isee 2025 precompilato

ISEE 2025 precompilato più semplice ISEE 2025 precompilato: scelta della DSU, vantaggi e limiti di valore dell'indicatore per le agevolazioni 2025

ISEE 2025: guida alla DSU online

ISEE 2025 precompilato: dal 1° gennaio 2025, la compilazione dell’ISEE diventa più semplice grazie alla possibilità di presentare la Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) online sul portale dell’INPS. Questo strumento consente di ottenere un ISEE aggiornato, documento necessario per accedere a bonus e agevolazioni fiscali, senza doversi recare presso i Centri di Assistenza Fiscale (CAF). Per accedere al servizio, occorre disporre di un’identità digitale, come SPID, CIE o CNS.

Perché aggiornare l’ISEE ogni anno

L’ISEE, che scade il 31 dicembre, va rinnovato annualmente per garantire la continuità dei benefici. È indispensabile infatti per accedere a numerose prestazioni, tra cui l’Assegno unico, il Bonus asilo nido e l’Assegno di inclusione, che ha sostituito il Reddito di cittadinanza. Non aggiornare l’ISEE significa perdere l’accesso a queste agevolazioni od ottenere importi ridotti.

ISEE 2025 precompilato: quali vantaggi?

L’ISEE precompilato permette di risparmiare tempo, poiché include dati già disponibili presso l’INPS o l’Agenzia delle Entrate, come:

  • redditi: informazioni provenienti dall’anagrafe tributaria, come dichiarazioni fiscali e certificazioni uniche;
  • spese sanitarie: rilevate dalla dichiarazione dei redditi, utili per famiglie con disabili;
  • canoni di locazione: dati sui contratti d’affitto registrati;
  • patrimonio immobiliare e mobiliare: comprendente il valore di immobili e le giacenze medie dei conti correnti;
  • trattamenti previdenziali: come pensioni o indennità erogate dall’

Sebbene molti dati siano già caricati, è necessario verificare la correttezza delle informazioni e inserire eventuali aggiornamenti, come variazioni nella composizione del nucleo familiare.

Quale modello scegliere: DSU Mini o Integrale?

La scelta del modello DSU da presentare dipende dalle prestazioni richieste:

  • DSU Mini: indicata per famiglie senza disabili, con figli minori o maggiorenni non universitari. È adatta ad esempio per richiedere l’Assegno unico e il Bonus asilo nido;
  • DSU Integrale: necessaria per situazioni più complesse, come l’ISEE università o l’ISEE socio-sanitario per famiglie con persone disabili.

Il sistema comunque guida l’utente verso il modello più adatto durante la compilazione.

Limiti ISEE agevolazioni 2025

Per accedere ai bonus del 2025, il valore dell’ISEE deve rientrare in specifici limiti. Ecco i principali:

  • supporto formazione e lavoro: fino a 6.000 euro;
  • carta acquisti: fino a 8.052,75 euro;
  • assegno di inclusione: fino a 9.360 euro;
  • carta “Dedicata a te”: fino a 15.000 euro;
  • assegno unico (importo massimo): fino a 17.000 euro;
  • bonus asilo nido: fino a 25.000 euro;
  • carta cultura: fino a 35.000 euro.

Superare queste soglie comporta l’esclusione o la riduzione dei benefici.

Novità legislative per ISEE 2025

Si ricorda inoltre che la manovra di bilancio 2025 ha introdotto modifiche importanti. Ad esempio, l’Assegno unico non sarà più considerato nel calcolo dell’ISEE per alcuni bonus, come il Bonus nascita da 1.000 euro. Titoli di stato e buoni postali fino a 50.000 euro saranno invece esclusi dal calcolo dopo l’adozione del decreto attuativo.

Come prepararsi alla compilazione

Compilare correttamente l’ISEE 2025 permette di accedere a numerosi benefici e di sfruttare al meglio le opportunità offerte dal nuovo anno.  Per evitare errori o ritardi è fondamentale raccogliere in anticipo i documenti necessari, tra cui:

  • i documenti di identità e quelli che certificano la presenza di eventuali disabilità;
  • le dichiarazioni dei redditi 2023 (730 o CU);
  • i contratti di locazione e i documenti relativi a patrimoni mobiliari e immobiliari.

 

Leggi anche: ISEE: cos’è e a cosa serve

dsu mini precompilata

DSU Mini precompilata sull’app INPS La DSU Mini precompilata è disponibile anche sull’applicazione dell’INPS per i dispositivi mobili, previa autenticazione con SPID o CIE

DSU Mini precompilata tramite App INPS Mobile

Grazie al progetto PNRR n. 61, l’app INPS Mobile si arricchisce di una nuova funzionalità che permette di presentare direttamente la DSU Mini precompilata. Lo rende noto l’INPS con il messaggio n. 4508 del 31 dicembre 2024.

L’introduzione di questa dichiarazione sostitutiva nell’app INPS Mobile rappresenta un importante passo avanti verso una pubblica amministrazione sempre più digitale e al servizio dei cittadini. Questa nuova funzionalità semplifica notevolmente le procedure per l’ottenimento di prestazioni sociali e agevolazioni, rendendo i servizi INPS più accessibili e intuitivi.

Cos’è la DSU Mini e a cosa serve

La Dichiarazione Sostitutiva Unica Mini è una versione semplificata del modello tradizionale, utilizzabile nella maggior parte dei casi per richiedere prestazioni sociali e agevolazioni. Grazie a questa nuova funzionalità, i cittadini possono compilare e inviare la dichiarazione in versione mini in pochi click, direttamente dal proprio smartphone.

