riforma codice della strada

Riforma Codice della strada In vigore dal 14 dicembre 2024 la riforma del Codice della Strada che introduce alcune importanti novità anche in materia di guida con il cellulare e sospensione breve della patente

Riforma Codice della Strada in vigore dal 14 dicembre

La Riforma del Codice della Strada, dopo l’approvazione del testo alla Camera il 27 marzo 2024, è stata ferma per mesi in Senato, dove, poi, è stato approvato definitivamente senza alcuna modifica rispetto a quello trasmesso da Montecitorio, il 20 novembre 2024.

La nuova legge n. 177/2024, recante “Interventi in materia di sicurezza stradale e delega al Governo per la revisione del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285” è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 29 novembre per entrare in vigore il 14 dicembre 2024.
Vediamo, dunque, quali sono le novità più significative.

Via la patente per chi usa il cellulare mentre guida

Per chi durante la marcia fa uso di smartphone, computer portatili, notebook, tablet e dispositivi che richiedono l’allontanamento anche solo temporaneo delle mani dal volante corre il rischio di dover pagare fino a 1000 euro di multa e a essere privato della patente per due mesi.

Pene più severe per la guida in stato di ebbrezza

Sulla patente del conducente che ha commesso il reato di guida in stato di ebbrezza con tasso alcolemico superiore a certi limiti, la riforma prevede l’apposizione dei codici unionali 68 “LIMITAZIONE DELL’USO – Niente alcool” e 69 “LIMITAZIONE DELL’USO –Limitata alla guida di veicoli dotati di un dispositivo di tipo alcolock conformemente alla norma EN 50436”.

Veicoli con alcolock

Questi codici (Allegato I della direttiva n. 2006/126/CE) indicano che quel conducente non può più bere prima di mettersi alla guida (cod. 68) o che può guidare solo veicoli muniti di alcolock, per cui il guidatore, prima di accendere la macchina, deve sottoporsi a controllo soffiando nell’apposito apparecchio.

Per chi guida in stato di ebbrezza e presenta un tasso alcolemico elevato la contravvenzione prevede l’arresto, sanzioni pecuniarie salate e la sospensione della patente.

Abbandono animali: pene più severe se su strada

Abbandonare un animale sulla strada o in una sua pertinenza costituisce una circostanza aggravante del reato di abbandono di animali, contemplato dall’art. 727 c.p e comporta anche l’applicazione della sanzione accessoria della sospensione della patente da sei mesi a un anno.

Sospensione breve della patente

La riforma introduce il nuovo art. 218-ter, che prevede la sospensione della patente in relazione al punteggio per la durata di 7 o di 15 giorni a seconda che sul documento di guida, al momento dell’accertamento, vi siano meno di 20 o di 10 punti.

La nuova norma al comma 1 indica le violazioni del codice della Strada a cui si applica la sospensione breve. Pena raddoppiata per chi provoca incidenti.

Più punti patente per chi segue corsi extracurriculari

Per incentivare lo studio delle regole sulla circolazione stradale la riforma vuole riconoscere due punti in più sulla patente, al momento del rilascio a quei ragazzi che partecipino a corsi extracurriculari organizzati dalle scuole superiori statali o paritarie e delle autoscuole.

Nuovi limiti per i neopatentati

Si vogliono estendere da uno a tre anni i divieti previsti nei confronti dei neo-patentati con patente B per quanto riguarda la guida di autoveicoli con potenze specifiche, ossia superiori a 75 kw per tonnellata e veicoli M1 ibridi o interamente elettrici superiori a 105 kw per tonnellata.

Monopattini: più obblighi e divieti

La riforma prevede alcune importanti novità anche per i conducenti di monopattini e dispositivi per la micromobilità. Previsto il contrassegno per tutti i monopattini, l’obbligo di indossare il casco indipendentemente dall’età, il divieto di utilizzo fuori dai centri urbani e l’obbligo di assicurazione per la responsabilità civile.

Revisione dei veicoli: controlli sulle imprese autorizzate

I controlli sulle imprese autorizzate a effettuare la revisione periodica dei veicoli devono essere effettuati da personale debitamente abilitato dal Dipartimento competente del MIT. Il decreto che stabilirà le tariffe della revisione stabilirà anche gli importi che saranno a carico delle autofficine e che sono destinate al capitolo specifico di pertinenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la cui mancata corresponsione sarà sanzionata.

Segnalazioni acustiche per i pedoni con disabilità visive

Per aiutare i pedoni con disabilità visive ad attraversare la strada la riforma prevede, presso gli attraversamenti pedonali semaforizzati, la presenza di segnalazioni acustiche per indicare lo stato di accensione delle luci e guide tattili a pavimento per consentire l’individuazione dei pali che sostengono i semafori.

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lavori di pubblica utilità

Lavori di pubblica utilità: disciplina e funzionamento I lavori di pubblica utilità sono attività non retribuite che vengono svolte per la collettività da soggetti liberi, condannati e detenuti

Lavori di pubblica utilità: definizione

I lavori di pubblica utilità sono attività non retribuite che vengono svolte a beneficio della collettività presso enti pubblici, organizzazioni sociali o di volontariato. Il lavoro di pubblica utilità si configura come uno strumento efficace di giustizia riparativa, offrendo al condannato la possibilità di compensare la collettività attraverso attività concrete e costruttive.

