separazione dei beni

La separazione dei beni Cos’è la separazione dei beni, come funziona, quando è opportuna, vantaggi e svantaggi, differenze con la comunione

Cos’è la separazione dei beni

La separazione dei beni è un regime patrimoniale matrimoniale in cui ciascun coniuge mantiene la proprietà esclusiva dei beni acquisiti sia prima che durante il matrimonio. Questo implica che ogni coniuge gestisce autonomamente il proprio patrimonio, senza condivisione automatica con l’altro.

Come funziona il regime

Nel regime di separazione dei beni, ogni coniuge è proprietario esclusivo dei beni acquistati a proprio nome, sia prima che dopo il matrimonio. Tuttavia, è possibile che i coniugi decidano di acquistare beni in comune; in tal caso, la proprietà sarà condivisa secondo le quote stabilite al momento dell’acquisto. È importante sottolineare che, indipendentemente dal regime patrimoniale scelto, entrambi i coniugi hanno l’obbligo di contribuire alle necessità della famiglia in proporzione alle proprie capacità economiche e lavorative.

Normativa di riferimento

In Italia, il regime patrimoniale legale previsto in assenza di diversa scelta è la comunione dei beni. Per adottare la separazione dei beni, i coniugi devono esprimere una volontà esplicita. Questa scelta può essere effettuata:

  • prima del matrimonio: mediante una dichiarazione resa davanti a un notaio in presenza di testimoni;
  • al momento del matrimonio: dichiarando la scelta all’ufficiale di stato civile o al ministro di culto che celebra il matrimonio, affinché venga annotata nell’atto matrimoniale;
  • dopo il matrimonio: modificando il regime patrimoniale attraverso un atto notarile.

Quando scegliere la separazione dei beni

La scelta del regime di separazione dei beni può essere opportuna in diverse situazioni, tra cui:

  • attività imprenditoriali o professionali a rischio: per proteggere il patrimonio personale del coniuge non coinvolto da eventuali obbligazioni o debiti derivanti dall’attività dell’altro coniuge;
  • differenze patrimoniali significative: quando uno dei coniugi possiede un patrimonio significativamente superiore e desidera mantenerne la gestione separata.
  • secondo matrimonio o famiglia allargata: per tutelare gli interessi patrimoniali dei figli avuti da precedenti unioni.

Vantaggi del regime di separazione

  • autonomia patrimoniale: ogni coniuge mantiene il controllo esclusivo sui propri beni e sulle decisioni economiche correlate.
  • tutela dalle obbligazioni altrui: i creditori di un coniuge non possono aggredire il patrimonio dell’altro, limitando così i rischi finanziari.

Svantaggi della separazione dei beni

  • mancata condivisione automatica: i beni acquistati non sono automaticamente condivisi, il che potrebbe richiedere accordi specifici per la gestione di patrimoni comuni.
  • gestione separata delle risorse: potrebbe risultare più complesso coordinare le finanze familiari, soprattutto in presenza di figli o spese comuni significative.

Differenze con la comunione dei beni

La principale differenza tra separazione e comunione dei beni risiede nella titolarità dei beni acquisiti durante il matrimonio:

  • Comunione dei beni: i beni acquistati dopo il matrimonio, ad eccezione di quelli personali, sono di proprietà comune di entrambi i coniugi.
  • Separazione dei beni: i beni acquistati da ciascun coniuge restano di proprietà esclusiva di chi li ha acquistati.

Inoltre, nel regime di comunione, i creditori possono rivalersi sui beni comuni per debiti contratti da uno dei coniugi nell’interesse della famiglia, mentre nella separazione dei beni, i creditori possono aggredire solo il patrimonio del coniuge debitore.

La scelta tra comunione e separazione dei beni dovrebbe essere ponderata attentamente, considerando le specifiche esigenze e situazioni patrimoniali della coppia, al fine di adottare la soluzione più idonea alla tutela degli interessi di entrambi i coniugi.

 

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messa in mora

La messa in mora Messa in mora: cos’è, quali sono i suoi requisiti, normativa di riferimento, procedura di messa in mora e fac-simile

Cos’è la messa in mora del debitore

La messa in mora è un atto formale con cui il creditore sollecita il debitore ad adempiere a un’obbligazione. Questo atto è disciplinato dall’art. 1219 del Codice Civile e rappresenta un passaggio fondamentale prima di avviare azioni legali per il recupero del credito.

Si tratta in sostanza di una diffida scritta che il creditore invia al debitore per richiedere il pagamento di una somma dovuta o l’adempimento di una prestazione.

Lo scopo della messa in mora

Essa ha lo scopo di:

  • costituire formalmente in mora il debitore;
  • interrompere la prescrizione del credito;
  • creare le basi per il risarcimento dei danni derivanti dal ritardo.

La Corte di Cassazione nella sentenza n. 18631/2021 ha stabilito che, per interrompere la prescrizione tramite la costituzione in mora (art. 1219 c.c.), è sufficiente una comunicazione scritta che manifesti chiaramente la volontà del creditore di ottenere il pagamento, senza necessità di formule o adempimenti specifici. Tale comunicazione deve identificare il debitore e contenere una richiesta esplicita di adempimento. La Corte ha inoltre sottolineato che i giudici di merito devono verificare se la frase “Attendo pertanto il pagamento di quanto sopra accertato” costituisca una semplice sollecitazione o una vera e propria intimazione di pagamento.

