Prostituzione minorile: reato art. 600 bis c.p. Il reato di prostituzione minorile è contemplato dall’art. 600-bis del codice penale a tutela della salute fisica e psichica dei minori

Il reato di prostituzione minorile

La prostituzione minorile contemplata dall’articolo 600 bis è un reato che il nostro legislatore ha inserito nel codice penale con la legge n. 269 del 3 agosto 1998 per adeguare la normativa italiana agli impegni assunti nelle sedi internazionali, finalizzati a tutelare il minore nella sua salute fisica e psichica.

L’art. 600-bis del codice penale

Passando all’analisi della norma, l’articolo 600 bis del codice penale, al primo comma, punisce chiunque recluta o induce, ossia arruola o spinge alla prostituzione una persona che non ha ancora compiuto i diciotto anni di età.

Il reato si configura però anche quando un soggetto qualsiasi favorisca, sfrutti, gestisca, organizzi o controlli la prostituzione di una persona che ancora non ha compiuto diciotto anni o ne trae profitto in altro modo.

La norma punisce pertanto sia le condotte finalizzate a convincere un minore a prostituirsi sia quelle che facilitano in qualche modo l’esercizio dell’attività di prostituzione da parte del minore.

Emerge pertanto che si tratta di un reato:

  • di pura condotta, è sufficiente infatti che il soggetto agente tenga una delle condotte previste dalla norma affinché si configuri il reato;
  • comune, ossia che chiunque può commettere.

Reclusione e pene pecuniarie

Chi tiene una delle condotte sopra elencate è punito con la pena della reclusione, che varia da un minimo di sei anni fino a una massimo di dodici anni e con una pena pecuniaria il cui importo varia da un minimo di 15.000 euro fino a un massimo di 150.000 euro. 

Atti sessuali con i minori

L’art. 600 bis del codice penale al comma 2 punisce anche chi compie atti sessuali con un minore, di età compresa tra i 14 anni e i 18 anni, offrendo o promettendo in cambio denaro o altre utilità, a meno che il suo comportamento non configuri un reato più grave.

Del resto, come ha chiarito anche la Cassazione nella SU n. 4616/2021, non c’è alcun dubbio che la volontà del minore venga fortemente condizionata dall’offerta di un corrispettivo in denaro o di qualsiasi altra utilità, anche solo promessa.

Da chiarire in ogni caso che, in questa ipotesi, affinché si configuri il reato, non è necessario che il soggetto abbia un rapporto sessuale completo con il minore. E’ sufficiente infatti un semplice contatto con la sfera sessuale del minore.

L’ignoranza dell’età della persona offesa

E’ necessario ricordare che, in relazione ai delitti contro la personalità individuale, nei quali è ricompreso la prostituzione minorile, l’articolo 602 quater del codice penale dispone che, quando gli stessi vengono commessi ai danni di un soggetto che non abbia ancora compiuto i 18 anni di età, il colpevole non può invocare a propria discolpa di non conoscere l’età della persona offesa, a meno che si tratti di ignoranza inevitabile, ossia non rimproverabile.

Su questa scusante la Cassazione nella sentenza n. 13312/2023 ha chiarito che: “il principio per cui, in tema di prostituzione minorile, il fatto tipico scusante previsto dall’art. 602-quater cod. pen. in relazione all’ignoranza inevitabile circa l’età della persona offesa è configurabile solo se l’agente, pur avendo diligentemente proceduto ai dovuti accertamenti, sia stato indotto a ritenere, sulla base di elementi univoci, che il minorenne fosse maggiorenne; ne consegue che non sono sufficienti, al fine di ritenere fondata la causa di non punibilità, elementi quali la presenza nel soggetto di tratti fisici di sviluppo tipici di maggiorenni o rassicurazioni verbali circa l’età, provenienti dal minore o da terzi, nemmeno se contemporaneamente sussistenti; così Sez. 3, n. 12475 del 18/12/2015, dep. 2016, G., Rv. 266484 – 01, che ha anche precisato che l’imputato ha l’onere di provare non solo la non conoscenza dell’età della persona offesa, ma anche di aver fatto tutto il possibile al fine di uniformarsi ai suoi doveri di attenzione, di conoscenza, di informazione e di controllo, attenendosi a uno standard di diligenza direttamente proporzionale alla rilevanza dell’interesse per il libero sviluppo psicofisico dei minori”.

riforma Cartabia processo civile

Riforma Cartabia processo civile La riforma Cartabia del processo civile e i correttivi in fase di approvazione per rendere la procedura ancora più efficiente 

Riforma Cartabia e correttivi

La riforma Cartabia del processo civile è stata attuata con il decreto legislativo n. 149 del 2022. La legge di bilancio 2023 n. 127/2022 ha anticipato l’entrata in vigore di molte disposizioni della riforma, che ha modificato in modo organico il processo civile.

A meno di un anno dalla sua entrata in vigore, il Ministro della Giustizia Nordio ha già presentato una serie di correttivi alla Riforma Cartabia per velocizzare e alleggerire la procedura, soprattutto attraverso una maggiore digitalizzazione.

In attesa dell’approvazione definitiva dei correttivi, ricordiamo in breve le principali modifiche apportate dalla Cartabia al codice di procedura civile.