Riferimenti normativi

  1. Decreto 27 luglio 2023 – Modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità – art. 71 comma 1 lett. d) decreto legislativo n. 150/2022
  2. Decreto 8 giugno 2015 n. 88 – Regolamento recante disciplina delle convenzioni in materia di pubblica utilità ai fini della messa alla prova dell’imputato – art. 8 legge n. 67/2014
  3. Decreto 26 marzo 2001 – Norme per la determinazione delle modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità applicato – art. 54, c. 6 del decreto legislativo n. 274/2000

Lavori di pubblica utilità: applicazione

Il lavoro di pubblica utilità rappresenta una sanzione alternativa nel sistema giuridico italiano e consiste nella prestazione non retribuita di attività a favore della collettività. Può essere svolto presso enti pubblici, organizzazioni sociali o di volontariato, ed è previsto sia per soggetti liberi sia per detenuti o internati.

  1. In favore dei soggetti liberi, può sostituire pene detentive o pecuniarie in vari contesti tra i quali figurano:
  • le violazioni del Codice della Strada (articoli 186 e 187): per guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti, il lavoro può sostituire pene tradizionali, purché richiesto dall’imputato o disposto dal giudice;
  • legge sugli stupefacenti (art. 73, comma 5-bis): in casi di lieve entità, il giudice può sostituire la pena detentiva con questa sanzione. L’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE) monitora il rispetto dell’obbligo.
  1. Secondo l’ 20-ter dell’ordinamento penitenziario, anche i detenuti possono svolgere lavoro di pubblica utilità, in conformità al d.m. 26 marzo 2001 e ad apposite convenzioni. Tale misura favorisce il reinserimento sociale attraverso attività a beneficio della comunità.
  2. Il lavoro di pubblica utilità può essere anche impiegato come pena sostitutiva o accessoria.
  • Sospensione del processo con messa alla prova (art. 168-bis c.p.): il lavoro diventa parte del programma di trattamento, definito in base alle esigenze personali dell’imputato;
  • Sospensione condizionale della pena (art. 165 c.p.): il condannato deve svolgere attività non retribuita come condizione per ottenere la sospensione;
  • Sostituzione di pene detentive brevi (art. 56-bis L. 689/1981): per reati con pene inferiori a tre anni, il lavoro di pubblica utilità può essere applicato come pena sostitutiva.

Modalità di svolgimento del lavoro per pubblica utilità

Il lavoro di pubblica utilità può svolgersi in diversi settori come:

  • l’assistenza sociale (anziani, malati, disabili).
  • la protezione civile e tutela ambientale;
  • le attività pertinenti alla professionalità del condannato.

La durata della misura varia tra 6 e 15 ore settimanali, ma può essere estesa fino a 8 ore giornaliere su richiesta. Un giorno di lavoro equivale a due ore di attività, garantendo la compatibilità con esigenze di vita, studio o salute del condannato.

Cosa accade se si violano le modalità di svolgimento

Il mancato rispetto degli obblighi può comportare la revoca della misura, con ripristino della pena originaria. In caso di risarcimento dei danni o eliminazione delle conseguenze del reato, è possibile la revoca della confisca, salvo i casi obbligatori.

Portale Nazionale per i lavori di pubblica utilità

Il Portale Nazionale per i lavori di pubblica utilità, disponibile online, è uno strumento innovativo che semplifica la gestione e la ricerca di opportunità per l’esecuzione del lavoro di pubblica utilità. Destinato a cittadini, tribunali e uffici di esecuzione penale esterna, il portale velocizza il processo di abbinamento tra le caratteristiche del condannato o imputato, la natura del reato commesso e l’attività lavorativa non retribuita da svolgere. Questo approccio favorisce il reinserimento sociale e contribuisce a ridurre il rischio di recidiva.

Sviluppato con il contributo di diversi dipartimenti del Ministero della Giustizia, il portale è un progetto in continua evoluzione. I tribunali alimentano la piattaforma aggiornando le convenzioni locali e garantendo la pubblicazione delle informazioni sul sito del Ministero. L’obiettivo è semplificare le procedure e migliorare l’accesso alle informazioni per tutti gli attori coinvolti.

Il portale offre tre modalità di ricerca: tramite infografica, per individuare rapidamente i posti disponibili; ricerca avanzata, con filtri dettagliati; e ricerca semplice, basata su parole chiave.

 

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cellulare alla guida

Cellulare alla guida: le nuove sanzioni Cellulare alla guida: le regole pre-riforma e le novità introdotte dalla riforma del Codice della Strada 2024 che inaspriscono le sanzioni

Cellulare alla guida: regole pre e post-riforma

L’utilizzo del cellulare durante la guida è una delle principali cause di incidenti stradali e oggetto di normative sempre più severe.

L’inasprimento delle sanzioni è un chiaro segnale dell’intenzione di ridurre drasticamente il numero di incidenti legati alla distrazione alla guida. Utilizzare il cellulare senza mani libere o viva voce potrebbe costare caro, sia in termini economici che di punti sulla patente. Con l’entrata in vigore delle nuove regole nel 2024, è essenziale prestare massima attenzione per evitare gravi conseguenze.

Vediamo quali sono le regole pre-riforma e cosa cambia con l’introduzione delle nuove regole previste  invece dalla riforma appena approvata.

Regole sull’uso del cellulare alla guida pre-riforma

L’articolo 173 comma 2 del Codice della Strada (CdS), nella formulazione pre-rifoma, vieta al conducente l’uso durante la marcia di apparecchi come smartphone, computer portatili, tablet o dispositivi simili che richiedano di staccare anche temporaneamente le mani dal volante.

Fanno eccezione i conducenti di veicoli delle Forze armate e dei Corpi di polizia. È consentito l’uso di dispositivi viva voce o auricolari, purché non richiedano l’uso delle mani e garantiscano una capacità uditiva adeguata a entrambe le orecchie.

In sintesi si può dire che se è consentito utilizzare il cellulare in modalità viva voce o con auricolari con volume adeguato, è in vere vietato utilizzare i dispositivi quando questi richiedano di distogliere le mani dal volante.