Di recente, sempre in relazione alla forma e ai requisiti della lettera messa in mora la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2335/2024 ha chiarito che la sottoscrizione è un requisito imprescindibile per l’atto di costituzione in mora, poiché ne determina la validità e l’efficacia interruttiva della prescrizione. Essendo un atto giuridico unilaterale recettizio, a contenuto dichiarativo, richiede la forma scritta “ad validitatem”, e la firma del creditore attesta la paternità della dichiarazione. La mancanza di sottoscrizione rende l’atto inidoneo a produrre gli effetti giuridici previsti dall’art. 2943, comma 4, c.c., e tale carenza non può essere sanata successivamente con condotte che tentino di attribuire efficacia retroattiva all’atto.

Requisiti

Affinché la messa in mora sia valida, deve contenere i seguenti elementi:

  • dati delle parti (creditore e debitore);
  • descrizione chiara dell’obbligazione (importo del debito o prestazione dovuta);
  • termine per l’adempimento (generalmente 15 giorni);
  • avviso delle conseguenze legali in caso di mancato pagamento;
  • firma del creditore o del suo rappresentante legale.

Normativa di riferimento

L’art. 1219 c.c. stabilisce che la messa in mora è necessaria per rendere esigibile il credito, salvo i casi in cui:

  • l’obbligazione derivi da un fatto illecito;
  • il debito sia già scaduto e il debitore abbia dichiarato di non voler pagare;
  • il termine di pagamento sia essenziale per il contratto.

Procedura

La procedura prevede i seguenti passaggi:

  1. redazione della lettera completa di tutti gli elementi essenziali sopra indicati;
  2. invio della lettera al debitore tramite raccomandata A/R o PEC (Posta Elettronica Certificata);
  3. attesa della risposta: il debitore ha un termine per adempiere (generalmente 15 giorni). Trascorso questo periodo senza pagamento, il creditore può:
  • intraprendere un’azione legale nelle forme ordinarie;
  • richiedere un decreto ingiuntivo, in presenza dei presupposti richiesti dalla legge per il procedimento monitorio.

Se il debitore non paga dopo la messa in mora

Se il debitore non provvede al pagamento, il creditore può agire legalmente attraverso:

  • la procedura per decreto ingiuntivo per ottenere il pagamento velocemente;
  • il pignoramento di beni mobili, immobili o conti correnti;
  • l’azione di risarcimento danni causati dal ritardo nell’adempimento.

Fac-simile di lettera di messa in mora

Oggetto: Messa in mora per mancato pagamento

Spett.le [Nome del debitore],
Con la presente, la sottoscritta [Nome e cognome del creditore], residente in [Indirizzo], la invita formalmente a provvedere al pagamento della somma di [Importo dovuto] entro e non oltre [Termine per il pagamento].

Il debito deriva da [Descrizione del motivo del credito, es. fattura n. XYZ del XX/XX/XXXX].

Decorso inutilmente il termine, mi vedrò costretto ad agire per il recupero del credito, con aggravio di spese legali a suo carico.

 

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il legato

Il legato Il legato nel diritto successorio: definizione, normativa e tipologie della disposizione testamentaria disciplinata dagli artt. 649 e ss. c.c.

Cos’è il legato?

Il legato è una disposizione testamentaria con cui il testatore attribuisce a un soggetto (legatario) un bene specifico o un diritto, senza che quest’ultimo debba accettare l’intera eredità. Il legato si distingue dalla successione universale, poiché il legatario non è responsabile dei debiti ereditari oltre il valore del bene ricevuto.

Normativa di riferimento

Il legato è disciplinato dagli articoli 649-673 del Codice Civile. In particolare:

  • Art. 649 c.c.: si acquista senza bisogno di accettazione, salvo rinuncia;
  • Art. 651 – 660 c.c.: indicano le cose che possono essere oggetto di legato;
  • Art 661: disciplina il prelegato;
  • Art. 671 c.c: dispone l’obbligo del legatario di adempierlo e ogni altro onere imposto nei limiti del valore della cosa legata;
  • Art. 672 c.c.: sancisce che le spese per la prestazione del legato sono a carico del soggetto onerato;
  • Art. 673 c.c.: stabilisce l’inefficacia del legato se la cosa perisce durante la vita del testatore.

Differenza tra erede e legatario

L’erede subentra in tutti i rapporti attivi e passivi del defunto, acquisendo sia i beni che i debiti ereditari. Il legatario, invece, riceve solo il bene o il diritto indicato nel testamento, senza rispondere dei debiti del defunto.

Il prelegato

Il prelegato è un particolare tipo di legato destinato a un erede, il quale riceve un bene specifico in aggiunta alla sua quota ereditaria. Ad esempio, se un testatore lascia a un erede la casa e il resto dell’eredità viene suddiviso tra più soggetti, l’erede riceve un prelegato.

Tipologie di legato

Il legato può assumere diverse forme:

  • di specie: riguarda un bene specificamente individuato (es. “Lascio a Marco il mio orologio Rolex”);
  • di genere: riguarda beni determinati per categoria (es. “Lascio a Lucia un’auto della mia collezione”);
  • obbligatorio: attribuisce un diritto di credito (es. “Lascio a Paolo un vitalizio di 1.000 euro al mese”).
  • di usufrutto: concede l’usufrutto di un bene senza trasferirne la proprietà;
  • di prestazione periodica: attribuisce una rendita o un pagamento periodico.