Modifiche alle disposizioni generali

Ampliata la competenza per valore del Giudice di Pace, che è stata innalzata a 10.000,00 euro per le cause relative a beni mobili e a 25.000,00 euro per le cause risarcitorie che riguardano i danni prodotto dalla circolazione stradale.

Il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione ora può essere rilevato anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo, mentre il difetto del giudice ordinario nei confronti del giudice amministrativo o di altri giudici speciali può essere rilevato anche d’ufficio nel giudizio di primo grado. Nei gradi di impugnazione il difetto può essere rilevato solo se oggetto di un motivo specifico. L’attore però non può impugnare la sentenza per denunciare la giurisdizione del giudice a cui si è rivolto.

In presenza di cause connesse relative a cause accessorie, di garanzia, accertamento incidentale o eccezione di compensazione, se una di esse è soggetta al rito semplificato di cognizione e l’altra a un rito speciale, le cause devono essere trattate con il rito semplificato di cognizione.

Cambiano le regole del regolamento di competenza. Chi propone l’istanza deve depositare il ricorso e i documenti a corredo della stessa nel termine perentorio di 20 giorni, che decorre dalla data dell’ultima notificazione alle parti. I processi nel cui ambito viene richiesto il regolamento di competenza sono sospesi dal giorno in cui la copia del ricorso notificato vene depositata davanti al giudice  innanzi al quale pende la causa o dal giorno in cui viene emessa l’ordinanza con cui il giudice chiede il regolamento di competenza.

Il Tribunale in composizione collegiale non decide più le cause indicate nei punti 5 e 6 dell’art. 50 bis c.p.c tra le quali figurano:

  • le impugnazioni alle delibere assembleari;
  • le cause di impugnazione dei testamenti e di riduzione della legittima.

A causa delle imponenti modifiche che hanno investito la normativa dedicata alle persone e alla famiglia l’art. 78 c.p.c limita la nomina del curatore speciale ai soli casi in cui viene rilevata l’urgenza di avere una persona che assista o rappresenti un incapace, una persona giuridica o una associazione, in attesa che venga nominato il soggetto che ne assuma la rappresentanza o lo assista. La nomina del curatore è prevista inoltre se c’è conflitto di interessi tra rappresentato e rappresentante.

Chi si comporta male in giudizio, nei casi contemplati dall’art. 96 c.p.c (responsabilità aggravata), viene raggiunto anche da una sanzione pecuniaria che varia da un minimo di 500 a un massimo di 5.000 euro.

Aggiunto un nuovo comma all’art. 101 c.p.c, dedicato al principio del contraddittorio, che  prevede l’adozione di provvedimenti opportuni nel caso in cui il giudice rilevi una lesione del diritto di difesa.

Il nuovo art. 121 c.p.c, nel sancire la libertà della forme per gli atti per i quali la legge non prevede forme determinate, per tutti gli atti del processo sancisce il rispetto dei principi di chiarezza e sinteticità.

Introdotta la possibilità di svolgere le udienze da remoto, mediante collegamenti audiovisivi, come previsto dal nuovo art. 127 bis c.p.c. e di sostituire l’udienza con il deposito di note scritte come prevede il nuovo art. 127 ter c.p.c.

Tante le novità che hanno investito le notifiche, con conseguente modifica degli articoli 137, 139, 147 e 149 bis c.p.c. Eliminate le comunicazioni a mezzo telefax, nessun limite orario per le notifiche a mezzo pec, che l’UG esegue ai destinatari obbligati di munirsi di un indirizzo di posta elettronica.

Le novità del processo di cognizione

La parte introduttiva del giudizio di cognizione cambia notevolmente. Modificato il contenuto dell’atto di citazione art. 163 c.p.c, modificati i termini per comparire art. 163 bis, le regole di costituzione dell’attore art. 165 c.p.c e del convenuto art. 166 c.p.c.

Le attività che le parti svolgevano a causa già iniziata con le memorie art. 183 c.p.c vengono ora anticipate all’interno delle memorie integrative art. 171 ter da produrre prima della prima udienza, la cui disciplina, contenuta nell’art. 183 c.p.c è stata completamente riformulata.

Eliminata l’udienza 184 c.p.c dedicata all’assunzione dei mezzi di prova, la riforma ha modificato anche l’art. 188 c.p.c. In base alla nuova formulazione di questa norma il giudice, una volta completata l’istruttoria, rimette le parti davanti al Collegio per la decisione, assegnando termini per note e comparse o dopo la discussione orale art. 275 bis c.p.c.

Cambiate le regole per la remissione della causa dal Collegio al Giudice monocratico e viceversa e introdotto il procedimento semplificato di cognizione per le cause “pronte”per la decisione.

Cambiato anche il procedimento davanti al giudice di Pace, che viene avviato con ricorso e al quale si applicano, in quanto compatibili, le stesse norme del procedimento semplificato di cognizione.

Il giudizio di appello è stato in gran parte riformato. Modificato l’art. 342 c.p.c sulla forma dell’atto di appello e l’art. 343 c.p.c sui modi e termini dell’appello incidentale, che deve essere proposto a pena di decadenza almeno 20 giorni prima dell’udienza di comparizione fissata dall’appellante. Cambiate le regole sulla improcedibilità dell’appello, che ora viene dichiarata con sentenza. Completamente riformato l’art. 348 bis c.p.c sulla inammissibilità e manifesta infondatezza dell’appello. Torna il giudice istruttore in appello se il procedimento si svolge davanti alla Corte, cambia la trattazione in appello e anche la fase decisionale, che avviene alternativamente in base alle regole dell’art. 350 bis c.p.c dopo la discussione orale o in base a quanto previsto dall’art. 352 c.p.c, che prevede la decisione dopo la concessione di termini per note e comparse.

