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Accessione invertita L’accessione invertita ex art. 938 del codice civile: presupposti, procedura, e giurisprudenza della Cassazione

accessione invertita

Cos’è l’accessione invertita

L’accessione invertita, disciplinata dall’articolo 938 del Codice Civile italiano, rappresenta un’eccezione al principio generale dell’accessione, secondo cui tutto ciò che è costruito su un terreno appartiene al proprietario del suolo. In questo caso particolare, il costruttore che, in buona fede, occupa una porzione del fondo attiguo durante la costruzione di un edificio può, in determinate circostanze, acquisire la proprietà del suolo occupato.

Normativa di riferimento

L’articolo 938 del Codice Civile, intitolato “Occupazione di porzione di fondo attiguo”, prevede che se nella costruzione di un edificio si occupa in buona fede una porzione del fondo confinante e il proprietario di quest’ultimo non fa opposizione entro tre mesi dall’inizio dei lavori, l’autorità giudiziaria può, valutate le circostanze, attribuire al costruttore la proprietà dell’edificio e del terreno occupato. In tal caso, il costruttore è tenuto a pagare al proprietario del suolo il doppio del valore della superficie occupata, oltre al risarcimento dei danni.

Presupposti dell’accessione invertita

Affinché si configuri l’istituto dell’accessione invertita sono necessari i seguenti presupposti:

  1. Buona fede del costruttore: il costruttore deve ignorare di occupare una porzione di fondo altrui nel momento in cui inizia la costruzione;
  2. Occupazione parziale: l’occupazione deve riguardare solo una parte del fondo confinante. Se l’intera costruzione insiste sul terreno altrui, l’articolo 938 non è applicabile.
  3. Mancata opposizione tempestiva: il proprietario del fondo occupato non deve presentare opposizione entro tre mesi dall’inizio della costruzione. Trascorso questo termine senza opposizione, il costruttore può richiedere infatti l’attribuzione della proprietà del suolo occupato.

Procedura e conseguenze

In assenza di opposizione entro il termine previsto, il costruttore può rivolgersi all’autorità giudiziaria per ottenere la proprietà dell’edificio e della porzione di terreno occupata. Il giudice, tenendo conto delle circostanze specifiche del caso, può decidere di attribuire la proprietà al costruttore. In tal caso, il costruttore è obbligato a corrispondere al proprietario del suolo il doppio del valore della superficie occupata e a risarcire eventuali ulteriori danni causati.

Giurisprudenza rilevante

Si riportano alcune pronunce della Cassazione che hanno chiarito aspetti fondamentali dell’istituto:   

Accessione invertita: solo se c’è sconfinamento parziale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16331 del 30 luglio 2020, ha chiarito che l’articolo 938 del Codice Civile si applica esclusivamente ai casi di sconfinamento parziale, ossia quando la costruzione insiste in parte sul terreno del costruttore e in parte su quello altrui. Non trova invece applicazione quando l’intera costruzione è realizzata sul fondo altrui, situazione regolata dall’articolo 936 del Codice Civile.

Caratteristiche della costruzione per l’accessione invertita

L’ordinanza della Cassazione n. 992 /2022 ha chiarito che per orientamento consolidato della Corte di legittimità l’art. 938 c.c., che disciplina l’ipotesi di occupazione di una porzione del fondo confinante mediante una costruzione, stabilisce l’attribuzione della proprietà dell’opera e del suolo al costruttore (c.d. accessione invertita). Tale norma si applica in via esclusiva alla realizzazione di un edificio, inteso come una struttura muraria complessa atta a garantire la permanenza di persone e cose al suo interno. Di conseguenza, essa non può essere invocata per opere di diversa natura, quali muri di contenimento o di divisione (Cass. n. 22997 del 2019, tra le altre).

Buona fede necessaria per l’accessione invertita

Con l’ordinanza n. 9694/2024 la Cassazione, nel richiamare precedenti giurisprudenziali ricorda che la buona fede rilevante ai fini dell’accessione invertita, come previsto dall’articolo 938 del Codice Civile, si identifica nel ragionevole convincimento di chi costruisce di operare sul proprio terreno, senza compiere alcuna usurpazione. In mancanza di una norma simile a quella prevista per il possesso dall’articolo 1147 del Codice Civile, essa non si presume automaticamente, ma deve essere dimostrata dal costruttore. Per quanto riguarda l’onere della prova, è indispensabile valutare la ragionevolezza della persona comune e il convincimento che questa poteva legittimamente formarsi riguardo all’esecuzione dei lavori sul proprio terreno, in base alle conoscenze realmente possedute o che avrebbe potuto acquisire con un comportamento attento e scrupoloso. Pertanto, la buona fede deve essere esclusa qualora, considerando le particolari circostanze del caso specifico, il costruttore avrebbe dovuto fin dall’inizio nutrire anche solo un dubbio sulla legittimità dell’occupazione del terreno altrui (Cass. Sez. 6 – 2 Ordinanza n. 11845 del 06/05/2021; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 345 del 10/01/2011; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11836 del 29/11/1993).

 

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