Le sanzioni previste in caso di violazione sono le seguenti:

  • sanzione pecuniaria da 165 euro a 660 euro;
  • decurtazione di 5 punti dalla patente;
  • sanzione accessoria della sospensione della patente da 1 a 3 mesi in caso di recidiva nel corso del biennio.

Le nuove regole 2024 sul cellulare alla guida

La Riforma del 2024 del Codice della Strada introduce pene più severe per chi utilizza il cellulare durante la guida, con l’obiettivo di disincentivare comportamenti che aumentano il rischio di incidenti. La riforma aumenta le sanzioni, prevede la sospensione immediata della patente alla prima infrazione e introduce ex novo la sospensione breve.

Multe più salate

Le sanzioni aumentano nei seguenti termini:

  • la multa va da un minimo di 250 euro a un massimo di 1.000 euro per la prima infrazione;
  • in caso di recidiva la multa parte da 350 euro fino a 1.400 euro;
  • la decurtazione punti patente comporta la perdita di 5 punti per la prima violazione e 10 punti in caso di recidiva.

Sospensione immediata della patente

Alla prima infrazione si va incontro alla sospensione della patente da 15 giorni fino a 2 mesi, emessa dal Prefetto.

In caso di recidiva invece la sospensione va da un minimo di 1 mese fino a un massimo di 3 mesi.

Sospensione breve della patente

Questa misura si applica automaticamente, senza necessità di ordinanza prefettizia, ai conducenti che hanno meno di 20 punti sulla patente.

Questi i periodi di durata della sospensione breve:

  • 7 giorni per chi ha un punteggio da 10 a 19 punti;
  • 15 giorni per chi ha un punteggio da 1 a 9 punti;

In caso di incidente stradale però, anche se non vengono coinvolti altri veicoli, la sospensione viene raddoppiata a 14 giorni per chi ha da 10 a 19 punti e a 30 giorni per chi ha da 1 a 9 punti.

Entrata in vigore delle nuove regole

Le nuove norme non entrano in vigore immediatamente dopo l’approvazione del 20 novembre 2024 al Senato. La legge deve infatti superare gli ulteriori passaggi obbligatori ossia la promulgazione del Presidente della Repubblica, la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e la vacatio legis di 15 giorni, salva la previsione di termini diversi.

Leggi anche: Riforma Codice della Strada 2024: novità e sfide  

fondo di garanzia

Fondo di garanzia per le vittime della strada Il Fondo di Garanzia per le vittime della Strada risarcisce i danni a persone e cose nei casi e nei modi stabiliti dalla legge

Cos’è il Fondo di Garanzia per le vittime della strada

Il Fondo di Garanzia per le vittime della strada (FGVS) è nato per risarcire i danni causati da sinistri stradali che si verificano in circostanze particolari.  Il fondo è operativo dal 12 giugno 1971 ed è amministrato dalla Consap con l’assistenza di un Comitato. Sul Fondo vigila il Ministero delle imprese e del Made in Italy.

Principali riferimenti normativi

Il Fondo di Garanzia è nato grazie alla legge n. 990/1969, abrogata quando è entrato in vigore il Codice delle assicurazioni private contenuto nel decreto legislativo n. 209/2005, continuamente modificato e aggiornato. Le principali norme di riferimento del Fondo di garanzia sono gli articoli 283 e 286 del dlgs n. 209/2005.

Fondo di Garanzia per le vittime della strada: quando opera

Il Fondo di Garanzia opera infatti nei casi specifici previsti dall’art. 283 del Codice delle assicurazioni private.

Esso risarcisce i danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti nei seguenti casi principali:

  • il veicolo o il natante che hanno cagionato i danni non è stato identificato;
  • il mezzo non risulta coperto da assicurazione;
  • il natante è assicurato presso un’impresa che opera all’interno del territorio della Repubblica in regime di stabilimento di libertà di prestazione di servizi e al momento del sinistro o in seguito si trova in stato di liquidazione coatta;
  • il veicolo è posto in circolazione contro la volontà del proprietario o di chi ne ha la titolarità;
  • il veicolo che ha cagionato il sinistro è estero e la targa non corrisponde o non corrisponde più allo stesso veicolo;
  • veicolo non assicurato è stato spedito nel territorio della Repubblica italiana da uno Stato dello Spazio Economico Europeo avvenuto nel periodo compreso tra la data di accettazione di consegna del veicolo e lo scadere del termine di 30 giorni.

Limiti risarcitori

Il Fondo di Garanzia non provvede sempre al risarcimento integrale dei danni. Ci sono dei casi in cui lo stesso risarcisce  certi tipi di danno e certi importi.

Ad esempio, nel caso in cui un veicolo non identificato sia responsabile dei danni, il Fondo risarcisce solo i danni alla persona, mentre per i danni alle cose risarcisce la parte del danno che eccede i 500,00 euro. Se invece il veicolo che cagiona i danni non è coperto da assicurazione, il Fondo copre sia i danni alle persone che alle cose. La norma di riferimento per conoscere in dettaglio i limiti risarcitori del Fondo è l’art. 283 del Codice delle. Assicurazioni Private.

Liquidazione dei danni

L’articolo 286 del Codice delle Assicurazioni private stabilisce che la liquidazione dei danni per i sinistri di cui all’articolo 283, coperti quindi dal Fondo di garanzia, venga effettuata da un’impresa assicurativa designata dall’IVASS secondo quanto stabilito nel regolamento adottato dal Ministero delle Imprese del Made in Italy.

L’impresa di assicurazione, una volta designata, liquida anche i danni relativi ai sinistri che si sono verificati oltre la scadenza del periodo assegnato e fino alla data indicata nel provvedimento che designa una nuova impresa.