Giurisprudenza in materia

Cassazione n. 11389/2024: l’esecuzione di un legato non ne implica necessariamente un’accettazione tacita. Questo perché l’adempimento può essere effettuato anche da terzi. Pertanto, l’atto di eseguire un legato non è automaticamente considerato un atto che solo il destinatario della disposizione avrebbe il diritto di compiere.

Cassazione n. 15387/2024: l’espressione “lascio”, anche se recepita da un notaio in un testamento pubblico, è ambigua e può essere interpretata sia come disposizione a titolo particolare (legato) sia come disposizione a titolo universale (eredità), inclusa la possibilità dell’istituto dell'”institutio ex re certa”. Pertanto, la sua interpretazione richiede un’analisi approfondita del contesto e delle intenzioni del testatore, per determinare la natura precisa della disposizione testamentaria.

Cassazione n. 1720/2016: nel legato di azienda, salvo diversa volontà del testatore, l’oggetto comprende l’insieme organizzato dei beni per l’esercizio dell’impresa, inclusi tutti i rapporti patrimoniali di debito-credito. Pertanto, applicandosi le norme successorie, il legatario è tenuto al pagamento dei debiti aziendali, ma solo entro i limiti del valore dell’azienda stessa, come stabilito dall’articolo 671 del Codice Civile.

 

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inabilitazione

Inabilitazione Inabilitazione: cos’è, la normativa, i soggetti, la procedura, la Cassazione e differenze con l’interdizione

Cos’è l’inabilitazione

L’inabilitazione è un istituto giuridico che limita la capacità di agire di una persona, proteggendola in caso di incapacità parziale di gestire autonomamente i propri interessi. A differenza dell’interdizione, l’inabilitato mantiene la capacità di compiere atti di ordinaria amministrazione, mentre per quelli di straordinaria amministrazione necessita dell’assistenza di un curatore.

Normativa di riferimento

L’inabilitazione è regolata dagli articoli 415 e seguenti del Codice Civile, che ne disciplinano le condizioni, la procedura e gli effetti.

Chi può essere inabilitato?

Possono essere dichiarati inabilitati:

  • le persone affette da infermità mentale non così grave da giustificare l’interdizione;
  • coloro che, per abuso di alcool o sostanze stupefacenti, si espongono a gravi danni economici;
  • i prodighi, ossia persone che dilapidano il proprio patrimonio mettendo a rischio il mantenimento proprio e della famiglia;
  • i sordi e ciechi dalla nascita o dallinfanzia che non hanno ricevuto un’educazione adeguata, salvo prova contraria della loro capacità di gestire i propri affari;
  • il minore non emancipato nell’ultimo anno della sua minore età, l’inabilitazione però ha effetto dal giorno in cui lo stesso diventa maggiorenne.

Soggetti legittimati a richiedere l’inabilitazione

La richiesta di inabilitazione può essere presentata dai seguenti soggetti:

  • coniuge o convivente;
  • parenti entro il quarto grado;
  • affini entro il secondo grado;
  • pubblico Ministero.

Procedura per l’inabilitazione

Questi i passaggi per ottenere la pronuncia di inabilitazione:

Presentazione del ricorso

  • il soggetto legittimato presenta il ricorso al Tribunale del luogo di residenza dellinabilitando;
  • alla richiesta di inabilitazione deve essere allegata documentazione medica a supporto.

Nomina di un consulente tecnico

  • il giudice nomina un CTU (Consulente Tecnico dUfficio) per accertare la capacità di agire dell’inabilitando
  • l’interessato viene ascoltato dal giudice.

Sentenza di inabilitazione

  • se il Tribunale accoglie il ricorso, emette una sentenza di inabilitazione e nomina un curatore, (se invece ritiene opportuno applicare l’amministrazione di sostegno, d’ufficio o su istanza di parte trasmette il procedimento al giudice tutelare);
  • la sentenza e il decreto di nomina del curatore vengono annotati dal cancelliere in un registro apposito e comunicati all’ufficiale dello Stato civile per l’annotazione a margine dell’atto di nascita del soggetto inabilitato.

Cosa comporta l’inabilitazione?

  • limitazione della capacità di agire: l’inabilitato può compiere solo atti di ordinaria amministrazione;
  • Possibilità di esercitare un’impresa commerciale se autorizzata dal Giudice, che può subordinarla alla nomina di un institore;
  • necessità di un curatore: per atti di straordinaria amministrazione (es. vendita di immobili, accensione di mutui), è richiesta l’assistenza del curatore;
  • revoca possibile: se le condizioni dell’inabilitato migliorano, si può chiedere la revoca dell’inabilitazione.

Giurisprudenza di rilievo

Cassazione n. 36176/2023: la giurisprudenza consolidata stabilisce che l’amministrazione di sostegno può essere disposta a tutela del beneficiario, anche in presenza di condizioni che potrebbero giustificare l’interdizione o l’inabilitazione, inclusi casi di prodigalità. Questo significa che, qualora sia nell’interesse reale e concreto della persona, sia per la sua cura personale che patrimoniale, è possibile ricorrere all’amministrazione di sostegno, anche se sussistono i presupposti per misure più restrittive.

Cassazione n. 786/2017:  la prodigalità, di per sé, non giustifica l’inabilitazione di una persona, a meno che non sia dettata da motivi superficiali e privi di valore. Al contrario, azioni che potrebbero sembrare prodighe, come l’assistenza economica a persone care al di fuori della famiglia, possono essere considerate valide e meritevoli. Nel caso specifico, la corte d’appello ha riconosciuto che le scelte del padre, pur avendo favorito terzi rispetto alle figlie, non erano frutto di sperpero irrazionale o frivolo. Piuttosto, rappresentavano una reazione ponderata e significativa alla crisi familiare, dimostrando una capacità di agire con proposito e consapevolezza.

