Ripartizione spese erronea
L’approvazione di un riparto di spesa erroneo può essere causa di nullità o di annullabilità della delibera assembleare che approvi quel riparto. La questione relativa alla forma dell’invalidità della singola delibera è stata oggetto di un recente vivace dibattito dottrinale e giurisprudenziale, culminato con la sentenza della Suprema Corte n. 9839 del 14 aprile 2021 resa a Sezioni Unite.
Ripercorrendo gli eventi che hanno portato all’emanazione di tale fondamentale sentenza, occorre partire dall’ordinanza n. 24476 del 1ottobre 2019, con la quale la II Sezione civile della Corte di Cassazione trasmetteva gli atti al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite al fine di definire una serie di questioni che sempre più spesso generavano contrasto tra gli orientamenti delle sezioni semplici.
Forma di invalidità della delibera
Tra queste anche quella relativa alla forma di invalidità della delibera che ripartiva le spese per beni e servizi comuni con criteri differenti da quelli previsti dalla legge e/o dal regolamento contrattuale (così è ad esempio nel caso di una delibera assembleare che, in assenza di unanimità dei partecipanti al condominio e, dunque, in assenza del quorum deliberativo di 1000/1000 millesimi), decideva di ripartire una spesa per la conservazione, manutenzione, godimento, riparazione, ricostruzione di parti comuni con un criterio non previsto dalla legge né dal regolamento di condominio (es. ripartizione in parti uguali e non per tabella di proprietà delle spese di manutenzione del giardino condominiale, del cancello o del rifacimento della colonna pluviale di cui usufruisce tutto il Condominio composto da unico corpo di fabbrica).
Due orientamenti contrapposti
Nella risoluzione di casi come quello analizzato si rinvenivano due contrapposti orientamenti:
- un primo orientamento riteneva sempre nulla la delibera dell’assemblea che deroghi ai criteri legali di ripartizione o a quelli di cui al regolamento, in quanto trattasi di delibera resa in “eccesso di potere” rispetto alle attribuzioni assembleari, non potendo la maggioranza dei partecipanti incidere sulla misura degli obblighi dei singoli condomini fissati dalla legge o dal regolamento contrattuale, occorrendo a tal fine un accordo unanime espressione dell’autonomia negoziale (Cass. 19832/2019, 470/2019, 33039/2018, 19651/2017).
- un differente indirizzo, viceversa, riteneva che erano nulle le sole delibere con cui l’assemblea espressamente e stabilmente modificava a maggioranza i criteri di riparto stabiliti dalla legge o da accordo unanime dei condomini mentre considerava annullabili le delibere in cui tali criteri venivano meramente ed episodicamente disattesi (Cass. 10586/2019; 11289/2018; 27016/2011).
In altri termini, tale secondo orientamento riteneva ancora valida la distinzione tra violazione in astratto e violazione in concreto dei criteri di riparto delle spese, sanzionando la prima con la nullità della deliberazione e la seconda con la mera annullabilità.
Si ha violazione in astratto dei criteri legali, e conseguente nullità della delibera, quando si deroga agli stessi in assenza di accordo unanime dei partecipanti al condominio mentre, viceversa, ricorre la meno grave ipotesi di annullabilità della delibera quando si effettuano dei riparti che in concreto vadano a violare (rectius a mal applicare) i criteri già stabiliti dalla legge, come nel caso in cui, pur rispettando l’astratto criterio normativo, si deroghi allo stesso, per errore, nel singolo caso concreto.
Il principio di diritto delle Sezioni Unite della Cassazione
Le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 9839/2021 hanno confermato tale secondo orientamento enunciando il seguente principio di diritto:
“In tema di condominio degli edifici, l’azione di annullamento delle delibere assembleari costituisce la regola generale, ai sensi dell’art. 1137 c.c., come modificato dall’art. 15 della l. n. 220 del 2012, mentre la categoria della nullità ha un’estensione residuale ed è rinvenibile nelle seguenti ipotesi: mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali, impossibilità dell’oggetto in senso materiale o giuridico – quest’ultima da valutarsi in relazione al “difetto assoluto di attribuzioni” -, contenuto illecito, ossia contrario a “norme imperative” o all'”ordine pubblico” o al “buon costume”. Pertanto, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell’assemblea previste dall’art. 1135, nn. 2) e 3), c.c., mentre sono meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell’esercizio di dette attribuzioni assembleari, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall’art. 1137, comma 2, c.c.”.