Quando non si può usare la DSU Mini

Sebbene la Dichiarazione Sostitutiva Unica Mini sia uno strumento versatile, ci sono alcune situazioni in cui è necessario utilizzare il modello completo. In particolare, non è possibile usare la DSU Mini nei seguenti casi:

  • diritto allo studio universitario: Per le richieste relative a borse di studio o agevolazioni universitarie è necessario il modello completo.
  • presenza di disabili o non autosufficienti: Se nel nucleo familiare sono presenti persone con disabilità o non autosufficienti, è obbligatorio utilizzare il modello tradizionale.
  • figli di genitori non coniugati: Nel caso di figli nati fuori dal matrimonio, è necessario il modello completo.
  • esonero dalla dichiarazione dei redditi: Se si è esonerati dalla presentazione della dichiarazione dei redditi, non si può utilizzare la DSU Mini.

Come si accede al servizio

Per usufruire di questa nuova funzionalità, è sufficiente scaricare l’app INPS Mobile sul proprio smartphone (disponibile sia per Android che per iOS) e autenticarsi con SPID o Carta d’Identità Elettronica (CIE).

 

Leggi anche: ISEE: cos’è e a cosa serve

bonus anziani

Bonus anziani 2025: a chi spetta e come richiederlo Al via dal 2 gennaio 2025, il Bonus anziani, la nuova prestazione universale, pari a 850 euro al mese che vanno ad aggiungersi all'indennità di accompagnamento

Bonus anziani 2025 INPS

E’ partito il 2 gennaio il Bonus anziani 2025, la nuova Prestazione Universale che l’INPS ha iniziato a erogare, in via sperimentale. Questo beneficio è destinato agli ultraottantenni non autosufficienti con un bisogno assistenziale classificato come “gravissimo”, come stabilito dall’articolo 34 del decreto legislativo 29/2024 recante “Disposizioni in materia di politiche in favore delle persone anziane, in attuazione della delega di cui agli articoli 3, 4 e 5 della legge 23 marzo 2023, n. 33”.

Periodo di sperimentazione

Il progetto pilota, ha reso noto l’INPS specificando tutti i dettagli del nuovo bonus anziani nel messaggio n. 4490 del 30 dicembre 2024, avrà durata biennale, con decorrenza dal 1° gennaio 2025 e conclusione al 31 dicembre 2026.

Bonus anziani e indennità di accompagnamento

La Prestazione Universale assorbirà l’indennità di accompagnamento (prevista dalla legge n. 18/1980) e alcune prestazioni fornite dagli ATS (Agenzie di Tutela della Salute), limitatamente agli ambiti di loro competenza, come previsto dall’articolo 1, comma 164, della legge 234/2021.

Modalità di presentazione della domanda

Dal 2 gennaio 2025, è possibile presentare la domanda online tramite la pagina dedicata sul sito INPS, intitolata “Decreto Anziani – Prestazione Universale”.

L’accesso potrà avvenire mediante:

  • Identità digitale personale (SPID, CIE o CNS);
  • Assistenza dei patronati.

A chi spetta il Bonus anziani 2025

Per ottenere il beneficio, è necessario soddisfare i seguenti criteri:

  1. Età: avere almeno 80 anni compiuti;
  2. Bisogno assistenziale: condizione di gravissima non autosufficienza, accertata dalla Commissione medico-legale dell’INPS sulla base delle indicazioni della Commissione tecnico-scientifica (nominata con DM n. 155/2024 e approvate con decreto ministeriale del 19 dicembre 2024);
  3. Situazione economica: ISEE per prestazioni sociosanitarie agevolate ordinario non superiore a 6.000 euro;
  4. Indennità di accompagnamento: essere titolari dell’indennità prevista dalla legge n. 18/1980 (l’eventuale sospensione di tale indennità comporta l’impossibilità di ottenere la Prestazione Universale).

Importo del Bonus anziani 2025

Il beneficio verrà erogato mensilmente e comprende:

  • Quota fissa monetaria: pari all’importo dell’indennità di accompagnamento di cui alla legge n. 18/1980 (attualmente fissato a 531,76 euro);
  • Quota integrativa: un assegno di assistenza di 850 euro mensili, destinato a:
    • Coprire i costi per l’assunzione regolare di lavoratori domestici con mansioni di assistenza;
    • Finanziarie servizi di assistenza erogati da imprese specializzate, in linea con la programmazione regionale e locale.

Monitoraggio e adeguamenti futuri

L’INPS si occuperà di monitorare le spese legate alla Prestazione Universale. Qualora si riscontrassero scostamenti tra il numero di richieste e le risorse finanziarie disponibili, potrebbe essere necessario rivedere l’importo mensile della quota integrativa.

 

Leggi anche Bonus anziani: indicazioni operative INPS

agevolazione prima casa

Agevolazione prima casa: due anni per vendere Agevolazione prima casa: la legge di bilancio 2025 concede due anni di tempo per vendere la casa acquistata con i benefici fiscali e conservarli

Legge di Bilancio 2025: più tempo per vendere

La Legge di Bilancio 2025, in vigore dal 1° gennaio 2025, introduce un’importante novità relativa all’agevolazione “prima casa”. Si avrà infatti più tempo per vendere l’immobile già posseduto senza perdere il beneficio fiscale dell’imposta di registro del 2%.

Nuovi termini: da uno a due anni

Fino al 31 dicembre 2024, chi acquistava una nuova casa con agevolazioni “prima casa” aveva solo un anno per vendere o donare l’abitazione precedente. Dal 2025, il termine è stato raddoppiato a due anni, offrendo maggiore flessibilità ai proprietari.

Questa modifica riguarda:

  • chi stipula un rogito dal 1° gennaio 2025;
  • chi ha stipulato un rogito nel 2024, ma non ha venduto la prima casa entro la fine dell’anno.

