sospeso l'avvocato

Sospeso l’avvocato che non controlla la pec Il CNF sull'inadempimento al mandato e la responsabilità disciplinare per negligenza nel controllo della propria pec

Notifiche via pec “ignorate”

Può essere sospeso l’avvocato che non controlla la pec. “Costituisce – infatti – violazione dei doveri professionali il mancato, ritardato o negligente compimento di atti inerenti al mandato o alla nomina, quando derivi da non scusabile e rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita (art. 26 cdf), come nel caso di negligente ovvero omessa verifica delle comunicazioni o notifiche ricevute nella propria casella di posta elettronica certificata”. Così il Consiglio Nazionale Forense nella sentenza n. 134/2024 confermando la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio professionale inflitta a un avvocato dal Consiglio distrettuale di disciplina.

La vicenda

Nel caso di specie, il professionista non si era accorto della notifica PEC dell’opposizione a decreto ingiuntivo, il cui giudizio si era concluso nella contumacia dell’opposto. All’esito del procedimento disciplinare, il CDD gli infliggeva la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio professionale per otto mesi.

L’avvocato adiva il CNF lamentando che “avere ignorato la PEC di notifica, potrebbe al più comportare responsabilità civile ma, in assenza di specifica motivazione sulla trascuratezza degli interessi della parte assistita, non potrebbe comportare responsabilità disciplinare”.

La decisione

Per il CNF, il ricorso è infondato e pertanto va rigettato confermando la decisione assunta dal CDD, le cui motivazioni il Consiglio condivide anche con riguardo alla scelta della sanzione comminata. L’argomentare logico del ricorrente secondo il quale, la mancata visione della pec di notifica sarebbe stata “una mera svista” non convince il Collegio il quale ritiene invece che tale definizione rappresenti “un artificio linguistico dietro cui celare il comportamento negligente, documentalmente provato”.

Non verificare la PEC, “nella consapevolezza, anche solo per la vicenda in oggetto, del periodo nel quale potesse maturare un’opposizione ad un decreto ingiuntivo, è circostanza che di per sé denota negligenza con le dirette conseguenze in termini di configurabilità della violazione di cui all’art. 26 comma 3” aggiunge il CNF. Si tratta, di una negligenza che nasce dal “disinteresse” nei confronti delle sorti del cliente, “ed è certamente rilevante e si pone al di sotto della diligenza media, proprio perché al ricorrente era chiaro che si sarebbe potuto trovare innanzi ad una opposizione e per tanto avrebbe dovuto usare il massimo della diligenza nella verifica di eventuali PEC. Tutto ciò configura – prosegue ancora il Consiglio – anche la violazione degli articoli 9,10 e 12 in quanto nella vicenda in oggetto il disvalore del comportamento negligente è fornito proprio dalla mancata costituzione nel giudizio di opposizione”.

Per cui, il ricorso è rigettato e la sanzione ritenuta congrua.

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Magistratura onoraria: la riforma La riforma della magistratura onoraria riceva il primo si della Camera: cambiano le regole su orari di lavoro, compensi e regime contributivo

Magistratura onoraria: primo sì della Camera

La riforma della magistratura onoraria (disegno di legge approvato il 4 giugno 2024 dal CDM) riceve 145 voti a favore della Camera dei deputati, nessuno ha espresso voto contrario, gli astenuti però sono stati 86.

Il provvedimento, emanato per scongiurare il deferimento alla Corte di Giustizia, passa ora al vaglio del Senato. Il testo introduce norme applicabili ai giudici onorari  in servizio alla data di entrata in vigore del Decreto legislativo n. 116/2017.

In Commissione il provvedimento di riforma ha subito diverse modifiche, vediamo quindi cosa prevede il testo attuale.

Vedi il dossier della Camera sulla riforma

Orario di lavoro e disciplina

Al Presidente del tribunale o al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale è riconosciuto il compito di definire il programma di lavoro dei magistrati onorari, fissando comunque un limite alla durata di lavoro settimanale. Detto programma deve essere elaborato nel rispetto delle indicazioni fornite dal Consiglio superiore della magistratura.

La durata dell’orario di lavoro:

  • non deve superare le 36 ore per ogni settimana per i magistrati che hanno optato per il regime di esclusività;
  • non deve superare le 16 ore per ogni settimana per i magistrati che non hanno optato per il regime di esclusività per assicurare la compatibilità con lo svolgimento di altre attività lavorative o professionali.