Il giudizio davanti alla Cassazione viene rinnovato attraverso la previsione di nuovi casi di ricorso e del nuovo rinvio pregiudiziale per la risoluzione di questioni di diritto. Cambiato anche il contenuto del ricorso e i termini di deposito del controricorso e del ricorso incidentale. Distribuiti diversamente anche i casi in cui la Cassazione può pronunciarsi in udienza pubblica o in camera di consiglio.

Il processo esecutivo è stato rinnovato con l’eliminazione della formula esecutiva da apporre sul titolo, sostituita dalla copia attestata conforme all’originale. Riformata la norma sul pignoramento in generale e l’art. 492 bis c.p.c sulla ricerca telematica dei beni da  pignorare. Introdotto ex novo l’art. 568 bis c.p.c che consente al debitore di procedere alla vendita diretta dell’immobile pignorato alle condizioni stabilite dall’art. 569 bis c.p.c.

teste de relato

Teste de relato: analisi dell’art. 195 c.p.p. La figura del teste de relato è prevista dall’art. 195 c.p.p. che disciplina l’utilizzo delle dichiarazioni rese dal testimone indiretto nel processo penale

Chi è il teste de relato?

Il teste de relato è il testimone che racconta un fatto, non per averlo appreso direttamente, ma per averne acquisito conoscenza da un altro soggetto.

Vediamo in che modo il codice di procedura penale disciplina questa figura, ma soprattutto quale valore riconosce alle dichiarazioni di questo soggetto.  

Teste de relato nel processo penale: l’art. 195 c.p.p.

Il codice di procedura penale definisce la testimonianza de relato come testimonianza indiretta nell’art. 195 c.p.p.

  • Il primo comma di questa norma dispone che quando il testimone si riferisce, per la conoscenza dei fatti, ad altre persone, il giudice, a richiesta di parte, dispone che queste siano chiamate a deporre.”
  • Il secondo comma, a integrazione del primo, dispone che l’esame delle persone che hanno conoscenza diretta dei fatti, possa essere richiesto non solo su istanza di parte, ma anche d’ufficio direttamente dal giudice.
  • Il terzo comma precisa poi che, se non si osserva la regola contenuta nel primo comma, le dichiarazioni sui fatti di cui il testimone abbia avuto conoscenza da terze persone non siano utilizzabili a meno che sia impossibile procedere all’esame del testimone diretto perché defunto, irreperibile o infermo.
  • Le regole contenute nell’art. 195 c.p.p si applicano anche quando il testimone indiretto abbia avuto la comunicazione del fatto in una forma diversa da quella orale.

Limiti per agenti e ufficiali di polizia giudiziaria

Il comma 4 della norma pone poi un limite alla testimonianza indiretta, che si rivolge nello specifico agli ufficiali e agli agenti di polizia giudiziaria. Questi soggetti non possono infatti deporre su quanto appreso dai testimoni in sede di acquisizione di sommarie informazioni o nel momento in cui raccolgono denunce, querele, istanze orali, sommarie informazioni e dichiarazioni spontanee della persona indagata.

Testimonianza de relato e segreto professionale e d’ufficio

Il comma 6 dell’art. 195 c.p.p. pone un limite ulteriore all’utilizzo della testimonianza indiretta. Questa disposizione vieta infatti l’esame del testimone del relato se i fatti da loro appresi provengono da soggetti che sono tenuti al segreto professionale ai sensi dell’art. 200 c.p.p. o al segreto d’ufficio di cui all’art. 201 c.p.p. in relazione alle circostanze previste da questi due articoli, a condizione che i soggetti tenuti al segreto non abbiano deposto sugli stessi fatti o li abbiano divulgati in un altro modo.

Inutilizzabilità per rifiuto o ignoranza

L’ultimo comma dell’art. 195 c.p.p. prevede infine che le dichiarazioni del testimone de relato non siano utilizzabili se il soggetto si rifiuti o non sia comunque in grado di indicare la persona o la fonte da cui ha appreso la notizia che riguarda i fatti oggetto d’esame.

Questa disposizione, come l’intero articolo 195 c.p.p., hanno la finalità primaria di vietare le testimonianze anonime.

La Cassazione sulla testimonianza de relato

Vediamo ora, alcune recenti sentenze della Cassazione sulla testimonianza de relato:

Cassazione n. 3488/2024

La disciplina prevista in tema di testimonianza indiretta dall’art. 195 cod. proc. pen. non trova applicazione quando la fonte di riferimento sia costituita da un soggetto che rivesta la qualità di imputato nel medesimo procedimento o in procedimento connesso.

Cassazione n. 34818 /2023

Gli unici casi testualmente previsti di inutilizzabilità della testimonianza de relato trovano il loro fondamento nel fatto che il teste si rifiuti o non sia in grado di indicare la propria fonte di conoscenza (comma 7 dell’art. 195 c.p.p.) o nel fatto che, pur richiestone, il giudice non chiami a deporre le persone alle quali il teste abbia fatto riferimento per la conoscenza dei fatti (comma 3, in relazione al comma 1 dell’art. 195 cod. proc. pen.).