Le somme che vengono pagate dalle imprese designate sono rimborsate dalla Consap, che gestisce il Fondo di garanzia per le vittime della strada.

Per sapere quale impresa è designata dall’IVASS alla liquidazione dei danni nei casi sopra esaminati basta visitare la pagina dedicata Elenchi Imprese del sito della Consap.

Come farsi risarcire dal Fondo vittime della Strada

Per chiedere il risarcimento nei casi di sinistro stradale rientrante in una delle ipotesi per le quali è prevista la copertura del Fondo vittime della strada  è necessario accedere al sito della Consap.

Nella pagina dedicata al Fondo vittime della Strada è sufficiente linkare nella pagina dedicata alla procedura  generare il modulo, compilarlo, sottoscriverlo e inviarlo, anche mezzo pec.

 

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guida in stato di ebbrezza

Guida in stato di ebbrezza: no a sospensione patente per 2 anni La Cassazione ribadisce che il reato di guida in stato di ebbrezza non determina l'automatica sospensione della patente per due anni

Reato di guida in stato di ebbrezza

La guida in stato di ebbrezza non determina l’automatica sospensione della patente per due anni. Questo quanto si ricava dalla sentenza n. 22041/2024 della quarta sezione penale della Cassazione.

La vicenda

Nella vicenda, il G.I.P. del Tribunale di Gela applicava sull’accordo delle parti la pena di un mese e dieci giorni di arresto oltre a 800 euro di ammenda, sostituiti con lavoro di pubblica utilità a un imputato per il reato di cui all’art. 186, commi 2, lett. b) e 2-sexies, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, per avere condotto un’autovettura, di proprietà altrui, in stato di ebbrezza alcolica determinato dall’uso di sostanze alcoliche, con valori di tasso alcolemico rilevati di 1,60 g/l e 1,26 g/l, in fascia oraria compresa tra le ore 22.00 e le ore 07.00.
Il G.I.P. ha, altresì, applicato all’imputato la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un periodo di due anni, sospendendone l’efficacia sino all’esito dello svolgimento del lavoro di pubblica utilità.

Il ricorso

Avverso tale sentenza l’uomo proponeva ricorso per cassazione, lamentando inosservanza ed erronea applicazione di legge processuale con riferimento alla durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, irrogata senza tener conto di quanto convenuto dalle parti ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.
Queste ultime, infatti, si erano accordate per l’applicazione della sospensione della patente di guida per un anno, mentre, invece, essa era stata poi disposta per un periodo doppio, in tal maniera ledendo la norma dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., sotto il profilo della ricorrenza di un difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza.
Con la seconda censura, il ricorrente eccepiva inosservanza ed erronea applicazione di legge processuale con riferimento al disposto raddoppio della durata della sanzione amministrativa accessoria applicata, a suo dire non effettuabile nel caso di specie, considerato che il veicolo condotto dall’imputato non sarebbe appartenuto a terze persone – come invece ritenuto dal giudice di merito – e che la possibilità di estendere la durata della sospensione della patente di guida a due anni, in conseguenza del raddoppio, riguarderebbe la sola ipotesi prevista dall’art. 186, comma 2 lett. c), cod. strada, e non già, invece, il contestato reato di cui all’art. 186, comma 2 lett. b), cod. strada.

La decisione

Per gli Ermellini, il ricorso è fondato e la sentenza impugnata va annullata “limitatamente alla durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, rinviando sul punto al Tribunale di Gela”.
Deve, infatti, essere osservato, con valenza assorbente rispetto a ogni ulteriore profilo di censura dedotto, come le parti si fossero accordate per l’applicazione della pena, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., in ordine al reato di cui all’art. 186, comma 2lett. b), cod. strada.

Con riferimento a tale fattispecie, pertanto, scrivono dalla S.C. “il G.I.P. del Tribunale di Gela ha disposto la conseguente applicazione della pena in modo palesemente distonico ed erroneo, invece, al momento della determinazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, il decidente ha fatto riferimento alla diversa, e più grave, ipotesi disciplinata dall’art. 186, comma 2 lett. c), cod. strada, espressamente prevedendo l’applicazione all’imputato della sospensione della patente di guida per due anni, e cioè in una misura corrispondente al minimo previsto dall’indicata norma, poi raddoppiato nella sua durata in ragione del fatto che «il veicolo condotto dall’imputato si apparteneva a terzi soggetti»”.

 

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Allegati

constatazione amichevole di incidente

Constatazione amichevole di incidente: il modello CAI Cos'è il modello CAI, prima chiamato CID (Convenzione di Indennizzo Diretto), a cosa serve, quando e come si compila

La constatazione amichevole di incidente (CAI)

La Constatazione Amichevole di Incidente, CAI (un tempo conosciuto come CID, Convenzione di Indennizzo Diretto), è un modello necessario a denunciare immediatamente un sinistro automobilistico.

Infatti, nel caso di incidente questo modulo si rivela il mezzo più pratico e veloce per l’immediata comunicazione alle reciproche compagnie assicurative garantendo a tutti una maggiore tutela.

È per questo importante averne sempre almeno una copia nel proprio autoveicolo.

Vediamo in cosa consiste il modello CAI, come va compilato e a cosa serve.

Che cos’è il modulo CAI

La constatazione amichevole di incidente (CAI), comunemente detto Modulo blu, per il colore del foglio su cui è stampato, è un modello dichiarativo che attesta in maniera dettagliata come si è verificato un incidente automobilistico.

Esso quindi è la fotografia dei fatti e delle informazioni relative all’avvenuto sinistro sintetizzata in un’unica pagina.