Non rientra nella nuova normativa chi ha già superato il vecchio termine di un anno per la vendita e ha stipulato il rogito prima del 1°gennaio 2025.

Agevolazione “prima casa”: requisiti

Per beneficiare della nuova agevolazione, è necessario rispettare però anche le condizioni che seguono;:

  1. l’immobile non deve rientrare nelle categorie catastali A/1 (abitazioni di lusso), A/8 (ville) e A/9 (castelli);
  2. l’acquirente deve stabilire la residenza nel Comune dell’immobile entro 18 mesi dall’acquisto o dimostrare di svolgere lì attività lavorativa o di studio;
  3. l’acquirente non deve possedere altre abitazioni nello stesso Comune in cui si trova quella che beneficia delle agevolazioni e non deve essere proprietario, nemmeno in quota, di altre case acquistate con agevolazioni “prima casa” su tutto il territorio nazionale.

Se si possiede una casa non agevolata nello stesso Comune, questa deve essere venduta prima del nuovo acquisto.

Benefici fiscali dell’agevolazione “prima casa”

Si ricorda che la normativa “prima casa” offre vantaggi economici significativi:

  • IVA ridotta dal 10% al 4% per acquisti da imprese costruttrici;
  • imposta di registro ridotta dal 9% al 2% per acquisti da privati;
  • imposte ipotecaria e catastale di 50 euro ciascuna per acquisti da privati e 200 euro per acquisti da imprese. In caso di successione invece, si applica una somma fissa di 200 euro anziché l’aliquota del 3%.

Impatto della nuova normativa

L’estensione del termine a due anni favorisce chi vuole cambiare casa senza pressioni. Si agevola il mercato immobiliare e si offrono tempi più gestibili per la vendita della vecchia abitazione. I benefici si riflettono su proprietari, acquirenti e operatori del settore. La Legge di Bilancio 2025 offre in questo modo nuove opportunità a chi desidera acquistare una casa con agevolazioni fiscali, sostenendo al contempo la dinamicità del mercato immobiliare.

 

Leggi anche: Legge bilancio 2025: tutte le misure

Decreto riscossione: fino a 10 anni per saldare le cartelle Il decreto riscossione n. 110/2024 e il dm attuativo del 27.12.2024 prevedono il discarico automatico, il riaffidamento e nuove forme di dilazione

Decreto riscossione: cosa prevede

Decreto riscossione n. 110/2024 pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 184 del 07 agosto 2024. Il provvedimento, che interviene sul riordino del sistema nazionale della riscossione, si è reso necessario a causa dei 1.200 miliardi di euro di debiti fiscali ancora da riscuotere.

Il decreto in vigore dall’8 agosto 2024, composto da 19 articoli, tocca diversi aspetti dell’attività di riscossione, dalla pianificazione agli adempimenti, dal discarico automatico al riaffidamento degli incarichi.

Tra gli interventi più importanti quelli sulle dilazioni di pagamento. Di sicuro interesse anche quelli sulla riscossione nei confronti dei soggetti che sono coobbligati solidali, sull’adeguamento delle disposizioni relative alla concentrazione della riscossione nell’accertamento e quelli sulla compensazione tra rimborsi e importi iscritti a ruolo.

Vediamo le misure principali del decreto destinate a incidere maggiormente sui contribuenti.

Attività di riscossione: pianificazione annuale

L’attività di riscossione, anche in base a logiche di raggruppamento dei crediti per codice fiscale, dovrà essere pianificata annualmente. Da questa previsione però non dovranno derivare nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica.

Dal 1° gennaio 2025 gli adempimenti a carico dell’agente di riscossione prevedono il tempestivo tentativo di notifica della cartella e degli altri interruttivi della prescrizione. Nell’attuare detti adempimenti l’agente deve conformare la sua attività al piano annuale ed entro la fine di ogni mese deve trasmettere all’ente creditore le informazioni relative allo stato delle procedure di riscossione del mese precedente.

Discarico automatico e differimento

Le quote affidate all’Agenzia a partire dal 1° gennaio 2025 e non riscosse verranno discaricate in modo automatico al 31 dicembre del 5° anno successivo rispetto all’affidamento.

L’Agenzia però può comunicare il discarico anticipato all’ente creditore:

  • se le quote sono relative a fallimenti o liquidazioni giudiziali chiusi;
  • se previa verifica telematica, il debitore non ha beni su cui rivalersi;
  • se non ci sono nuovi beni rispetto ai quali, le attività finalizzate al recupero, si sono esaurite con esito totalmente o parzialmente infruttuoso.

Il decreto prevede l’esclusione provvisoria dal discarico automatico delle quote affidate dal 1° gennaio 2025 in due diversi casi.

  1. Se al 31 dicembre del quinto anno successivo rispetto a quello di affidamento la riscossione è sospesa o pendono ancora procedure esecutive o concorsuali.
  2. Se nel periodo compreso tra la data di affidamento e il 31 dicembre del quinto anno successivo sono stati presi accordi nel rispetto di quanto stabilito dal codice della crisi o sono intervenute dilazioni, agevolazioni o si sono verificati l’inadempimento, la revoca o la decadenza dal beneficio o se, tra data di affidamento il 31 dicembre e il quinto anno successivo, la riscossione è stata sospesa per 18 mesi. Queste quote, al 31 dicembre del quinto anno successivo rispetto all’affidamento, sono discaricate automaticamente.

Carichi riaffidati

Il credito è valido fino allo scadere del termine di prescrizione che decorre dall’ultimo atto di interruzione notificato in data anteriore al discarico automatico.