Compenso

Il compenso annuo spettante ai magistrati onorari confermati che svolgono le loro funzioni in via esclusiva, è di 58.840 euro, a cui si aggiunge un trattamento di fine rapporto.

Ai magistrati onorari che esercitano le funzioni in via non esclusiva, è corrisposto invece il compenso annuo di 25.000 euro (più elevato quindi rispetto agli iniziali 20.000 euro) oltre un trattamento di fine rapporto. A questi magistrati onorari spettano anche i buoni pasto nella misura spettante al personale dell’amministrazione giudiziaria, qualora venga superata la soglia delle sei ore di presenza all’interno dell’ufficio giudiziario.

Contributi e previdenza

Il provvedimento prevede specifiche disposizioni relative al regime contributivo e previdenziale.

  • I magistrati onorari confermati che svolgono l’attività in via esclusiva sono assicurati all’INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, sono iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti dell’assicurazione generale obbligatoria dell’INPS e sono iscritti a specifiche forme di previdenza e assistenza sociale.
  • I magistrati onorari confermati che non esercitano in via esclusiva, invece, sono iscritti alla Gestione separata INPSe assicurati all’INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Essi hanno anche titolo per l’iscrizione alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense e mantengono l’iscrizione alla Cassa medesima. Se svolgono invece attività lavorative aggiuntive, diverse da quella forense, conservano  il corrispondente regime contributivo in relazione ai compensi o alle retribuzioni percepiti per quelle attività.

Incompatibilità

Il magistrato onorario è incompatibile con il ruolo quando, nei 5 anni precedenti alla presentazione della domanda, abbia svolto in modo prevalente e abituale l’attività di avvocato  per conto di istituti e imprese di assicurazione, bancarie o di intermediazione finanziaria operanti nello stesso circondario in cui lo stesso opera.

Inalterata la causa di incompatibilità prevista in origine che impedisce ai magistrati onorari di svolgere la loro attività negli uffici giudiziari dello stesso circondario in cui il coniuge, i conviventi, i parenti fino al secondo grado o gli affini fino al primo grado, esercitano la professione di avvocato.

I magistrati onorari non possano inoltre essere assegnati allo stesso ufficio giudiziario nel quale esercitano la funzione di magistrato onorario il coniuge, i conviventi, la persona unita civilmente, i parenti fino al secondo grado o gli affini entro il primo grado.  

Rimessione nei termini e conferma

Prevista infine una procedura di rimessione nei termini per la richiesta di conferma nella magistratura onoraria, riservata ai magistrati onorari che non l’avevano ancora presentata.

Tale procedura è applicabile quando, all’esito delle procedure di conferma già concluse, residuano risorse disponibili e il CSM bandisce, con delibera, una nuova procedura di valutazione per un numero di posti corrispondente alle risorse disponibili.

I magistrati onorari non confermati per la mancata partecipazione alle prove valutative concluse o per aver rinunciato a sostenere il colloquio orale, anche in presenza di domanda di conferma,  possono fare domanda per partecipare alle nuove procedure valutative sino al compimento del settantesimo anno di età.

Per quanto riguarda l’opzione per l’esclusività, si prevede che i magistrati confermati possano chiedere di esercitare l’opzione entro il 31 luglio di ogni anno successivo a quello di immissione nel ruolo.

notifiche avvocati

Notifiche avvocati: come si usa l’area web Notifiche avvocati: il D.lgs n. 164/2024 introduce importanti novità in materia di notifiche a mezzo pec in caso di fallimento della notifica

Notifiche avvocati: le modifiche del D.lgs. 164/2024

In materia di notifiche effettuate dall’avvocato il D.lgs n. 164/2024, che contiene il  correttivo più recente della Riforma Cartaria, apporta significative modifiche alla legge n. 53/94. In questo modo il decreto uniforma le notifiche in proprio degli avvocati a quelle degli ufficiali giudiziari nei casi in cui il messaggio risulti impossibile da recapitare. Questo intervento è parte di un più ampio processo di informatizzazione del sistema giudiziario italiano finalizzato a renderlo più rapido ed efficiente. 

Novità articolo 3-ter legge n. 53/94

L’articolo 6 del D.lgs n. 164/2024 ha rivisto la disciplina delle notifiche tramite posta elettronica certificata (PEC), modificando i commi 2 e 3 dell’articolo 3-ter della legge n. 53/94.