I moduli CAI sono distribuiti direttamente dalle compagnie assicurative al momento della stipula di un nuovo contratto, ma le copie sono tutte equivalenti tra loro per cui non è necessario che venga rilasciata dall’ultima compagnia di assicurazione posseduta.

Perchè il CAI viene chiamato ancora CID

Un tempo, lo stesso Modello blu che oggi chiamiamo CAI (Constatazione Amichevole di Incidente), prendeva il nome di Convenzione di Indennizzo Diretto (CID): da qui la persistenza della vecchia dicitura di modulo CID, ancora oggi molto diffusa.
La constatazione amichevole (CAI) ha sostituito il CID nel 2007, quando è entrata in vigore la nuova Convenzione tra Assicuratori per l’Accordo Diretto (CARD).

I moduli CAI e CID, in realtà, sono molto simili,  potremmo dire che sono “la stessa cosa” ed infatti l’impercettibile differenza tra loro è più di forma che di sostanza visto che anche quello che definiamo “nuovo” modello (CAI), serve a completare la denuncia di un sinistro e a contribuire in maniera rapida e decisiva a ricostruire la dinamica dell’incidente. Dando così la possibilità alle compagnie assicurative di stabilire  il torto e la ragione delle reciproche parti e ottenere un pronto risarcimento del danno subito evitando inutili lungaggini  burocratiche.   

Come e quando procedere alla compilazione del CAI

Il modulo CAI, correttamente e interamente compilato e firmato da entrambe le parti coinvolte, velocizza la gestione del sinistro e mette al sicuro da eventuali possibili contestazioni sulla dinamica dell’incidente.

È utile compilare e firmare la constatazione amichevole anche se non c’è accordo con l’altro conducente sulla dinamica del sinistro, importante che ci siano il nome delle compagnie di assicurazione e le targhe dei veicoli coinvolti.

Prima di procedere alla compilazione del modello, è opportuno concentrarsi sui vari step da seguire:

  • per prima cosa bisogna segnalare con il triangolo la presenza dell’incidente; verificare se ci sono feriti gravi e chiamare i soccorsi e le forze dell’ordine e non toccare nulla fino al loro arrivo;
  • se non ci sono feriti gravi, controllare che i veicoli fermi non intralcino la circolazione. Se i mezzi bloccano la strada, spostare l’auto in un’area che non alteri il traffico, ma non senza aver prima scattato alcune foto. 

Dopo si passa alla compilazione del modello.

Come si compila il CAI

All’interno del modulo CAI andranno inserite le informazioni legate ai conducenti e ai veicoli coinvolti nel sinistro.

Nello specifico occorrerà avere l’immediata disponibilità di tre documenti fondamentali:

  • certificato di assicurazione,
  • patente,
  • libretto di circolazione.

Il Modulo è composto da tre blocchi principali da compilare che richiedono diversi tipi di informazioni. Basterà seguire i numeri che indicano i dati da inserire.

Dati generali

Nella parte alta del modulo CAI vi è il blocco che riporta i numeri dall’1 al 5 e nel quale vanno inserite le informazioni generali relative all’incidente.

Qui va infatti indicata: la data, l’ora e il luogo del sinistro (è opportuno anche segnare anche il numero civico, facendo riferimento a quello più vicino al luogo dell’incidente); se ci sono feriti, anche lievi, e/o danni a cose (oltre ai due veicoli coinvolti, altre macchine, o altro, come muretti, lampioni o guardrail); le generalità di chi era passeggero nei veicoli coinvolti e di chi eventualmente ha assistito al sinistro.

Questi ultimi soggetti verranno indicati come testimoni e inseriti nell’apposita sezione.

Dati dei veicoli

L’area del modello CAI dedicata ai veicoli, è divisa in due colonne. Queste due fasce sono contraddistinte da due colori, giallo e blu, e sono dedicate all’inserimento dei dati specifici del Veicolo A e del Veicolo B.

Qui si trovano numeri dal 6 al 10 sia per la colonna A che per la colonna B e vanno indicati i dati dell’intestatario dell’assicurazione, i dati del veicolo (tipo di mezzo, marca, modello e targa), gli estremi dell’assicurazione e i dati del conducente che se anche intestatario della polizza,  in parte coincideranno con i primi dati di questa sezione.

Da ultimo, ciascun conducente sulla propria colonna dovrà indicare in modo dettagliato i danni subiti  sul suo autoveicolo sia  con una freccia sul disegno corrispondente al proprio veicolo e poi descrivendo il tutto in maniera discorsiva per iscritto.

Dati sulla dinamica dell’incidente

In quest’ultima parte, che si trova al centro del foglio, viene descritta la dinamica dell’incidente. Ciascun conducente dovrà segnare una X sulle caselle delle voci che reputa corrette. Occorre in questa fase leggere attentamente le descrizioni riportate sul modello e cancellare la parte che non riguarda.
Per esempio, nella prima voce viene chiesto se l’auto era in sosta o in fermata: se l’auto era in sosta al momento dell’incidente, va segnata la X sulla casella e cancellata la parola “fermata”.

Subito dopo aver inserito le crocette, si deve procedere alla rappresentazione grafica dell’incidente.

Il disegno deve essere quanto più possibile comprensibile, quindi:

  • si tracciano le strade e si scrivono i nomi delle vie;
  • si indica la segnaletica stradale sia orizzontale (strisce di qualsiasi tipo) che verticale (semafori o cartelli);
  • si disegnano i due veicoli stilizzati e indicando quale è A e quale è B, usando le frecce per indicare il senso di marcia.