L’ente creditore può  quindi decidere di:

  • gestirlo autonomamente;
  • affidarlo in concessione a soggetti privati;
  • riaffidarlo per la durata di due anni all’agente della riscossione nazionale. Il riaffidamento, in questo caso, avviene solo se il debitore presenta nuovi e significativi elementi di natura reddituale o patrimoniale.

Commissione per il magazzino dell’Agenzia

Si vuole istituire una Commissione che si occupi di analizzare il magazzino dell’Agenzia delle Entrate per formulare soluzioni relative al discarico parziale o totale dello stesso.

Estratto di ruolo non impugnabile

L’estratto di ruolo non è impugnabile. L’estratto di ruolo e la cartella di pagamento se non sono stati notificati validamente possono essere impugnati  se il debitore riesce a dimostrare in giudizio che l’iscrizione a ruolo può arrecargli un pregiudizio in tutta una serie di casi sottoelencati:

  • Per effetto di quanto stabilito dal Codice dei contratti pubblici (dlgs n. 36/2023).
  • Per la riscossione di somme di cui è creditore nei confronti di enti pubblici.
  • Per la perdita di benefici nel rapporto con la PA.
  • Nell’ambito delle procedure contemplate dal Codice della Crisi.
  • Per operazioni di finanziamento da soggetti autorizzati.
  • Nell’ambito della cessione di azienda.

Decreto riscossione: in GU il decreto attuativo

Il decreto del Mef del 27 dicembre 2024, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 305 del 31 dicembre 2024, introduce nuove modalità di rateazione con l’agente della riscossione, applicabili alle istanze presentate dal 1° gennaio 2025. Questo provvedimento, che attua la Riforma della riscossione (Dlgs n. 110/2024), stabilisce criteri chiari per valutare lo stato di difficoltà del debitore e le nuove durate dei piani di rientro.

Principali novità

Parametri per definire lo stato di difficoltò del debitore:

  • per persone fisiche e imprese individuali il parametro principale è l’ISEE;
  • per altri soggetti invece si considerano l’indice di liquidità e il rapporto tra debito e valore della produzione.

Rate massime dei piani di rientro

Per debiti fino a 120mila euro: non è necessaria una documentazione probatoria; basta unattestazione per accedere ai piani di rientro.

Durata massima dei piani:

  • 84 rate (2025-2026);
  • 96 rate (2027-2028);
  • 108 rate dal 2029.

Per debiti superiori a 120mila euro: se il debitore dimostra lo stato di difficoltà per debitori superiori a 120.000 euro sono previsti piani di rientro fino a 120 rate.

Sul numero delle rate incidono le date di presentazione delle istanze:

  • Da 85 a 120 rate (istanze presentate nel 2025 e 2026);
  • Da 97 a 120 rate (istanze presentate nel 2027 e 2028);
  • Da 109 a 120 rate per istanze presentate dal 1° gennaio 2029.

Il decreto prevede anche situazioni particolari di difficoltà.

  • Immobili inagibili: la difficoltà è automaticamente riconosciuta se l’immobile unico è inagibile per eventi straordinari.
  • Pubbliche amministrazioni: piano sempre a 120 rate, previa dichiarazione della difficoltà da parte del legale rappresentante.
  • Condomini: la difficoltà si fonda sull’indice Beta (rapporto tra debito totale e entrate ultimo rendiconto), che deve superare il 10%.

L’Agenzia delle Entrate-Riscossione metterà a disposizione un applicativo online per simulare il numero massimo di rate che potranno essere concesse in base alla propria situazione economica.

social card 2024

Social Card: chi ne ha diritto e come ottenerla   Cos'è la carta “Dedicata a te”, a cosa serve, chi ne ha diritto e cosa fare per ottenere la Social Card 2024 per le famiglie in difficoltà

Social Card: cos’è

La Social Card o Carta Dedicata a te misura confermata dalle ultime due leggi di bilancio (2023 per il 2024 e 2024 per il 2025) mira a sostenere le famiglie in difficoltà economica, erogando un contributo sotto forma di carta prepagata per l’acquisto di beni di prima necessità e il pagamento di alcune utenze.

I fondi e il decreto ministeriale

Per il 2024 sono stati stanziati 600 milioni di euro, aggiuntivi rispetto alle risorse inutilizzate del 2023.

Il decreto del ministero dell’agricoltura, di concerto con il Mimit, recante le disposizioni attuative e applicative per la carta “Dedicata a te” è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 giugno 2024 e definisce in 12 articoli l’intervento che consente a più di un milione di famiglie di acquistare beni di prima necessità.

La Manovra di bilancio 2025 ha confermato la carta Dedicata a te stanziando 500 milioni di euro, 100 milioni in meno rispetto al 2024.

Requisiti soggettivi e oggettivi

Per avere diritto alla social card “Dedicata a te” è necessario essere in possesso dei seguenti requisiti:

  • essere titolari di un reddito ISEE non superiore a 15.000 euro annui;
  • avere la residenza in Italia;
  • avere la cittadinanza italiana o UE;
  • non essere titolari di altre forme di aiuto;
  • avere un figlio a carico.

Tutti i componenti del nucleo familiare (almeno 3 i componenti) devono essere, inoltre iscritti nell’anagrafe comunale e l’importo complessivo del contributo per ogni nucleo ammonta a 500 euro.

Il contributo non spetta ai nuclei che siano percettori di assegno di inclusione, reddito di cittadinanza o altre misure di inclusione sociale o sostegno alla povertà, Naspi e forme di integrazione salariale o di sostegno nel caso di disoccupazione involontaria, erogata dallo Stato.