Notifica fallita per causa imputabile al destinatario

Ora, quando una notifica via PEC non viene recapitata per cause imputabili al destinatario, l’atto è inserito in un’area riservata del Portale dei Servizi Telematici (PST) del Ministero della Giustizia “unitamente ad una dichiarazione sulla sussistenza dei presupposti per l’inserimento, all’interno di un’area riservata collegata al codice fiscale del destinatario e generata dal portale.”

Il perfezionamento della notifica avviene al decimo giorno dall’inserimento nel portale, oppure il giorno in cui il destinatario accede all’area riservata, se precedente.

Notifica fallita per causa non imputabile al destinatario

Se invece il mancato recapito è dovuto a cause non imputabili al destinatario, la notifica deve essere eseguita con modalità tradizionali, dall’avvocato a mezzo posta o dall’ufficiale giudiziario in base a quanto previsto all’art. 137 c.p.c e seguenti. A questo scopo l’avvocato dichiara all’ufficiale giudiziario che il destinatario della notificazione non dispone di un indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi ovvero che la notificazione a mezzo posta elettronica certificata non è risultata possibile o non ha avuto esito positivo per la causa non imputabile al destinatario specificamente indicata.” 

Notifiche avvocati: le implicazioni delle modifiche

Queste modifiche rappresentano un passo significativo verso la digitalizzazione del sistema giuridico. Uniformando le procedure di notifica degli avvocati a quelle degli ufficiali giudiziari, si semplificano i processi e si migliorano i tempi di gestione.

La creazione dell’area riservata sul Portale dei Servizi Telematici è un esempio di come la tecnologia possa essere utilizzata per ridurre gli ostacoli burocratici. Allo stesso tempo, essa è in grado anche di garantire il rispetto dei diritti del destinatario, con regole chiare e uniformi per il perfezionamento della notifica.

Con l’informatizzazione del processo civile, cresce anche la responsabilità degli avvocati nell’utilizzo degli strumenti digitali. Adeguarsi a queste novità è fondamentale per operare efficacemente nel contesto giuridico in continua evoluzione.

 

Leggi anche: Notifiche non perfezionate: aggiornato il PCT

avvocati

Avvocati: addio responsabilità per colpa lieve Responsabilità professionale avvocati: la proposta di legge Zanettin la limita a solo e alla colpa grave come per i magistrati

Responsabilità professionale avvocati: la pdl

Avvocati, addio responsabilità per colpa lieve? Il senatore Zanettin propone una modifica della responsabilità professionale avvocati intervenendo sull’articolo 3 della legge 31 dicembre 2012, n. 247, che regola la professione forense. Il disegno di legge, assegnato alla seconda Commissione permanente Giustizia il 28 novembre 2024, mira a uniformare il regime di responsabilità degli avvocati a quello dei magistrati, introducendo una limitazione della responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave. 

Responsabilità professionale avvocati: il contesto attuale

La legge  n. 247/2012 non contiene disposizioni specifiche sulla responsabilità degli avvocati. La giurisprudenza prevalente stabilisce che l’avvocato risponda anche per colpa lieve, salvo in casi di problemi tecnici di particolare complessità. Questa regola lascia gli avvocati esposti a contestazioni, anche in situazioni di incertezza giuridica. Un problema crescente è l’aumento delle azioni legali contro gli avvocati, spesso legate a ricorsi dichiarati inammissibili dalla Corte di Cassazione. Queste situazioni, dovute anche a errori interpretativi o mutamenti nella giurisprudenza, alimentano il contenzioso. I giudici, invece, operano in un regime diverso. La legge 13 aprile 1988, n. 117, limita infatti la responsabilità dei magistrati ai casi di dolo e colpa grave, escludendo errori di interpretazione del diritto.

Responsabilità limitata al dolo e alla colpa grave

Per questo il disegno di legge vuole equiparare la responsabilità degli avvocati a quella dei magistrati, aggiungendo un periodo al comma 2 dell’articolo 3 della legge n. 247 del 2012. Il testo prevede infatti che lavvocato risponda solo per dolo o colpa grave, escludendo la responsabilità per attività di interpretazione delle norme giuridiche.