Cassazione n. 47531/2023

In tema di testimonianza indiretta, possono formare oggetto della testimonianza de relato del personale di polizia giudiziaria i risultati dell’individuazione fotografica poiché essa consiste in una dichiarazione ricognitiva resa da un teste della propria percezione visiva ove la difesa non abbia richiesto l’esame della fonte diretta (Sez. 5, n. 5701 del 05/11/2021, dep. 2022, Rv. 282779 – 01), così implicitamente rinunciando ad avvalersi del diritto a procedere al suo esame (ex 7 Corte di Cassazione – copia non ufficiale multis, Sez. 6, n. 12982 del 20/02/2020, Rv. 279259 – 01; Sez. 5, n. 50346 del 22/10/2014, Rv. 261316 – 01).

riforma Cartabia processo penale

Riforma Cartabia processo penale Il processo penale è stato profondamente modificato dalla Riforma Cartabia per accelerare la durata della procedura e rispettare così gli impegni del PNRR

Riforma Cartabia per ridurre la durata dei processi penali

La riforma Cartabia del processo penale è avvenuta con il decreto legislativo n. 150/2022, in vigore dal 30.12.2022. Il testo ha apportato le modifiche di maggiore rilevo al codice penale e al codice di procedura penale, al fine di rispettare gli impegni assunti dall’Italia con il PRNN, ossia ridurre prima di tutto la durata media dei processi penali nei tre diversi gradi di giudizio di almeno 1/4. Vediamo in breve le novità di maggiore rilievo.

Le modifiche al codice penale

La riforma ha inserito nel codice penale il nuovo art. 20 bis, che contempla le pene sostitutive della reclusione e dell’arresto, ossia la semilibertà sostitutiva, la detenzione domiciliare sostitutiva, il lavoro di pubblica utilità sostitutivo e la pena pecuniaria sostitutiva.

Tra le circostanze attenuanti del reato previste dall’art. 62 c.p. è stato inserita anche la partecipazione del responsabile a programmi di giustizia riparativa con la vittima del reato, concluso con un esito riparativo. Qualora l’esito riparativo preveda l’assunzione, da parte del soggetto imputato, di impegni di natura comportamentale, la circostanza attenuante viene valutata solo se detti impegni sono stati rispettati.

All’interno dell’art. 131 bis c.p, che disciplina i casi di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, la riforma ha ampliato e inserito specificamente i riferimenti normativi ai casi in cui l’offesa non può essere considerata di particolare tenuità.

Nel determinare la multa o la ammenda il giudice ora deve valutare le condizioni patrimoniali del reo, anche nel disporre il pagamento rateale. Lo prevedono gli articoli 133 bis e 133 ter c.p. come riformulati dalla Riforma.

Cambiano le regole sulla conversione delle pene attraverso la modifica dell’art. 136 del codice penale.

Sono diventati procedibili a querela altri reati, fatte salve le eccezioni previste in presenza di determinate circostanze: lesioni personali art. 582 c.p, lesioni stradali, art. 590 c.p, sequestro di persona art. 605 c.p, violenza privata art. 610 c.p, violazione di domicilio art. 614 c.p, furto art. 624 c.p, turbativa violenta del possesso di cose immobili art. 626 c.p, danneggiamento art. 635 c.p, disturbo del riposo e delle occupazioni delle persone art. 659 c.p; molestia o disturbo alle persone art. 660 c.p, truffa art. 640 c.p, frode informatica art. 640 c.p e appropriazione indebita art. 646 c.p.

Le modifiche della riforma al codice di procedura penale

La prima novità di rilievo apportata dalla riforma Cartabia consiste nella digitalizzazione del processo penale. Gli articoli 110 e 111 c.p.p per la prima volta prevedono la forma del documenti informatico degli atti del procedimento penale e il rispetto delle conseguenti regole per la redazione, la sottoscrizione, la conservazione, l’accesso, la trasmissione e la ricezione in formato elettronico di detti atti e documenti. Completano il set di norme dedicate alla digitalizzazione  sopratutto i seguenti articoli:

  • 111 bis c.p.p dedicato al deposito informatico;
  • 111 ter c.p.p sul fascicolo informatico e l’accesso agli atti;
  • 148 c.p.p sulle notifiche telematiche.

Cambiata la durata massima delle indagini preliminari:  sei mesi per le contravvenzioni, un anno  per i delitti, un anno e sei mesi per i delitti art. 407 comma 2. Ammessa la proroga di questi termini per una sola volta e per non più di sei mesi se le indagini sono complesse.

L’archiviazione della notizia di reato art. 408 c.p.p è consentita quando dagli elementi acquisiti nel corso delle indagini non si può formulare una ragionevole previsione di condanna o applicare una misura di sicurezza diversa dalla confisca.

Ampliate le fattispecie di reato per le quali è prevista la citazione diretta a giudizio art. 552 c.p.p , con particolare riferimento a quei reati che non richiedono investigazioni complesse.

Nuova udienza “filtro” di comparizione prebattimentale dopo la citazione diretta art. 554 bis e 554 ter c.p.c, che funge da snodo tra le indagini preliminari e il dibattimento.