Cassazione n. 17962/2015: la perizia medica ha rivelato che la donna soffre di un disturbo di personalità combinato con un ritardo mentale moderato, una condizione stabile e irreversibile. Questa condizione la rende incapace di gestire patrimoni complessi, ma non le impedisce di amministrare piccole somme di denaro o di provvedere alle necessità quotidiane. Di conseguenza, il tribunale ha stabilito che non sussistono i presupposti per l’inabilitazione, poiché non è stata dimostrata né prodigalità, né dipendenza da alcol o droghe, né sordomutismo o cecità dalla nascita.

Differenze tra inabilitazione e interdizione

Caratteristica Inabilitazione Interdizione
Requisito Incapacità parziale Incapacità totale
Capacità di agire Limitata Totalmente revocata
Atti che può compiere Ordinaria amministrazione Nessun atto giuridico
Necessità di assistenza Curatore per atti straordinari Tutore per tutti gli atti

 

 

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promessa di matrimonio

Promessa di matrimonio Promessa di matrimonio: significato, definizione, riferimenti normativi, valore giuridico, procedura, documenti ed effetti

Cos’è la promessa di matrimonio

La promessa di matrimonio, disciplinata dagli articoli 79 e seguenti del Codice Civile, rappresenta un impegno reciproco tra due persone di contrarre matrimonio in futuro. Sebbene abbia un valore morale e sociale, il nostro ordinamento non la considera un obbligo giuridico vincolante, salvo specifiche eccezioni.

Tipologie di promessa di matrimonio

Si tratta, dunque, di un impegno che due persone assumono reciprocamente con l’intento di sposarsi. Essa può essere:

  • semplice, quando si traduce in un accordo informale tra le parti;
  • solenne, se formalizzata attraverso un atto ufficiale davanti all’ufficiale di stato civile o con scrittura privata autenticata.

Nonostante il suo carattere vincolante dal punto di vista etico e sociale, la promessa non obbliga legalmente al matrimonio, evitando qualsiasi forma di costrizione nell’unione coniugale.

Valore giuridico e conseguenze della rottura

Secondo l’art. 79 c.c., questo istituto non ha effetti vincolanti sul futuro matrimonio.

La norma prevede infatti che la mera promessa, di fatto, non obbliga le parti a contrarlo, così come non prevede di eseguire quanto convenuto in caso di mancato adempimento.

L’art. 80 c.c prevede però alcune conseguenze in caso di revoca:

se la promessa è stata formalizzata e revocata senza giusta causa, l’altra parte può chiedere il risarcimento delle spese sostenute per i preparativi delle nozze e delle eventuali obbligazioni assunte in vista del matrimonio.

ai sensi dell’art. 80 c.c., i regali fatti in previsione del matrimonio devono essere restituiti se le nozze non vengono celebrate per cause non imputabili a chi li ha ricevuti.

Procedura e documenti necessari

Sebbene la promessa non sia obbligatoria, nei casi in cui si decida di formalizzarla, la procedura prevede:

  • dichiarazione davanti all’ufficiale di stato civile, che registra l’intento dei promessi sposi;
  • documenti richiesti:
    • carta d’identità e codice fiscale di entrambi i futuri sposi;
    • certificati di nascita;
    • certificati di residenza e stato libero;
    • eventuale documentazione aggiuntiva in caso di precedenti matrimoni.

Dopo la formalizzazione, la promessa può essere utilizzata come presupposto per richiedere le pubblicazioni di matrimonio, un passaggio obbligatorio prima delle nozze.

Effetti della promessa di matrimonio

La promessa ha effetti limitati dal punto di vista legale, ma può avere conseguenze  sotto il profilo patrimoniale e morale, come abbiamo potuto vedere:

  • obbligo di risarcimento in caso di revoca ingiustificata, ma solo se la promessa è stata resa in forma solenne;
  • restituzione dei doni ricevuti in previsione delle nozze;
  • non può essere imposta l’esecuzione forzata del matrimonio, in quanto lederebbe la libertà personale garantita dalla Costituzione.

 

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liberatoria condominiale

Liberatoria condominiale Liberatoria condominiale: cos'è, a cosa serve, qual è la normativa di riferimento, che valore ha e fac-simile in bianco

Liberatoria condominiale: cos’è

La liberatoria condominiale è un documento rilasciato dall’amministratore di condominio che attesta l’assenza di debiti da parte di un’unità immobiliare nei confronti del condominio. Questo certificato è particolarmente utile in caso di compravendita di un immobile, poiché fornisce garanzia all’acquirente sulla regolarità dei pagamenti delle spese condominiali da parte del venditore.

Normativa di riferimento

La liberatoria condominiale trova fondamento nelle seguenti normative:

Art. 63 disp. att. c.c.: stabilisce che chi subentra in un immobile è obbligato in solido con il venditore al pagamento delle spese condominiali relative all’anno in corso e a quello precedente;

Art. 1130 c.c.: disciplina i doveri dell’amministratore di condominio, tra cui la gestione delle spese e la trasparenza nei confronti dei condomini;

Riforma del condominio (L. 220/2012): ha introdotto maggiori garanzie nella gestione economica del condominio, rendendo più chiara la responsabilità dei pagamenti.

