state integralmente abrogate dalla L. 66/1996, in occasione della «riscrittura» delle fattispecie di violenza sessuale.
Il legislatore del 2009 ha, dunque, inteso «attualizzare» i richiami della configurazione aggravata in commento, sostituendo i riferimenti alle fattispecie abrogate con quelli a previsioni neointrodotte, per tal via sanando una «dimenticanza» del legislatore del ’96.
Dottrina e giurisprudenza
Già, peraltro, prima di tale correttivo espresso, la citata abrogazione delle fattispecie in origine richiamate fece porre, in dottrina e giurisprudenza, il problema di stabilire se il rinvio potesse essere inteso alla fattispecie che aveva sostanzialmente recepito le citate previsioni abrogate, l’art. 609bis c.p.
La dottrina che si era occupata del problema ritenne che il rinvio contenuto nella norma in esame non dovesse intendersi agli articoli di legge, in quanto tali, ma alle condotte che essi descrivono, per cui se queste condotte non cessano di essere oggetto di previsione da parte della nuova norma penale che prende il luogo di quella abrogata, ma sono riproposte negli stessi termini in altre norme di legge, il rinvio implicito alle nuove norme deve essere ritenuto ammissibile, senza violazione del principio di stretta legalità dettato dall’art. 25, comma 2, della Costituzione.
Nel medesimo senso si era espressa concordemente la giurisprudenza della Cassazione, la quale, nel confermare che tale aggravante doveva trovare applicazione con riferimento a tutti i delitti di violenza sessuale di cui agli artt. 609bis e ss. c.p., aveva motivato tale asserto sostenendo che il richiamo agli articoli abrogati, contenuto nell’art. 576 rientrava nella figura del rinvio formale e non di quello recettizio, sicché quella abrogazione non aveva comportato una «abolitio criminis», ma solo un ordinario fenomeno di successione di leggi penali incriminatrici nel tempo, e il mancato adeguamento della formulazione di quest’ultima norma era ascrivibile a mero difetto di coordinamento legislativo.
Dopo tale opportuno correttivo di coordinamento, il legislatore, come segnalato, ha nuovamente inciso sulla portata precettiva di tale previsione, attraverso la L. 172/2012, di ratifica della Convenzione di Lanzarote per la tutela dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale. In particolare, nel riscrivere la lettera del n. 5) dell’art. 576, si è provveduto ad estendere le ipotesi di omicidio aggravato a quello commesso in occasione della realizzazione delle fattispecie di cui agli artt. 572, 600bis e 600ter (trattasi dei delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi, prostituzione e pornografia minorile, a loro volta riformulati dal legislatore del 2012), riconoscendo a tale tipologia omicidiaria analogo surplus di disvalore penale rispetto a quello che la norma già attribuiva alla condotta realizzata nell’atto di aggredire sessualmente taluno.
Correttivo nel Codice Rosso
Da ultimo, l’evoluzione normativa concernente l’aggravante in esame trova il suo epilogo nella L. 19-7-2019, n. 69, nota come «Codice rosso» (espressione mutuata dalla terminologia sanitaria, per alludere ad un percorso preferenziale e d’urgenza per la trattazione dei procedimenti in materia, funzionale alla tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, percorso procedurale introdotto proprio dal citato provvedimento), pur se deve osservarsi come il correttivo si limiti ad una estensione del margine di applicabilità della previsione al caso in cui il fatto omicidiario sia posto in essere in occasione della commissione del neointrodotto delitto di cui all’art. 583quinquies (al cui esame si rinvia).
In sostanza, si inserisce nel catalogo dei reati puniti con l’ergastolo anche il delitto di lesioni permanenti al viso (previsione che il legislatore, con modalità operativa analoga a quella già precedentemente seguita in tema di cd. omicidio stradale, trasforma in autonoma fattispecie di reato, rispetto al sistema previgente, dove era prevista come delitto aggravato, modificandone nel contempo il trattamento sanzionatorio in senso maggiormente afflittivo, mirando, per tal via, a frustrare il rischio di possibili attenuazioni sanzionatorie, conseguenti al meccanismo del bilanciamento delle circostanze, in una prospettiva di contenimento della discrezionalità del giudice), qualora da esso sia derivata la morte della vittima. Trattasi di valutazione che trova il suo condivisibile fondamento nel fatto che, da aggressioni poste in essere ai sensi del neointrodotto art. 583quinquies, possono derivare conseguenze irreversibili circoscritte non solo alla sfera dell’identità personale della vittima, ma anche alla stessa vita di quest’ultima.
In tale sede va, altresì, rammentato che il novero dei potenziali autori del delitto di omicidio aggravato, di cui all’art.576 c.p., è stato implementato proprio ad opera del D.L. 23-2-2009, n. 11, conv. in L. 23-4-2009, n. 38, norma con cui si è introdotto il delitto di «atti persecutori».
Orbene, per effetto del medesimo provvedimento, si è operato un correttivo alla norma in esame, disponendo che vada punito con l’ergastolo anche l’omicidio commesso dall’autore del delitto previsto dall’art. 612bis (dunque del delitto di «stalking»), nei confronti della stessa persona offesa.
La giurisprudenza della Cassazione a Sezioni Unite
Su tale ipotesi aggravata, si segnala una significativa pronuncia, a Sezioni unite, della Cassazione (sent. 26-10-2021, n. 38402), per effetto della quale la fattispecie del delitto di omicidio, realizzata a seguito di quella di atti persecutori da parte dell’agente nei confronti della medesima vittima, contestata e ritenuta nella forma del delitto aggravato ai sensi degli artt. 575 e 576, comma 1, n. 5.1) c.p. – punito con la pena edittale dell’ergastolo – integra un reato complesso, ai sensi dell’art. 84, comma 1, c.p., in ragione della unitarietà del fatto, per tal via escludendo che le due fattispecie concorrano fra loro.
La norma si limita a richiedere che autore e vittima degli atti persecutori e dell’omicidio siano i medesimi, senza necessità di alcun legame cronologico o eziologico fra le due condotte criminose. Peraltro, in dottrina si tende a restringere la portata applicativa della previsione ai soli casi in cui l’omicidio rappresenti l’esito finale del delitto di «stalking», escludendola quando invece l’omicidio possa trovare motivazione in ragioni diverse dalla persecuzione.
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