Il rito del patteggiamento prevede ora la possibilità per l’imputato e il P.M di chiedere al giudice di non applicare le pene accessorie o di applicarle per una durata determinata e di non disporre la confisca per determinati beni e determinati importi.

Per quanto riguarda le impugnazione in base alle modifiche della Cartabia, l’art. 593 c.p.p prevede l’inappellabilità delle sentenze che applicano la pena dell’ammenda o la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità e le sentenze di proscioglimento per reati che vengono puniti con la sola pena pecuniaria o con una pena alternativa.

contributi silenti

Contributi silenti pensione: cosa sono e come recuperarli I contributi silenti possono essere recuperati per conseguire la pensione con la ricongiunzione onerosa, la totalizzazione gratuita e il cumulo dei contributi versati

Contributi silenti: cosa sono

I contributi silenti sono rappresentati dai versamenti dei contributi previdenziali che non sono sufficienti per la maturazione della pensione presso un’unica gestione previdenziale.

Come fare per non perdere quanto versato e riuscire a costruire la propria pensione se nel corso della vita un soggetto è stato iscritto a più gestioni e casse previdenziali, ma in nessuna di queste ha raggiunto i requisiti per avere poi diritto a un trattamento pensionistico?

Come si recuperano i contributi silenti?

Alcuni enti o casse previdenziali dei professionisti riconoscono ai loro iscritti il diritto di ottenere la restituzione dei contributi versati, ma insufficienti a garantire loro una pensione. Non tutti però adottano queste politiche. In questo caso il lavoratore cosa può fare per non perdere i contributi versati?

I metodi per non perdere i contributi versati e garantirsi una pensione futura sono principalmente tre:

  • la ricongiunzione onerosa;
  • la totalizzazione gratuita;
  • il cumulo dei contributi versati.

Analizziamoli singolarmente per capire come funzionano a grandi linee.

La ricongiunzione onerosa

Il primo metodo che consente di recuperare i contributi è la ricongiunzione onerosa, disciplinata dalla legge n. 29/1979.

Questo metodo è oneroso perchè richiede al lavoratore il pagamento di una somma, ossia l’onere di riscatto, a cui può provvedere ratealmente.

Si tratta di un sistema che permette al lavoratore dipendente, sia esso pubblico o privato, che nella vita è stato iscritto a forme obbligatorie di previdenza sostitutive dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti gestita dall’INPS, di chiedere che tutti i periodi di contribuzione obbligatoria, anche volontaria e figurativa, vengano ricongiunti nell’assicurazione generale obbligatoria o in quella a cui è iscritto al momento della domanda.

Questa facoltà è concessa anche ai lavoratori autonomi in presenza di determinati requisiti contributivi. Le regole per il calcolo e la misura della pensione sono quelle previste e adottate dalla Cassa presso la quale si accentra la posizione assicurativa del lavoratore.

La totalizzazione gratuita

Il secondo sistema che permette di non perdere i contributi versati, questa volta in modo gratuito, è la totalizzazione gratuita dei contributi.

Possono avvalersi di questo sistema tutti i lavoratori dipendenti, così come gli autonomi e i professionisti iscritti all’AGO, al FPLD, a forme sostitutive dell’AGO, a enti previdenziali per gli iscritti ad albi o elenchi professionali, alla gestione separata dei parasubordinati, al Fondo di previdenza per il clero e i ministri di culto non cattolici.

Ai fini della totalizzazione valgono anche i contributi versati in paese comunitari o in paesi con i quali l’Italia ha stretto convenzioni bilaterali, purché rispettino il minimale contributivo richiesto.

La domanda deve essere presentata all’ente presso il quale risulta accreditata l’ultima contribuzione, ma se il lavoratore è iscritto a più gestioni può scegliere a chi presentarla.

Il calcolo della pensione avviene pro quota, per cui ogni gestione lo determina in base ai periodi di iscrizione maturati dal lavoratore, di norma in base al sistema di calcolo contributivo o contributivo misto. 

Cumulo dei contributi versati

Il terzo metodo, anche questo gratuito, prevede il cumulo dei contributi versati delle varie gestioni, al fine di ottenere una pensione unica che viene liquidata con il sistema contributivo.

Questo sistema vale per i lavoratori iscritti da almeno due anni all’AGO, al FLPD, alle gestioni dei lavoratori autonomi, alle forme sostitutive AGO e alla gestione separata.

Il cumulo gratuito può essere utilizzato per la pensione di vecchiaia, per la pensione anticipata, per l’inabilità e per la pensione indiretta ai superstiti, ognuna delle quali è soggetta a regole particolari.

Il lavoratore deve fare domanda per il cumulo all’ente a cui è iscritto al momento della presentazione, se però il lavoratore è iscritto a una Cassa professionale, la domanda va presentata alla gestione INPS a cui è stato iscritto in precedenza.

milleproroghe 2024

Milleproroghe 2024: le novità per gli avvocati La legge n. 218/2024 che ha convertito il decreto Milleproroghe dispone il rinvio di alcuni termini che interessano gli avvocati e gli aspiranti tali

Legge di conversione Milleproroghe 2024

Sulla Gazzetta Ufficiale del 28 febbraio 2024 è stata pubblicata la Legge-18-2024 di conversione del decreto legge n. 215 del 30 dicembre 2023, meglio noto come decreto “Milleproroghe”.