Perché questa riforma è necessaria

La proposta si fonda su due considerazioni principali:

  • incertezza del diritto: l’avvocato opera in un contesto giuridico complesso e in continua evoluzione, simile a quello dei magistrati. Errori interpretativi possono derivare dalla mutevolezza degli orientamenti giurisprudenziali, non da negligenza;
  • riduzione del contenzioso: limitare la responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave potrebbe ridurre le azioni legali pretestuose contro gli avvocati, soprattutto in caso di ricorsi inammissibili.

Questa riforma mira quindi a uniformare il regime di responsabilità delle due principali categorie di operatori del diritto, avvocati e magistrati. Con la modifica si otterrebbe il riconoscimento del contesto di incertezza in cui entrambi operano e un passo avanti verso un sistema giuridico più equilibrato e in grado di garantire maggiore tutela professionale. Resta da vedere come sarà accolta soprattutto dagli operatori del settore.

 

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bollino blu

Bollino Blu avvocati per il rischio fiscale Il bollino blu per il rischio fiscale delle imprese sarà rilasciato da avvocati e commercialisti in possesso di determinati requisiti

Bollino blu rischio fiscale: ruolo centrale dei professionisti

Il bollino blu sulla certificazione del rischio fiscale delle imprese, comprese le PMI, sarà compito dei professionisti. Per questo il decreto del Mef del 12 novembre 2024 interviene per stabilire i requisiti degli avvocati e dei commercialisti abilitati a certificare il sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale previsto dall’art. 4 comma 1 bis del dlgs n. 128/2015. La misura rientra nel regime di adempimento collaborativo che promuove la comunicazione e la cooperazione tra amministrazione finanziaria e contribuente.

Professionisti: requisiti per l’iscrizione all’elenco

La certificazione potrà essere rilasciata da avvocati e commercialisti iscritti in un apposito elenco tenuto dal Consiglio Nazionale forense e dal Consiglio Nazionale dei Dottori commercialisti e degli esperti contabili.

L’iscrizione al suddetto elenco potrà essere richiesta però solo dai professionisti iscritti all’albo professionale da più di cinque anni e in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 2 del decreto. Tra questi il decreto menziona l’assenza di condanne definitive per determinati reati, l’assenza di cause di esclusione dalle procedure d’appalto previste dall’art. 94, comma 2 del dlgs n. 36/2023 e la mancanza di condizioni di ineleggibilità e decadenza previste dall’art. 2382 c.c.

Il professionista per iscriversi all’elenco che lo abilita alla certificazione deve essere in possesso anche di competenze specifiche e capacità professionali. Lo stesso deve essere aggiornato sulle recenti normative e prassi n materia di sistemi di controllo e gestione dei rischi, principi contabili applicati dall’incaricante nel periodo di certificazione e diritto tributario.

Completano il quadro dedicato all’elenco, i requisiti e le eventuali incompatibilità dei professionisti indicate negli articoli 3 e 4 del decreto.

Bollino Blu rischio fiscale PMI: finalità

Con l’apposizione del bollino blu gli avvocati e i commercialisti vengono così coinvolti in un sistema innovativo per la certificazione del rischio fiscale, che fa parte del Tax Control Framework (TCF). Un sistema che punta a ridurre l’evasione fiscale attraverso un dialogo costruttivo con l’amministrazione finanziaria e offre benefici concreti alle aziende certificate.

Il tutoraggio fiscale per le PMI sopra una soglia di 5,16 milioni di euro supervisionato da professionisti qualificati garantisce inoltre scudi contro sanzioni amministrative e penali, incentivando la trasparenza e il rispetto delle regole.

L’attività di certificazione

Il professionista, nel prepararsi all’attività di certificazione, deve documentare la propria iscrizione all’elenco, la sua affidabilità organizzativa e tecnica per adempiere l’incarico, l’eventuale presenza di rischi per la sua indipendenza e il possesso dei requisiti di onorabilità e indipendenza richiesti.

Per procedere al rilascio della certificazione il professionista deve attestare che il sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo dei rischi fiscali del soggetto che gli ha conferito l’incarico sia coerente con le linee guide previste dall’art. 4 comma 1 quater del dlgs n. 128/2015. A tal fine è tenuto a  svolgere tutta una serie di controlli, verifiche e valutazioni.