Le Altre Informazioni

Nella parte del Modulo dove si fa riferimento alle Altre Informazioni possono essere inseriti dati aggiuntivi, ad esempio se sono intervenute le forze dell’ordine e quali (Carabinieri, Polizia Stradale o Vigili Urbani; segnalare la presenza di testimoni; indicare se ci sono feriti e eventualmente i dati del proprietario dell’auto, se diverso dal conducente.

Dopo è possibile procedere alla firma entrambe le parti.

Va ricordato che la firma della constatazione amichevole non vuol dire ammissione di responsabilità, ma solo rilevazione del sinistro, spetterà al perito assicurativo, che prenderà in carico la pratica, accertare le responsabilità.

A chi va consegnato il CAI

Il modulo di constatazione amichevole è composto da quattro copie. Ogni conducente ha diritto a due copie di cui una resta a lui e l’altra va consegnata alla propria assicurazione.

Si precisa che, se non è possibile inserire nel modulo CAI tutte le informazioni a cui abbiamo fatto riferimento per mancanza di tempo o per mancata collaborazione di uno dei due conducenti, affinchè il modulo sia valido, è importante che siano inseriti almeno i dati fondamentali.

I dati fondamentali da compilare nel modulo CAI (CID) sono:

  1. Data e ora dell’incidente (n.1)
  2. Luogo dell’incidente (indirizzo preciso) (n. 6Ae 6B)
  3. Dati dei veicoli coinvolti (marca, modello, targa) (7 e 7B)
  4. Dati dei conducenti (nome, cognome, indirizzo, patente)
  5. Dati delle assicurazioni (nome della compagnia, numero di polizza) (8 e 8B)
  6. Descrizione del sinistro (schema dell’incidente e caselle da barrare) (n.12)
  7. Firma dei conducenti (n. 15)

 

autovelox laguna

Anche l’autovelox della Laguna va tarato La Cassazione conferma che anche gli apparecchi per misurare la velocità dei mezzi in Laguna veneta devono essere tarati

Autovelox Laguna

Anche l’autovelox della Laguna va tarato, come tutti gli apparecchi per misurare la velocità dei mezzi. Così la seconda sezione civile della Cassazione con l’ordinanza n. 20492-2024.

La vicenda

Nella vicenda, il titolare di una ditta individuale aveva proposto opposizione innanzi al Giudice di Pace di Venezia avverso l’ordinanza-ingiunzione emessa dalla polizia municipale con cui gli era stato ingiunto il pagamento di oltre 300 euro per aver superato il limite massimo di velocità con il proprio motoscafo appartenente alla propria ditta.

Il Gdp rigettava l’opposizione confermando l’ordinanza ingiunzione, ritenendo non necessario sottoporre il sistema alle operazioni di omologazione e taratura previste dal codice della strada, non sussistendo i requisiti per applicare in via analogica li codice della strada all’ambito della navigazione.
La sentenza veniva impugnata da innanzi al Tribunale di Venezia, li quale accoglieva l’opposizione e annullava in toto l’ordinanza-ingiunzione sostenendo che l’amministrazione comunale avesse totalmente omesso di produrre in giudizio la documentazione attestante l’avvenuta omologazione, tantomeno le periodiche verifiche di funzionalità e taratura della strumentazione nel sistema (tutor) installato dal Comune di Venezia.

Il tribunale richiamava inoltre la sentenza n. 113/2015 della Corte Costituzionale che aveva dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 45, comma 6, del d.lgs. n. 285 del 1992 nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura”.
Il comune impugnava la sentenza innanzi alla Cassazione.

La decisione

Per gli Ermellini, tuttavia, le doglianze del comune sono infondate.

Giova, innanzitutto, precisare che “la circolazione nelle acque del Comune di Venezia, ed in genere della laguna veneta, è disciplinata dal Regolamento per li Coordinamento della navigazione locale nella Laguna Veneta (adottato ai sensi dell’art. 11, comma 3, D. Lgs. n. 422 del 1997) che, all’art. 67 («Dispositivi di monitoraggio»: norma inserita all’interno del Titolo V dedicato al Sistema di rilevazione), con riferimento (anche) ai dispositivi di monitoraggio del traffico installati dalle autorità competenti (comma 2) prescrive l’obbligo che gli apparati di rilevamento impiegati siano «debitamente omologati» (comma 3)”.

Per cui, “tale esplicito riferimento normativo all’obbligatorietà dell’omologazione è in linea con il più generale principio di garanzia in materia di accertamenti rimessi a mezzi tecnici di rilevamento automatico: l’omologazione, infatti, consiste in una procedura che – pur essendo amministrativa – ha anche natura necessariamente tecnica; tale specifica connotazione risulta finalizzata a garantire la perfetta funzionalità e la precisione dello strumento elettronico da utilizzare per l’attività di accertamento da parte del pubblico ufficiale legittimato: requisito, questo, che costituisce l’indispensabile condizione
per la legittimità dell’accertamento stesso (Cass. Sez. 2, n. 10505 del 18.04.2024)”.

Spetta, infine, “all’amministrazione la prova positiva dell’iniziale omologazione (e dell’eventuale periodica taratura dello strumento: Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6579 del 2023; Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 32369 del 13/12/2018), non essendo necessario che di detto adempimento ne dia conto il verbale di contestazione”.
In definitiva, il ricorso è rigettato.

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autovelox non omologati sequestro

Autovelox non omologati sotto sequestro in tutta Italia Autovelox non omologati: disposto il sequestro, 10 le Regioni interessate. Le multe potrebbero essere tutte annullate

GIP di Cosenza: sotto sequestro gli autovelox illegittimi

Autovelox sequestrati in tutta Italia. Illegittimo il sistema di rilevazione della velocità effettuato con lo strumento T-Exspeed 2.0. Il provvedimento con cui è stato disposto il sequestro dei misuratori di velocità è stato emesso dal GIP di Cosenza nel corso dell’indagine disposta dalla Procura locale. Dagli accertamenti effettuati la strumentazione T-Exspeed 2.0 installata nelle postazioni fisse per rilevare sia la velocità media che quella specifica è illegittima così come lo sono le sanzioni che sono state elevate in seguito ai rilevamenti effettuati per mezzo della stessa.