Come richiedere la carta Dedicata a te

A differenza di altre misure di sostegno per le famiglie in difficoltà, la social card “Dedicata a te”non deve essere richiesta. Essa viene assegnata d’ufficio direttamente dai Comuni ai cittadini che ne hanno diritto, purché in possesso dei requisiti richiesti dalla legge.

Viene erogata tramite carte elettroniche prepagate e ricaricabili messe a disposizione da Poste Italiane e consegnate agli aventi diritto, previa prenotazione presso gli uffici postali abilitati.

Le carte sono operative con accredito del contributo a partire da settembre 2024 con primo pagamento entro il 16 dicembre 2024, mentre l’intera somma va utilizzata entro il 28 febbraio 2025.

Per avere informazioni sulla spettanza della misura è necessario rivolgersi quindi al proprio Comune, consultare il sito web del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali https://www.lavoro.gov.it/ o il sito dell’INPS https://www.inps.it/it/it.html

A cosa serve

La social card è una carta elettronica che consente al titolare di acquistare beni di prima necessità e di sostenere alcune spese necessarie ossia:

  • generi alimentari;
  • prodotti per l’igiene personale e la casa;
  • farmaci;
  • bollette di luce, gas e acqua;
  • ricariche/abbonamenti servizi di trasporto pubblico;
  • canoni di locazione;
  • assegni di frequenza per studenti.

Importo e modalità di utilizzo

L’importo della Social Card, come anticipato, è di 500 euro per nucleo familiare. La carta viene erogata in un’unica soluzione, salvo diverse disposizioni da parte dei Comuni. È possibile prelevare contanti presso gli sportelli ATM o effettuare pagamenti elettronici presso i negozi e le attività convenzionate.

legge bilancio 2025

Legge bilancio 2025: tutte le misure Legge bilancio 2025, approvata definitivamente dal Senato il 28 dicembre 2024, è in vigore dall'1 gennaio 2025

Manovra 2025 in vigore

La legge di bilancio 2025, approvata definitivamente dal Senato il 28 dicembre 2024, con la fiducia (anche alla Camera), è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 31 dicembre 2024.

Il testo della legge n. 207/2024 è entrato in vigore l’1 gennaio 2025.

Legge di bilancio 2025: le misure principali

La manovra punta a ridurre la pressione fiscale, sostenere le famiglie e incentivare il lavoro. Tante anche le micro norme tra cui, tra le quali meritano di essere segnatale quelle dedicate alla formazione dei cani guida, quelli per la casa Museo di Matteotti e quelle dedicate ad incrementare la presenza degli psicologi all’interno dei carceri con l’obiettivo di contrastare i reati di tipo sessuali e la violenza domestica.

Materia fiscale:  riforma IRPEF e detrazioni

La riforma dell’IRPEF, valida dal 2025, riorganizza le aliquote fiscali:

  • 23% per redditi fino a 28.000 euro.
  • 35% per redditi tra 28.000 e 50.000 euro.
  • 43% per redditi oltre 50.000 euro.

Cambiano anche le detrazioni per i redditi da lavoro dipendente. I lavoratori con redditi complessivi sotto i 20.000 euro beneficeranno di incentivi fiscali proporzionali al reddito. Ad esempio:

  • 7,1% per redditi fino a 8.500 euro.
  • 5,3% per redditi tra 8.500 e 15.000 euro.
  • 4,8% per redditi tra 15.000 e 20.000 euro.

Questi importi non concorreranno alla formazione del reddito, riducendo così l’imposizione fiscale.

La Legge modifica anche le detrazioni per interventi sugli edifici:

Ridotta dal 36% al 30% la detrazione per le spese di riqualificazione edilizia ed energetica dal 2025.

Per l’Ecobonus, le detrazioni tra il 50% e il 65% scendono al 50% (abitazione principale) e al 36% (altri immobili) a partire dal 2026.

Le nuove aliquote escludono gli interventi con caldaie alimentate a combustibili fossili. Inoltre, il Bonus Mobili è confermato per l’acquisto di arredi ed elettrodomestici fino a 5.000 euro.

Un contributo del 30% sul costo di elettrodomestici efficienti (classe B o superiore), fino a 100 euro per l’acquisto è disponibile per le famiglie con un ISEE fino a 25.000 euro. Questo incentivo si applicherà a un solo elettrodomestico per nucleo familiare.

La web tax sarà applicata solo alle grandi aziende con ricavi superiori a 750 milioni di euro. La tassazione sulle plusvalenze delle criptovalute subirà un ridimensionamento: nel 2025 tornerà al 26%, per poi salire al 33% dal 2026, abbandonando l’ipotesi iniziale del 42%. Viene abolita la no tax area fino a 2.000 euro, imponendo imposte anche sulle piccole transazioni.

Ridotta di 4 punti l’Ires per aziende che, sugli utili del 2024, accantonano almeno l’80% e reinvestono almeno il 30%. Gli investimenti devono superare i 20.000 euro e prevedere un aumento dell’occupazione a tempo indeterminato dell’1%.

Famiglia: bonus e altri sostegni

Dal 2025, è previsto un bonus di 1.000 euro per ogni figlio nato o adottato. Il beneficio è riservato a:

  • famiglie con ISEE sotto i 40.000 euro;
  • residenti in Italia con requisiti di cittadinanza o permesso di soggiorno.

L’INPS gestirà le domande e l’erogazione.

L’indennità per il congedo parentale sale all’80% della retribuzione per un mese aggiuntivo, entro il sesto anno di vita del figlio. Questa misura si estende anche ai genitori adottivi.

Il bonus asili nido sale a 3.600 euro per famiglie con ISEE sotto i 40.000 euro.

Previsti sgravi contributivi per madri lavoratrici con figli fino a 10 anni, estesi fino a 18 anni per madri con almeno tre figli.