A cosa serve

La liberatoria condominiale serve principalmente a certificare che l’immobile in vendita non ha pendenze economiche nei confronti del condominio, quali:

spese condominiali ordinarie e straordinarie;

eventuali rate di lavori di manutenzione già approvati;

quote relative a fondi cassa o altre spese deliberate dall’assemblea.

L’acquirente ha infatti diritto a sapere se esistono debiti condominiali prima di procedere all’acquisto, poiché in caso contrario potrebbe ritrovarsi a dover rispondere delle morosità del venditore, come previsto dall’art. 63 delle disposizioni di attuazione del Codice Civile.

È obbligatoria la liberatoria condominiale?

La legge non impone l’obbligo di allegare la liberatoria condominiale all’atto di compravendita, ma nella pratica essa è fortemente consigliata per evitare problemi futuri. Alcuni notai potrebbero richiederla per garantire una maggiore trasparenza tra le parti.

In sua assenza, l’amministratore può comunque essere chiamato a fornire informazioni sullo stato dei pagamenti, su richiesta del venditore o del potenziale acquirente.

Che valore ha la liberatoria?

La liberatoria condominiale, emessa dall’amministratore, attesta l’estinzione di un debito condominiale, impedendo successive contestazioni sul mancato pagamento. Tuttavia, tale documento è rilasciato “salvo conguaglio”, il che significa che eventuali differenze emerse dal bilancio annuale, come eccedenze o somme dovute, possono essere richieste successivamente. La liberatoria si limita quindi alle somme specificate, non escludendo ulteriori crediti futuri.

Modello di liberatoria condominiale

Ecco un fac-simile di liberatoria condominiale:

LIBERATORIA CONDOMINIALE

Oggetto: Attestazione dello stato dei pagamenti condominiali

Il sottoscritto [Nome Amministratore], nato a [Luogo e data di nascita], in qualità di amministratore pro-tempore del Condominio [Nome Condominio], sito in [Indirizzo], dichiara che:

L’unità immobiliare situata in [Indirizzo dell’immobile], identificata catastalmente come [Dati catastali], di proprietà del Sig./Sig.ra [Nome Proprietario], risulta in regola con il pagamento delle spese condominiali fino alla data odierna.

Pertanto, alla data del [Data di emissione], non risultano pendenze economiche o morosità condominiali a carico dell’immobile sopra indicato.

La presente liberatoria viene rilasciata su richiesta del proprietario ai fini della compravendita dell’immobile e per gli usi consentiti dalla legge.

Luogo e Data: [Luogo, Data]

Firma: [Nome Amministratore]

 

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vendita aliud pro alio

Vendita aliud pro alio Vendita aliud pro alio: definizione, normativa di riferimento, differenze con la mancanza di qualità, conseguenze e giurisprudenza

Definizione di vendita aliud pro alio

La vendita aliud pro alio si verifica quando il bene consegnato dal venditore è completamente diverso da quello pattuito nel contratto. Tale ipotesi si distingue dalla mancanza di qualità del bene e configura una forma di inadempimento contrattuale grave,  che consente al compratore di richiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno.

Normativa

La disciplina di questo istituto non è espressamente prevista in un unico articolo del Codice Civile, ma si desume dagli artt. 1453 e seguenti c.c., che regolano l’inadempimento contrattuale e la risoluzione del contratto. In particolare:

  • l’art. 1497 c.c. disciplina il difetto di qualità, mentre la vendita aliud pro alio esula da tale previsione poiché il bene consegnato non corrisponde affatto a quello promesso;
  • l’art. 1453 c.c. prevede la risoluzione del contratto per inadempimento, che si applica in caso di consegna di un bene completamente diverso da quello pattuito;
  • l’art. 1476 c.c. stabilisce l’obbligo del venditore di consegnare la cosa pattuita.

Differenza tra aliud pro alio e mancanza di qualità

La distinzione tra le due fattispecie è fondamentale in quanto incide sulle azioni esperibili dal compratore:

  • aliud pro alio: il bene consegnato è completamente diverso da quello pattuito (ad es., consegna di una merce differente per tipologia o destinazione d’uso rispetto a quella concordata);
  • mancanza di qualità: il bene consegnato è conforme alla tipologia pattuita, ma difetta di alcune qualità essenziali promesse o necessarie per il suo uso (art. 1497 c.c.).

Se il vizio rientra nella mancanza di qualità, il compratore può chiedere la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto, ma deve rispettare i termini di decadenza e prescrizione previsti dall’art. 1495 c.c. Al contrario, nella vendita aliud pro alio, il compratore può agire senza limiti temporali per la risoluzione contrattuale e il risarcimento dei danni.

Conseguenze della vendita aliud pro alio

In caso di vendita aliud pro alio, il compratore ha diritto di chiedere:

  • la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1453 c.c;
  • il risarcimento del danno per il pregiudizio subito;
  • la restituzione del prezzo pagato, laddove il bene non sia conforme a quanto pattuito.

Giurisprudenza rilevante

La giurisprudenza ha spesso precisato i confini tra vendita aliud pro alio e mancanza di qualità.