Il testo della legge, tra le tante proroghe previste, ne dedica diverse agli avvocati e a coloro che stanno studiando per l’abilitazione alla professione forense.

Le proroghe riguardano la materia di notificazioni per le cause civili, l’esame di abilitazione alla professione forense, l’iscrizione all’Albo degli avvocati Cassazionisti e le impugnazioni nel processo penale. Analizziamo singolarmente le varie proroghe.

Avvocati Cassazionisti 2024 con le vecchie regole

Gli avvocati, per un altro anno, possono iscriversi all’albo degli avvocati Cassazionisti se maturano i requisiti richiesti dalla normativa previgente, ossia il raggiungimento di 12 anni di iscrizione all’albo nel corso del 2024.

Il comma 6 sexies dell’art. 11 del decreto 215/2023 dispone infatti che: “All’articolo 22, comma 4, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, relativo all’iscrizione nell’albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori, le parole: “undici anni” sono sostituite dalle seguenti: “dodici anni”. 

Esame avvocato fino al 2025 con le vecchie regole

Per i primi 12 anni dall’entrata in vigore della legge contenente la nuova disciplina dell’ordinamento forense (in vigore dal 02 febbraio 2013) ossia fino al 2025, l’esame di abilitazione alla professione forense si svolge, secondo le norme previgenti, sia per quanto riguarda le prove scritte che quelle orali.

Il tutto in base a quanto sancito dal comma 6 quater dell’art. 11 del decreto Milleproroghe“ che così dispone: All’articolo 49, comma 1, della  legge 31 dicembre 2012, n. 247, relativo  alla disciplina  transitoria dell’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato, le parole: “undici anni” sono sostituite dalle  seguenti: “dodici anni”.  

Per quanto riguarda l’esame 2024 la legge di conversione del Milleproroghe contempla la valenza delle regole speciali che sono state applicate alla sessione d’esame del 2023, che prevede lo svolgimento di uno scritto e un orale articolato in 3 fasi (in base a quanto sancito dall’art 4-quater, comma 1, del decreto-legge n. 51/2023 convertito dalla legge n. 87/2023).

Notifiche avvocati giudizio civile

Il nuovo comma 5-bis dell’art. 11 del decreto Milleproroghe dispone che All‘articolo  4-ter,  comma  1,  del  decreto-legge 10 maggio 2023, n. 51, convertito, con  modificazioni, dalla legge  3 luglio 2023, n. 87,  concernente la sospensione dell’efficacia  di norme in materia di notificazioni eseguite dagli avvocati, le parole: “fino al 31 dicembre 2023” sono sostituite dalle seguenti: “fino  al 31 dicembre 2024”.

Questo significa che sono sospese fino alla fine del 2024 le disposizioni contenute nei commi 2 e 3 dell’art. 3 ter della legge n. 53/1994, che riconoscono agli avvocati di eseguire le notifiche a mezzo pec quando il destinatario ha eletto domicilio digitale o quando è obbligato per legge a munirsi di un domicilio digitale. Qualora poi detta notifica non sia possibile o non si concluda con esito positivo perché il destinatario è un’impresa o un professionista iscritto nell’indice INI-PEC o perché è un soggetto privato o un ente non tenuti ad avere un domicilio digitale, allora la notifica può essere effettuata nelle forme ordinarie.

Giudizi impugnazione processo penale Cartabia

Il nuovo comma 7 dell’art. 11 del Milleproroghe interviene infine sulla formulazione dell’art. 94 comma 2 del decreto legislativo n. 150/2022, ossia la riforma Cartabia del processo penale.

Nello specifico l’attuale formulazione dell’art. 94 contenente le disposizioni transitorie in materia di giudizi di impugnazione prevede che per le impugnazioni proposte fino al 30 giugno 2024 debbano continuare ad applicarsi e disposizioni di cui agli articoli 23, commi 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo, e 9, e 23-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176.

Slittano in sostanza le novità introdotte dalla riforma Cartabia in materia di impugnazioni del processo penale.

Allegati

bonus casa

Bonus casa Quali sono, che caratteristiche hanno e come si ottengono i bonus casa confermati dal legislatore anche per il 2024

Bonus casa 50%

Il bonus casa del 50% è previsto fino al 31 dicembre 2024 per spese sostenute fino al limite massimo di  96.000 euro per determinati interventi agevolati.

A partire dal 1° gennaio 2025 il bonus verrà applicato nel rispetto dei suoi parametri originari, ossia nella misura percentuale del 36% per importi non superiori a 48.000 euro.

Il bonus consiste in una detrazione Irpef spalmata su 10 quote annuali dello stesso importo nella misura percentuale prevista del 50% per tutto il 2024 e poi del 36% nei limiti di spesa sopra indicati.

Gli interventi agevolati (art. 16-bis, d.P.R. n. 917/1986 TUIR e art. 16, comma 1, D.L. n. 63/2013) che beneficiano della detrazione sono quelli di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro conservativo e ristrutturazione sulle parti comuni degli edifici condominiali. Beneficiano del bonus gli stessi interventi, se effettuati su unità immobiliari singole di ogni categoria catastale e sulle loro pertinenze. Rientrano nella detrazione anche le opere di ricostruzione e ripristino di immobili danneggiati da determinati eventi calamitosi, l’eliminazione delle barriere architettoniche attraverso l’installazione di ascensori e montacarichi, determinate opere finalizzate al risparmio energetico, misure antisismiche e interventi di bonifica dall’amianto.