Autovelox senza omologazione: 10 le regioni interessate

Il problema riguarda 10 regioni italiane (Veneto, Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Basilicata, Molise, Puglia, Calabria e Sicilia). Le apparecchiature infatti sono state installate su diverse strade statali e provinciali della penisola. Immediata la denuncia per frode in pubblica fornitura per il legale rappresentante della società che si era aggiudicata l’appalto per la fornitura.

Dagli accertamenti è emerso che le apparecchiature non sono state omologate e che era assente anche il prototipo del sistema per il rilevamento della velocità. Il prototipo che è stato depositato presso il Ministero è risultato essere diverso dalla versione modificata che la società ha fornito poi ai Comuni.

Autovelox illegittimi: multe nulle

Apparecchiature illegittime, multe illegittime. Le multe irrogate con le apparecchiature incriminate potrebbero essere annullate. Si ricorda che la questione è stata affrontata di recente anche dagli Ermellini. L’ordinanza n. 10505-2024 della Cassazione ha infatti sancito che devono considerarsi nulle le multe elevate con apparecchi autovelox non omologati e che la mera approvazione non può considerarsi equipollente all’’omologazione ministeriale. L’omologazione infatti è un procedimento molto più importante perché autorizza la riproduzione in serie del prototipo dell’autovelox, mentre l’approvazione non prevede la comparazione del prototipo con le caratteristiche necessarie dello strumento o previste dal regolamento.

Omologazione: controllo tecnico garanzia di perfetta funzionalità

Come precisa del resto la Cassazione nella citata ordinanza l’omologazione consiste in una procedura che non ha solo carattere  amministrativo, ma anche tecnico e “tale specifica connotazione risulta finalizzata a garantire la perfetta funzionalità e la precisione dello strumento elettronico da utilizzare per l’attività di accertamento da parte del pubblico ufficiale legittimato, requisito, questo, che costituisce l’indispensabile condizione per la legittimità dell’accertamento stesso, a cui pone riguardo la norma generale di cui al comma 6 dell’art. 142 c.d.s.” 

Mancato deposito del prototipo

Il mancato deposito del prototipo è l’altra questione di rilievo emersa nel corso delle indagini e sulla quale il dibattito è ancora aperto. L’articolo 192 de del regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada, al comma 2  dispone che “L’ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale del Ministero dei Lavori  Pubblici accerta, anche mediante prove, e avvalendosi, quando ritenuto necessario, del parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, la rispondenza e lefficacia delloggetto di cui si chiede lomologazione alle prescrizioni stabilite dal presente regolamento, e ne omologa il prototipo quando gli accertamenti abbiano dato esito favorevole. Linteressato è tenuto a fornire le ulteriori notizie e certificazioni che possono essere richieste nel corso dellistruttoria amministrativa di omologazione e acconsente a che uno dei prototipi resti depositato presso lIspettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale.” 

Negli anni il mancato deposito del prototipo per l’omologazione non ha mai condotto a pronunce di condanna gravi. In genere le motivazioni del mancato deposito sono riconducibili a problemi di gestione e di custodia dei luoghi di deposito del ministero. C’è poi chi ritiene che le varianti di un modello che configurano meri aggiornamenti del software non rilevanti non andrebbero depositate. A complicare il quadro della questione ci sono poi due voti del Consiglio superiore dei lavori pubblici in cui si afferma che il prototipo comprende la strumentazione i documenti relativi alla parte che non può essere depositata fisicamente.

multa zlt cassazione

Ztl: basta una multa Addio alle multe seriali per chi gira nella Ztl con permesso scaduto, per la Cassazione basta una sola multa

Cassazione: multe Ztl

Le violazioni, anche in tempi diversi, della medesima norma relativa alla circolazione di un veicolo non avente i requisiti amministrativi richiesti dalla legge devono essere considerate come un’unica infrazione. Così la seconda sezione civile della Cassazione seconda nell’ordinanza n. 19680-2024.

La vicenda

La vicenda in esame origina dall’opposizione di un’automobilista avverso una cinquantina di verbali di violazione del Codice della Strada notificati in più tranches per aver circolato nella zona a traffico limitato sprovvista della prescritta autorizzazione, nell’arco di un paio di mesi.

La donna deduceva di essere incorsa in errore incolpevole, avendo – al momento della commissione delle diverse infrazioni – la convinzione di essere ancora titolare del permesso di circolare nella zona a traffico limitato, non avendo l’amministrazione comunale inviato alcuna comunicazione a distanza di circa due anni dal cambio di residenza dell’opponente, né avrebbe mai irrogato e notificato alcuna sanzione amministrativa prima di quelle oggetto di impugnazione.

Il Giudice di Pace, in parziale accoglimento dei ricorsi, annullava tutti i verbali tranne uno, determinando in euro 94,08 la somma da irrogare quale sanzione amministrativa pecuniaria. Il Comune proponeva appello e la donna si difendeva con appello incidentale.

Il giudice del gravame rigettava sia l’appello principale sia quello incidentale, confermando la sentenza del giudice di prime cure e l’amministrazione, a questo punto, adisce il Palazzaccio.