  • Cassazione n. 13214/2024: la vendita di aliud pro alio, che consente di richiedere la risoluzione del contratto senza le limitazioni dell’articolo 1495 del codice civile, si verifica quando l’obiettivo specifico dell’acquisto non può essere raggiunto in modo definitivo. Questo compromette l’essenza stessa dell’oggetto acquistato, rendendolo completamente inadatto allo scopo economico e sociale per cui era stato ordinato.
  • Cassazione n. 20120/2023: la consegna di aliud pro alio si verifica quando il bene consegnato è radicalmente diverso da quello pattuito, rendendolo del tutto inadatto all’uso previsto e privandolo della sua funzione economica e sociale. In tal caso, si può agire per la risoluzione del contratto o per inadempimento ai sensi dell’articolo 1453 del codice civile, senza dover rispettare i termini di decadenza e prescrizione previsti per i vizi redibitori e la mancanza di qualità dall’articolo 1495 del codice civile.
  • Cassazione n. 2313/2016: «vizi redibitori e mancanza di qualità – le cui azioni sono soggette ai termini di decadenza e di prescrizione ex art. 1495 cc – si distinguono dall’ipotesi della consegna di aliud pro alio – che dà luogo ad un’ordinaria azione di risoluzione contrattuale svincolata dai termini e dalle condizioni di cui al citato art. 1495 cc – la quale ricorre quando la diversità tra la cosa venduta e quella consegnata incide sulla natura e, quindi, sull’individualità, consistenza e destinazione della stessa, in modo da potersi ritenere che essa appartenga ad un genere del tutto diverso da quello posto a base della decisione del compratore di effettuare l’acquisto, o quando la cosa consegnata presenti difetti che le impediscono di assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziale dalle parti (c.d. inidoneità ad assolvere la funzione economico-sociale), facendola degradare in una sottospecie del tutto diversa da quella dedotta in contratto».

 

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deposito cauzionale

Il deposito cauzionale Deposito cauzionale: cos'è, qual’è la normativa di riferimento, che funzione svolge, regole di  restituzione e giurisprudenza

Cos’è il deposito cauzionale

Il deposito cauzionale è una somma di denaro versata a garanzia dell’adempimento di obbligazioni derivanti da un contratto, spesso utilizzato nei contratti di locazione e nelle utenze domestiche. Questa forma di tutela è disciplinata dal Codice Civile e dalla giurisprudenza e può essere trattenuta solo in presenza di determinate condizioni.

Non è un anticipo sul prezzo, ma una forma di tutela per il creditore in caso di inadempimento o danni. A esso si ricorre ad esempio:  

  • nei contratti di affitto, per coprire eventuali danni all’immobile o mancati pagamenti;
  • nelle utenze domestiche, per garantire il pagamento delle bollette;
  • nei contratti commerciali o di fornitura come garanzia di esecuzione.

Normativa di riferimento

Questo istituto trova il suo fondamento giuridico negli articoli del Codice Civile che regolano le obbligazioni e le garanzie:

Art. 1590 c.c. – Restituzione della cosa locata: Impone al conduttore di restituire l’immobile nello stato in cui lo ha ricevuto, salvo l’uso normale.

Art. 2744 c.c. – Divieto di patto commissorio: impedisce al creditore di trattenere automaticamente il deposito cauzionale a titolo definitivo senza verifica dell’inadempimento.

Art. 11 della Legge 392/1978 (Legge sullequo canone): stabilisce che il deposito cauzionale per le locazioni non può superare le tre mensilità e deve produrre interessi legali.

Funzione del deposito cauzionale

Il deposito cauzionale ha la funzione principale di garanzia per il creditore:

  • di tipo reale perché tutela il creditore in caso di inadempimento contrattuale;
  • di tipo risarcitorio perchè copre eventuali danni causati dalla controparte;
  • con funzione deterrente perchè incentiva il rispetto delle obbligazioni, dissuadendo comportamenti scorretti.

Restituzione: termini e modalità

Il deposito cauzionale deve essere restituito al termine del contratto, salvo inadempimenti o danni, nel rispetto delle seguenti regole generali:

  • la sua restituzione integrale, se non vi sono irregolarità;
  • la corresponsione con gli interessi legali, se previsto dal contratto o dalla legge ( 11 L. 392/1978) per le locazioni;
  • la possibilità di trattenerlo parzialmente o totalmente, solo se sussistono giustificati motivi.

Deposito cauzionale nelle locazioni: cosa sapere

La legge sulle locazioni abitative prevede regole specifiche:

  • in base all’articolo 11 della legge n. 392/1978 il deposito cauzionale non può superare le tre mensilità del canone;
  • l’istituto deve essere specificato nel contratto.
  • sempre in base all’articolo 11 della legge n. 392/1978, il locatore è obbligato a corrispondere al conduttore gli interessi legali maturati sul deposito alla fine di ogni anno;
  • l’omissione del versamento degli interessi può costituire inadempimento

Quando il locatore può trattenerlo

Ci sono dei casi però in cui il locatore può trattenere il deposito cauzionale:

  • in caso di mancato pagamento di canoni o spese accessorie (condominio, bollette).
  • quando l’immobile concesso in locazione presenta danni che superano il normale deterioramento d’uso.
  • quando il locatore deve sostenere delle spese per il ripristino dell’immobile perché il conduttore, in violazione del contratto aha effettuato, ad esempio, lavori non autorizzati.

Il locatore non può trattenerlo invece quando:

  • l’immobile alla restituzione presenta una usura normale (es. imbiancatura, segni di normale utilizzo);
  • Quando il locatore non fornisce prova dei danni con documentazione (es. verbale di consegna, perizia fotografica).