Bollino blu rischio fiscale: contenuto

La certificazione rilasciata dal professionista deve contenere soprattutto la dichiarazione che il sistema integrato di rilevazione, misurazione, gestione controllo dei rischi fiscali risponde ai requisiti e alle linee guida previste dal dlgs.  n. 128/2015, ma anche la descrizione di eventuali carenze non significative per l’affidabilità del sistema e la sottoscrizione del certificatore. La certificazione è rilasciata al soggetto che ha conferito l’incarico e deve essere conservata per la durata di tre anni sia dal committente che dal professionista. Se durante il periodo della validità della certificazione si dovessero verificare modifiche organizzative tali da richiedere un aggiornamento del sistema sarà necessario produrre una nuova certificazione.

La certificazione infedele attestata la professionista sarà oggetto di comunicazione ai Consigli nazionali di competenza. Questi potranno così avviare sia procedimenti di sospensione o di cancellazione dell’iscrizione dall’elenco che il procedimento disciplinare.

 

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concorso 400 magistrati

Concorso 400 magistrati: le prove orali Pubblicato il calendario delle prove orali previste dal concorso per 400 magistrati indetto nel 2023. Si parte dal 13 gennaio 2025

Bando 400 magistrati, calendario prove orali

E’ stato comunicato dall’Ufficio Concorsi della Direzione Generale dei Magistrati il calendario delle prove orali previste dal concorso per 400 Magistrati indetto con decreto ministeriale 9 ottobre 2023.

In base all’ordine di estrazione, le convocazioni cominceranno con i candidati relativi al distretto della Corte d’Appello di Torino per le sessioni in programma dal 13 al 16 gennaio 2025.

Successivamente, il calendario proseguirà con gli altri distretti, per concludersi con i candidati relativi alla Corte d’Appello dell’Aquila, nelle sessioni in programma dal 24 al 27 giugno 2025.

Con avviso del 19 novembre 2024 è stata inoltre pubblicata la scheda pratica sull’esercizio del diritto di accesso e di copia degli atti relativi alla procedura concorsuale.

Le modalità operative per procedere alla visione degli atti e al rilascio delle copie sono riportate nella comunicazione.

Tutti i dettagli sono disponibili nella SCHEDA DI SINTESI sul sito del ministero della Giustizia.

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notaio non versa le tasse

Notaio non versa le tasse: rispondono anche le parti Se il notaio non versa le tasse della compravendita immobiliare perché si appropria del denaro, i contraenti restano comunque responsabili 

Pagamento tasse rogito: responsabilità contraenti

In relazione a un atto di compravendita immobiliare se il notaio non versa le tasse previste perché se ne appropria, i contraenti restano responsabili. La registrazione telematica degli atti effettuata dal notaio non lo rende soggetto unico responsabile del versamento delle imposte previste. Lo ha ribadito la Cassazione nell’ordinanza n. 26800/2024.

L’Agenzia chiede i soldi alla contraente

Una s.r.l a socio unico presenta ricorso per Cassazione contro una sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, che ha respinto l’appello della società, confermando la decisione di rigetto dell’impugnazione contro l’avviso di liquidazione emesso dall’Agenzia delle Entrate. Quest’ultima ha infatti richiesto il pagamento dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale in relazione a un atto di compravendita immobiliare. La s.r.l però sostiene di aver già versato l’intero importo al notaio incaricato, che però si è appropriato indebitamente delle somme senza trasferirle all’erario.

Notaio non versa le tasse: unico responsabile?

Nell’unico motivo di ricorso che la s.r.l presenta in Cassazione lamenta la violazione dell’art. 57 del d.P.R. n. 131 del 1986, in combinato disposto con l’art. 3-bis del d.lgs. n. 463 del 1987 e degli artt. 3 e 53 della Costituzione italiana.

Per la società  il giudice d’appello ha erroneamente attribuito una responsabilità solidale alla contribuente, nonostante il comportamento illecito del notaio, che ha trattenuto indebitamente le somme destinate al pagamento delle imposte. La società sostiene inoltre che, con l’introduzione della registrazione telematica degli atti immobiliari, il notaio diventa l’unico responsabile del versamento dell’imposta, poiché le parti contraenti forniscono la provvista necessaria al notaio stesso. La consegna delle somme al notaio dovrebbe quindi liberare il contribuente dall’obbligo tributario, ai sensi dell’art. 1188 del codice civile.

Il contribuente rischia di pagare due volte

La società evidenzia inoltre una presunta disparità di trattamento. Il contribuente, infatti, rischia di dover pagare nuovamente l’imposta in caso di appropriazione indebita da parte del notaio. Quest’ultimo invece beneficia di garanzie sia preventive (deposito delle somme prima del rogito) sia successive (privilegio speciale sugli immobili).