Il ricorso

Con l’unico motivo di ricorso il comune deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3, comma 2, legge 24 novembre 1981; dell’art. 198 D.Lgs. n. 285/1992, in riferimento all’art 360 comma 1, n. 3) cod. proc. civ. ritenendo la sentenza in palese contrasto, innanzitutto, con i principi espressi dalla Corte di legittimità in tema di scusabilità dell’errore di fatto sulla condotta illecita: “la mera tolleranza, ovvero la mancanza di controlli, non è in alcun modo idonea a configurare la buona fede del trasgressore e ad escludere l’elemento soggettivo dell’illecito” (Cass. n. 657/1999).

In secondo luogo, pur avendo il giudice accertato che si tratta di una pluralità di condotte, a dire del comune, “ne ha erroneamente ed illogicamente dedotto la riconducibilità dell’aspetto colposo delle violazioni alla sola prima infrazione commessa in forza di un’improbabile unificazione delle singole condotte. Invece, la configurazione di tali illeciti come un tutt’uno presupporrebbe il loro inquadramento nella categoria giuridica del concorso formale, tuttavia espressamente escluso per le violazioni alla disciplina in tema di zona traffico limitato ed aree pedonali dall’art. 198, comma 2, CdS”.

La decisione della Cassazione

Per gli Ermellini, il Comune ha torto.

“Le violazioni, anche in tempi diversi, della medesima norma (art. 7, comma 9, CdS) relativa alla circolazione di un veicolo non avente i requisiti amministrativi richiesti dalla legge (nel caso che ci occupa: mancanza del permesso di accesso a ZTL) devono, semmai, essere considerate come un’unica infrazione in quanto reiterazioni del medesimo illecito amministrativo (reiterazione specifica), ai sensi della legge vigente ratione temporis (v. art. 8-bis legge n. 689/1981; l’art. 198-bis CdS avente analogo contenuto è entrato i vigore il 06.08.2022, dunque successivamente alla commissione delle infrazioni), stante la sostanziale omogeneità degli illeciti perpetrati, e avuto riguardo alla natura dei fatti che le costituiscono e alle modalità della condotta” affermano innanzitutto i giudici.

Inoltre, proseguono, “a mente del comma 5 dell’art. 8-bis menzionato: ‘Le violazioni amministrative successive alla prima non sono valutate, ai fini della reiterazione, quando sono commesse in tempi ravvicinati e riconducibili ad una programmazione unitaria’”.

Per cui, la Cassazione rigetta il ricorso e conferma la soluzione adottata dal giudice di seconde cure laddove ritiene valido ed efficace un unico verbale di contestazione: “non si tratta, infatti, di escludere l’elemento soggettivo del trasgressore con riferimento alle violazioni successive (il che vale a rispondere alla prima delle censure elevate dal ricorrente), quanto piuttosto – in applicazione della disposizione citata – di elidere la valutazione delle violazioni amministrative successive alla prima (Cass. n. 2965 del 16.02.2016)”.

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Autovelox: basta la segnalazione Per la Cassazione, non è necessario che il cartello segnali che l'apparecchio rilevi la velocità media del veicolo

Autovelox: è sufficiente che il cartello lo segnali

Per l’autovelox basta la segnalazione. L’obbligo è assolto, infatti, se il cartello avverte che la strada è sottoposta al controllo elettronico della velocità, senza necessità di dover specificare che l’apparecchiatura effettua il calcolo della velocità media. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 19377-2024.

Autovelox non segnalato

Una società si oppone al verbale con cui le è stata contestata, a un automezzo di sua proprietà, la violazione del superamento del limite di velocità su un tratto di strada. Il ricorso viene rigettato dal Giudice di Pace. La società appella la decisione e il tribunale annulla la sanzione. Per il giudice dell’impugnazione la violazione è stata accertata con un’apparecchiatura elettronica che misura la velocità dei veicoli in relazione alla velocità media tenuta in un determinato tratto stradale. Questa caratteristica di rilevamento però non è stata adeguatamente segnalata agli automobilisti. Il cartello riporta infatti solo la dicitura “controllo elettronico della velocità”, senza fare alcun riferimento al calcolo della velocità media. La rilevazione della velocità effettuata in questo modo quindi è illegittima perché:

  • non preceduta da idonea segnalazione, come previsto dall’articolo 142, comma 6 del codice della strada;
  • l’apparecchio ha preso in considerazione due punti del tratto stradale, uno iniziale e uno finale, di cui però solo il primo può essere visibile.

A dire della ricorrente, il controllo basato sulla velocità media non è idoneo a invitare i conducenti alla prudenza e neppure a far affidamento sul controllo elettronico, che normalmente viene eseguito su un punto fisso.

Cartello autovelox deve segnalare solo controllo velocità

Il Comune opposto contesta la decisione del Tribunale e la Cassazione accoglie il ricorso.

Per gli Ermellini il Tribunale ha errato nel considerare inadeguato il cartello di segnalazione dell’apparecchio elettronico per il rilevamento della velocità per la mancata indicazione del controllo mediante il calcolo della velocità media.

Tale ragionamento non può essere condiviso perché non è conforme alla normativa in materia.

Il codice della strada consente infatti l’utilizzo delle apparecchiature elettroniche per il controllo della velocità anche per calcolare la velocità media su determinati tratti di strada, stabilendo che le stesse debbano essere segnalate con impiego di cartelli o dispositivi luminosi.

Per la legge quindi l’uso di questi apparecchi richiede solo un’adeguata segnalazione. La normativa non prevede regole distinte per gli apparecchi che rilevano la velocità media su determinati tratti stradali e quelli che compiono il controllo su un punto fisso.

L’obbligo di segnalazione pertanto deve ritenersi soddisfatto quando è presente un cartello che avverte che quel tratto di strada è sottoposto al controllo elettronico della velocità, senza ulteriori specificazioni.

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