Deposito cauzionale nelle utenze domestiche

Le società fornitrici di luce, gas, acqua possono richiedere un deposito cauzionale a tutela del pagamento delle bollette.

A questo proposito si segnalano le regole principali di ARERA sul deposito cauzionale:

  • non è richiesto a chi attiva la domiciliazione bancaria;
  • l’importo è stabilito in base al consumo e al tipo di utenza;
  • deve essere restituito al termine del contratto o detratto dall’ultima bolletta.

Cosa fare in caso di mancata restituzione

Se il deposito non viene restituito quando la legge lo prevede si possono tentare diverse strade:

  • inviare una diffida formale tramite raccomandata A/R o PEC;
  • tentare una conciliazione tramite l’Organismo di Mediazione o le associazioni dei consumatori.
  • agire per vie legali, ricorrendo al Giudice di Pace, se la somma è inferiore a 000 euro.

Giurisprudenza: sentenze rilevanti

Negli anni, la Corte di Cassazione ha chiarito molteplici aspetti riguardanti il deposito cauzionale:

Cassazione n. 194/2023

Il locatore ha la possibilità di non restituire immediatamente il deposito cauzionale se avvia un’azione legale chiedendo che tale deposito sia utilizzato, in tutto o in parte, per coprire i danni subiti. Questi danni possono essere di qualsiasi tipo, non solo quelli causati all’immobile stesso, ma anche altri importi rimasti insoluti.

Cassazione n. 15884/2021

L’obbligo del locatore di un immobile urbano di corrispondere al conduttore gli interessi legali sul deposito cauzionale è un dovere inderogabile, sancito sia dalla legge n. 392 del 1978 che dalla legge n. 841 del 1973. Questa norma è stata introdotta per tutelare il conduttore, considerato la parte più debole del contratto, e per evitare che il deposito cauzionale, attraverso gli interessi maturati, si trasformi in un aumento del canone di locazione.

Cassazione n. 18069/2019

Il diritto alla restituzione del deposito cauzionale matura al termine del contratto e alla riconsegna dell’immobile, indipendentemente dalla presenza di danni. Eventuali danni possono essere oggetto di una domanda riconvenzionale di risarcimento da parte del locatore, nel rispetto dei termini di legge. La semplice allegazione di danni non è sufficiente per negare il diritto alla restituzione del deposito. In altre parole, il conduttore ha diritto alla restituzione del deposito cauzionale al termine della locazione, mentre il locatore può agire legalmente per ottenere un risarcimento per eventuali danni.

Differenza con la caparra

Aspetto Deposito Cauzionale Caparra (Art. 1385 c.c.)
Finalità Garanzia per l’adempimento del contratto Garanzia e impegno alla conclusione del contratto
Restituzione Alla fine del rapporto contrattuale, salvo inadempimenti Solo in caso di adempimento o scioglimento consensuale
Interessi Dovuti se previsto dalla legge o dal contratto Non spettano interessi
Trattamento fiscale Non è assimilabile al canone di locazione Può avere effetti fiscali se trattenuta
Applicazione comune Locazioni, utenze, forniture Contratti preliminari, compravendite immobiliari

 

scrittura privata

La scrittura privata Scrittura privata: definizione, utilità, valore legale, utilizzo, tipologie, giurisprudenza di rilievo e fac-simile

Cos’è la scrittura privata

La scrittura privata è un documento sottoscritto da una o più parti con lo scopo di formalizzare un accordo. Essa rappresenta una delle forme più comuni di prova documentale nel diritto civile e commerciale, con effetti vincolanti tra le parti.

A cosa serve

Si tratta un atto giuridico redatto senza l’intervento di un pubblico ufficiale, che ha valore legale tra le parti che la sottoscrivono. Può essere utilizzata per diversi scopi, tra cui:

  • contratti di compravendita, locazione o prestazione d’opera;
  • accordi tra privati per la regolamentazione di diritti e obblighi reciproci;
  • dichiarazioni di riconoscimento di debito o transazioni economiche;
  • patti tra soci in ambito societario.

Valore legale della scrittura privata

Ai sensi dell’art. 2702 del Codice Civile, la stessa fa piena prova fino a querela di falso della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha sottoscritta. Per garantire l’autenticità della firma e conferire una maggiore efficacia probatoria, la stessa può essere autenticata da un notaio o da un pubblico ufficiale, acquisendo in tal caso il valore di atto pubblico.

Quando può essere utilizzata?

E’ ampiamente utilizzata per formalizzare accordi in svariati ambiti, tra cui:

  • rapporti patrimoniali e obbligazioni;
  • dichiarazioni unilaterali di impegno;
  • cessione di crediti o riconoscimenti di debiti;
  • regolazione di rapporti tra soci o tra coniugi in sede di separazione.

Tipologie di scrittura privata

Le principali categorie includono:

  1. scrittura privata semplice: documento firmato dalle parti, con valore probatorio limitato senza autenticazione;
  2. scrittura privata autenticata: sottoscrizione autenticata da un notaio o pubblico ufficiale, che attesta l’identità delle parti;
  3. scrittura privata con firma digitale: dal punto di vista giuridico è equiparata alla forma scritta, se conforme alla normativa sulla firma elettronica qualificata.

Giurisprudenza

Cassazione n. 10472/2024: la proprietà di un immobile può essere dimostrata anche attraverso una semplice scrittura privata, senza necessità di un atto pubblico. Tuttavia, affinché tale scrittura privata sia valida a tal fine, è indispensabile che tra le parti sia stato stipulato un accordo, noto come patto fiduciario.