Ecobonus

Questa detrazione fiscale è nata per incentivare la realizzazione delle opere finalizzate a autoprodurre energia e ridurre i consumi energetici (isolamento termico delle parti comuni, sostituzione degli impianti termici). I riferimenti normativi della misura sono l’art. 1, co. 344–347, L. n. 296/2006 e l’art. 14, D.L. n. 63/2013.

Il bonus consiste in una detrazione, la cui aliquota percentuale varia in base all’opera realizzata e agli importi limite di spesa previsti  per le varie opere, da ripartire in 10 quote annuali dello stesso importo per spese sostenute fino al 31 dicembre 2024.

C’à ad esempio la detrazione minima del 50% per la sostituzione di serramenti e infissi per una spesa massima di 60.000 euro, così come la detrazione del 65% per l’acquisto e la posa di microgeneratori che vanno a sostituire gli impianti esistenti per importi di spesa fino a 100.000 euro.

Sismabonus

Il sisma bonus contemplato dall’art. 16, co. 1-bis-1-septies, D.L. n. 63/2013 è previsto per incentivare il miglioramento strutturale degli edifici attraverso la realizzazione di opere antisismiche e di interventi destinati alla messa in sicurezza statica che richiedono l’asseveramento di un tecnico abilitato.

Il limite di spesa per il quale è prevista la detrazione è lo stesso del bonus casa di 96.000 euro, ma le percentuali di detrazione variano in base all’opera e al passaggio di classe raggiunto grazie all’intervento sismico. Ad esempio la percentuale di detrazione è del 50% se le opere non determinano alcuna riduzione di classe, salgono invece all’85% se le opere vengono affidate a un’impresa che attraverso interventi di demolizione e successiva ricostruzione realizzano un miglioramento sismico di due classi.

Ecosismabonus

Questa particolare detrazione, contemplata dall’art. 14, co. 2-quater.1, D.L. n. 63/2013 è stata introdotta per favorire le opere sulle parti comuni dei condomini compresi all’interno delle aree sismiche 1, 2 e 3 e attuarne la contestuale riqualificazione energetica.

Due le detrazioni previste: dell’80% se le opere riducono il rischio di una classe, dell’85% se la riduzione è di due classi. Come per gli altri bonus la detrazione viene distribuita in dieci anni e il limite di spesa massimo è di 136.000 euro da moltiplicare per ogni edificio.

Bonus barriere architettoniche

Questo bonus, previsto dall’art. 119-ter, D.L. n. 34/2020 e modificato nel 2023, riguarda l’eliminazione delle barriere architettoniche attraverso la realizzazione di opere specifiche come  scale, ascensori, servoscale, piattaforme elevatrici e rampe.

La detrazione prevista è del 75% su importi di spesa che variano in base al tipo di edificio per il quale viene sostenuta:

  • fino a 30.000 euro per ogni unità immobiliare compresa in edifici formati da più di otto unità;
  • fino a 40.000 euro per ogni unità immobiliare parte di edifici composti da due a otto unità;
  • fino a 50.000 euro per edifici unifamiliari o unità parti di edifici plurifamiliari funzionalmente indipendenti e con uno o più accessi autonomi dall’esterno.

Bonus mobili

Il bonus mobili è contemplato e regolato dall’art. 16, co. 2, D.L. n. 63/2013 e consiste in una detrazione del 50% in favore dei soggetti che possono fruire del bonus casa. L’agevolazione è prevista per l’acquisto di arredi e grandi elettrodomestici.

Per il 2024 la detrazione è riconosciuta nella percentuale del 50% su una spesa massima di 5.000 euro per ogni unità ristrutturata.

Bonus verde

Il bonus verde, di cui all’art. 1, comma 12, L. n. 205/2017, per tutto il 2024 permetterà ai contribuenti di beneficiare di una detrazione del 36% su un importo massimo di spesa di 5000 euro sostenuta per sistemare a verde le aree scoperte di edifici privati e di unità immobiliari e per costruire pozzi, impianti di irrigazione e per realizzare coperture a verde e giardini pensili.

Art. 187 C.d.S.

Art. 187 C.d.S. giurisprudenza Guida in stato di alterazione psicofisica causata dall’assunzione di sostanze stupefacenti: analisi dell’articolo 187 C.d.S. e giurisprudenza

Cosa prevede l’art. 187 C.d.S.

L’articolo 187 del Codice della Strada contempla e punisce il reato di guida in stato di alterazione psico fisica causato dall’assunzione di sostanze stupefacenti.

Le pene base previste per questo reato sono l’ammenda da 1.500 euro a 6.000 euro e l’arresto che va da sei mesi fino a un anno.

A queste sanzioni penali si affianca sempre quella di natura amministrativa che prevede la sospensione della patente per un periodo che varia da uno a due anni.

Se il soggetto che commette il reato guida il veicolo di un’altra persona, che non ha nulla a che fare con il reato commesso, allora la durata di sospensione della patente viene raddoppiato, pertanto la stessa varierà da due a quattro anni.