La stessa infine rileva come l’applicazione dell’art. 57 del d.P.R. n. 131 del 1986 rappresenterebbe una violazione dell’art. 53 della Costituzione, imponendo un onere economico al contribuente senza una sua colpevolezza manifesta e senza espressione di capacità contributiva.

Notaio solidalmente responsabile

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso della società confermando che, anche quando si utilizza la registrazione telematica dell’atto tramite il modello unico informatico (M.U.I.), il notaio rimane solidalmente responsabile per il pagamento delle imposte.

Questa modalità di registrazione non modifica però la responsabilità solidale prevista dall’art. 57 del d.P.R. n. 131 del 1986, che coinvolge le parti contraenti dell’atto.

La responsabilità del notaio è una garanzia per l’amministrazione finanziaria, ma non esclude che il presupposto impositivo riguardi le parti contraenti. Il fatto che il notaio possa appropriarsi indebitamente delle somme non altera il vincolo di solidarietà tra le parti, che resta intatto in base alla normativa vigente. Pertanto, il contribuente è comunque tenuto al pagamento, poiché il rapporto fiduciario tra le parti e il notaio non influisce sulla responsabilità fiscale solidale.

Sulla questione di legittimità costituzionale sollevata dalla ricorrente, la Cassazione precisa infine che l’art. 57 del d.P.R. n. 131 del 1986 non viola i principi di uguaglianza (art. 3 Costituzione) e di capacità contributiva (art. 53 Costituzione). Il notaio, nel ricevere le somme, agisce in virtù di un rapporto fiduciario e non come esattore dello Stato. Eventuali illeciti del notaio non possono essere imputati alla normativa sulla solidarietà fiscale, che resta valida.

 

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contribuzione modulare volontaria avvocati

Contribuzione modulare volontaria avvocati La contribuzione modulare volontaria consente agli avvocati di accantonare importi annuali che andranno ad aumentare l’importo della pensione

Contribuzione modulare volontaria: cos’è

La contribuzione modulare volontaria è un tipo di contribuzione che permette di aumentare l’importo finale della pensione. L’avvocato iscritto alla Cassa Forense o titolare di pensione di invalidità, attraverso il versamento di un importo accessorio e volontario appunto, accantona annualmente un montante, che andrà ad integrare  l’importo della pensione. Il versamento volontario consiste in una percentuale variabile dall’1% al 10% del reddito IRPEF dichiarato dall’avvocato.

Riferimento normativo

La contribuzione modulare volontaria è prevista e disciplinata dall’art. 20 del Regolamento Unico della Previdenza Forense, deliberato nel 2018 e approvato nel 2020. La norma, intitolata “Contributo soggettivo modulare volontario” prevede infatti che gli iscritti alla Cassa Forense (e i pensionati di invalidità), possano versare in via del tutto volontaria ed eventuale una contribuzione ulteriore dall’1% fino al 10% del reddito professionale netto dichiarato ai fini IRPEF, fino al tetto reddituale contemplato dall’art. 17 comma 1 lettera a) del regolamento. L’importo così accantonato, si va a sommare al montante individuale nominale sul quale si calcola la quota modulare del trattamento pensionistico.

Versamento tardivo inammissibile

L’avvocato interessato deve esprimere la volontà di procedere al versamento del contributo modulare volontario soggettivo nel momento in cui procede alla compilazione del Modello 5, indicando nello specifico quale percentuale di reddito intende versare e a tale titolo.

La percentuale, una volta indicata, potrà essere aumentata o diminuita per una sola volta prima che venga generato il bollettino necessario al pagamento dei contributi previdenziali (con scadenza al 31 dicembre).  Il pagamento tardivo delle somme non è ammesso, le somme non verranno infatti accettate, con conseguente restituzione all’iscritto.

Vantaggi fiscali e pensionistici

Il versamento della quota modulare volontaria offre il doppio vantaggio di essere interamente deducibile: da un lato riduce l’impatto fiscale per l’iscritto, dall’altro aumenta la contribuzione previdenziale individuale.

Grazie alla quota modulare, è possibile beneficiare di una deducibilità superiore a quella delle polizze assicurative. Inoltre, questa adesione non preclude la possibilità di sottoscrivere anche una pensione complementare, permettendo di sfruttare pienamente gli ulteriori benefici fiscali previsti.