Prorogata fino al 2027 la garanzia statale per i mutui prima casa, destinata a giovani coppie, famiglie numerose e under 36.

Rifinanziamento della carta “Dedicata a te” per acquisti alimentari di base.

Scuola e istruzione

Viene istituito un fondo di 500.000 euro per promuovere corsi di educazione sessuale e affettiva nelle scuole.

Aumentano i contributi per le scuole paritarie che accolgono studenti con disabilità, e un fondo è destinato a sostenere le famiglie in difficoltà economica nel pagamento della mensa scolastica. Inoltre, cresce il fondo per gli alloggi degli studenti universitari fuori sede e vengono stanziati 2 milioni di euro per borse di studio dedicate agli studenti atleti.

Lavoro: decontribuzioni e benefici

Il governo ha previsto un importante taglio del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti:

  • per redditi fino a 20.000 euro, una somma calcolata in percentuale decrescente;
  • per redditi tra 20.000 e 40.000 euro, un contributo fisso di 1.000 euro, decrescente oltre i 32.000 euro e azzerato a 40.000 euro.

Viene prorogato lincentivo fiscale per le nuove assunzioni fino al 2026, incentivando le imprese a creare posti di lavoro.

La Legge di Bilancio 2025 conferma anche i fringe benefit esentasse fino a 2.000 euro per i lavoratori con figli a carico e 1.000 euro per gli altri. Nuovi assunti che trasferiscono la residenza oltre 100 chilometri riceveranno importi maggiorati.

La detassazione triennale dei premi di risultato scende dal 10% al 5%.

Aumenta dal 25% al 30% il limite di detassazione delle mance per il personale di bar e ristoranti, con il tetto di reddito ampliato da 50.000 a 75.000 euro.

Rinnovo contratti pubblici

La Manovra 2025 prevede un investimento di 800 milioni di euro per aggiornare i contratti dei dipendenti pubblici nel triennio 2025-2027. Il governo mira a garantire che il personale pubblico non subisca ritardi nelle retribuzioni durante la fase di negoziazione. Nel caso in cui le risorse si rivelassero insufficienti, è prevista l’erogazione di un’indennità di vacanza contrattuale per compensare il mancato rinnovo.

Pensioni: cumulo con la previdenza complementare

La Manovra 2025 consente ai lavoratori nel sistema contributivo puro di cumulare previdenza obbligatoria e complementare per raggiungere la soglia minima necessaria e anticipare la pensione a 64 anni. Non è stata prevista la riapertura del semestre di silenzio-assenso per il trasferimento automatico del TFR alla previdenza complementare.

Sanità e salute mentale

Il finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale crescerà da 136,5 miliardi a 141,3 miliardi nel 2025. Nuove risorse sono destinate alla salute mentale:

  • fondo per il sostegno psicologico nelle scuole: 10 milioni di euro nel 2025;
  • incremento del Bonus Psicologo: 1,5 milioni nel 2025.

Investimenti e infrastrutture

Incrementati i fondi destinati al Ponte sullo Stretto con un’aggiunta di 1,5 miliardi di euro, portando il costo complessivo dell’opera a oltre 13 miliardi di euro.

Un miliardo per la Tav Torino – Lione e 1 milione per le Ferrovie, 200 milioni saranno destinati alla Sibari Catanzaro, 708 milioni per il settore idrico, 36 milioni invece andranno per la diga di Campolattaro. Fondi per la Metro C della capitale.

Spese di giustizia

Chi chiederà al giudice di fare una ricerca online per trovare i beni da pignorare di un debitore, dovrà pagare subito il contributo unificato. Se non paga, la sua richiesta non verrà presa in considerazione. In materia sono state introdotte anche le seguenti  modifiche:

  • se non viene pagata almeno la tassa minima di 43 euro, il procedimento civile non partirà;
  • la società Equitalia si occuperà di riscuotere le tasse non pagate nei procedimenti civili;
  • la Cassa previdenziale dei cancellieri non riceverà più alcuna percentuale sui crediti recuperati nei processi;
  • aumentata la tassa per le cause legate al riconoscimento della cittadinanza italiana.

Rimborso per i ministri non parlamentari

I ministri non parlamentari avranno diritto solo a un rimborso delle spese per il tragitto da e per residenza-domicilio, non lo stipendio previsto per i ministri colleghi eletti.

Lotto e Superenalotto

Confermata l’estrazione aggiuntiva del venerdì per Lotto e Superenalotto. I ricavi extra generati da queste estrazioni andranno a incrementare di 50 milioni di euro il Fondo emergenze nazionali nel 2025. Si ricorda che, in caso di festività nazionale, l’estrazione sarà posticipata al primo giorno feriale successivo o, in casi eccezionali, anticipata al giorno feriale precedente.

Leggi anche: Legge bilancio 2025: ok del governo

cessione case prefabbricate

Cessione case prefabbricate: quale aliquota Iva L'Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti sull'aliquota Iva applicabile alla cessione delle case prefabbricate

Aliquota IVA cessione case prefabbricate

Cessione case prefabbricate: l’Agenzia delle Entrate con la risposta ad interpello n. 246/2024 del 5 dicembre scorso, ha fornito chiarimenti in merito all’aliquota Iva applicabile.
Nel caso di specie l’Amministrazione ha risposto all’interpello di una società che chiedeva delucidazioni sulla possibilità di assoggettare la cessione della casa prefabbricata alle aliquote  ridotte del 4 e del 10% nel caso di presentazione, da parte del cliente,  di una dichiarazione per l’applicazione dell’aliquota IVA agevolata.