La sentenza di condanna comporta sempre anche la confisca del veicolo con cui il responsabile ha commesso il reato, a meno che il mezzo non appartenga a una terza persona.

La patente invece viene sempre revocata quando a commettere il resto è il conducente di veicoli particolari, come gli autobus per esempio.

Le pene base sono raddoppiate se chi guida in tale stato di alterazione provoca un incidente stradale. In questo caso, salvo eccezioni, è prevista la revoca della patente.

La pena dell’ammenda viene invece aumentata da 1/3 alla 1/2 se il reato viene commesso tra le ore 22.00 e prima delle 7.00 del mattino.

Gli Organi della Polizia stradale possono sottoporre i conducenti ad accertamenti, purché non invasivi e rispettosi della riservatezza, anche avvalendosi di apparecchiature specifiche.

L’esito positivo di questi test legittima la richiesta di sottoporre i conducenti ad accertamenti ulteriori e più approfonditi di natura clinico tossicologica, che possono essere eseguiti anche presso strutture sanitarie fisse, se non è possibile eseguire diversamente il prelievo o se il conducente si oppone.

Effettuati i test le strutture sanitarie rilasciano apposita certificazione. Copia del refero viene trasmessa al prefetto del luogo in cui la violazione è stata commessa. Il conducente viene quindi sottoposto a visita medica e la patente viene sospesa in via cautelare.

La sanzione della pena detentiva irrogata può essere sostituita con il decreto penale di condanna o con il lavoro di pubblico utilità, il cui svolgimento effettivo viene verificato dall’ufficio locale di esecuzione penale. L’esito positivo del lavoro di pubblica utilità comporta l’estinzione del reato e la riduzione alla metà della durata della sospensione della patente e la revoca della confisca.

Qualora invece il lavoro di pubblica utilità non venga svolto in base agli obblighi che comporta, il giudice, su richiesta, può disporre la revoca della pena sostitutiva con quella prevista in origine, così come sospendere la patente e confiscare il veicolo, come previsto in origine.

Giurisprudenza della Cassazione sull’art. 187  C.d.S.

La norma analizzata si presenta complessa e strutturata. Tanti gli spetti giuridici che hanno richiesto chiarimenti da parte della giurisprudenza. Si riportano per questa ragione le massime di alcune recenti sentenze su alcuni degli aspetti più significativi della norma.

Cassazione 4606/2023: prova dello stato di alterazione

Affinché si configuri il reato contravvenzionale di guida sotto l’influenza di sostanze stupefacenti   “lo stato di alterazione del conducente dell’auto non deve essere necessariamente accertato attraverso l’espletamento di una specifica analisi medica”. Il giudice può desumerla infatti anche   dagli accertamenti biologici capaci di dimostrare la precedente assunzione dello stupefacente, “unitamente all’apprezzamento delle deposizioni raccolte e del contesto in cui il fatto si è verificatoNel caso di specie la Cassazione ha ritenuto che la Corte di appello abbia correttamente ritenuto sufficiente, per accertare l’assunzione di cannabinoidi “il riscontro dell’analisi compiuto sulle urine in associazione ai dati sintomatici rilevati al momento del fatto sul conducente, costituiti da pupille dilatate, stato di ansia ed irrequietezza, difetto di attenzione, ripetuti conati di vomito, detenzione di involucri contenenti hashish”. 

Cassazione n. 40842/2023: consenso agli esami del sangue

In relazione al consenso all’esame ematico, la Cassazione rileva che i giudici territorialmente competenti abbiano applicato correttamente al caso di specie, principi consolidati per l’accertamento del tasso alcolemico,, ossia che il prelievo di campioni biologici (sangue ovvero urine e saliva) compiuto presso una struttura sanitaria non per motivi terapeutici, ma esclusivamente su richiesta della polizia giudiziaria, al solo fine di accertare il tasso alcolemico del soggetto per la ricerca della prova della sua colpevolezza, non richiede uno specifico consenso dell’interessato, oltre a quello eventualmente richiesto dalla natura delle operazioni sanitarie strumentali a detto accertamento”. 

Cassazione n. 31247/2023: violazione degli obblighi del lavoro di pubblica utilità

La Cassazione chiarisce che se il comportamento del condannato inadempiente che tuttavia non si è sottratto completamente al lavoro di pubblica utilità “ma ne abbia violato gli obblighi dopo una prima fase esecutiva caratterizzata da svolgimento regolare” comporta:

  • l’applicazione della sanzione penale per il reato commesso ai sensi dell’art. 56 D.Lgs. n. 274/2000;
  • il prolungamento della durata della pena originaria che è stata sostituita per effetto della revoca. Al fine di scongiurare un inasprimento senza motivo del trattamento punitivo, in contrasto con la finalità rieducativa del reo a cui tende anche il lavoro di pubblica utilità occorre applicare il seguente principio di diritto: “l’inosservanza degli obblighi inerenti il lavoro di pubblica utilità può comportarne la revoca, ma l’adozione di tale provvedimento impone al giudice, quanto agli effetti della revoca stessa, di tener conto del periodo di lavoro espletato sino al momento della commessa trasgressione e, previa effettuazione del ragguaglio dei giorni di lavoro non prestato con la pena detentiva sostituita secondo i criteri di cui al D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 58, di scomputarlo dalla restante pena ancora da eseguire nelle forme ordinarie”.