Oltre ai vantaggi fiscali, aderire alla modulare è conveniente anche in ottica previdenziale: le somme versate si convertiranno in una quota aggiuntiva di pensione, incrementando così l’importo finale al momento del pensionamento.

Le novità da gennaio 2025

Dal 2025, il sistema pensionistico degli avvocati applicherà il sistema di calcolo contributivo. Questa però non è la sola novità prevista dalla riforma.

L’aliquota massima per il contributo modulare volontario passa infatti dal 10% al 20%, mantenendo invariato il contributo minimo dell’1%. Questa modifica rende l’istituto più vantaggioso, in particolare per i redditi medio-alti, migliorando sia la deducibilità fiscale che i benefici pensionistici futuri.

Contestualmente, il tetto pensionabile aumenta da 121.900 euro nel 2024 a 130.000 euro nel 2025, ampliando ulteriormente le possibilità di utilizzo dell’istituto.

Un’altra novità significativa riguarda la maggiore flessibilità nella scelta del contributo. Fino al 2024, l’opzione per il contributo modulare era irreversibile (per l’anno in corso) e doveva essere effettuata con il modello 5. Dal 2025, invece, gli iscritti potranno modificare l’opzione, aumentandola o riducendola, entro lo stesso anno solare, attraverso una procedura online predisposta dalla Cassa.

Infine, essendo aliquote volontarie, la mancata contribuzione (da versare in un’unica soluzione entro il 31 dicembre) non comporta sanzioni.

Queste novità introducono maggiore flessibilità e convenienza, rendendo il contributo modulare uno strumento più accessibile e utile per gli iscritti, che potranno ottimizzare i benefici anno per anno.

 

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avvocati monocommittenti

Avvocati monocommittenti: la posizione dell’Aiga I giovani avvocati chiedono l'intervento del legislatore sul fenomeno degli avvocati monocommittenti dopo la sentenza della Corte di Cassazione

Avvocati monocommittenti in legge professionale

“Alla luce della Sentenza n. 28274/2024 pronunciata dalla Cassazione Civile, Sez. Lavoro, con la quale viene confermata la natura autonoma del rapporto degli avvocati monocommittenti, AIGA torna a chiedere con forza un intervento legislativo”. E’ questa la richiesta dei giovani avvocati dopo la pronuncia della Suprema Corte in materia.

Leggi in merito Avvocati sempre autonomi

Avvocato “collaboratore”

“Il fenomeno dell’avvocato “collaboratore” in regime di monocommittenza, che investe soprattutto la giovane avvocatura, rende necessaria l’individuazione di criteri affinché, da un lato, non venga intaccata la natura libero professionale dell’avvocato, ben distinta da quella del lavoratore subordinato. Dall’altro si evitino storture tali da esporre ad un eccesso di incertezze l’avvocato monocommittente, al quale spesso vengono richiesti impegni stringenti verso lo studio presso cui opera, con un elevato carico di lavoro” afferma in una nota istituzionale, il presidente dell’Associazione Italiana Giovani Avvocati, Carlo Foglieni.

Le proposte avanzate al Congresso Nazionale Forense

“Durante il Congresso Nazionale Forense dello scorso dicembre, AIGA ha avanzato una serie di proposte, tutte approvate dall’Assise, che permetterebbe di disciplinare al meglio questa emergenza” prosegue l’Aiga.

Tra queste si ricordano: l’obbligo della forma scritta del contratto di prestazione d’opera intellettuale, un “compenso minimo inderogabile”, oltre ad una serie di garanzie e diritti a favore dei colleghi monocommittenti. Ad esempio, rimborso spese per la formazione, conseguimento del titolo di specialista e per la polizza RC professionale; obbligo di preavviso per l’esercizio di recesso e previsione di un’indennità sostitutiva del preavviso; divieto di recesso in caso di gravidanza, adozione, malattia o infortunio.

Le richieste dell’AIGA

Da qui la richiesta dei giovani avvocati affinchè “queste proposte tornino sul tavolo del Consiglio Nazionale Forense per essere inserite nella Legge professionale di prossima attuazione”. Solo così, conclude l’Aiga, “si potranno finalmente dare le adeguate garanzie e lo sperato riconoscimento ad una categoria di professionisti collaboratori, sinora di fatto priva di tutela alcuna”. 

avvocati sempre autonomi

Avvocati sempre autonomi Avvocati sempre lavoratori autonomi anche se operano all’interno di studi associati con vincoli orari e regole di organizzazione e coordinamento

Prestazioni avvocato studio associato: natura autonoma

Avvocati sempre autonomi, anche se operano in via esclusiva all’interno di uno studio associato e seguono le regole necessarie a coordinare e organizzare il lavoro di tutti. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 28274/2024.