Cassazione n. 3194/2024: la legge non elenca in modo rigido i casi in cui la data di una scrittura privata non autenticata può essere valida per terzi. Pertanto, il giudice può decidere se un fatto, diverso dalla registrazione, dimostra con certezza che il documento è stato creato prima di una certa data.

Cassazione n. 24841/2020: il riconoscimento tacito o la verificazione di una scrittura privata ne confermano la provenienza dal sottoscrittore, ma non la veridicità del contenuto, che può essere contestato con qualsiasi prova ammissibile. La querela di falso è necessaria solo per negare la provenienza della firma, non per contestare la veridicità delle dichiarazioni, per cui si usano le normali azioni per contrasto tra volontà e dichiarazione.

Differenze con l’atto pubblico

Caratteristica Scrittura privata Atto pubblico
Redatto da Privati cittadini Notaio o pubblico ufficiale
Valore probatorio Tra le parti fino a querela di falso Piena prova anche nei confronti dei terzi
Necessità di testimoni No Sì, se richiesto dalla legge
Esecutività No, salvo riconoscimento in giudizio Sì, immediata

Fac-simile di scrittura privata

Un esempio di modello per il riconoscimento di un debito:

Tra il Sig. Mario Rossi, nato a Milano il 10/01/1980, residente in Via Roma 1, C.F. XXXXXXX,

e il Sig. Luca Bianchi, nato a Torino il 15/05/1985, residente in Via Verdi 2, C.F. XXXXXXX,

si conviene quanto segue:

  1. Il Sig. Mario Rossi dichiara di riconoscere un debito nei confronti del Sig. Luca Bianchi per l’importo di 000,00 euro derivante da prestito concesso in data 01/02/2024.
  2. Il pagamento verrà effettuato in due rate mensili di 2.500,00 euro ciascuna, con scadenza il 30/03/2024 e il 30/04/2024.
  3. Il presente documento ha valore di riconoscimento del debito ai sensi dell’ 1988 c.c..

Letto, confermato e sottoscritto.

Milano, 15/03/2025

Mario Rossi
Luca Bianchi

 

Leggi anche la guida dedicata alla Querela di falso

minore emancipato

Il minore emancipato Minore emancipato: in cosa consiste l’emancipazione del minore, normativa di riferimento, acquisto, atti consentiti e limiti

Emancipazione del minore

Il minore emancipato diventa tale in virtù dell’ emancipazione, un istituto giuridico che consente a un soggetto di età inferiore ai 18 anni di acquisire una parziale capacità di agire, anticipando alcune facoltà tipiche della maggiore età. Questa condizione è disciplinata dal Codice Civile italiano, in particolare dagli articoli 390 e seguenti.

Cos’è l’emancipazione del minore

L’emancipazione è un istituto che consente a un minore di almeno 16 anni, che contrae matrimonio, di ottenere una capacità giuridica più ampia rispetto a quella ordinaria, pur rimanendo soggetto a determinate limitazioni. L’obiettivo è permettere al giovane di gestire autonomamente alcuni aspetti della propria vita, pur sotto la tutela di un curatore.

Normativa di riferimento

L’art. 390 del Codice Civile stabilisce che il minore diventa emancipato automaticamente con il matrimonio. Tuttavia, essendo il matrimonio tra minorenni un’eccezione nel nostro ordinamento, l’emancipazione è un fenomeno piuttosto raro. Per sposarsi prima dei 18 anni, il minore deve ottenere l’autorizzazione del Tribunale per i minorenni, che valuta la maturità del soggetto e l’idoneità della sua scelta matrimoniale.

Come si acquista lo status di minore emancipato

L’emancipazione si verifica nei seguenti casi:

  • matrimonio del minore: il minore che ha compiuto 16 anni può sposarsi solo con il consenso del Tribunale per i minorenni, che valuta la maturità psicologica ed emotiva del soggetto;
  • pronuncia del Tribunale: in casi eccezionali, il giudice può dichiarare l’emancipazione per garantire una maggiore autonomia al minore in situazioni particolari.

Una volta ottenuta l’emancipazione, il minore non acquisisce la piena capacità di agire, ma ottiene alcuni diritti tipici di un maggiorenne, sempre con l’affiancamento di un curatore, che in caso di matrimonio con un maggiorenne è il coniuge.

Cosa può fare il minore emancipato

Il minore emancipato gode di una capacità di agire limitata, che gli consente di compiere atti giuridici autonomamente, salvo alcune eccezioni:

  • può esercitare attività lavorativa e firmare contratti di lavoro;
  • può amministrare i propri beni e gestire il proprio patrimonio;
  • può stipulare contratti e obbligazioni, ma per quelli di particolare importanza (ad esempio, vendere un immobile) è necessario il consenso del curatore e, in alcuni casi, l’autorizzazione del giudice;
  • può esercitare in autonomia un’’impresa commerciale previa autorizzazione del giudice tutelare, dopo aver sentito il curatore.

Limiti del minore emancipato

Il minore emancipato, pur avendo maggiore autonomia rispetto a un minore non emancipato, incontra alcune restrizioni:

  • non può compiere atti di straordinaria amministrazione senza l’approvazione del curatore;
  • non può disporre liberamente del proprio patrimonio senza il consenso del giudice tutelare;
  • non può contrarre matrimonio senza autorizzazione se ha ottenuto l’emancipazione per via giudiziaria.

 

Leggi anche la guida “La capacità giuridica