Soluzione prospettata dal contribuente

A  parere  della  Società  le  aliquote  agevolate  saranno  applicabili  sulla  base  della dichiarazione  resa dal cliente a  seguito della quale è tenuta ad emettere  fattura,  che  registrerà  attraverso  il  sistema  di  dichiarazione  elettronica  (OSS)  nello  Stato  di  appartenenza.

L’Istante indica la transazione nella Dichiarazione IVA nel sistema OSS come operazione effettuata in Italia e paga l’IVA ricevuta a saldo della fattura nel proprio Stato, che poi la riverserà all’Italia.

Parere dell’Agenzia delle Entrate

“L’One Stop Shop (OSS o Sportello Unico) è un regime opzionale IVA che consente a un soggetto passivo di dichiarare e pagare l’IVA in un unico Stato membro, quello dove è identificato ai fini IVA, a fronte di operazioni dallo stesso effettuate a favore  di  privati consumatori UE,  siano esse cessioni  di  beni  o  prestazioni  di  servizi (B2C).

OSS

Lo Stato UE di identificazione provvederà poi alla ripartizione dell’imposta così  raccolta  tra  i  vari  Stati  UE  di  consumo  di  beni  e  servizi,  in  base  agli  importi  delle  transazioni ivi effettuate, rilevanti ai fini IVA”. Queste le premesse dell’Agenzia delle Entrate. “Si tratta dunque di una misura di semplificazione in quanto i soggetti passivi IVA che optano per tale regime, anziché identificarsi in tutti gli Stati UE per l’assolvimento  degli  obblighi  di  dichiarazione  e  di  versamento  dell’imposta  dovuta  a  fronte  delle  cessioni di beni e/o prestazioni di servizi ivi effettuate, dichiarano e versano l’IVA nel solo Stato membro di registrazione/identificazione per l’imposta dovuta sulle forniture  transfrontaliere di beni e/o servizi” proseguono le Entrate.

Nella fattispecie in esame, la Società afferma di essere un soggetto passivo IVA registrato in uno Stato dell’UE, dove ha optato per il regime in commento e pertanto alla  stessa si applicano le disposizioni di cui articolo 74­ septies del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (Decreto IVA) quando effettua, nel territorio dello Stato, le operazioni ivi riportate.

In relazione a dette operazioni (i.e. B2C, effettuate nel territorio dello Stato), oltre a  dichiarare e  versare  nel  proprio Stato la  relativa imposta  dovuta in  Italia, la  norma  appena richiamata dispensa l’Istante anche dagli obblighi di cui al Titolo II del Decreto IVA, tra cui quelli di fatturazione, registrazione, tenuta dei registri contabili, ecc. (cfr. articolo 74­septies, comma 4, del Decreto IVA).

Cessioni di case prefabbricate in legno

In merito alle cessioni di case prefabbricate in legno, la Risoluzione Ministeriale  503351 del 12 marzo 1974 chiarisce che:

1. si applica l’aliquota IVA ordinaria al 22 per cento quando il cliente ”acquista i  pezzi della casa prefabbricata e li fa montare e mettere in opera dalla stessa impresa che li produce o da terzi”. In questo caso, ”il contratto ha per oggetto il semplice acquisto  dei singoli pezzi e poiché tali pezzi costituiscono l’oggetto della ordinaria produzione dell’impresa che li fabbrica…”, è da ritenere ”che il negozio giuridico si debba qualificare come una compravendita e, pertanto, il corrispettivo relativo vada assoggettato all’I.V.A. con l’aliquota ordinaria…”;

2. si applica l’aliquota IVA del 4% o del 10% quando ”il committente affida ad  un’impresa la costruzione di una casa, da effettuare con i pezzi fabbricati dall’impresa stessa”.

La fattispecie

Nel caso di specie, dalle informazioni fornite, la  fattispecie  prospettata dalla società è riconducibile all’ipotesi 1 della citata risoluzione: il cliente italiano in realtà non sta acquistando  una casa, come affermato dall’Istante, bensì pezzi di una casa (precisamente le pareti).

La Società offre anche opzioni supplementari, quali infissi, scale e pavimenti, che, tuttavia, anche considerandole unitamente alle pareti, non permettono di affermare che oggetto della  transazione  sia  una  casa/immobile.

All’operazione prospettata, per come così ricostruita, si rende dunque applicabile  l’aliquota IVA ordinaria del 22 per cento. A diverse conclusioni potrebbe giungersi nell’ipotesi in cui la fornitura in oggetto  avvenga nell’ambito di un contratto di appalto che abbia per oggetto la costruzione e la  consegna di una casa ”chiavi in mano” a cui, al ricorrere dei relativi presupposti, può  essere riconosciuta l’aliquota IVA del 4 o del 10 per cento.

abitazione signorile o popolare

Abitazione signorile o popolare: classamento ai fini delle imposte Imposte ipotecarie e catastali: per determinarle è necessario il classamento e a tal fine rilevano le opinioni comuni

Abitazione signorile o popolare e imposte

Abitazione signorile o popolare: in materia di imposte ipotecarie e catastali, la recente sentenza n. 31725/2024 della Corte di Cassazione chiarisce un principio importante sul classamento delle abitazioni. La classificazione di un immobile come “signorile”, “civile” o “popolare“, in assenza di specifiche definizioni legislative, dipende dalle opinioni comuni prevalenti in un determinato contesto storico e territoriale.