Natura subordinata prestazioni avvocato

Una avvocata agisce in giudizio per ottenere il riconoscimento della natura subordinata del proprio lavoro, svolto all’interno di uno studio legale associato, con tutte le conseguenze di legge. I giudici di primo e di secondo grado giungono alla medesima conclusione. Il rapporto di lavoro nell’ambito di una prestazioni a contenuto professionale, ha natura autonoma.

Avvocati lavoratori autonomi?

La legale impugna la decisione in sede di Cassazione. Per la ricorrente la Corte d’appello ha negato la natura di lavoro subordinato sulla base di due elementi. Il primo è l’assenza di soggezione della ricorrente a un potere di conformazione esercitato dal socio di riferimento dello Studio associato, in relazione al merito contenutistico della sue prestazioni professionali. Il secondo è la sussistenza di un ambito di autoregolazione dell’orario di lavoro e delle assenze per le vacanze. Per la ricorrente la Corte ha trascurato il potere di direzione e quello conformativo del contenuto dell’attività intellettuale richiesta.

Studi associati: avvocati lavoratori autonomi

Nel rigettare il ricorso la Corte di Cassazione precisa che la questione giuridica da risolvere riguarda la qualificazione autonoma o subordinata dell’attività professionale svolta dalla professionista in uno Studio associato. Trattasi nello specifico di uno Studio di grandi dimensioni in cui operano avvocati associati e non associati, come la ricorrente.

Gli Ermellini ricordano di essersi già occupati in diverse occasioni di questa tematica e di aver  chiarito che: la sussistenza o meno della subordinazione deve essere verificata in relazione alla intensità della etero- organizzazione della prestazione, al fine di stabilire se l’organizzazione sia limitata al coordinamento dell’attività del professionista con quella dello studio, oppure ecceda le esigenze di coordinamento per dipendere direttamente e continuativamente dall’interesse dello stesso studio, responsabile nei confronti dei clienti di prestazioni assunte come proprie e non della sola assicurazione di prestazioni altrui”. 

Orari ed esclusiva non rendono subordinato il rapporto

In diverse pronunce gli Ermellini hanno chiarito che le prestazioni professionali che vengono svolte dall’avvocato, per loro natura, non richiedono l’esercizio di un potere gerarchico, che si manifesti in ordini specifici e tipici del potere disciplinare.

La fissazione di un orario di lavoro ed eventuali controlli sull’operato non sono sintomatici del vincolo della subordinazione, se non si traducono nell’espressione del potere conformativo sul contenuto della prestazione da parte del datore.

La Corte di merito ha rilevato correttamente, dopo un’approfondita indagine sulle modalità di svolgimento del lavoro, che la ricorrente ha svolto l’attività di avvocato in modo libero, autonomo e del tutto indipendente, pur in presenza di regole necessarie a coordinare la sua attività con quella dello Studio. Essa ha rilevato inoltre che lo studio in cui la ricorrente era inserita è un’associazione professionale composta da 50 avvocati, 296 professionisti iscritti a vari albi e 95 dipendenti a supporto. L’autorità di secondo grado ha esaminato il regolamento interno e i documenti che disciplinano i vari aspetti dello studio e ha rilevato che i poteri decisionali non sono di spettanza esclusiva dei soci.

Agevolazioni e prerogative in cambio di limitazioni

All’intero di questo Studio il singolo avvocato, in cambio di qualche limitazione, beneficia di agevolazioni e prerogative. Le regole organizzative sono previste solo per gestire la complessità collegata al numero dei professionisti e al tipo di clientela.

Per quanto riguarda le ferie, i singoli professionisti si limitano a segnalare le singole esigenze per consentire a tutti di godere di un periodo di riposo senza lasciare scoperto lo studio. Anche il fisso mensile non è idoneo a inquadrare il rapporto come subordinato. Ogni avvocato infatti partecipa anche al ricavato delle pratiche che procura, tipico aspetto della libera professionale.

L’obbligo di esclusiva infine è previsto solo per evitare conflitti di interesse che potrebbero insorgere se a ogni professionista fosse consentita la gestione di una clientela propria.

 

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