Imposte ipotecarie e catastali: classamento immobile

La pronuncia pone fine a una vicenda che ha inizio quando un contribuente contesta il classamento di un immobile. L’immobile, inizialmente classificato nella categoria A/1 (abitazione signorile), è infatti ritenuto dal proprietario privo delle caratteristiche di lusso necessarie per inquadrarlo in detta categoria. Per questo presenta un’istanza per il riclassamento dell’immobile in categoria A/2 (abitazione civile), ma l’Agenzia delle Entrate respinge la richiesta. Il contribuente ricorre quindi alla Commissione Tributaria Provinciale (CTP) che però rigetta il ricorso. Secondo la CTP, per ottenere una revisione del classamento è necessaria una modifica sostanziale dell’immobile o una richiesta di revisione formale avanzata dal Comune. La situazione, secondo la Commissione, non rientra nelle ipotesi previste dalla normativa.

In seguito la Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Liguria ribalta la decisione. La CTR  evidenzia diverse carenze nell’immobile che lo rendono non conforme alla categoria A/1:

  • superficie reale inferiore a quella indicata dall’Agenzia delle Entrate;
  • mancanza di caratteristiche di pregio, come ottima esposizione e finiture di lusso;
  • vani con altezze ridotte e locali igienici piccoli e privi di finestre;
  • posizione dell’immobile in una zona non di assoluto pregio.

Revisione classamento: serve una prova concreta e attuale

L’Agenzia delle Entrate impugna la decisione della CTR in Cassazione. L’ente sostiene che, secondo l’articolo 38 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), la revisione del classamento dovrebbe essere basata su una prova concreta e attuale di una riduzione della redditività dell’immobile. La CTR però, a detta dell’Agenzia, ha ignorato questo requisito fondamentale.

La Corte di Cassazione respinge il ricorso dell’Agenzia, dichiarandolo inammissibile. I giudici  chiariscono che la CTR ha fondato la propria decisione su elementi oggettivi legati allo stato effettivo dell’immobile. La questione della redditività ex articolo 38 TUIR non è applicabile al caso in esame, poiché quella norma riguarda l’imposizione fiscale sui redditi, mentre la controversia verte sulla corretta attribuzione della categoria catastale.

L’importanza delle opinioni comuni per il classamento

Un punto centrale della sentenza riguarda la qualificazione delle abitazioni. La Cassazione ribadisce che la classificazione di un immobile come “signorile”, “civile” o “popolare” non deriva da un criterio legislativo rigido. Essa deve riflettere piuttosto le opinioni comuni di un determinato contesto spazio-temporale. Questa posizione conferma un principio fondamentale nel diritto catastale: il procedimento di classamento è di tipo accertativo e deve tenere conto della realtà fattuale dell’immobile. L’assenza di caratteristiche di lusso pertanto, come finiture pregiate o posizione esclusiva, rende non giustificabile l’attribuzione della categoria A/1.

Per la Corte quindi il contribuente ha il diritto di richiedere, in qualsiasi momento, la correzione dei dati catastali. Questo principio, già affermato in precedenti sentenze, si fonda sul fatto che la rendita catastale non ha natura definitiva. Essa può essere modificata quando emergono nuove informazioni o errori nei dati dichiarati. Negare al contribuente la possibilità di correggere gli errori originari equivale a cristallizzare un’imposizione fiscale distorta e questo contrasta con il principio di capacità contributiva sancito dall’articolo 53 della Costituzione italiana.

 

Leggi anche gli altri articoli in materia di diritto fiscale

adempimento collaborativo

 Adempimento collaborativo: requisiti e adesione Adempimento collaborativo: pubblicato sulla GU il decreto del MEF che stabilisce i requisiti soggettivi e oggettivi di accesso al regime

Adempimento collaborativo, il decreto

Il regime di adempimento collaborativo rappresenta un modello avanzato di trasparenza fiscale tra contribuenti e amministrazione finanziaria. Istituito dal Decreto legislativo n. 128/2015, esso promuove la certezza del diritto e riduce il rischio di controversie tributarie.

Sulla GU n. 295 del 17 dicembre 2024 è stato pubblicato il decreto del MEF del 6 dicembre 2024  che stabilisce i requisiti soggettivi e oggettivi per accedere a questo regime.

Requisiti soggettivi

I contribuenti possono aderire se soddisfano specifici parametri di volume d’affari o ricavi, progressivamente ridotti nel tempo:

  • 750 milioni di euro dal 2024.
  • 500 milioni di euro dal 2026.
  • 100 milioni di euro dal 2028.

Possono accedere anche contribuenti che effettuano nuovi investimenti e ricevono parere favorevole dall’Agenzia delle Entrate, membri di un gruppo societario che include almeno un soggetto conforme, o appartenenti a un gruppo IVA già ammesso al regime.

Requisiti oggettivi

Per accedere, è indispensabile disporre di un sistema integrato di controllo del rischio fiscale conforme ai criteri stabiliti. Questo sistema deve:

  • essere certificato da esperti indipendenti;
  • basarsi su una strategia fiscale chiara, approvata dai vertici aziendali;
  • garantire una gestione e un controllo puntuali dei rischi fiscali;
  • integrare una mappatura dei processi aziendali e dei rischi correlati;
  • adattarsi dinamicamente ai cambiamenti interni ed esterni.

Adesione all’adempimento collaborativo

La domanda di adesione si presenta esclusivamente in via telematica tramite un modello fornito dall’Agenzia delle Entrate. Gli indirizzi PEC e, per i soggetti non residenti, di posta elettronica ordinaria, sono indicati nel decreto.

I richiedenti devono allegare una documentazione dettagliata, che comprende:

  • la descrizione delle attività svolte;
  • la strategia fiscale approvata;
  • la certificazione del sistema di controllo del rischio fiscale;
  • la mappatura dei processi e rischi aziendali.

Per chi presenta domanda nel 2024, la certificazione può essere integrata entro il 31 dicembre 2025.

 

Leggi anche: Adempimento collaborativo: il nuovo codice di condotta